Passate bene le feste? Questa è la
domanda ricorrente che echeggia in questi giorni tra i passanti.
Nonostante che i luoghi d'incontro
siano quasi deserti a causa della pericolosità del virus che ha
caratterizzato gli ultimi due anni, la fobia del contagio, rafforzata
della variante omicron, induce a una sorta di austerità obbligata.
Molti lavoratori hanno risentito per le
chiusure forzate e l'economia sommersa più di tutto.
La bolla consumistica in cui ci siamo
rifugiati si è sgonfiata e in qualche caso ha fatto ripensare a
quando si stava peggio. A quando le scarse finanze e la presenza
massiva dei media non condizionava ancora gli stili di vita delle
famiglie.
In alcune generazioni è ancora viva la
memoria dello spirito del S. Natale vissuto nelle comunità. Tra
congiunti stretti, famiglie allargate composte da consanguinei, amici
e vicinato.
Non c'erano molti prodotti di largo
consumi e neppure troppi elettrodomestici nelle case : le macchine
lavatrici di panni e stoviglie erano un lusso inimmaginabile e la
televisione era inarrivabile per certe realtà familiari (forse
queste assenze sono state la nostra forza).
Le donne avevano un ruolo importante!
Governavano la casa in tutto e per tutto, loro era il compito di
curare gli aspetti basilari della famiglia dalla pulizia quotidiana
alla gestione delle scarne finanze. E , cosa importantissima:
l'educazione dei figli.
Il calore degli affetti, nei giorni
delle feste, si sentiva tutto e avvolgeva nel vestito nuovo, anche se
dismesso e passato di mano dai fratelli più cresciuti, ognuno.
I sogni erano in sintonia con gli
insegnamenti.
C'era un'attenzione particolare nei
confronti dei bisognosi e dei deboli. La comare o il compare non
erano lasciati a trascorrere la vigilia in solitudine. “Dove
mangiano tre mangiano quattro” dicevano le mamme nell'apparecchiare
la tavola. E noi piccoli eravamo felici nel trovare regali utili:
qualche paio di calze, guanti o cappellini e caramelline grandi
quanto un bottone.
Assistere alla funzione religiosa era
un rituale sentito durante il quale affidavamo all'Onnipotente sogni
e desideri immediati e futuri.
Il problema dell'inquinamento
ambientale era inimmaginabile per noi che ritenevamo una ricchezza
anche un foglio di carta d'imballaggio. E le cartoline augurali erano
traccia empatica; non oggetti ma affettuose appendici delle persone
che le inviavano perciò le conservavamo nel cassetto degli affetti
insieme ai sogni.