Il commovente gesto francescano ha
colpito nel profondo. Nessuno si sarebbe mai aspettato che un uomo
anziano che fa fatica a camminare e a genuflettersi avrebbe fatto
un'azione simile.
Quest'uomo mi ricorda la mistica di
Paravati: mamma Natuzza. Anche lei, nonostante gli acciacchi e
le sofferenze indicibili che le impedivano di condurre una vita
normale, fino all'ultimo invitò alla preghiera e alla misericordia.
Il gesto del Papa, inginocchiato
a baciare i piedi del presidente sudsudanese Salva Kiir, dell'ex
presidente e leader dell'opposizione Riek Machar, e degli altri vice
presidenti designati, tra cui Taban Deng Gai e Rebecca Nyandeng, è
stato tanto spontaneo quanto insolito. Un modo per chiedere loro di
prestare ascolto al grido della gente che in quella regione è
schiacciata da un destino segnato da carestie, guerre e violenze.
“A voi tre, che avete firmato
l’Accordo di pace, vi chiedo come fratello, rimanete nella pace. Ve
lo chiedo con il cuore. Andiamo avanti. Ci saranno tanti problemi, ma
non spaventatevi, andate avanti, risolvete i problemi. Voi avete
avviato un processo: che finisca bene. Ci saranno lotte fra voi due:
sì. Anche queste siano dentro l’ufficio; davanti al popolo, le
mani unite. Così da semplici cittadini diventerete padri della
Nazione. Permettetemi di chiederlo con il cuore, con i miei
sentimenti più profondi”. Questo l'accorato appello di Papa
Francesco che ha anche aggiunto: “Confermo il mio desiderio e la
mia speranza di potermi recare prossimamente, con la grazia di Dio,
nella vostra amata Nazione, insieme ai miei cari fratelli qui
presenti.
Ebbene, nel momento storico più buio
degli ultimi decenni in cui la maggior parte cerca il superuomo pronto a gonfiare
il petto per sottomettere i presunti nemici, disperati che scappano dalla terra d'origine con sofferenza cercando asilo e
comprensione, il capo della chiesa cattolica si prostra ai piedi dei
capi del Sudan del sud. Il suo gesto, ai miei occhi, ha una
duplice valenza: implora l'impegno per la pace che, guarda caso, è
determinata dai rappresentanti di un Paese poverissimo e nel contempo
ricorda a tutti che non esiste il concetto di “razza” come è
erroneamente inteso nelle frange nazionaliste e xenofobe. Francesco si inchina davanti a persone di colore e cultura differente dalla nostra.