Si dice che gl'imprenditori non
investono in Calabria per paura della 'ndrangheta. Si dice anche che
i calabresi siano tutti malandrini e qualche noto giovane scrittore
rafforza la dose descrivendo cassetti pieni di pistole piuttosto che
forchette nell'incipit di un fatto di cronaca accaduto in un paesino
dell'entroterra calabrese per futili motivi; gli stessi motivi che
armano la mano degli iracondi in ogni angolo del mondo.
Eppure, nonostante la realtà smentiscaquesti luoghi comuni propagandati dai media, nulla cambia nelle
mentalità e nelle azioni della classe dirigente locale e nazionale.
Di fatto l'assedio dei luoghi di potere
continua ad essere guidato dai soliti faccendieri, in politica, nella
cultura e negli affari. Come spiegare altrimenti lo scandalo dei
rifiuti che vede indagati e incarcerati i vertici della società che
gestiva l'impianto di gestione situato in località Alli? Undici
persone coinvolte! Con a capo
"il re della mondezza" Stefano Gavioli, amministratore di
diverse società che gestiva fino a ieri decine di discariche in
tutta la penisola, tra Veneto, Calabria, Sardegna, Campania, Emilia
Romagna, Puglia e anche quella dell'Aquila, incassando milioni e
milioni di euro senza mai pagare un euro di tasse.
Non mancano gli esponenti della politica come l'attuale assessore
regionale all'ambiente, già ex sub commissario, Francesco Pugliano e
il commissario straordinario per l'emergenza ex generale Melandri per
il quale la Procura della Repubblica ha chiesto l'interdizione dalla
carica.
Insomma
è una cordata di manager che scende dal nord, quello buono che
fatica, enfatizzato da Calderoli & C. a fare man bassa delle
risorse economiche calabresi senza dare in cambio quanto dovuto in
termini di tasse e, peggio, strumenti efficaci per la tutela
dell'ambiente e dei cittadini che, per sommo dispiacere del noto
giovane scrittore, non hanno i cassetti pieni di pistole al posto
delle forchette.