Tornare alla natura.
Posso dire di avere sperimentato i
flussi e riflussi della storia sulla mia pelle. In prima persona, nel
mio piccolo, ho capito cosa significhi curare la terra e trarre da
essa i frutti. Non l'ho fatto per molto tempo. Ma andare in campagna
e rendermi partecipe del lavoro sui campi mi piaceva. Mi piaceva
rompere l'argine dopo avere creato i rigagnoli per mandare l'acqua ad
abbeverare gli ortaggi. L'odore di terra bagnata e dell'erba tagliata
ce l'ho ben presente ancora oggi.
E il sapore dei cetriolini "rubati" che non sfuggivano alla memoria
visiva e all'acuta osservazione dei grandi che avevano memorizzato ogni germoglio delle piante è un ricordo indelebile. Bastava che spostassero con le
mani le foglie per accorgersi della mancanza dei frutti sottratti precocemente
alla maturazione.
Più difficile, credevo sbagliando, era che si accorgessero
dei pomodori che gradivo e depredavo nelle giornate assolate. Li addentavo e la loro polpa refrigerava il palato soddisfacendo e ripristinando i pochi sali minerali persi.
Anche le cipollette non erano malvagie. Ne prendevo duo o tre. Mi sedevo all'argine della fiumara e assaporavo il mio privileggiato spuntino accompagnato da un bel pezzo di pecorino, che però, chiedevo a mio fratello.
Sapori forti e contrastanti che facevano venire sete. La brocca in creta era incastrata tra le pietre nella fiumara ma preferivo bere con le mani. Le allungavo e attingevo l'acqua fresca che scorreva ai miei piedi. Stavo scalzo!
Anche le cipollette non erano malvagie. Ne prendevo duo o tre. Mi sedevo all'argine della fiumara e assaporavo il mio privileggiato spuntino accompagnato da un bel pezzo di pecorino, che però, chiedevo a mio fratello.
Sapori forti e contrastanti che facevano venire sete. La brocca in creta era incastrata tra le pietre nella fiumara ma preferivo bere con le mani. Le allungavo e attingevo l'acqua fresca che scorreva ai miei piedi. Stavo scalzo!
Il formaggio era staggionato e cremoso
al punto giusto. A mezzogiorno ci sedevamo sotto l'albero di noce. Le
donne aprivano il “mesale” una tovaglia di lino grezzo, lo
stendevano sul prato, disponevano il pane e il companatico insieme a
qualche bottiglia di vino e pranzavamo. Io ero addetto a prendere
l'acqua. -Fai attenzione a non rompere “ a vozza”- “la brocca”
mi dicevano mentre andavo a prenderla sul greto del ruscello. Si
beveva a canna e il sapore delle foglie di vite che fungevano da
tappo si mischiava col resto.
Solitamente alle 12 non avevo molta
fame. E anche se il buco lo avevo tappato, come ho appena detto, non
sapevo resistere al formaggio. Lo divoravo anche se non mi andava.
Ero davvero goloso. E mio fratello, allungandomi l'ennesima fetta mi
disse, mal celando un sorriso: “ fai il morso più grande al pane.
Se finisci prima il formaggio ti taglio la testa”. “Visto? Ho
finito prima il formaggio!” risposi dopo averlo ingerito in pochi
bocconi senza assaggiare il pane.
“ U vi' chi è furbu! U sapia ca tu
'on la potivi tagghjiara a testa... u picciriddhu e sbertu”.
Sentenziò mia sorella la grande che era lì a lavorare. Loro
mangiavano piano. I loro movimenti erano riti alla grazia del cibo
prodotto e guadagnato dopo mesi di lavoro e attesa. Mia sorella era
brava a far nascere dai semi le piante. Faceva germogliare i tuberi e
poi li piantava. Sapeva anche dissoterrare le patate senza rovinarle.
Era brava negli innesti. Che dire? La sua sapinza era completa.
L'aveva appresa da nostro padre e da nostra madre. Non sbagliava mai!
Osservava le fasi della luna per quanto attiene la proliferazione
della natura e raccoglieva i frutti nei momenti giusti specialmente
quando doveva fare le conserve.
Bei tempi spensierati, quelli vissuti
in famiglia al paese.
Anche se alzarsi dal letto al mattino
presto era traumatico perché quando si doveva “abbeverare”
dovevamo essere lì, in campagna, all'alba, perché, mi spiegavano i
grandi, l'alba e il tramonto sono i momenti migliori per innaffiare
le colture.
Oggi faccio tesoro delle poche cose apprese, curo il verde di casa e gli aromi del giardino. E mi compiaccio quando dal fiore spunta il frutto.
Oggi faccio tesoro delle poche cose apprese, curo il verde di casa e gli aromi del giardino. E mi compiaccio quando dal fiore spunta il frutto.