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giovedì 17 giugno 2021

Il merlo, il leprotto e la lontra

Come nelle favole:

Letture della buonanotte per bambini.

Ormai non mi sorprendono più gli incontri ravvicinati. Sembra di essere nel giardino dell'Eden. Il silenzio è rotto dal canto degli uccelli. I merli modulano frequenze melodiose ininterrotte ma il loro canto muta all'arrivo di un intruso. Il maschio, ma le femmine non sono da meno, si catapulta nelle prossimità dell'invasore. Saltella aprendo le ali minaccioso. l'intruso scappa inseguito e sgridato proprio come fanno le mamme quando strigliano i bambini che l'hanno combinata grossa.

Più in là

Qualche leprottino solitario si avventura oltre il marciapiede in cerca di tenera erbetta. La trova. E se ne ciba ignaro dell'incombente pericolo. Dietro il tronco di un albero la lontra aspetta. È enorme. Simile a un topo gigante bagnato tiene d'occhio il pranzo. Non posso permetterglielo!

La palla di pelo è troppo carina! Non merita una fine precoce. Faccio rumore. La lontra alza il pelo bagnato. Tenta di mimetizzarsi inutilmente. Non oso avvicinarmi oltre. Aspetto. Confido nella fuga del piccolino e per evitare che prenda direzioni pericolose mi pongo a qualche metro dalla lontra che, imperterrita, rimane immobile.

I minuti passano. Il leprotto, sempre più intento a cibarsi, sembra avvicinarsi alla minaccia in agguato. Batto le mani e con quattro salti s'allontana. Per oggi ha raggiunto l'area franca e alla lontra non resta che gettarsi lentamente nel canale.




martedì 6 aprile 2021

l'ultimo chiodo

L'ultimo chiodo.

Tornò alla carica a più riprese l'uccellino. Le tentò tutte. Saltellò dalla testa ai piedi. Poi ritornò sul palmo della mano è cercò di estrarre il grosso chiodo che la teneva fissata al legno. Il sangue, parzialmente coagulato, sporcò le sue bianche piume. Ma non diede peso. Gonfiò le ali e il petto, triplicò le forze. Puntò le zampette nel palmo facendo attenzione a non toccare la carne viva ma senza risultato; ogni sforzo risultò vano e non gli rimase che volare via per mettersi al riparo. Qualcuno con in mano una tenaglia agitò l'aria, si avvicinò cupo, s'inginocchiò e estrasse l'ultimo chiodo. L'uomo liberato fu adagiato nel lenzuolo e avvolto. L'uccellino volò via sporco di rosso sangue. Da quel giorno, per ricordare la misericordia dimostrata verso chi soffriva, l'uccellino prese il nome di pettirosso.




lunedì 4 dicembre 2017

Leggere fa bene

“Il milite esente” è un racconto breve, anzi brevissimo!, che concentra in pochi post momenti di una storia vera condita con attimi poetici e tocchi di scrittura creativa, realmente accaduta, quindi, che si dipana tra la Calabria e il Belgio.


Dopo un grave lutto in famiglia, tra le miniere di carbone e le clausole sconosciute di un contratto capestro ma necessario...

domenica 3 dicembre 2017

Il milite esente

La chiamata alla leva arrivò puntuale. Al compimento del diciottesimo compleanno il ragazzo avrebbe dovuto presentarsi al distretto militare d'appartenenza e poi partire per il c.a.r.

La cartolina arrivò in un brutto momento. Il padre del ragazzo era morto da pochi giorni e la famiglia era rimasta senza sostentamento. Le autorità del paese si mossero. Il parroco e il sindaco intercedettero a suo favore.
Il comandante dei carabinieri telegrafò al ministero degli interni per comunicare le nuove esigenze e dare a 'Ntoni la responsabilità di “capofamiglia” così da potere essere esonerato dall'obbligo di leva.

In quegli anni il protocollo tra l'Italia e il Belgio prevedeva una collaborazione agile e dinamica tra le due nazioni. L'Italia mandava braccia e il Belgio garantiva in cambio vagoni di carbone fossile a buon prezzo.
Fu grazie a questo accordo che 'Ntoni ebbe l'esonero militare e in qualità di primogenito, per garantire alla sua famiglia il pane e quel tanto che bastava alla crescita dei fratelli, prese sulle sue spalle il peso che compete ai capofamiglia e partì verso paesi sconosciuti.

Il francese non lo conosceva. Parlava appena un italiano sgrammaticato. Raggiunta la licenza elementare 'Ntoni continuò a lavorare nei campi insieme al padre. A lui piaceva coltivare la terra. Vedere le foglie prendere il posto dei germogli e il fiore trasformarsi in succulenti frutti da portare al mercato.

Fu una sera, mentre faceva ritorno dal vicino paese in compagnia del padre, dopo aver venduto le angurie e gli altri prodotti, che, trotterellando davanti all'asina alleggerita del suo carico, vide il padre preoccupato dopo avere fatto una breve sosta per impellenti bisogni corporali.
“Andate. Camminate che ora vi raggiungo! Aveva detto li padre ai figli e alla moglie che l'accompagnavano.”.

Il sole stava calando. Le ombre si allungavano lungo la strada e una di queste, assunto i connotati di compare Vito, parlò come l'antica Priscilla: “...compare attento tra non molto un lutto colpirà la tua famiglia... fai attenzione...”. E poi, la disgrazia arrivò improvvisa. Coma anafilattico. A nulla valsero le cure mediche. L'uomo morì in campagna tra le braccia della moglie che gridava al cielo il suo dolore per l'immensa perdita mentre lo baciava. Gli baciava le mani. Lo accarezzava dolcemente. Singhiozzando, chiedeva come sarebbe stata la sua vita e quella dei figli da quel momento in poi.

Appena diciottenne, il primogenito, raccolse nella valigia di cartone le poche cose e partì.

sabato 7 marzo 2015

Eroica quotidianità al femminile

Donne coraggiose


La vita è una ruota, diceva mia madre.
La vita, appunto, coi suoi alti e bassi impone scelte immediate. Scelte, a volte dolorose ma necessarie per sopravvivere.

Con la morte nel cuore, mia madre si trovava ad un bivio, doveva decidere se accettare una nuova proposta di matrimonio oppure darsi da fare. Mettersi in gioco. Indossare i pantaloni per amore dei figli e trovare un lavoro. Uno qualsiasi purché onesto e dignitoso.
Lei riteneva inopportuno risposarsi. “Sono ancora feconda, -diceva argomentando il suo diniego in famiglia e al pretendente- e poi, che ne so che tipo di persona mi metto in casa! E se dovesse maltrattare i miei figli? no. Ho promesso a Vincenzo che sarebbe stato il primo e l'ultimo e così è!
Era consapevole degli ostacoli che avrebbe dovuto superare ma non si scoraggiò. Lei, una donna sola, ancora giovane, in un mondo di uomini avrebbe dovuto lottare e lo fece!

venerdì 6 marzo 2015

Calabria, tra alti e bassi

Come eravamo.


LA FAMIGLIA TIPO.

Diventa quasi un obbligo, per i calabresi, ricordare il nome del padre attraverso il figlio. Rinnovare il nonno paterno chiamando il primo figlio maschio col suo nome e il secondo con quello materno, è una tradizione che ancora oggi qualcuno rispetta.

Nonno Carlo ebbe quattro figli. Tre donne e un maschio. Inutile dire che il maschio era il centro delle sue attenzioni e quando morì in guerra soffrì moltissimo. Ma non lo fece vedere. Non era dignitoso per un uomo maturo piangere o dimostrarsi tenero.
Fiore, questo il nome del maschio, rinnovava la memoria del padre. Rosina si portava dietro il ricordo della mamma e poi c'era Angiola Peppina e Gesa che rinnovavano, in ordine di tempo, la nonna materna e la zia paterna.

martedì 28 aprile 2009

presentazione del romanzo breve: il graffio dell'aquila


Il graffio dell'aquila è un racconto ambientato nella cultura hip hop. E' l'incontro tra un borghese e la realtà dissacratoria dei writers. Una realtà che, all'inizio appare degradata, invece fa trovare l'amore...

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