L’acqua limpida espone i fondali alla vista. Un branco di
cefali segue il perimetro del molo. Lo seguo con gli occhi. Per un attimo immagino
di essere lì.
Senz'altro sarei un elemento di disturbo per i pesci.
Senz'altro sarei un elemento di disturbo per i pesci.
Nel porto, protetti dall'acqua torbida, grossi pesci animano
i fondali ingombri di carcasse di ogni genere: copertoni di auto, un vecchio
contatore del gas, una barca affondata da chissà quanto tempo, ombrelli e quant'altro.
I resti delle casse in polistirolo servite per contenere i
pesci pescati dondolano appoggiate alle pietre all'interno del molo.
Un peschereccio entra adagio nel porto. Il pescato è misero:
una cassetta di seppie, qualche cicala di mare, una sogliola, una trota di
scoglio e qualche scorfano.
I potenziali acquirenti si sporgono per guardare all'interno
della piccola imbarcazione. “Dammi la sogliola e venti € di seppie”, intima un
signore che sembra essere in confidenza coi pescatori. “mò questi devono essere
puliti e poi messi nel surgelatore perché non avendo l’abbattitore devono stare
congelati per due giorni…”. È un intenditore! L’avventore conosce i pesci e sa
come trattarli prima di preparare gustosi piatti e farli assaggiare ai
familiari. Anch'io faccio tesoro della sua sapienza e chiedo altre informazioni
sia dei pesci che dei pescherecci attaccati al molo con grosse funi. Ma di
questo parlerò in seguito.