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giovedì 30 settembre 2021

Modello Riace dall'accoglienza alla gogna. Relatività soggettiva

Non amo mitizzare nessuno! Ma neanche disprezzare cinicamente chi la pensa differentemente o, peggio, condannare qualcuno per il colore della pelle, il credo politico, ideologico o religioso.

Guardo all'essere umano nella sua interezza comprendendone e giustificandone gli errori specialmente quando sono la conseguenza di un'azione benevola, altruista atta a tutelare i deboli e gli emarginati.

Anni addietro, ricordiamo tutti, un signore, sindaco di un paesino dimenticato da Dio e dagli uomini, ignorato dalla politica nazionale e regionale, è, suo malgrado stato indicato come uno degli uomini più “potenti”, mi pare, se non sbaglio, che fosse stato inserito in una sorta di classifica tra i 50 personaggi in uno dei giornali nazionali italiani e poi fece eco la stampa mondiale tributandogli “il modello Riace” dal nome del paesello calabrese dove tutto ebbe inizio.


Mimmo Lucano trasformò i profughi in fuga in cittadini. Ripopolò l'antico borgo e diede dignità ai migranti che, costituitisi in cooperative sociali, prestarono la loro opera al paese. I nuovi abitanti di Riace dalla pelle nera si integrarono egregiamente.

Le botteghe ripresero vita. E nelle viuzze riecheggiarono le voci dei bimbi e delle mamme sedute sull'uscio a ricamare e svolgere i mestieri d'un tempo.

Si era pensato anche a una miniserie tv. Rientrata dopo le prese di posizione di certa politica. E adesso, ma forse è un caso, sì senz'altro è un caso privo di nota, ma ricordiamolo ugualmente: Mimmo Lucano è schierato affianco a De Magistris nelle elezioni regionali calabresi, arriva una sentenza abnorme, incomprensibile: 13 anni e 2 mesi di reclusione oltre alle spese processuali e al rimborso di 500mila euro destinati alle cooperative sociali.

Insomma è colpevole per avere accolto, motivato e avviato al lavoro le persone in fuga dalla propria terra d'origine per evitare la morte.

L'ex sindaco di Riace probabilmente avrà saltato qualche passaggio previsto dalla macchina burocratica, avrà snellito qualche iter certamente spinto dalla buona fede e dalla volontà di alleviare i drammi di uomini, donne e bambini che erano riusciti ad approdare lì.

Peccati veniali, diremmo! Peccatucci che non giustificano l'accanimento dei giudici del tribunale giudicante che sono andati ben oltre alla richiesta della pubblica accusa che proponeva una pena di 7 anni.

Non so... non so proprio trovare una risposta logica . Tutta la vicenda ricorda la storia del Vangelo e della morte di Gesù in croce per avere predicato e messo in atto l'amore per il prossimo...



lunedì 16 marzo 2015

Il valore della vita

Un uomo, solo, ma in compagnia di un dolore interiore enorme, ha scritto la parola fine.
Il dramma, maturato lentamente nella sua testa, si è consumato l'altro ieri in un paese jonico catanzarese: Montepaone.
Tra le mura di casa, ha teso una corda e … giù.
Stanco di una situazione personale creatasi nell'apatia generale di quanti dovrebbero tutelare e gstire la società civile ma seguita con attenzione morbosa e punzecchiata dal piacere voyeristico dei media ha ceduto alla umana debolezza: la depressione.

venerdì 28 marzo 2014

SCOPELLITI, STOP DEI MAGISTRATI


Giuseppe Scopelliti si dimette da Presidente della regione Calabria

"Con la maglietta bagnata e con la testa alta finisco questa partita."

Così si esprime Giuseppe Scopelliti davanti ai giornalisti dopo la condanna a sei anni di carcere e l'interdizione perpetua dai pubblici uffici inflitta dal tribunale di Reggio Calabria a conclusione della sentenza sul caso “Fallara”.

Le dimissioni di Scopelliti da Presidente della regione Calabria chiude anzitempo la legislatura e richiamano alle urne gli elettori calabresi che probabilmente esprimeranno il loro voto regionale in concomitanza con le prossime europee 2014 del 25 maggio.

Con le dimissioni Scopelliti ha dimostrato buon senso. Ha reagito da uomo politico serio che rispetta la magistratura e le sentenze sfavorevoli.

Certo è un macigno enorme quello che gli si abbatte addosso sul finire della legislatura.
A parte il dramma personale e familiare, del quale Scopelliti non lascia trapelare nulla, il presidente dimissionario volge le sue attenzioni alla Calabria e ai calabresi. E lancia un monito alla sinistra e a quella parte di politica che usa “altri mezzi” per eliminare gli ostacoli quando non riesce a sconfiggere gli avversari col voto democratico nelle urne e prima ancora con l'esempio della buona pratica politica.

Sembra risentire un vecchio refrain col quale Berlusconi ha stancato ma che Scopelliti ha rivalutato pur denunciandone l'uso.

Certo sarebbe stato gratificante per la parte del mondo politico avverso che si dice di sinistra vederlo defenestrato dai mezzi della politica attiva e da una attenta quanto efficace azione di contrasto sociale immediato in seno all'assise comunale di Reggio Calabria. Laddove, appunto, è nato il famigerato “modello” del quale è stato vittima insieme alla sfortunata collaboratrice e ai collaboratori che a sua detta sono stati infedeli.

Comunque voi la pensiate, per me, l'intera vicenda con relativa sentenza finale, anche se lascia altri gradi di giudizio ai condannati per ricorrere e fare valere le proprie ragioni e scoprire altre verità, è una sconfitta che brucia sulla testa dei calabresi.
In sintesi, nessuno degli eletti e nessuno partito politico ha saputo o voluto fare politica con e per il territorio.
Ancora una volta è stato demandato ad un arbitro terzo la decisione di cosa è giusto e cosa sbagliato in politica e, quindi, nelle azioni di un amministratore pubblico messo a governare un territorio non da un concorso ma dai suffragi dei cittadini. e questa azione si traduce ancora una volta in sconfitta per la politica e quanti credono nei valori insiti dell'azione stessa.



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