martedì 4 marzo 2014

Calabria tra fiction, media e realtà

Energie, storie di uomini e cultura in Calabria

Dal caso Gentile alla storia romanzata di 'ndrangheta del "Giudice Meschino"
Come sempre siamo propensi a guardare il dito che indica e non l'obiettivo indicato.

Oggi voglio parlare di due fatti che occupano buona parte degli spazi mediatici. Il primo riguarda il caso “Gentile” e il secondo la fiction “il giudice meschino” in onda su rai uno.

Stiamo ai fatti:
  1. il giornale “l'ora della calabria” non esce a causa di una mancata “revisione” suggerita dallo stampatore cosentino De Rose, che, mirava, secondo la sua goffa intrusione, a tutelare il buon nome dei Gentile.
  2. Nella vicenda,ormai di dominio pubblico, i maggiori direttori dei mass media, gli utenti dei social net work, insomma, politici, addetti ai lavori e semplici cittadini si sono schierati dalla parte della libertà di cronaca. Ed è giusto!
  3. Il dato certo, secondo quanto trapelato e strombazzato dagli addetti specializzati in comunicazione, consiste nel ruolo che ha avuto lo stampatore nell'intera vicenda e non la famiglia Gentile, che, da attenti osservatori, dobbiamo dire ne è rimasta vittima sacrificale.
  4. In queste ore si è letto di tutto. Dalla transumanza del bronx cosentino alla villa con piscina. Senza, ovviamente, tralasciare i tanti incarichi di figli e fratelli targati Gentile.
  5. Mettendo da parte le simpatie politiche e lungi dal volere dare consigli o giudizi sull'intera vicenda o peggio sull'intero impegno dei Gentile in politica locale e nazionale, è opportuno meditare sui fatti concreti e non sulle illazioni o sui risvolti che i fatti assumono dopo essere urlati e che vanno a stuzzicare la pancia molle del popolino allorché toccano da vicino un potere che si nasconde dietro la libertà di cronaca,come se la “notizia” o le notizie sull'operato dei politici in questione non fossero già di dominio pubblico. Ma, guarda caso, le “malefatte” sbucano all'improvviso proprio quando servono come arma di difesa e offesa.


In Calabria ogni cosa deve essere marchiata. Deve avere delle prerogative indissolubili altrimenti non fa notizia. Non stuzzica l'immaginario collettivo. E allora dobbiamo essere tutti brutti sporchi o 'ndranghetisti!
Non ho letto il libro di Mimmo Gangemi dal quale Carlo Carlei ha tratto le due puntate del “giudice meschino” ma già nella prima puntata andata in onda ieri sera su raiuno alcuni stereotipi della Calabria brutta e brutale hanno fatto scempio nella mini soap.
Che i veleni fossero nel mirino degli affaristi privi di scrupoli lo si sapeva. Lo hanno documentato giornalisti validi come la Gabanelli e Jacona. Alcuni attivisti sono morti per davvero. Anche le jene hanno mandato in onda un servizio da paura su Crotone.

A Crotone il tasso di mortalità per cancro è più alto di quello della media nazionale del 20%. e la mortalità infantile è cresciuta del 400%. Le cause, ancora una volta, sono leucemia e linfomi. L'origine di tutto ciò? Ancora una volta, le scorie nocive non smaltite, o meglio, interrate sotto le fondamenta delle scuole o delle opere pubbliche.

Ma il programma ammiraglio della televisione nazional popolare deve toccare i sentimenti più intimi degli utenti rai con un certo target. Non può essere tedioso, deve far vedere che il cattivo è brutto grasso e peloso, iracondo, vendicativo, furbo e scaltro. Insomma la solita solfa.


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