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venerdì 27 settembre 2024

Il vuoto. opera prima di G. Carpanzano

 





“Hai smontato i pezzi della tua vita e li hai rimontati giusti, in sintonia con il tuo modo di intendere i rapporti e le relazioni umane”.

L’epilogo come incipit ma senza rivelare, adesso si usa il termine “spoilerare” la trama e men che meno anticipare il finale del film.

giovedì 11 gennaio 2018

Bimba. E' clonata una stella. (Film 2002. Di Sabina Guzzanti)

Bimba. E’ clonata una stella.
Regia  e sceneggiatura: Sabina Guzzanti.
Montaggio: Francesca Calvelli.
Cinematografia: Giuseppe Lanci.
La trama introduce una diva senza talento, scemotta e capricciosa.
Un giorno per via di una cartella consegnatale, scopre di essere il clone di una cantante di tempi addietro, la cui gloria durò scarso tempo.
Il dott. Salti è l’uomo che la fece clonare, un tale che viene rappresentato come una sorta di burattinaio. Un uomo d'affari che usa delle “cavie” da successo.
Bimba, nonostante il Dna di basso livello cerca, anche grazie all’aiuto del magistrato Macaluso, di raggiungere il successo impegnandosi.
Offre prova della sua clonazione essendosi ricordata di non aver gettato i documenti, ma di averli nascosti;
e nella effimera lettura di una guida telefonica romana raggiunge un pensiero di non poco conto:
La gente tante volte è solo rappresentata da un nome scritto così piccolo da confondersi con un'altra sfilza di nomi, che ne fanno “quasi” velare e annullare l’identità,  e un numero affiancato.
La gente,spesso, anche se “non clonata” non riesce a sentirsi “originale” e cade in preda alla depressione di  non sentirsi abbastanza e  si ferma di fronte a chi cerca di umiliare, far inciampare, mettere ostacoli, frenare.
Mentre il trucco si rivela  essere  quello di non fermarsi mai e provarci, nonostante tutto.  Il tutto suffragato da un non irrilevante bagaglio culturale, è quello che evita inciampi e spinge alla tenacia.
Leggo critiche verso questo film che non condivido, a maggior ragione se mosse da uomini che si definiscono di cultura ma che non ne hanno colto il significato. Ho votato 5 stelle come utente infinity  questo film del 2002, un film che per quanto possa sembrare “sempliciotto” nasconde un messaggio, a mio avviso, di vitale importanza per ciascuno.

giovedì 2 novembre 2017

Maneggiare con cura

È tempo di denunce.

Anche in radio ha preso piede l'onda anomala della denuncia.
La prima volta che sono stata molestata/o e o violentata/o.

Titoli che fanno il giro dei media e dei social web in cui si trova di tutto e di più. Non si sa se è uno stimolo per sentirsi protagonisti, vittime o possibilità di denunciare il lupo che alcuni hanno incontrato lungo il sentiero che dal bosco porta in città. Nella città illuminata dai riflettori mediatici che qualcuno sfrutta per mettersi in luce e godere dei 5 minuti di pubblicità.

Adesso spuntano anche le violenze gay. Che, come quelle subite dalle donne, non sono state denunciate prima ma, guarda un po', dopo avere ottenuto i favori e raggiunto l'agognato successo.
Il mondo dell'arte in generale è sputtanato.
La cultura è vittima?

Sull'onda emotiva alcuni giocano il ruolo delle vittime e, magari, quello che è stato un complimento o una pacca benevola è trasformato in molestia sessuale.
Strategia? Cattiveria? Ingenuità nel rapporto con l'altro sesso?

Non saprei che dire! Forse sarebbe opportuno osservare un attimo di silenzio e stare attenti a come si maneggiano le notizie.

Il mondo dorato del cinema e quello della televisione fanno perdere di vista la quotidiana realtà e anche noi che non ne facciamo parte a volte c'immedesimiamo. Parteggiamo per l'uno o l'altro perché li sentiamo familiari, vicini vista la quotidianità con cui vediamo le loro facce dimenticando che sono attori e che giocano ruoli differenti dai comuni mortali. Ruoli che fanno sognare e fantasticare. Personaggi divini che ci fanno evadere dalla realtà cruda e nuda.

E quando qualcuno destabilizza quel mondo da fiaba e fa cadere eroi e miti, noi, ci sentiamo traditi.

Mentre quotidianamente avvengono soprusi che passano inosservati (non che la violenza fisica e emotiva sessuale non lo siano) come lo stalking in ufficio e al lavoro in generale e persino nei condominii, tanto per citare alcuni esempi, o le decisioni politiche prese sulla pelle dei cittadini impossibilitati a contestarle ma fatte proprie dai politici che le usano strumentalmente e dai tg.

Il buon senso, come si usava un tempo non molto remoto, è stato seppellito sotto i cumuli di stupidità amplificata dalle fake news dei social-media.

Nella realtà parallela del mondo virtuale ma anche di chi sta sotto i riflettori mediatici tradizionali i più furbi fanno tendenza. Approfittano dei pruriti intimi delle persone. E portano all'estremo i fatti.

Personalmente mi attengo alle indicazioni stampigliate sui cartoni da imballo. E ...
Preferisco Maneggiare con cura!

"maneggiare con cura" assemblage courtesy M. Iannino

domenica 9 marzo 2014

La Grande Bellezza

“Sa perché mi cibo di radici” “No, perché?” “Perché le 'radici' sono importanti.” Così spiega la Santa verso la fine del film che non ha voluto sottoporsi precedentemente all'intervista del giornalista mondano Jep Gambardella allorché le chiese di parlargli della povertà e di cosa significhi vivere tra i poveri ma ottiene la sibillina risposta: “la povertà si vive”.

"le radici sono importanti"



la Grande Bellezza”, a mio parere, sta tutta qui. Concentrata nelle semplici battute tra Jep Gambardella e la Santa che, sibillina, fa capire a Jep di ritornare alle origini e scrivere con l'entusiasmo iniziale del vero compito dell'uomo.

Sorrentino usa magistralmente il linguaggio della metafora per narrare e descrivere le incongruenze sociali scaturiti dai bubboni del miraggio economico.

Edonismi imperanti. Arrampicatori sociali nascosti dietro facciate esteriori per coprire o tentare di oscurare le sconfitte quotidiane popolano chiassose feste per esorcizzare la paura dell'insuccesso.

I quadri fotografici di Sorrentino ambientati nella città eterna raccontano di una bellezza altra che esula dai trenini improvvisati e dalle false glorie individuali. 

venerdì 29 ottobre 2010

Massimiliano secondo Troisi

aore12
massimo troisi
Non si può pronunciare il nome di Massimiliano e non pensare alla gag di Massimo Troisi in “ricomincio da tre”.
Peccato che Massimo abbia scritto e sceneggiato il film “Ricomincio da tre” negli anni ’80 e abbiamo potuto apprezzare ancor meglio la sua arte che lo accomuna con il teatro partenopeo e ai centri culturali in voga negli anni 70 italiani.
Certamente, per me, Massimiliano non sarebbe stato tramutato in Ugo e neanche in Ciro; io propendo a dare spazio ai ragazzi, lasciarli esprimere, acquisire esperienze in prima persona ma, Troisi è troppo forte quando tenta di dare una giustificazione e un’impronta didattica al ragazzo e al nome che lo accompagnerà nella vita.
Troisi rappresenta se stesso in teatro e nell’esperienza con i compagni di viaggio del trio la “Smorfia”: Lello Arena ed Enzo Decaro. Il loro cabaret era lo spaccato scenico delle vicende vissute nel napoletano. Scene di antieroi che vivevano la realtà e la continuano a vivere ancora adesso giorno per giorno a Scampia come a San Giorgio a Cremano.

Peccato che è scomparso giovane, altrimenti chissà quanti altri suggerimenti avrebbe potuto elargire Massimo Troisi, con la sua aria scanzonata da eterno ragazzo timido a spasso per il mondo reale e artistico nella cinematografia italiana e napoletana, da uomo del sud, etichetta che gli stava stretta e che ha voluto rilevarne i dati “razzisti” attribuiti dalle persone ignoranti che non conoscono il cuore e la filosofia dei napoletani e dei meridionali.

Mi è venuto in mente lui perché oggi sul calendario ricorre S. Massimiliano e perché mio figlio si chiama così. Auguri a tutti, anche a te Massimo! Se pur con un nome tronco le cui radici lo accomunano con Massimiliano, ed io aggiungo, Kolbe, per la bontà d’animo tua e di quanti portano il nome Massimiliano.

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