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domenica 21 maggio 2017

Diario segreto

Tornare alla natura.

Posso dire di avere sperimentato i flussi e riflussi della storia sulla mia pelle. In prima persona, nel mio piccolo, ho capito cosa significhi curare la terra e trarre da essa i frutti. Non l'ho fatto per molto tempo. Ma andare in campagna e rendermi partecipe del lavoro sui campi mi piaceva. Mi piaceva rompere l'argine dopo avere creato i rigagnoli per mandare l'acqua ad abbeverare gli ortaggi. L'odore di terra bagnata e dell'erba tagliata ce l'ho ben presente ancora oggi.
E il sapore dei cetriolini "rubati" che non sfuggivano alla memoria visiva e all'acuta osservazione dei grandi che avevano memorizzato ogni germoglio delle piante è un ricordo indelebile. Bastava che spostassero con le mani le foglie per accorgersi della mancanza dei frutti sottratti precocemente alla maturazione.
Più difficile, credevo sbagliando, era che si accorgessero dei pomodori che gradivo e depredavo nelle giornate assolate. Li addentavo e la loro polpa refrigerava il palato soddisfacendo e ripristinando i pochi sali minerali persi.
Anche le cipollette non erano malvagie. Ne prendevo duo o tre. Mi sedevo all'argine della fiumara e assaporavo il mio privileggiato spuntino accompagnato da un bel pezzo di pecorino, che però, chiedevo a mio fratello.
Sapori forti e contrastanti che facevano venire sete. La brocca in creta era incastrata tra le pietre nella fiumara ma preferivo bere con le mani. Le allungavo e attingevo l'acqua fresca che scorreva ai miei piedi. Stavo scalzo!

Il formaggio era staggionato e cremoso al punto giusto. A mezzogiorno ci sedevamo sotto l'albero di noce. Le donne aprivano il “mesale” una tovaglia di lino grezzo, lo stendevano sul prato, disponevano il pane e il companatico insieme a qualche bottiglia di vino e pranzavamo. Io ero addetto a prendere l'acqua. -Fai attenzione a non rompere “ a vozza”- “la brocca” mi dicevano mentre andavo a prenderla sul greto del ruscello. Si beveva a canna e il sapore delle foglie di vite che fungevano da tappo si mischiava col resto.

Solitamente alle 12 non avevo molta fame. E anche se il buco lo avevo tappato, come ho appena detto, non sapevo resistere al formaggio. Lo divoravo anche se non mi andava. Ero davvero goloso. E mio fratello, allungandomi l'ennesima fetta mi disse, mal celando un sorriso: “ fai il morso più grande al pane. Se finisci prima il formaggio ti taglio la testa”. “Visto? Ho finito prima il formaggio!” risposi dopo averlo ingerito in pochi bocconi senza assaggiare il pane.
“ U vi' chi è furbu! U sapia ca tu 'on la potivi tagghjiara a testa... u picciriddhu e sbertu”. Sentenziò mia sorella la grande che era lì a lavorare. Loro mangiavano piano. I loro movimenti erano riti alla grazia del cibo prodotto e guadagnato dopo mesi di lavoro e attesa. Mia sorella era brava a far nascere dai semi le piante. Faceva germogliare i tuberi e poi li piantava. Sapeva anche dissoterrare le patate senza rovinarle. Era brava negli innesti. Che dire? La sua sapinza era completa. L'aveva appresa da nostro padre e da nostra madre. Non sbagliava mai! Osservava le fasi della luna per quanto attiene la proliferazione della natura e raccoglieva i frutti nei momenti giusti specialmente quando doveva fare le conserve.
Bei tempi spensierati, quelli vissuti in famiglia al paese.
"Palermiti, Cz. panorama"

Anche se alzarsi dal letto al mattino presto era traumatico perché quando si doveva “abbeverare” dovevamo essere lì, in campagna, all'alba, perché, mi spiegavano i grandi, l'alba e il tramonto sono i momenti migliori per innaffiare le colture.

Oggi faccio tesoro delle poche cose apprese, curo il verde di casa e gli aromi del giardino. E mi compiaccio quando dal fiore spunta il frutto.

martedì 6 settembre 2016

Le Zagare: cortesia e professionalità

Lungo la vecchia strada per Squillace, a qualche centinaio di metri dal bivio degli svincoli aperti recentemente dall'anas che, finalmente, bypassano cruciali nodi di frenetica viabilità interna, superata qualche curva, sul lato sinistro della strada appare l'insegna del ristorante/pizzeria le Zagare.

Nella vallata che tende verso il mare scorre il torrente Alessi e sul declivio, tra qualche frammento dell'antico agrumeto, il ristorante Le Zagare.

Da tempo immemore noi calabresi siamo coscienti che la raccomandazione migliore quella che fa più effetto di ogni altra e che sta sopra le parti deriva dalla qualità del lavoro svolto.  Ed è su queste basi che nasce la volontà di scrivere della professionalità riscontrata nel ristorante Le Zagare.

I piatti tradizionali mantengono alta la definizione lessicale del termine. E la pizzeria, che prediligo, è da me sempre apprezzata.
Se dovessi consigliarne qualcuna?

La pizza bardascina, dalla sottile sfoglia ben dorata, con su mozzarella, pomodoro, formaggi e coperta da squisite fette sottili di capicollo locale.

domenica 15 aprile 2012

Abramo e Tripodi, IMU, pensieri opposti

Classe 1978! nome: Michele Tripodi. Attività: sindaco di Polistena, Rc.


POLISTENA??? quel paesino della Piana di Gioia Tauro a circa 70 km a sud-est di Catanzaro e circa 50 km a nord-est di Reggio Calabria che sta alle pendici dell'Aspromonte?

NOOOOO! NON CI POSSO CREDERE!!! come fa a mettere l''IMU allo zero virgola 2 e esentare le famiglie a basso reddito quando per Sergio Abramo, se sarà eletto, dovrà per forza essere pagata con l'aliquota più alta? (lo ha detto lui in televisione!)


domenica 26 giugno 2011

Calabria, crocevia di storie

Gente del sud.

Ricordo chiaramente la sensazione di disagio che saliva quieta mentre mi accingevo a trascorrere un periodo della mia vita in luoghi sconosciuti. Luoghi che, a detta dei media, sono tutt'ora sinonimo di ‘ndrangheta, di malaffare e violenza. Se fosse dipeso da me avrei fatto volentieri a meno, e mentre preparavo le valigie immaginavo scene di sangue, aggressioni, arroganze … ma no! Ripetevo mentalmente per farmi coraggio. Eviterò i luoghi malfamati, le periferie e le persone rozze. Mi faccio i fatti miei e dopo il lavoro, una doccia e via su qualche spiaggetta dei mari del sud!, tra lo Jonio e il Tirreno c’è solo l’imbarazzo della scelta! Sì, mi faccio i fatti miei e mi godo il sole e il mare pulito della Calabria selvaggia.
©arch.M.Iannino
veduta sullo jonio

Quant’è vero che la fantasia condiziona la realtà anche di noi calabresi cresciuti nelle città. A furia di sentire storie di cronaca nera, tutto diventa cattivo. È come un virus che penetra dentro il corpo buono e lo infetta, provocando, a volte, metastasi.
Oggi lo posso affermare con convinzione! La Calabria, non è tutto quello che si legge o si sente. La Calabria e la sua gente sono ben altro! L’ho scoperto a mie spese. Non perché abbia deliberatamente fatto delle ricerche, ma perché condizionato da un lavoro che mi ha portato a conoscere moltissimi paesini dell’interland compresi quelli che mai avrei pensato di visitare. Paesi che nell’immaginario collettivo sono covi di ‘ndranghetisti, con cantine trasformate in covi per latitanti e campagne piene d’insidie.
Ci sono anche questi!, inutile negarlo; paesi tristemente noti per faide sanguinarie tra persone dotate di un’intelligenza primitiva protese a salvaguardare i propri interessi con ogni mezzo, anche con la violenza, ma non sono per strada a dare fastidio alla gente che passa, sono attenti ai loro affari come nel resto del mondo; d’altronde, la cronaca parla di episodi efferati accaduti a Roma, Milano, New York. E che dire, allora, delle guerre economiche innescate dai poteri occulti dell’alta finanza? Di quella lobby famosa come mafia dei colletti bianchi che pur di guadagnare e fare profitti non bada a nulla? La stessa che fa transazioni d’affari con imprenditori sani e malavitosi senza battere ciglio? La seconda scelta, naturalmente, non giustifica la prima, ma è tanto per ricordare che nella società ci sono i buoni e i cattivi dappertutto!
Cosa diversa è la delinquenza comune, il bullismo, l’indifferenza, fenomeni sociali, questi, che fanno più vittime nelle grandi città piuttosto che nei paesini dove tutti si conoscono e l’ospitalità è ancora ritenuta un dovere sacro da rispettare. Ma quanti sono o saranno indotti a recarsi in quei luoghi da pressanti situazioni lavorative e quanti invece per amore di bellezza per la conoscenza? saranno le stesse che abbattono le paure perché ne va di mezzo la tranquillità economica personale e della famiglia per chi è sposato? Ecco, questo mi sono chiesto, specie dopo aver letto un articolo su Repubblica a firma di uno scrittore, noto per avere scritto un libro sulla camorra, ora sotto protezione perché ha ricevuto minacce di morte dopo averlo pubblicato e conteso dai “salotti sull’antimafia”, che titolava “Così si muore in Calabria, per la legge della terra” e intercalava, a mio avviso, quasi compiaciuto: “…ma questa non è una strage dettata semplicemente dal raptus di paesani che vivono in terre del sud dove ci sono più pistole che forchette…”.
La mia esperienza, dicevo, è diversa. Ho conosciuto i calabresi, quelli resi “brutti” da giornalisti e scrittori di cronaca dalla penna facile; sono entrato nelle loro case; non ho trovato pistole nei cassetti delle cucine ma forchette e posate. Posate per imbandire le tavole con lo scopo di accogliere degnamente gli ospiti.
Le storie che seguono, se pur romanzate prendono spunto da esperienze reali. Incontreremo i luoghi e l’animo della gente, le diverse realtà conosciute in uno spaccato molto vicino al vero, come i paesi dell’accoglienza dove gli extracomunitari si sono insediati e convivono con i calabresi tra scorci paesaggistici d’incommensurabile bellezza.
Buona lettura.

mercoledì 23 giugno 2010

tra spirito e materia


società: quanto lo spirito è in sintonia con la materia?


Racconti di vita in Calabria.

Tra spirito e materia.
Evoluzione scientifica e tecnologica: quanto lo spirito è in sintonia con la materia?

Un tempo, quando ancora non esistevano le macchine, l’uomo usava l’asino, il mulo, il cavallo e le mucche per trasportare mercanzie e per spostarsi da una parte all’altra del territorio. Ovviamente il tempo che riuscivano a coprire questi mezzi di locomozione era abnorme rispetto a quello impiegato ora. Oggi, in base al mezzo di locomozione usato, si arriva comodamente a coprire una lunga distanza nel giro di poche ore se non minuti. Abbiamo a disposizione aerei e treni superveloci, macchine private e pubbliche. Anche le macchine agricole sono di ultima generazione: trattori, fuoristrada, trebbiatrici, scuotitori escavatori hanno soppiantato buoi e muli.

Viviamo attimi frenetici e mentre viaggiamo, cerchiamo di recuperare ulteriormente tempo portando avanti il lavoro. Ci connettiamo a internet; inviamo mail, pianifichiamo incontri; telefoniamo e quando un’interruzione imprevista ce lo impedisce, andiamo in panico. Basta un black out elettrico, l’attacco di pirati informatici al sito di riferimento aziendale o privato; le pompe di benzina vuote, la mancata erogazione del gas e così via, per mandare in tilt un sistema sociale basato prevalentemente sulle nuove tecnologie e sulle nuove fonti energetiche.
Oggi è impensabile tornare a cucinare sul fuoco a legna, viaggiare in carrozza o a cavallo; scrivere con il pennino intriso nel calamaio o con la vecchia cara stilografica; comporre una pagina con i caratteri mobili in piombo o in legno.
Oggi è tutta un’altra cosa! … e se fossimo obbligati a un ritorno al passato? Quanti sapremmo cogliere il lato positivo del ritorno alla calma, al lento scorrere del tempo? Alla riscoperta e al contatto fisico con l’altro. L’altro inteso come uomo e ambiente, materiale, spirituale e intellettuale.

ebbene! in Calabria esistono luoghi dove è possibile misurarsi, trovare risposte ai quesiti di adattabilità, sopravvivenza e...

(segue: da Bagnara in Inghilterra)

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