Dario Fo l'ultimo giullare e re dei
menestrelli è andato nel regno dei morti a rivisitare e mettere in
scena il mistero buffo insieme alla sua compagna di vita e di
spettacolo Franca Rame.
È stato compagno, adesso si dice
“virtuale”, di provocazioni culturali di più generazioni e con
la sua gestuale mimica ha saputo dare corpo e rafforzare la cadenza
enfatica delle contrapposizioni verbali messe in scena. Sbeffegiava i potenti per dare voce ai deboli.
Amava dipingere e disegnare. Preparava
bozzetti e quinte dei suoi spettacoli. Come sappiamo.
È andato via sorridendo. Così lo
immagino. E forse avrà anche fatto l'ultimo sberleffo in punto di
morte.
Ha detto sempre ciò che pensava in
politica e nei rapporti sociali. Sovversivo? Forse! Coerente di
sicuro.
La sua nomina nel '97 a nobel per
la letteratura è stata una sorpresa. Anche quella conferita a
Bob Dylan adesso lo è. Piacevoli sorprese entrambe.
Vuol dire che qualcosa sta cambiando. E
lui che era un innovatore è stato il precursore.
Parole dure quelle utilizzate da Fo nei confronti di Benigni: l'ha accusato di tradire se stesso e di "cedere davanti alle lusinghe".
Da tempo vicino al Movimento 5 Stelle, Fo, ha chiarito: "La questione non è votare questo o quello, ma lasciarsi andare alla deriva. C’è qualcosa del ‘dare e avere’. Non c’è dubbio che questa posizione favorisce il governo e il potere. Sarà ripagato. Però mi stupisce terribilmente".
"A Dario Fo non si risponde, è come la mamma", aveva replicato Benigni nel giugno scorso.
Ed io che sono niente in confronto a loro come devo comportarmi davanti a quesiti simili?
C'è troppa bagarre attorno ad un referendum che, all'inizio, avrebbe dovuto essere un test per Renzi e il suo governo. Poi ha capito o qualcuno glielo ha fatto capire che non era il caso di personalizzare un affare costituzionale.