Il prossimo 29 marzo dovrebbe
esserci il referendum sul taglio dei parlamentari. L'effetto “corona
virus” ha messo in secondo piano la chiamata alle urne dei
cittadini. E i giornalisti della carta stampate e delle tv, seguendo
l'onda emotiva, hanno ritenuto opportuno dedicare il tempo alla
questione “virus” anziché rendere edotti i cittadini sul
referendum.
I social sono abbondantemente gonfi di
comitati e schieramenti favorevoli o contrari al NO.
Ognuno, secondo il proprio modo di
intendere la politica e la democrazia parlamentare, adduce
motivazioni che, per un certo aspetto, potrebbero essere anche
condivise.
Populismo. Taglio di poltrone. Tagli
allo spreco della casta. Democrazia e rappresentatività delle
regioni.
Questi i temi presi a esempio,
enfatizzati o sottaciuti, dagli schieramenti.
Nessuno però ricorda, in maniera
obiettiva, come sia stata modificata negli anni la Costituzione dai
partiti e quindi dai parlamentari a scapito della reale democrazia e
della rappresentatività popolare.
Spulciando tra le news la nota
dell'ANPI risulta la più onesta intellettualmente.
Nello stralcio che allego si analizza
il percorso e l'intento democratico della rappresentatività cui la
Carta è vocata.
Allora perché non rivedere la proposta
di referendum a monte e la relativa legge elettorale modificata
secondo criteri che diano reale rappresentatività democratica agli
italiani?
E’
falso che con tale legge aumenterà l’efficienza dei lavori delle
Camere, perché si renderà invece precario e macchinoso il
funzionamento delle commissioni e degli altri organi del Parlamento.
E’ demagogico esaltare il risparmio di costi derivante da tale
riduzione, perché si tratta di una cifra sostanzialmente irrilevante
rispetto alle dimensioni del bilancio dello Stato. La verità è che
questa riforma, mal congegnata, risponde ad una logica populista ed
antiparlamentarista, che aumenta il discredito verso la democrazia,
insistendo sul tema dei suoi “costi”, spesso necessari per un suo
corretto funzionamento, verso le istituzioni democratiche,
riducendole a “poltrone”, verso gli eletti, sprezzantemente
definiti “la casta”. Non solo: questa riforma pone l’Italia fra
i Paesi europei col più alto rapporto fra numero di cittadini e
numero di parlamentari, rendendo più difficile proprio la
rappresentanza, difformemente dall’orientamento dei Costituenti che
avevano invece inteso garantire un corretto rapporto fra numero di
eletti e di elettori. Per di più occorrerà riscrivere
immediatamente la legge elettorale, al fine di garantire la presenza
in parlamento, a rischio, con tale riforma, di tante forze politiche,
e rivedere i criteri di elezione del Presidente della Repubblica da
parte dei grandi elettori delle Regioni.
Per
queste ragioni l’ANPI prende posizione per il NO al prossimo
referendum operando, com’è sua tradizione, in piena autonomia
anche organizzativa in ogni aspetto dello svolgimento della campagna
referendaria non aderendo di conseguenza ad alcun tipo di comitato, e
ponendo al centro del dibattito pubblico una più ampia riflessione
sui continui tentativi di manomettere la Costituzione, che invece,
oggi più che mai ed in ogni sua parte, conferma straordinari
elementi di attualità e di modernità. Ribadiamo l’assoluta
necessità di una reale attuazione delle disposizioni costituzionali,
che ancora oggi sono disattese in parte rilevante, e l’urgenza di
ribadire e rilanciare la centralità del Parlamento rispetto al
potere del governo, sempre più esteso e incontrollato, all’abuso
di decreti legge e di voti di fiducia, alla prassi di spostare al di
fuori del Parlamento le sedi del dibattito e persino delle decisioni
proprie delle Camere. Più in generale, davanti alla crisi economica
e sociale da cui l’Italia non è mai uscita da un decennio, occorre
finalmente operare per la realizzazione concreta dei principi
costituzionali in merito al lavoro, alle imprese, alla sanità, alla
scuola, ai servizi, all’ambiente, alla cultura, al paesaggio, alla
legalità, alla solidarietà, all’eguaglianza, alla pace.