In certi agglomerati l'appartenenza è
determinante, quasi una situazione identitaria esistenziale non
geografica ma dell'anima. Essere, appartenere e radicarsi in un
ambiente ben definito e strutturato dà sicurezza specie quando si è
ragazzi. E lui, Mario, orgogliosamente si dichiarava “do stadiu”.
Carnagione chiara. Occhi chiari e
sempre un bel sorriso sulle labbra che gli illuminava il volto.
Ci incontravamo spesso. D'altronde il
rione stadio era piccolo e i punti d'incontro obbligati facevano sì
che la vita sociale diventasse familiare.
In questo clima è cresciuta la sua e
la nostra sensibilità.
“... e picculu, tantu cchi eru beddhu
mi pigghiaru pèh a pubbricità da Plasmon!”. “daveru u dicu
daveru!” “ma sì nu vavusu Marie'” “on mi cridi tu giuru
subba u bena e mammita” queste le schermagli nel bar “Biafora”
tra il suono delle campanelle dei flipper e qualche 45 giri a palla
del juke box.
Tre anni. Solo tre anni la differenza
di età tra noi. E a quel tempo erano molti. Nonostante ciò c'era
una buona intesa. Ma tre anni di differenza proiettavano nell'età
adulta e nel mondo del lavoro dei grandi gli adolescenti. Apprendisti
meccanici, carrozzieri, imbianchini, elettricisti questi gli sbocchi
di molti ragazzi dello stadio ma lui intraprese la strada dello
stampatore.
“Cchi fai?” “fazzu 'u
stampatura!”. Rispondeva con orgoglio. “U stampatura? E cchi è?”
“U tipografu...”.
Come spesso accade ci fu un enorme
iato. Le strade si divisero e la vita ci portò su altri lidi. Ma mai
venne meno la verve poetica intrisa di catanzaresità in Mario
Martino. Pubblicò molti scritti in vernacolo sempre suggeriti e
sorretti dall'amore e la bellezza per la terra d'origine.
Ci incontrammo molto tempo dopo in
qualche manifestazione d'interesse comune.
Nonostante l'età e qualche capello in
meno lo spirito focoso rimaneva uguale e gli si leggeva apertamente, s'alimentava di
denuncia propositiva, bellezza e potente volontà di purezza.
In uno degli incontri parlammo e
declamò una poesia in dialetto catanzarese “U nnammuratu” e, con
un colpo teatrale, seppe stravolgere il pathos crescente. trasformò
le aspettative pindariche degli astanti catturati dalla sua verve in una fragorosa risata.
Grande Mario!
descrivere l'uomo è difficile.
Possiamo forse avvicinarci alla sua anima attraverso la passione del
suo fare: la predisposizione dell'anima che si fa stile di vita e
trasforma la bellezza poetica in lavoro.