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martedì 6 aprile 2021

Sal Nisticò, talentuoso giovane pianista

Cos'altro può arginare il rumore del mondo oltre la musica?

L'armonia del cosmo è racchiusa nella scala che eleva lo spirito verso la creatività assoluta e lenisce i dolori, li sublima nella catarsi.

Ogni strumento ha una prerogativa che si confà alla personalità del musicista che lo adotta e lo fa suo e diventa propaggine del suo essere, cordone ombelicale che lo rende immune dalla materia pur servendola e servendosene.

C'è chi arriva alla musica sospinto da qualcuno,

Beethoven, per esempio, cominciò a suonare il pianoforte sotto gli ordini severi di suo padre e ancora bambino diede il suo primo concerto.

I biografi narrano di una educazione scolastica, la sua, affrontata con grandi difficoltà, perché, diceva: "La musica mi viene più facilmente delle parole".

Wolfgang Amadeus Mozart è considerato uno dei grandi maestri del pianoforte, virtuoso, riconosciuto per il suo talento musicale e per le sue capacità compositive. Dal temperamento anarchico, ribelle e imprevedibile, eccelleva nel classicismo ed è stato uno dei musicisti più influenti della storia.

Ha iniziato la sua carriera come interprete. Notato per il suo fine orecchio musicale è stato anche autore di successo. Sonate, sinfonie, musica da camera, concerti e opere, il tutto caratterizzato da vivide emozioni e trame sofisticate. Questo è il lavoro lasciato alle future generazioni da Wolfgang Amadeus Mozart.




E Sal Nisticò?, è forse azzardato l'accostamento con i più eccelsi musicisti della storia?

Non lo so! Può darsi! Ma chi lo conosce sa solo che è un ragazzo di talento e che fin da bambino, anche lui come i grandi del pianoforte, ha imparato prima ad arrampicarsi sullo sgabello e poi a correre sempre più spedito man mano che ampliava le sue mire corredate da esercitazioni estenuanti ma volute, necessarie al suo carattere, sotto la guida del maestro Claude Colasaz.



mercoledì 20 luglio 2011

incontri estivi tra Catanzaro e Soverato

Appuntamenti estivi tra Catanzaro e Soverato

aore12È trascorso un anno e la storia si ripete: sotto gli occhi dei pochissimi visitatori attenti perché appassionati di storia antica una regia composta da dotti studiosi ha posto una serie di “colti ostacoli” lungo il percorso della storia riportata alla luce e disseminata tra i ciottoli del parco archeologico Scolacium con l'intenzione di sottolinearne la creatività dei gesti attraverso la commistione dei saperi e far convivere l'esistenza dell'uomo sviluppatasi nel corso dei secoli.

Sempre gli studiosi e in special modo gli archeologi hanno fatto proseliti e imbastito convegni per dimostrare al mondo intero l'importanza dei ritrovamenti avvenuti nell'ex tenuta Mazza situata in località Roccelletta di Borgia. 
Tant'è che la sovrintendenza per tutelarne la sacralità ha preso possesso del sito nella sua interezza e adibito l'antico caseggiato baronale con annessi corte pertinenze frantoio e cantine in spazi museali e uffici pubblici.

Dall'entrata in vigore della normativa che eleva l'agro in territorio protetto dall'istituzione sono trascorsi circa 40 anni ed a parte queste ultime “innovazioni” denominate “intersezioni” dallo staff tecnico composto da illustri critici e politici niente è stato fatto per rinvenire ulteriori testimonianze storiche.

Intanto a ridosso delle mura della Basilica bizantina di Santa Maria della Roccella, sempre nell'area del parco Scolacium, si perpetua nel periodo estivo con cadenza annuale una sorta di teatro di nicchia e musica colte.

Queste le attrazioni culturali più importanti nella provincia di Catanzaro.
Una pagina a parte riempie l'appuntamento estivo del premio Film festival di Soverato che mediante il prodotto cinematografico e quanto ruota attorno ad esso valorizza la città jonica calabrese lontano dalle azioni inquinanti di cui è pieno il baraccone che tutti gli anni approda sulle antiche terre cantate da Omero e accolsero Ulisse e i suoi compagni naufraghi.

mercoledì 24 novembre 2021

Sofismi? No, costruzioni reali dalle fondamenta salde

 

E mentre prestiamo massima attenzione ai litigi spettacolari sui media qualcuno o qualcosa ci deruba momenti di vita vera.



"creatività" coll.priv. -pittura a olio su tela- autore: Mario Iannino, 1980


Momenti di vita che potremmo dedicare per sviluppare idee e azioni utili. Affini alla costruzione per un nuovo rinascimento intellettivo e spirituale. Qualcosa che assomigli alla convivenza sostenibile delle famiglie, nonostante le immancabili divergenze insite nei rapporti umani.

Le divergenze parallele, teorizzate dal politichese in convergenze parallele, non sono impossibili. Possono essere delle realtà che nel rispetto reciproco delle idee, pur camminando parallelamente ognuno sulla propria retta senza mia incrociarsi o unirsi, convivono.

La civile convivenza implica comprensione, apertura: saggezza.

Cosa c'è di saggio nelle liti plateali dei guitti della parola in tv?

Ogni loro gesto o fonema incita allo scontro. Sono fomentatori di odio tutti coloro i quali parlano senza conoscere il problema, l'oggetto del contendere del momento.

In queste ore oltre alla ormai insopportabile lezioncina dei “dirigenti” governativi che stanno togliendo quanto di buono c'è nell'aria ossigenata della quotidianità dei rapporti umani, tramutata in veleni interpersonali dall'impalpabile scientificità inerente le misure anticovid, terrore mediatico a parte, tra le innumerevoli spazzature mediatiche emerge il gusto del brutto.

Non il brutto poetico, quello a cui dedicò oltre vent'anni della sua ricerca poetica Jean Dubuffet per indicare alla società “colta” quanto di buono c'era e c'è nelle realtà emarginate.

Lo scultore sa cosa significhi “sbozzare”.

Ecco, cerchiamo anche noi di togliere il superfluo.

Tentiamo, quanto meno di eseguire un primo lavoro su noi stessi: guardiamo al mondo esterno con occhi nuovi, osserviamo positivamente, con calma, qualsiasi momento come se fosse una terapia che esalti il bello a cui aspira ogni essere vivente in sintonia con la sensibilità divina.

lunedì 11 giugno 2012

Catanzaro, via del gelso bianco e filanda, origini

foglie e frutti di gelso bianco
C'è stato un tempo in cui la creatività dell'uomo riuscì a trarre ricchezze dalla trasformazione rispettosa della natura e intere città progredirono!

 Catanzaro porta ancora dietro le tracce storiche di queste opportunità ormai vive solo nei musei che conservano i damaschi e nella toponomastica cittadina del centro storico e precisamente nelle zone definite “gelso bianco” e “filanda”.

Gli orti i giardini e la campagna limitrofa all'area urbana, fino al secolo scorso, erano fonti di guadagno per i catanzaresi che, com'è noto, esportavano le sete damascate in Francia ed in tutta Europa.

Gli alberi di gelso producevano more con le quali le massaie confezionavano confetture ma non era questa la vera fonte di guadagno bensì l'ospite che si nutriva delle foglie dell'albero di gelso: il baco da seta!

I bossoli del baco da seta, opportunamente trattati, dipanati e trasformati in filati pregevoli, da via del gelso bianco si spostavano nel quartiere della “Filanda” dove le tessitrici compivano la magia della creazione col tessuto trattato e colorato dai tintori con accorgimenti che resero alla città vanto e onori, grazie, appunto al pregiato artigianato locale della tessitura.

martedì 5 gennaio 2010

ho conosciuto la bellezza


Ho conosciuto!

Ho conosciuto l’ingenuità negli occhi dei bambini
Ho conosciuto la solidarietà nel gesto dei bambini
Ho conosciuto l’amore incondizionato dei bambini
Ho conosciuto la creatività giocosa dei bambini
Ho conosciuto il mondo spontaneo dei bambini

E sono rimasto ispirato

:-)

sabato 23 gennaio 2016

Noi che costruivamo le maschere con la carta

(l'apriscatole culturale)


Nel giro di qualche decennio siamo passati dal produrre poco e, tutto sommato, in sintonia con gli eco sistemi al produrre indiscriminatamente moltissimo inquinando il suolo terrestre e l'atmosfera.

Persino il barbiere riciclava le schedine del totocalcio vecchie. Le metteva sulla mensola davanti alla poltrona e quando doveva pulire il rasoio vi spalmava sopra la schiuma da barba appena tolta dal viso del cliente. E che dire del fruttivendolo o del pescivendolo che incartavano la mercanzia nei giornali dei giorni precedenti?
"maschere di carta"

Poi vennero gli anni di plastica e le industrie iniziarono a stampare persino i recipienti destinati a contenere gli alimenti e gli artisti fecero assurgere gli oggetti ad opere d'arte.

Eppure, come era bella la semplice quotidianità dei primi anni sessanta quando ancora sapevamo costruire i giochi e ci impegnavamo creativamente nell'assemblare i vestiti e le maschere per carnevale con i pochi mezzi che avevamo a disposizione.
Le maschere prendevano forma gradatamente da scatole di scarpe e da semplici fogli di giornali e dalle pagine dei quaderni.

Le maschere avevano forme diverse, spesso condizionate dalla disponibilità dei fogli di carta che si possedevano.
Il simbolo dell'infinito tracciato su due facce di foglio di quaderno si trasformava nella maschera di zorro e un ramo reciso opportunamente trattato diventava una spada.

Il carnevale e le altre festività erano una corsa felice verso la creatività affiancata e stimolata dai genitori e dai fratelli più grandi. E oggi?

venerdì 4 marzo 2016

Compagni di viaggio

Trovarsi nei luoghi dell'infanzia è sempre e per chiunque, credo, un turbinio di ricordi legati ai posti e alle persone che lì sono vissute. Le relazioni personali, spesso sono saldate e rese forti da semplici avvenimenti: un litigio da ragazzini per la squadra del cuore o per qualche bella ragazza compagna di scuola, un giro con la bicicletta presa in affitto per qualche ora dal calzolaio di “Madonna dei Coeli”, la colletta di poche lire e poi tutti dal tabaccaio per comprare le sigarette sfuse, gli immancabili tassativi giochi che anticipavano il Natale già da ottobre. La sigaretta fumata di nascosto e le mentine di liquirizia nello scatolino di latta rotondo per rinfrescare la bocca prima di entrare in casa.
Ecco, trovarsi in centro e al nord della città i ricordi riemergono con una certa facilità perché sono i luoghi della mia infanzia e giovinezza.

Oggi piove. Per entrare dal cancello devo chiudere l'ombrello prima di fare i pochi gradini che mi separano dal portone. Il pulsante del citofono è instabile. Lo premo con attenzione. Una finestra scorre lateralmente. E lui. Pino. Mi saluta allegro come sempre.
Salgo le scale della palazzina fino al primo piano. Niente è cambiato!

Pino Pingitore

Pino Pingitore è impegnato al computer: sta organizzando le immagini per il suo sito web. Come al solito parliamo di arte. I tuffi nel nostro comune passato sono frequenti.
Le partite a stoppa da cinquelire, le risate e le immancabili incursioni della signora Ortensia che chiedeva se servisse qualcosa con quel suo accento singolare, tipico di Spezzano della Sila, e la reazione scherzosa di Pino che la imitava simpaticamente creando un'atmosfera di ilare serenità.
Erano gli anni della scuola media. Delle sigarette sfuse che ci facevano sentire maggiorenni e della conta delle lire per investirle tutte nell'acquisto delle bionde, cosicché nella bustina di carta biancastra coabitavano le “nazionali, le esportazioni senza filtro, le alfa”.

mercoledì 31 marzo 2010

amore e creatività


Amore come creazione



La creazione è strettamente correlata alla nascita di qualcosa di nuovo; qualcosa che prima non esisteva; qualcosa che migliora la vita dal punto di vista emotivo e qualitativo.
La figura creativa per antonomasia è la donna fertile che, come madre terra, dà vita a un nuovo essere, lo fa germogliare e lo segue sempre finché ha forza e vita per prendersene cura. Fino a quando non dovrà, lui stesso, il nuovo, essere fruttifico per gli altri. Ma spesso si dimentica il vero senso della vita e qualcuno crea falsi miti, false ideologie e false operazioni culturali che sortiscono in politiche dannose per la crescita intellettuale della comunità.
Infatti, non arrivano buoni esempi dalla società che si riflette nei mass media. Le notizie, ma anche gli spettacolini leggeri evidenziano un solo punto: la supremazia individuale dell’uomo amplificata da chi gestisce il palinsesto. Persino i risultati delle recenti competizioni politiche sono sbandierate ad uso e consumo delle parti: hanno vinto tutti! Tutti hanno ragione!

Il dato reale consiste nell’implosione della politica, del pensiero politico svincolato dalla morale comune e dalla visione ideologica della politica stessa. Una politica che sappia gestire i cambiamenti sociali, le implementazioni tecniche/scientifiche, insomma una classe politica intellettualmente pura al servizio della gente.

venerdì 7 agosto 2009

Arte, importanza del non-metodo



L’esperienza fin qui accumulata mi suggerisce di continuare nella ricerca del “non-metodo” per quanto concerne il fare come azione gratificante dell’uomo. Per “non-metodo” intendo l’assenza assoluta di programmi aprioristici così come intesi nelle scuole di pensiero, siano esse istituzionali, private o diversamente definite.
La creatività è in netta relazione col gioco. Il gesto gratuito è privo di coercizioni e chi lo pratica non ha paura di sbagliare o fare brutte figure. Spesso si ha pudore ad esternare i propri sentimenti e la timidezza è, conseguenzialmente, mascherata con atteggiamenti arroganti quando si è posti davanti a teorie prestabilite che non lasciano margini di errore. Infatti, chi ha problemi relazionali si chiude al nuovo; evita di interagire ed assume arie di distaccato disimpegno nelle azioni che richiedono padronanza di abilità manuali o corporee.
Pertanto, ritengo poco indicato parlare di arte terapia assecondando i criteri clinici o psicoscientifici. La terapia presuppone un percorso clinico atto a guarire secondo metodiche scientifiche il paziente. Ciò è possibile con alcuni soggetti che potremmo definire “remissivi”. Nel senso che partecipano ad incontri indottrinanti da spettatori accondiscendenti che sperano, attraverso l’acquisizione delle tecniche, di realizzare qualcosa di apprezzabile. Vogliono il riscatto sociale e pertanto sono disposti a studiare pedissequamente pur di arrivare alla meta prefissata.
Il disagio sociale latente, mascherato da timidezza, spocchiosità o superficialità, è rimosso attraverso il coinvolgimento attivo, rimuovendo, dove necessita, ruoli e programmi.
Ogni individuo è un caso a sé; con le sue personalissime idee, giuste o sbagliate che siano non ha rilevanza. È rilevante, invece, saper canalizzare le energie, stimolare al dialogo, alla gestualità giocosa del fare o all’acquisizione delle tecniche scientifiche. Così facendo, il muro di ostilità e d’incomprensione si sgretola passo dopo passo; ogni qualvolta si supera un ostacolo l’autostima cresce e il discente si appropria del bagaglio tecnico attraverso il gioco sperimentale della ricerca. Ricerca di materiali da assemblare; di linguaggi espressivi e di metodo.
mario iannino

giovedì 7 ottobre 2010

le potenzialità represse dei social forum

Approssimazioni e disillusioni nei social forum.


Checché se ne dica, face book e i social net in generale sono delle enormi voragini senza fondo dove ognuno butta dentro quello che ritiene interessante.
Superato l’aspetto contenutistico iniziale delle piattaforme sociali, s’incontrano persone, attività commerciali, personaggi e fatti che si annidano sotto fantasiose etichette: culturali, politici, di costume, insomma, vi sono contenitori di vario genere che assommano creatività e fare umano. Aspetti, questi, che, spesso, servono a trasformare numericamente la massa informe acefala dei seguaci in pesi specifici spendibili sul mercato dell’appariscenza per cert’uni o relazionali per altri. Se così non è, qualcuno deve spiegare la presenza virtuale di personaggi controversi, dei quali è inutile farne menzione, lo dimostra il fatto che questi signori hanno come unico scopo il rastrellamento di qualsiasi tipo di utente.

Unico dato certo è che l’insalata mediatica debba essere condita con spezie piccanti, altrimenti non interessa nessuno! Che fare? Niente!
Semplicemente prendere il social network come un giochino, un passatempo per trastullarsi, svagarsi un po’ e scambiare quattro cazzate con gli amici senza contare, però, sui valori amicali. Nient’altro! Con buona pace di quanti hanno auspicato presupposti più alti nonostante la piazza pulluli di nomi e attività blasonate.

Salvo sporadici casi, il web non ha creato luoghi d’incontri polivalenti ma vetrine con piedistalli in perenne fase manutentiva, peggio dell’A3 Salerno Reggio Calabria, comunque, veloce nell’implementazione, data la tecnologia in atto.

domenica 16 aprile 2023

I sogni, la bellezza non si spengono mai

 

Ciao Luigi.

Amavi la fotografia, l'arte, la pittura e il teatro. Linguaggi che testimoniano sensibilità d'animo, propensione alla creatività e alla bellezza:

La fotografia cattura l'attimo, lo ferma in un eterno presente, diventa messaggio, arriva agli occhi e da lì al cervello, sedimenta attimi che si fanno pensieri. E oggi, in un attimo, mentre leggo il msg, l'associazione è immediata. e il passato ritorna di colpo. Un tempo passato piacevolmente perché corredato da attimi costruttivi. Non è tristezza, la mia, e neanche, credo, per quanti ti hanno conosciuto. Sappiamo per certo di non essere eterni e alla fine del nostro viaggio, lungo o breve che sia, lasciamo tracce nelle persone con cui abbiamo condiviso tempo e speranze, idealità e sogni.



mercoledì 17 aprile 2013

Arte Contemporanea, Saatchi sponsorizza Mueck

QUANDO CHARLES SAATCHI FA LA DIFFERENZA.


ron mueck


È risaputo. Il mondo dell'arte e il suo sottobosco è strapieno di gente che gioca con la creatività ma solo pochissimi emergono e quei pochi che ci riescono, oltre agli inopinabili meriti personali, devono ringraziare qualcuno che ha creduto in loro, li ha affiancati e portato per mano nei circuiti consacrati all'Arte.
Personalmente non credo ai colpi di fortuna. Credo, piuttosto, alle strategie messe in campo dai cerimonieri culturali. Alla benevolenza dei mass media e alla loro forza persuasiva.
Da sempre, nonostante le chiarissime teorie di Emile Zola in merito alla valenza di un'opera, in pittura e nelle arti in genere, il profano è mischiato al sacro, lo contamina fino a fagocitarlo.

È come nelle comuni attività sociali: chi sa vendere bene la propria merce fa progressi nell'immediato e chi investe patrimoni vuole vederli crescere, a prescindere dal valore reale. In seguito, forse, il tempo e l'emancipazione riusciranno a fare luce.

Non sta a me dire cosa è o determina un prodotto culturale e cosa lo fa assurgere ad opera d'arte.
Ci sono trattati curati e ragionati da perfetti luminari e chi ancora non ne ha consultato almeno uno è sempre in tempo per farlo.


A volte si cita l'iperrealismo, si parla di scultura, si enfatizzano misure e perfezionismi maniacali. Tutte cose che fanno “impressione” sul pubblico. Effetti speciali che lasciano a bocca aperta quanti non conoscono le tecniche di costruzione dei giganti costruiti per i racconti di celluloide.

Mueck è definito dalla critica ufficiale artista iperrealista.

Esordisce come artista nel '97. Realizza, con silicone crudo, un manichino che emula un uomo morto al quale dà il titolo: “Dead Dad” “papà morto”.

I lavori di Ron Mueck raffigurano la forma umana e la ritrae nei momenti più intimi, isolati, decontestualizzati e, perciò, vulnerabili.
L'approccio, può inserirsi, se proprio si vuole dare valore all'azione, nel contesto dada piuttosto che iper o surrealista. Iper descrittivo di corporeità che non mancano di descrivere momenti quoridiani amplificati nelle proporzioni.
Corpi siliconici vestiti con i sentimenti dell'umano, smorfie di dolore o di paura, riprodotti in grandezze esagerate per esaltarne i particolari.

rivisitazione dgt di un libero pensatore (sensazioni)
Chi li osserva, superato un primo senso di meraviglia e stupore, probabilmente si sentirà un lillipuziano al cospetto di Gulliver. Tanti Gulliver immobili, ignari di essere osservati e indagati nei momenti più intimi. Qualcuno sarà anche assalito da melanconia, proverà imbarazzo o vergogna per aver invaso la privacy degli innocui giganti di silicone.

Mueck è uno degli artisti più richiesti nel panorama contemporaneo; apprezzatissimo soprattutto da quando le sue opere sono commissionate da Charles Saatchi (fondatore della Saatchi & Saatchi, la più importante agenzia pubblicitaria del mondo).

mercoledì 17 settembre 2014

Il mondo dei furbi

SCRITTURA CREATIVA.

Ogni riferimento a persone reali è pura coincidenza, o no?


A volte mi capita di vedere in giro lavori simili ai miei ma firmati da altri e sono contento. Mi dico: vedi, la creatività accomuna!, qualcun altro è interessato alla stessa ricerca poetica.

Poi, ricordo che quel pittore è stato nel mio studio. Ha visionato i miei lavori e se n'è portato via qualcuno per promuoverli tra i suoi amici galleristi.

A dire il vero quando mi riportò i lavori me li buttò giù. Disse che non c'era mercato né interesse culturale.
Trovò da ridire sui supporti poveri e sullo stile. Minimizzò sulla ricerca. E mi fece sentire quasi in colpa persino per il decentramento geografico in cui ho deciso di vivere. Lui, che fuggì dalla Calabria come se fosse una terra maledetta e cambiò anche nome. S'inventò una storia romantica sulla scia del “conte di Montecristo” e la diede in pasto ai suoi nuovi conoscenti.

Non gli serbo rancore. Millantare fa parte della vita ma non dell'arte. E anche se è riuscito a ritagliarsi un piccolo spazio nel mercato dell'arte con della farina non propriamente sua gli auguro ogni bene: sono sereno: molti palloni si sono sgonfiati nel tempo.

Ovviamente, un po' di umana delusione mista a livore c'è. Inutile negarlo! Non per la scorciatoia adottata dal “collega”ma per il fango buttato per mantenere il predominio del misero piedistallo costruito con legni altrui e che adesso si regge per inerzia.

Niente di nuovo! Dappertutto è così. Nell'industria e in politica è così. E persino nelle religioni, poco ci manca che corrano a depositare il marchio del copyright per non vedersi rubate idee e progetti.

Nell'immaginario collettivo il mondo è dei furbi... sì, ma per quanto tempo?
Il vecchio saggio dice: siediti sulla sponda del fiume e aspetta, prima o poi vedrai passare il cadavere (metaforicamente) del tuo nemico, e io qualche cadavere l'ho visto passare piangendo e imprecando.  

domenica 22 novembre 2020

il nuovo umanesimo dettato da Francesco

La chiave del futuro è nei sogni dei giovani, nel loro vedere senza orpelli e pregiudizi a un domani che sia speranza vera non calcolo matematico, interesse o speculazione. E’ al loro entusiasmo, alla loro fantasia e creatività che Papa Francesco ha guardato, sulla scia della “Laudato si” che al mondo ha consegnato “il grido della terra e dei poveri”, per rilanciare una sfida grande e impegnativa: “restituire un’anima all’economia”.

“Urge una diversa narrazione economica, urge prendere atto responsabilmente del fatto che l’attuale sistema mondiale è insostenibile da diversi punti di vista e colpisce nostra sorella terra, tanto gravemente maltrattata e spogliata, e insieme i più poveri e gli esclusi”.


Le parole di papa Francesco sono destabilizzanti per quanti credono nel profitto e per suo nome diffondono false notizie e seminano il dubbio nelle menti deboli.

L'egoismo è una malapianta difficile da estirpare.

Lo sappiamo bene noi calabresi che viviamo ancora “sottopadrone”. E le ultime vicende lo dimostrano:

da una parte la politica spregiudicata che pur di mantenere il dominio alza veti e polveroni. Sovverte i fatti. Depista e crea nuovi nemici. Nasconde la verità e ne crea una posticcia utile ad una ristretta cerchia di amici faccendieri.


La Calabria, come l'Africa, è terra degli ultimi. Entrambe terre ricche di risorse naturali e di intelletti. Intelletti tenuti sotto scacco giacché la cultura e quindi la conoscenza critica evolve ed emancipa le coscienze.

La voce di Francesco destabilizza i poteri temporali precostituiti. È una minaccia per gli affari.

Francesco è una guida rivoluzionaria. Un vero missionario con lo sguardo rivolto alle necessità reali degli ultimi e di quanti soffrono a causa di una economia malata di egoismo.

venerdì 18 febbraio 2011

Sanremo ingessata dalla par condicio


La serata dedicata ai 150 anni dell'Unità d'Italia ingessata dalla par condicio reprime la creatività degli artisti stretti tra lacci e laccioli contrattuali.

Chiusi nella gabbia della par condicio imposta dai dirigenti aziendali rai, Gianni Morandi e la sua squadra non esprimono quella scioltezza dialettica relazionale necessaria allo spettacolo della canzone italiana.

Anche Roberto Benigni è sembrato sofferente per le regole di quest’anno. A parte le prime tiepide battute e l’ingresso trionfale con il tricolore sul cavallo bianco e qualche esortazione durante l’esegesi, il resto del monologo ha rasentato la retorica.

Benigni è salito in cattedra e simile a un docente di storia delle scuole medie ha spiegato, imboccato col cucchiaino le peculiarità importanti racchiuse nella storia del risorgimento italiano alla platea dell’Ariston e ai telespettatori che si sono sintonizzati appositamente alle 22 e 20 per godere della sua performance.

Una performance durata più del dovuto rispetto agli accordi contrattuali e conclusasi con un’ottima interpretazione per sola voce dello stesso Roberto dell’inno di Mameli. Complimenti Roberto!

OkNotizie

mercoledì 27 febbraio 2013

Italia, la vedo dura! forza Grillo


aore12
"quanto sei choosy"
Dice Grillo:
«Il M5S non darà alcun voto di fiducia al Pd (né ad altri). Voterà in aula le leggi che rispecchiano il suo programma chiunque sia a proporle». «Se Bersani vorrà proporre l’abolizione dei contributi pubblici ai partiti sin dalle ultime elezioni - aggiunge - lo voteremo di slancio (il M5S ha rinunciato ai 100 milioni di euro che gli spettano), se metterà in calendario il reddito di cittadinanza lo voteremo con passione».

Napolitano è preoccupato per l'ondata di populismo che sta invadendo l'Europa.

secondo alcune fonti, avrebbe detto nel corso di un incontro con intellettuali tedeschi di essere “molto preoccupato per il populismo”, “conseguenza degli errori della classe politica”. in merito alle elezioni, ai giornalisti che lo hanno avvicinato al suo arrivo a Monaco dove è iniziata la sua visita di Stato nella Repubblica Federale di Germania ha detto: “Il Presidente della Repubblica può solo attendere con eguale rispetto per tutti che le forze politiche rappresentate in Parlamento facciano le loro riflessioni alla luce del risultato delle elezioni e gliele riferiscano in occasione delle consultazioni al Quirinale”.

Monti sta studiando le contromosse «Non perché il professore voglia per sé una poltrona» , dicono i suoi, «ma per rassicurare i mercati ed evitare una nuova tempesta finanziaria contro l’Italia, non basta di certo un governo del Pd con l’appoggio esterno o interno dei grillini. Ci vuole ben altro».
MA, MASS MEDIA E POLITICI, L'HANNO CAPITO CHE E' IN GIOCO LA VITA DELLE PERSONE? E che se siamo arrivati a questo punto di non ritorno lo dobbiamo ai burattinai della finanza creativa e ingegneristica delle banche e ai politici che li hanno lasciati fare? Abbiamo per caso dimenticato l'Argentina di qualche anno fa? I bond argentini, la parmalat,il banco ambrosiano e lo ior etc etc?

martedì 28 aprile 2009

il graffio dell'aquila, racconto breve sull'essere writer

racconto breve. tutti i diritti riservati ©mario iannino
aore12

Il graffio dell’aquila

Le strade vuote sono solo un ricordo, come pure la familiarità dei volti che s’incontravano un tempo durante la passeggiata. Ora, i “quattro passi per incontrare gli amici” sono rimpiazzati dallo shopping frenetico e le strade cittadine sono il luogo d’assedio di un intenso esercito d’acciaio, rumoroso e arrogante. Le macchine invadono le corsie, i marciapiedi e persino gli scivoli per i disabili. Mezzi meccanici e dissuasori ostruiscono l’accesso dei negozi, delle case… E gli incroci?, gl’incroci sono diventati punti nevralgici di improbabili affari: gente di tutte le razze aspetta il rosso per tendere la mano, lavare il vetro o offrire fazzoletti di carta!

La vecchia fisarmonica ha una voce flebile; è quasi un lamento impercettibile. Mi accorgo della presenza dell’uomo dall’ombra che mi butta addosso. Alzo lo sguardo: sarà alto un metro e sessanta; cicatrice sulla guancia destra e capelli crespi ossigenati. “Dare tu kualcosa pe manciare crazie”. Ripete con voce roca il miserabile, a noi, benestanti automobilisti italiani. A dire il vero sono pochi i finestrini che si abbassano e le mani che sbucano con qualche moneta per la ragazza che agita stancamente il cestino della questua.
Alla mia destra, il conducente della piccola cilindrata freme; scarica la sua vitalità sui comandi del mezzo meccanico personalizzato all’inverosimile:
L’egocentrismo giovanile contamina gli oggetti; li modifica secondo un’intima estetica, che, a primo acchito, può sembrare dissacrante, priva di leggi ma non lo è! La giovane esperienza legittima una filosofia di vita che li uniforma tutti; li rende somiglianti al proprio sentire, li correda di simboli e i loro feticci diventano l’appendice naturale di una personalità plurale.
Nel caso in questione, il carattere del singolo si manifesta attraverso i colpi d’acceleratore che fanno a gara col volume dello stereo, la grinta, i tatuaggi ed i capelli sparati. Meglio ignorarlo! Dirigo l’attenzione verso il semaforo. Oltre la luce rossa, dall’altra parte della strada, la piazzola del bus è invasa da calchi di gesso dozzinali e piante sempreverdi a dieci euro. Il mercante di statue parla col venditore di piante. Sgasate rabbiose sollecitano il capofila ancor prima che scatti il verde. Le moto impennano. Scatta il verde. Ingrano la prima. Il serpentone d’acciaio, di cui io faccio parte, fa pochi, pochissimi metri, giusto il tempo d’oltrepassare l’incrocio e scrasc s’arresta. La signora, dopo il primo attimo di smarrimento, reagisce con forza. Estrae il telefonino e spegne il motore, determinata a non spostarsi fino all’arrivo della forza dell’ordine. I clacson impazziscono. Le macchine contromano impediscono ogni tentativo di manovra. Non rimane che aspettare! L’ingorgo aumenta. Qualcuno scende dalla macchina e s’avvicina al luogo dell’incidente. Dal nulla, spunta un nugolo di ragazzini minuti. Il più piccolo arriva appena al finestrino; si alza sulle punte e bussa al vetro. Fa tenerezza. Nonostante ciò, non abbasso il vetro. Lo osservo mentre disegna cerchi concentrici sul finestrino: le sue unghie contornate da un velluto nero scivolano sulla superficie. Mi sorride! Si gratta i capelli arruffati; strofina la manica sfilacciata sulla bocca e passa oltre. Lo seguo con gli occhi sgattaiolare tra le macchine. Di tanto in tanto si gira, guarda indietro. Attraversa, e ripete le stesse movenze sull’altra corsia. Ormai il traffico è intasato. Il piccolino, si affianca ad uno più grande; gli sta dietro, chiede qualcosa, poi lo abbandona e riprende a grattare con la manina sui vetri delle macchine. Il venditore di statue indica un percorso alternativo.
Alcuni automobilisti imboccano una stradina laterale non asfaltata e, dopo pochi minuti, ricompaiono qualche metro oltre l’incidente. Seguo il loro esempio. La macchina saltella; le ruote sprofondano nelle buche salgono sulle pietre torcono i bracci; ed io, sballottato da una parte all’altra, faccio fatica a tenere lo sterzo. Qua e là, quasi buttate a caso, lungo il precorso accidentato sorgono delle costruzioni in lamiera e mattoni. Un ruscello putrido attraversa le baracche popolate da marmocchi; qualche cane, un paio di capre e due asini. La stradina finisce davanti l’ultima casupola poggiata al muro di pietre ingabbiate nella rete metallica. Faccio retromarcia; posiziono la macchina, ingrano la prima e mi blocco: un enorme cane rabbioso, sbucato da chissà dove, ostruisce il passaggio. Lui, la bestia, abbassa il muso, digrigna i denti e mi punta. Do gas lentamente; cerco di aggirarlo. Svolto dietro la baracca. Giro l’angolo: cinque viuzze tutte uguali si aprono a ventaglio. Ne prendo una a caso, confidando nella buona stella. Lo scenario non cambia: rottami disseminati dappertutto, carcasse di macchine, lavatrici, ferrivecchi, baracche e la belva che digrigna i denti sempre davanti a me. Le donne sull’uscio mi scrutano diffidenti. Un uomo fa cenno di fermarmi. Freno; abbasso il vetro e: “Cerchi qualcuno?” “No, credevo di sbucare da qualche parte oltre l’ingorgo ma mi sono perso!” il villaggio si anima. Una marea di marmocchi accerchia la macchina. Una donna fa segno che c’è una gomma a terra. Cerco il cane: non lo vedo. Scendo. I bambini m’indicano la ruota. Impreco. Mi guardo attorno diffidente. Apro il cofano. L’uomo m’interroga nuovamente, ma questa volta in dialetto: A sai cangiara? (1) –e senza aspettare risposta, intima: Totò provvìda! (2) Prontamente, Totò, esegue gli ordini. Il cane abbaia; i bambini lo trattengono. L’uomo lo zittisce-.

giovedì 30 luglio 2020

CATANZARO CITTA' APERTA

Devo aspettare che si facciano le 21, l'attesa è lunga. E dopo avere ammazzato (che brutta parola) il tempo osservando un gruppetto di giovani attorno al mimo mangia fuoco, entro nel locale posto al primo piano a vedere da vicino il memorial dopo avere dribblato i ragazzi seduti sui gradini di accesso.

L'evento è dedicato ad un personaggio popolare della città: “u ciaciu”

Il nomignolo deriva dalla cultura popolare che affibbiava un soprannome ad una intera parentela e, la cosa, avviene tuttora per focalizzare nell'immediatezza l'appartenenza di giovani e vecchi al capostipite anche dopo diverse generazioni.

Mastro Saverio era un fabbro noto per la sua predisposizione maniacale, oggi diremmo, a riciclare ogni cosa. Raccoglieva di tutto. Era una sorta di trovarobe. Accumulava e assemblava in maniere “barocca” gli oggetti trovati e raccattati ovunque.


catanzaro, discesa case arse


Oltre al locale colmo le sue “trovate” erano accumulate in aree periferiche comunali.

Stracci, manichini bruciati rivestiti con ferri usurati di cavalli. Cessi trasbordanti di schiuma poliuretanica.

All'apparenza non aveva un fine estetico chiaro. E neanche si poteva dire di lui che fosse un creativo naif. Contestava, forse, il sistema consumistico che induce a gettare e comprare qualsiasi cosa serva al benessere quotidiano anziché riparare e aggiustare prolungandone la vita a elettrodomestici e similari.

Gli oggetti "abbandonati" con lui riacquistavano nuova vita e nuove valenze.

Non era un “concettuale” né un istintivo naif alla maniera di un Ligabue, tanto per intenderci. Lui amava apparire! Vestiva stravaganti indumenti e calzava vistosi cappelli... così si presentava alle “adunanze” espositive cittadine.

Che dire?

Tocca il cuore vedere dei ragazzi che fanno festa nei luoghi calpestati dal ciaciu e enfatizzano la sua maniera di vivere la creatività.


Catanzaro è una realtà dalle molteplici facce. Catanzaro è una città "aperta".

sabato 3 dicembre 2011

Rai: addio a Passepartout e Philippe Daverio

Philippe Daverio, storico dell'arte, docente di disegno industriale a Palermo e divulgatore di pillole culturali in TV quest'anno non condurrà “Passepartout” la rubrica dedicata all'arte su rai3. Lui stesso nella trasmissione di Fabio Fazio aveva confermato la volontà dei dirigenti RAI di mettere in palinsesto la sua trasmissione e quella della Dandini appena risolti dei passaggi formali.

A qualche mese di distanza la Dandini è ospite di altri lidi e il professor Daverio non condurrà la sua trasmissione che in maniera scanzonata contestualizzava opere d'arte, artigianato e architettura nelle varie epoche in cui erano realizzate. Il suo linguaggio semplice invogliava all'ascolto anche chi non era interessato alla creatività perché surrogato da fatti storici inconsueti, non nomenclati nelle tediose lezioni di storia dell'arte o nella storiografia ufficiale della vita degli artisti.

L'abbigliamento dai colori chiassosi, spesso faceva a pugni con l'austerità dei luoghi e il papillon dandy di Philippe Daverio, ma era perfettamente in sintonia con quel suo modo un po' sui generis di raccontare l’arte. Le immagini di quel Passepartout che riusciva ad andare vicino vicino con le telecamere alle opere, ai palazzi, ai quadri, tanto da farci sentire l'atmosfera dei luoghi, credo, mancheranno a molti.
Peccato!, la RAI ha eliminato l'ennesimo figlio migliore con capacità di divulgare cultura in TV in modo ‘leggero’ ma pertinente e accattivante!

domenica 18 aprile 2021

Da un appunto trovato x caso😎

Tra non molto torneremo al mare. Apprezzeremo il sole sulla pelle, l'aria salmastra che s'infrange sugli scogli o mossa dall'elica di un motoscafo oppure solcata da una barca a remi. Ce ne sono ancora di barche che vanno a braccia?

No, perché pare sia diventato uno status generale quello di dimenticare le buone e salutari abitudini. Dimenticare ogni cosa, bella o brutta. E con esse l'autostima. Mi riferisco a quelle attitudini che abbiamo tutti, basta saperle recuperare e coccolare, farle irrobustire con la pratica assidua e applicarle nei piccoli e grandi problemi quotidiani.

E pare che il periodo che stiamo vivendo, invece, ci abbia ingabbiati in una sorta di isola personale in cui abbiamo eretto alti muri fortificati al cui interno raccogliamo il nostro personale tesoretto delle comodità: terminali che in gergo corrente si chiamano devices, televisori smart, pc, telefonini!




E questa volta non è come quando eravamo bambini che giocavamo e sognavamo di essere sulle torri di un maniero mentre fuori imperversava la poliomielite. E neppure di parlare coi nostri affetti lontani, amici e familiari, amati, amanti, insomma di potere continuare a intessere relazioni a distanza parlando e inviando messaggi quasi telepaticamente seppure immobilizzati in un letto di ospedale.


Quelli che hanno la stessa mia età o giù di lì sanno di cosa parlo.

Parlo di quei giochi che ci costruivamo da noi con l'aiuto di qualche persona più grandicella, un fratello, amico o genitore.

Della spada fatta con due legni incrociati alla trottola improvvisata con una pigna; monopattino e carretto rigorosamente auto costruiti e con qualche pezzo mancante e introvabile auto prodotto.

All'epoca in cui mi riporta la memoria non avevamo le possibilità fiorite nel tempo e neppure lo spreco indotto dal consumismo.

C'erano negozi forniti solo del necessario e quelli di giocattoli quasi inesistenti con poche marche di detersivi e saponi, prodotti di bellezza risicati sugli scaffali.

E il telefono così come lo conosciamo oggi forse era anche difficile d'immaginare! Era impensabile poter trasmettere pensieri e parole a distanza telepaticamente. Come avremmo voluto che ci fosse una magia che ci tenesse in contatto con le persone care lontane

Eppure tutto ciò è diventata la nostra contemporanea realtà. Buona o cattiva, dipende da come la si vive.

Per moltissimi le comodità che ci siamo date è una realtà che fa adagiare sul letto dell'ozio e per alcuni, pochi in verità, è un aiuto, una possibilità. Un po' come lo è stato il telecomando che a furia di stare seduti comodamente in poltrona senza neppure alzarci per cambiare i due canali che avevamo a disposizione in quello che fu il teatro in casa ci siamo impoltroniti e ingrassati. E fatto aumentare i valori cattivi nel nostro organismo.

E poi ci chiediamo come mai sono comparse le malattie del benessere anche nelle fasce d'età infantili.

Non è una questione estetica ma salutistica quella che dobbiamo far dipendere dalle buone pratiche comportamentali giornaliere per stare meglio e mantenerci in discreta salute. E allenare la mente alla creatività è un'esigenza fondamentale.

Usare opportunamente le nuove tecnologie in casa sarebbe l'ideale!



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