La frequentazione con Enzo Trapasso
giova ad entrambi. I dialoghi sono, quasi sempre, incentrati sui
lavori che facciamo e sugli scogli che, volutamente, “costruiamo”
per fronteggiare e risolvere determinate questioni
linguistiche-strutturali in pittura.
In questi giorni Enzo è impegnato a
catalogare e fotografare le centinaia di opere accatastate dovunque
(il suo studio è composto da una entrata/corridoio zeppa di lavori e
da due stanze, la grande che usa da deposito e la piccola nella quale
lavora.).
Vincenzo Trapasso, 2016, l'effimero rivalutato |
Lo trovo intento a sistemare gli spazi
mentre mette “faccia al muro” le opere.
Il lavoro che stava eseguendo l'ultima
volta che ci siamo visti è in mezzo agli altri.
Ti devo far vedere una cosa! Mi dice
entusiasta. Si fa spazio. Afferra la teca e la posiziona sotto la
luce.
Che te ne pare? Ho sistemato quella
striscia e... (con scatto felino, nonostante gli acciacchi, raccatta
un pezzo di maglia e lo inserisce nella teca, tra il compensato e il
cemento)...
FANTASTICO! Esclamo. È forte! Mi
convince!
Sai, ancora non l'ho messo
definitivamente perché si sporca. Prima voglio chiuderlo con il
plexiglas a mo' di teca.
I materiali dell'effimero, con Enzo
rinascono a nuova vita. Lui è attento, amorevolmente accorto e
preciso affinché, una volta assurti a combinati artistici, durino
nel tempo.
Per Trapasso il recupero dell'effimero
e la relativa rivalutazione è un tema costante che si protrae nel
tempo da quando ha lasciato la pittura su tela alla memoria di quanti
lo conoscono.