Celentano ha deluso. Non è stato
rivoluzionario o profeta come qualche anno addietro. L'atteso
intervento, tra l'altro pompato eccessivamente dai media, non ha
aggiunto niente di nuovo a quanto ha fatto l'ultima volta che si è
visto in televisione. Non è stato in grado di stupire, superare le
aspettative di quanti attendevano il suo messianico intervento
sanremese. Ha ripetuto le stesse scene apocalittiche di una guerra
poco convincente anche dal punto di vista cinematografico data la
staticità della finzione visiva che collegava il tutto ad un gioco
preordinato e lo rendeva simile alle guerre messe in scena dai
nostalgici storici.
Il suo intervento è risultato
sfuocato, traballante e antidemocratico con qualche punta polemica resa
granitica dall'esternazione di voler eliminare le testate
giornalistiche vicine al Vaticano: Avvenire e Famiglia Cristiana, rei
di non predicare il Vangelo, la Parola, ma interessati ai temi della
politica.
Qualcun altro potrebbe invece obiettare
che non è tanto l'indirizzo ideologico a infastidire il mondo
cristiano, quanto la poca incisività dei giornali nei confronti di
una classe dirigente insignificante, inadatta alle esigenze del
Paese.
Adriano Celentano, nella sua “ingenua
esternazione” ha sottovalutato l'importanza della pluralità
intellettuale. E se ha ricordato la “Sovranità del Popolo” ha
dimenticato di rispettare “La Libertà di Pensiero”. Magari,
avrebbe potuto infilare il coltello nella piaga del Libero Arbitrio
condizionato dai cattivi maestri, dalle necessità imposte, dalla
mancata crescita culturale di quel largo strato sociale drogato dai
sogni effimeri enfatizzati da certa comunicazione.
A parte qualche blasfemia inutile, lo
spettacolo del palinsesto, non ha offerto altre novità. Tutto come
da copione.