Progetti bocciati in Calabria o accolti svogliatamente dagli enti locali, dalla politica in generale e da un certo ceto sociale, decollano a Milano dimostrandone la validità! e mentre scorrono le immagini, nell'auspicare una medesima evoluzione mentale anche da noi, mi assale un po' di amarezza e, rasentando la sfiducia, una sorta di stanchezza accumulata negli anni mi fa sussurrare:
Perché a Milano sì e qui da noi non funziona? l'interrogativo accompagna spontaneo le immagini della rubrica costume e società del tg2:
Bambini che giocano col colore; persone adulte che dipingono, scambiano concetti; sorseggiano un the o un caffè mentre i figli impastano colori con le mani e osservano le trasformazioni cromatiche che appaiono, come per magia, sotto i loro occhi. eppure, sono le stesse cose che vado divulgando e proponendo da oltre trent’anni! per ultimo nella parrocchia di Squillace lido e lì c’è stato un ottimo riscontro di adesioni. Mamme e bimbi, entrambi entusiasti, frequentavano e vivevano con gioia gli incontri ri/creativi.
Il laboratorio ha funzionato, eppure, non si capisce perché, in Calabria le idee costruttive, sane, che aiutano nella crescita, nell’aggregazione, non decollano mai! Ripeto, sono trent’anni e sempre c’è stato entusiasmo e volontà, da parte mia e di quanti hanno avuto l’opportunità di esserci, aprirsi al confronto, e quindi fare proseguire gli appuntamenti ludici creativi, che, purtroppo, sono naufragati miseramente di fronte banali questioni economiche.
Sarebbe riduttivo addebitare alla crisi economica attuale il fallimento giacché, ripeto, è dai primi anni ottanta che dedico energie e tempo a progetti analoghi.
Purtroppo, da noi, vige una sorta di ostilità repressa, non esternata ma attuata nei confronti di chi è disposto a mettere in gioco capacità individuali e collettive gratuite. Una sorta di sadismo sociale che spinge a buttare fango anche sulle azioni nobili degli uomini pur di non vedere decollare progetti educativi elementari. Progetti culturali nati dalla passione per il sociale e dalla volontà di confrontarsi, mettersi in gioco. Azioni, queste, concrete, importanti per la società, specie se attuate da privati cittadini non necessariamente identificati in una cordata di potere politico, religioso, economico.
Che sia questo a spingere la gente seria di Calabria ad andare via o rintanarsi in torri d'avorio?, vale a dire ammettere amaramente che ci sia ben poco da fare, ammettere le sconfitte e lasciare spazio ai merciai della parola “fumosa”, cedere alla mediocrità imperante che lentamente attanaglia e contamina terra e cultura?
Non sia mai detto!
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venerdì 28 gennaio 2011
martedì 9 febbraio 2010
giochi pittorici nel lab/oratorio creativo a Squillace Lido
La volontà spinge l’uomo all’azione e nel suo fare sviluppa teorie, pratiche di vita, giochi, mestieri, arti e saperi.
Nelle attività ludiche sono raggruppate le azioni che soddisfano la sfera delle gratificazioni personali.
Nei mestieri il lato pratico della vita e nelle arti la sublimazione dell’intelletto, mentre nei saperi è racchiusa la storia del cammino tecnico, scientifico e culturale dei popoli.
Le acquisizioni cognitive teoriche e pratiche, qualora non supportate da basi morali solide, in determinate situazioni ambientali suggeriscono le possibilità manipolatorie intellettuali degli eventi. Un esempio poco accattivante lo dà l’azione politica dei soggetti protesi a imporre il proprio pensiero a prescindere della bontà dei risultati prodotti dall’imposizione totalitaria.
Anche la sfera emotiva o ludica può essere contaminata dalle sovrastrutture intellettuali attive nelle comunità in cui si sviluppa l’azione; lo capiscono bene i tifosi che pur di non perdere uno “scontro” studiano strategie moleste, del tipo: come accecare l’avversario con i raggi laser o innervosirlo con inni razzisti. Anche i giornalisti sportivi non scherzano: ascoltare una cronaca di un incontro, specie di un derby qualsiasi, per i termini usati, equivale allo scontro fisico cui erano avvezze le società tribali di qualche secolo addietro.
Questo breve ma esauriente excursus introduce a comprendere come le manipolazioni intellettuali operate nei linguaggi da determinati soggetti, che vertono comunque sulla conoscenza o l’ignoranza delle masse, possono avvalorare o sovvertire tesi.
Un altro dato immediatamente visibile è rappresentato dalla volontà espressiva operata da soggetti culturalmente eterogenei.
La disuguaglianza espressiva, ravvisata in un campione di persone dello stesso contesto sociale, chiamato a esporre concetti grafici o pittorici, è condizionata dalla contaminazione dei saperi comuni, indistintamente, tra coetanei, siano essi adulti, giovani, ragazzi delle scuole primarie o secondarie e, principalmente, dell’infanzia. In effetti, un bambino di 5 anni intento a giocare con pennelli e colori, non si preoccupa della forma ma è attratto dalla traccia che lascia sul foglio. I colori cambiano; seguono i suggerimenti verbali del bambino. La distesa verde si trasforma nella totale libertà d’azione e formale: da prato verde diventa nera strada affollata di macchine ma è troppo nera! Aggiunge del bianco poi giallo e spunta un fungo che si trasforma in albero. E il gioco continua. Ecco il fare giocoso di Antonio, un bimbo di cinque anni e mezzo che mostra soddisfatto!
Il gioco pittorico di Miriam è più esplicito dal punto di vista decorativo. Lei è una bambina di quasi nove anni. Frequenta la scuola elementare. Ha acquisito conoscenze istituzionali e, pur mantenendo la spontaneità connaturata all’età, sviluppa figurazioni complesse e tangibili visivamente in armonia ai saperi ricevuti dall’ambiente in cui vive. Entrambi, Antonio e Miriam, associano il gesto pittorico al gioco. Questo è il dato importante di tutta l’operazione gestuale pittorica. La pittura, quindi, come atto ludico-associativo, momento d’incontro e crescita interiore.
Mario Iannino
mercoledì 1 luglio 2009
Catanzaro, distrazioni creative: la prima volta
Distrazioni creative: la prima volta
L'espressione grafica esternata attraverso il fare giocoso della traccia cromatica diventa distrazione; atto, gesto, concretizzazione visiva che si realizza nell'attimo stesso in cui nulla si pretende da quanto tracciato. Il risultato finale è di per sé importante già per il fatto stesso di essere lì, impresso sulla superficie; ne occupa lo spazio e lo personalizza.
Il “passatempo” creativo privo di regole, gratifica l'io del giocatore, lo incita a cercare nuovi mezzi espressivi, accostare materia, colore, segni affini alla fabulazione mentale fino a quando decide di smettere perché ha raggiunto ciò che vuole.
Il fare giocoso inventa percorsi dialettici mobili; impronte amorfe; pensieri che si trasformano e interagiscono; linee e colori che assumono forme cromatiche ancestrali.
La “distrazione creativa” astrae dalla quotidianità, sublima o esaspera il sentire, comunque, induce alla quiete interiore: i sensi tendono a isolare, tenere fuori dalla sfera sensibile gli elementi di disturbo per personalizzare lo spazio d'azione.
L'esperienza segnica, vissuta come gioco, rafforza l'autostima in quanto, non dovendo subire esami o giudizi, il “prestigiatore segnico”, combina alchimie al di sopra di ogni aspettativa.
Il laboratorio creativo deve essere vissuto, quindi, come luogo di gioco; isola fantastica in cui godere di ogni piccolo gesto; confrontare e confrontarsi per vincere tutti, insieme!
Mario Iannino
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