Referendum. Le ragioni del no e del sì.
Siamo alle solite. Il gioco delle parti non finisce mai. Da una parte difendono le ragioni del no spiegando anche il conseguenziale risparmio economico e dall'altra lo minimizzano paragonandolo ad un caffè al giorno.
Dall'una e dall'altra parte assistiamo ad una pochezza di pensiero (nihil, direbbe qualcuno) assoluto!
I promotori sperano o forse sono convinti che col taglio dei parlamentari alcune lungaggini verrebbero meno; ci sarebbero meno commissioni e meno privilegi di parrocchia da salvare.
Quelli del no gridano allo scandalo! Verrebbe così dimezzata la democrazia e la rappresentanza in parlamento e al senato delle regioni a bassa densità di residenti. E qui viene spontanea la domanda: perché fino ad ora le regioni marginali e per regioni marginali intendo quelle come la Calabria che non hanno un pil degno di nota a livello nazionale sono state tutelate?
Senza farla troppo lunga: anche quando le intenzioni sono buone se non vi è una nuova visione della politica e del servizio che questa deve al Paese tutto cambia senza che nulla cambi.
I partiti continueranno a nominare i propri servi sciocchi ma non tanto. E qui mi si taccerà di “populista” qualunquista.
Parole entrate con denigrazione nel lessico politichese, disattendendo le vere origini che hanno portato i cittadini a guardare al politico non come espressione dell'elettorato consapevole dell'importanza democratica affidatagli ma all'affarista (salvo rari casi) che vede nell'incarico politico il potere.
In sintesi la vera riforma da attuare è quella culturale. E siccome per il momento è utopia allora si dovrebbero gettare le pietre miliari per una rappresentanza vera delle minoranze sparse sul territorio italiano impedendo ai governicchi che si susseguono di apportare modifiche con assurdi sbarramenti percentuali e opportunistiche trasmigrazioni.
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