La mia generazione è cresciuta senza videogiochi, computer e internet.
La mia generazione s’inventava i giochi, costruiva spade, monopattini, capanne, improvvisava battaglie, lunghe partite con palloni di giornali e stracci e anche pigne cadute dai pini nei giardini pubblici.
Pinocchio, Tom Sawer, Garrone, Pollicino, s’incontravano a sera, tra le lenzuola; dopo il bacio della buonanotte chiudevano il sipario della giornata.
Personalmente devo dire di avere trascorso un’infanzia discretamente felice fino all’età di 7 anni; tempo in cui fui costretto a continuare gli studi in collegio. Lì, le giornate erano scandite da regole; c’era un orario per ogni attività: pregare, rifocillarsi studiare e giocare. C’era la sala giochi con tavoli da ping pong, calciobalilla, dama e shangai. Ma non c’era la libertà; la buonanotte della mamma; gli amici.
-Il ragazzo è troppo vivace se continua così non combinerà nulla nella vita. Lei signora deve dargli regole ferree e se non ci riesce può valutare la possibilità del collegio-. Così disse il maestro a mia madre. E mi trovai proiettato in una realtà nuova. Sofferente per il distacco dagli affetti familiari, rifugiai nei sogni e la sera affidavo le mie angosce ai personaggi fantastici delle fiabe, a loro confidavo i miei sogni, le esigenze affettive e invidiavo chi era a casa.
E oggi, cos’è cambiato nella società? È migliorata o peggiorata la condizione sociale dei giovani?
Quali sono i problemi dell’infanzia? Cosa sognano i bambini? Specie quelli costretti ad affrontare il mare su carrette maleodoranti senza acqua e cibo. O quei bambini sfruttati, resi schiavi dal dispotismo degli adulti; bambini, trasformati in piccoli guerrieri, minatori, servi, pezzi di ricambi umani.