Fair play. Correttezza. Rispetto delle regole e dell'avversario. Consapevolezza dei propri limiti e della superiorità dell'avversario.
©mario iannino2023 |
Questo era lo sport al tempo delle trasmissioni in bianco e nero.
Non esisteva il superuomo. C'era, come è logico, il fuoriclasse. Il calciatore che non prendeva decisioni fuori campo e non era un “marchio”, un brand autonomo che si concedeva agli sponsor. L'etica imponeva rigore in campo e fuori. E sugli spalti difficilmente si sentivano cori razzisti oltre il sano e sanguigno sfottò.
Sivori. Altafini. Mazzola. Rivera. Fuoriclasse d'altri tempi! Appunto. Persone garbate prima di tutto, che guardavamo con ammirazione e dai quali cercavamo di prendere il meglio.
L'eco delle diaspore e delle strategie sulle plusvalenze societarie non erano dibattute in tv e neppure sui giornali forse perché assenti nelle sedi dei club.
Vigeva la legge etica dello sport e guai a infrangerla. Poi, col tempo, qualcuno scoperchiò il vaso di pandora e uscirono i soprusi e gli intrallazzi. Ogni ambito fu contagiato. Il declino prese forma in diversi modi diseducando in primo luogo i tifosi ma non chi dello sport fece una religione laica.
Anche nei campi delle periferie c'era chi riteneva il calcio uno sport etico sorretto dal fair play. E Nicola Ceravolo fu un dirigente votato alla correttezza sportiva. Gestiva l'US Catanzaro come una famiglia! con oculatezza comprava, motivava giocatori e allenatori in panchina per pochi soldi per poi rivenderli dopo averli quotati.
Grazie al presidentissimo, avv. Nicola Ceravolo, il Catanzaro giocò in serie A e portò in Calabria le squadre blasonate che vedevamo solo in televisione quali la Juventus, l'inter, il milan, la roma, il napoli etc.
quanti ricordano le trasmissioni radiofoniche, i collegamenti analogici accompagnati dal rumore di fondo dei microfoni disallineati? Il 90° minuto!
Ebbene, a quei tempi, il fair play era un dogma assoluto qui da noi. Una regola mai scritta ma eseguita pedissequamente nello spogliatoio, durante gli allenamenti e nella vita di tutti i giorni. Giocatori e allenatori erano d'esempio!
Saverio Leotta detto Sasà, allenatore in seconda e guida nella primavera catanzarese giovanile; Seghedoni; Di Marzio; il dottore Martino medico dell'uscatanzaro per lungo tempo; i dirigenti Guglielmo Papaleo, Peppino Talarico, Raffaele Amato, Raffaele Zinzi, Gioacchino Carrozza, questa la grande famiglia che affiancò Nicola Ceravolo. E poi, nel 1979, il presidentissimo passò (fu costretto dalla logica dei numeri delle quote societarie a passare) la mano alla cordata di industriali capitanati da Adriano Merlo, ma questa è un'altra storia triste che forse racconterò in seguito.
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