Le epurazioni politiche sono antidemocratiche, sinonimo di totalitarismo dispotico e deleterio, azioni per niente accettate nelle democrazie evolute. Ed è in virtù di ciò che butto giù qualche considerazione in merito.
È solo una questione di democrazia e pluralismo di idee. Un atto doveroso nei confronti di quanti pensano diversamente al capo se, pur non essendo iscritto al m5s, butto giù qualche considerazione in merito alla decisione disciplinare pronunciata dal capopolitico Crimi in merito ai 15 dissidenti che non hanno votato al fiducia al governo Draghi.
Dico subito che, per mia natura, do sempre una possibilità a chiunque di dimostrare il contrario di quanto si ritiene ovvio nell'accezione ampia del termine.
Confido nelle potenzialità degli eletti e anche dei nominati a presiedere incarichi importanti per la società fino a quando questi non dimostrano di esserne indegni. Quindi parlamentari, presidenti incaricati, eletti e singole persone vocate alla cosa pubblica.
Imprigionare. Coartare le volontà quanti dissentono è pura rozzezza politica e culturale.
Espellerli, come in questo caso, dal movimento 5 stelle, è una azione assurda! Inammissibile in una società come la nostra ma che resiste ed è attuata solo nei regimi totalitari.
Pare che il movimento, che, a memoria, nasceva secondo criteri altamente democratici e dell'uno vale uno, stia prendendo una brutta piega. La votazione chiesta agli iscritti si è dimostrata aleatoria, per non dire, pilotata dal vertice.
Dopo l'incontro tra Grillo e Draghi gli atteggiamenti sono cambiati. Ed è plausibile. Non è accettabile invece la semplificazione sulla piattaforma rousseau che, siamo onesti, mirava a pilotane l'esito.
In definitiva non ha niente di democratico l'editto allorché Grillo impone comunque la sua volontà agli iscritti.
Come in tutte le associazioni, partiti e quant'altro, laddove più teste ragionano per migliorare la società c'è sempre qualcuno che dissente, propone e dialoga, si spera in buona fede ed è questa unità d'intenti che fa crescere. Ma se il dissenso è visto come negazione e consequenziale eliminazione di chi pone interrogativi, a quel punto, le basi della democrazia traballano e la tensione tellurica dei violenti soverchia le intenzioni di cambiamento democratico. La rotta identitaria e culturale di qualsiasi movimento è solcata dai despoti che, se pur in buona fede, segnano i percorsi da fare.
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