Alcuni scrittori, giornalisti e
opinionisti cavalcano l'onda del malcontento comune e attizzano gli
scandali della politica che governa le cose comuni per assicurarsi
che cresca la fama e, di conseguenza, il loro conto in banca.
È gioco facile gettare due righe o
impostare un romanzo “verità” sulle mafie, le collusioni, i
poteri forti. Meno facile è portare avanti inchieste con onestà
intellettuale e far sì che il lavoro svolto giovi alla società
intera.
Mafia capitale. Il sacco di
Roma. Le scelte della politica dimostratesi nel tempo enormi errori
ai danni dei deboli sono elementi su cui riflettere pacatamente.
Sviscerare fatti e prove concrete. Pro e contro con animo scevro da
condizionamenti partigiani.
È vero. Siamo coperti di debiti fino
ai capelli. Debiti maturati nel tempo che non si possono imputare
all'ultimo venuto, e nel caso di Roma, alla Raggi. C'è
da dire, però, che Virginia ha dimostrato leggerezza nella
gestione capitolina. E Riccardo Jacona e il suo staff, in
“presadiretta”, lo hanno circostanziato. Mentre Marino,
l'ex sindaco di Roma, sfiduciato dai consiglieri romani davanti al
notaio e da una gogna mediatica irriverente e mostruosa, pare avesse
compreso le origini dell'enorme disavanzo e stesse mettendo mano per
risanare bilancio e credibilità del comune.
È comunque necessario, per onestà
intellettuale, ricordare in che modo l'Italia è uscita dalla
povertà e dai disastri dell'ultima grande guerra. Come, la politica
tutta si è mossa. Ed in che modo, industrie e lavoratori, operai,
impiegati e dirigenti, sono cresciuti nel tempo e hanno modificato la
società. Inevitabilmente c'è stato bisogno di accendere mutui e si
sono creati debiti. Qualcuno ha “mangiato” più del dovuto e poi,
come fanno i topi quando la nave affonda, se l'è data a gambe. Ha
portato capitali e fabbriche laddove ha ritenuto opportuno. È andato
a insediarsi in realtà prive di tutele sociali per i deboli, dove la
legislatura gli consente di pagare meno tasse e può condizionare il
mercato e le maestranze schiavizzate dal bisogno e dall'assenza delle
tutele che, in Italia, sembravano raggiunte e garantite dallo Stato
di Diritto dopo anni di rivendicazioni politiche e sindacali.
Non voglio fare un noioso trattato.
Adesso servono tutele serie che diano fiducia a chi ha perso il
lavoro a causa degli agguerriti sostenitori del risanamento economico
e dalla parità di bilancio nazionale che ha visto andare alla deriva
vite umane, posti di lavoro, ingegno maturato nel tempo e giovani
cervelli.
Molti concetti sfuggono alla normale
visione delle persone comuni e ci si chiede come mai, stando alle
notizie divulgate dai media, Giorgio Napolitano abbia messo il
veto sul nome del magistrato Nicola Gratteri come ministro
della giustizia. Perché un signore cresciuto nelle coop può fare il
ministro del lavoro senza il consenso popolare e che, per altro,
penalizza con le sue azioni il mondo del lavoro, mortifica i
lavoratori e i giovani in cerca di occupazione.
E ancora, come mai, in barba all'art.
32 della Costituzione, la salute dei cittadini va a farsi benedire e
non è più un diritto fondamentale dell'uomo? Presto detto!
L'annosa questione economica ampiamente
considerata nei bilanci degli Stati, voluta dall'assurda incivile
decisione tecnicista, mette i bisogni delle persone in secondo piano
a tutela dell'alta ingegneria economica e finanziaria.
In sintesi, la persona, il valore della
vita è inversamente proporzionale ai suoi bisogni.
Alla dittatura del mercato preferisco il benessere collettivo, la ricchezza piena degli affetti e il rapporto interpersonale.
Alla dittatura del mercato preferisco il benessere collettivo, la ricchezza piena degli affetti e il rapporto interpersonale.
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