Cronaca delle ultime ore:
Da una parte Salvatore Parolisi che ha una sentenza pesantissima:
l’ergastolo con l’imputazione di avere ucciso la moglie Melanea Rea in un bosco
con 35 coltellate; e dall’atra Silvio Berlusconi condannato a 4 anni che si
riducono a 1 per via dell’indulto nonché l’interdizione dai pubblici uffici perché
ritenuto “socialmente e fiscalmente pericoloso” rimbalzano nelle piazze medianiche
con toni e colori differentissimi come lo sono i relativi “imputati”.
In questo momento a un caporale, che abbiamo visto piangere
in televisione, smarrito, confuso, pieno di contraddizioni e paure per alcune
storie libertine consumate alle spalle della moglie, gli è stato imposto l’ergastolo e tolto la
patria potestà sulla figlioletta.
Per un disguido, la sentenza è stata letta mentre lui si
trovava nei sotterranei del tribunale e quando è giunto in aula il giudice gli
ha chiesto se voleva ascoltarla ma lui, Salvatore Parolisi, ha rifiutato di
sentirla e si è dichiarato innocente. Gli avvocati difensori aspettano di
leggere le motivazione della sentenza per inoltrare ricorso.
Silvio Berlusconi ha fatto incetta di denunce, avvisi di
garanzie, processi. L’avviso di garanzia più eclatante gli è stato notificato
in mondovisione quando era Presidente del Consiglio, all’inizio della sua
avventura politica. Il governo cadde e noi italiani perdemmo la faccia. Tra alti
e bassi, interventi sulla “giustizia”, decreti legge, sfiducie reciproche tra
destra e sinistra, intercettazioni ambientali, bugie e mezze verità sono
trascorsi venti anni. Il risultato è, oggi, sotto gli occhi di tutti:
recessione, perdita del lavoro, delocalizzazioni produttive, povertà galoppanti
per il 90% della popolazione italiana, ovviamente non tutte queste vicende sono
imputabili unicamente a una sola persona o a un solo partito.
I rapporti internazionali, ormai deteriorati, fanno decadere
il governo Berlusconi, (l’ultimo?) e mettono alla guida del Paese il Governo
dei Professori con a capo Monti.
Berlusconi sembra aver deposto le armi ma la sentenza di
condanna di ieri a 4 anni per frode fiscale e 5 anni d’interdizione dai
pubblici uffici gli ridanno carica e torna in campo per un’altra battaglia
contro quella che lui stesso ha definito magistraturocrazia.