Quattro moschettieri, tre uomini e una donna, pentastellati,
rispondono alle incalzanti domande del mastino di rai tre. In mezz’ora
chiariscono alcuni interrogativi posti da Lucia Annunziata e fanno luce sul sistema
adottato fino ad oggi nel campidoglio.
Viene fuori il solito gioco di potere dei partiti e dei loro
affiliati. Altro che questione morale teorizzata da Enrico Berlinguer. C’è
moltissimo da lavorare sulle regole e sulla gestione politica del sociale.
A Roma come in altre città italiane le clientele politiche
si autoalimentano e, di volta in volta, gli attori cambiano ruoli a seconda
della forza che sono riuscite a quantificare attraverso i comitati elettorali e,
in base agli scambi di favori (do ut des,) si possono trovare da una o dall’altra
parte del tavolo a trattare affari.
Sarà per questo che il dottor Marino si trova imbrigliato in
un guazzabuglio fatto di piccole cosucce che lo inducono a dimettersi?
Cioè, mi spiego meglio: non ha saputo o avuto la forza di
rompere col passato e ha continuato a fare cose che hanno consentito, comunque, di tenere in
piedi un sistema spregevole composto da
figli e figliastri?
(questa, mi è sembrato di capire, l’accusa politica avanzata
dai consiglieri comunali dell’opposizione capitolina a Marino, al pd e a chi lo
ha preceduto).
Intanto, stando alle notizie diramate anche dalla Annunziata, circa trentamila
cittadini romani hanno sottoscritto una richiesta al sindaco di non dimettersi,
di ripensarci perché a lui, a Ignazio Marino ridarebbero il voto ancora.
Conclusione. Viene fuori il marcio di una classe politica
fatta di espedienti con tutte le debolezze di noi italiani e qualcosa di più
quando siamo al potere se non fermamente convinti e supportati da alti ideali
forgiati nella cultura della cosa pubblica e del rispetto assoluto dell’altro
che vive in difficoltà rispetto a noi.