Piacere del lavoro e gioco creativo nelle accattivanti decorazioni di Angela Procopio.
La figurazione tout court ha il
sopravvento.
Angela Procopio è stata a
“bottega”. Ha appreso le tecniche della decorazione e le ha fatte
sue.
In chiave iperrealista, il
soggetto, narra esplicitamente un sentire arcano fatto di sensazioni.
Immagini e figurazioni improbabili proiettano visioni di luoghi
incantati. Luoghi altri dove il soggetto floreale diventa attrattore
di sguardi.
Il fiore, idealmente reciso dalla
pittrice, decontestualizzato dal suo habitat naturale, magistralmente
amplificato e inserito in fondali scuri presta la sua essenza
temporale effimera a infinite letture; evoca, per certi aspetti,
mondi paralleli popolati da giganteschi fiori.
La natura umana è sovrastata.
L'assioma con “il sogno” del “Doganiere” Henri Rousseau e
del suo mondo naif è immediato.
Ma, i grandi pannelli di tela decorati
da Angela Procopio hanno ben poco di naif. Angela è attenta nella
costruzione. Dosa e calibra segni e colori secondo i dettami aurei
come si faceva un tempo.
Le decorazioni descrittive supportate da una consapevole manualità arcaica sprigionano profumo
di rispettosa sacralità per il lavoro che da astrazione concettuale
diventa concretizzazione e eleva l'essere a entità sensibile.
L'atto del dipingere potrebbe,
per certi aspetti, essere per Angela e per quanti amano
l'artigianalità in pittura, specie se corroborata da
abbondanza di dettagli e da composizioni complesse, un ritorno al
passato. Un salto a ritroso nel tempo quando la bottega era luogo
d'apprendimento e elargizione di saperi spesso volutamente
distanti dalla cultura istituzionale. Un tempo simile a quello
dei preraffaelliti, allorché si ribellarono alle evoluzioni
formali post-raffaellesche e bandirono dalla loro pittura le
“modernità” accademiche convinti del valore sacrale del
lavoro pittorico descrittivo e realista praticato prima di
Raffaello. Ma questo accadeva nell'800.
Oggi, nell'era effimera per eccellenza
dove ogni gesto o respiro è immediatamente diramato e visualizzato
nei media, fagocitato dalla democrazia liquida del web,
tesaurizzato dalle lobby attenti alla scoperta della novità, del
pugno allo stomaco, della dissacrazione a ogni costo, insomma,
dell'uomo o donna che con il suo fare destabilizza e soppianta
concetti e scibile conosciuti, salvo poi ravvedersi dell'abbaglio
gestito e assistito dalla catena mediatica, ecco una giovane donna
nata in Catanzaro Lido nel 1973:
Angela Procopio, novella e
contemporanea Alice nel mondo delle meraviglie che dopo aver
assaporato l'amaro calice della migrazione, ritorna in Calabria e
qui acquisisce nuove energie.
La sua tavolozza evolve, trasmuta
l'opacità dei colori cupi che l'avevano condizionata inconsciamente
durante la sua permanenza a Zurigo nei colori caldi e
solari della Calabria.
Lei non vuole stupire a tutti i costi.
La sua bravura è tutta lì, ben evidente nelle decorazioni
evocative di un apprendistato artigianale sublime che
sfocia, appunto, nelle atmosfere descrittive figurali amplificate dal
pennello animato dalla fantasia, esposte nella TeodorArteGallery in
Catanzaro Lido dal prossimo 15 giugno.