Vintage.
Non si dice più è vecchio e men che meno vetusto, fa più chic dire vintage quando si parla di roba di antiquariato.
Entriamo subito nel merito:
c'è stato un tempo in cui gli oggetti, anche quelli di uso comune, avevano un valore aggiunto dato da quanti lo possedevano e lo utilizzavano.
In campo musicale la digitalizzazione dei suoni e le alchimie connesse non esisteva neppure nei sogni più avveniristici. Già possedere un grammofono e qualche disco che gracchiava a 78 giri era ritenuto un lusso non tanto economico ma intellettuale. E quando la melodia s'infondeva nell'area e oltrepassava le mura di casa metteva allegria e suscitava invidia in quanti avrebbero sognato di possedere quell'aggeggio magico. Non ci si capacitava come un meccanismo potesse effondere suoni, voci e immancabili gracchi dopo qualche giro di manovella.
La puntina simile ad un chiodino, altro che lettore laser!, seguiva il solco tracciato nel disco in vinile fintantoché durava la carica della molla che faceva muovere la meccanica dell'apparecchio.
I più economici erano davvero uno spasso! All'inizio acceleravano distorcendo voce e musica registrati mentre alla fine sembrava invocassero un aiutino.
I testi delle canzoni dei primi festival di S. Remo erano di una semplicità disarmante e rappresentavano in musica l'epoca con ancora la puzza della guerra. Si cantava d'amore e di rapporti passionali tra uomo e donna co qualche pensiero mirato al bene supremo: la mamma.
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