Accadono cose che inevitabilmente
s'insinuano tra i ricordi e gli affetti cari di ognuno di noi. A
volte basta uno sguardo, un suono, poche note scanzonate che, pur
contestando la realtà, invogliano a vivere la quotidianità appieno
nonostante le contraddizioni, i dolori personali le tragedie
collettive. Insomma pubblico e privato si mescolano nei testi di
Stefano Rosso, Rino Gaetano, De Andrè, Dalla, De Gregori, Vasco
Rossi, Luigi Tenco, Paoli, Lauzi...
Il piano bar fa sembrare il cantante
meno irraggiungibile, perde l'aurea del divo e si cala nella vita
comune, anche per una questione di marketing, e sta vicino ai suoi
fans nelle discoteche. Attorno alle grandi star orbitano satelliti di
varia natura e entità, il loro raggio d'azione sconfina
principalmente nella moda ma non disdegnano gli altri filoni che il
mercato globale offre.
Le canzoni popolari narrano la
quotidianità, gli amori e le conseguenze che questi apportano nelle
vite delle persone. Alcuni cantautori, negli anni '70, intraprendono
un filone nuovo per la musica italiana. Da Rino Gaetano a Vasco Rossi
passando per Fabrizio De Andrè, testi e musiche modificano la
propensione alla melodia popolare. Non narrano più amori o passioni
struggenti, anzi, fanno dell'ironia e la musica cambia marcia. Da
greve, maestosa o struggente passa ad allegre e ritmate disarmonie.
Nascono gli urlatori, la musica beat;
la batteria, le chitarre elettriche, le tastiere e cinque o sei
ragazzi che suonano questi strumenti si danno nomi ironicamente
provocatori che identificano la loro filosofia di vita e quindi la
musica. È un fiorire di complessi musicali e di cantautori rock pop.
Ovviamente le grandi città, da Roma in
su, diventano palcoscenici preferiti dei giovani anche in virtù
delle sedi televisive e degli studi discografici ubicate tra Milano,
Torino, Genova.
Erano gli anni della fantasia al potere. Gli anni del “mettete i fori nei vostri cannoni” e di
“c'era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stone”,
di “Bandiera Gialla”. Anni di fermenti culturali creativi ad
opera di giovani che credevano di poter cambiare la società.