"l'isola" Tropea |
Quando
si immette nel mercato degli affari un prodotto targato cultura il
risultato può essere rischioso, di sicuro incerto.
Le
crisi economiche e la sete di guadagni intaccano le coscienze, le
minano e, quindi, piuttosto che pensare al profitto intellettuale
dello spirito e alla ricaduta in termini di crescita interiore per
tutti, le menti pragmatiche valutano il risultato economico
immediato. Come biasimarle!
Non
è un mistero, d'altronde, il giro di denaro pubblico e privato
investito in sagre, mostre, riscoperte di numi storici consacrati
nell'olimpo dell'arte, ma, raramente, purtroppo, per divulgare il lavoro dei nostri artisti contemporanei.
In
Calabria le garanzie e le occasioni per spendersi e incentivare i
progetti culturali non mancano! Esse sono parte integrante del
territorio.
Le
radici sono forti. E la cultura è tutt'uno, anzi conservata e
protetta nel territorio e nel mare solcato da Greci, Spagnoli,
Turchi.
Un
territorio tormentato da fenomeni sismici e da invasioni
storicizzate.
Quanto
oggi appare non è altro che il risultato delle secolari vicende
naturali e umane sopportate dall'antica terra dei Bretti.
E
se da un lato i terremoti, gli alluvioni hanno spianato o inghiottito
montagne e civiltà, dall'altro il vento incessante ha affinato le
residue strutture architettoniche edificate nei secoli dagli invasori
e rimaste in piedi.
Fantasmi
architettonici di duemila anni e oltre narrano del passaggio di
popoli, quindi, culture e civiltà che hanno insediato colonie e
invaso il territorio calabrese dalle coste all'entroterra.
Da
costa a costa, dal mar Jonio al Tirreno è tutto un pullulare di
“ricordi storici”, alcuni scoperti e altri in paziente attesa
dormono nelle acque e nelle campagne o, peggio, lasciate all'incuria.
Non
sempre, purtroppo, siamo stati attenti costruttori di storia; accorti
ricercatori del passaggio degli avi e conservatori di civiltà.
Gli
anni tra il 1950 e 1970 sono stati i peggiori. I borghi contadini,
abbandonati dalle popolazioni abbagliate da miraggio industriale,
subirono un significativo calo demografico.
L'effetto
migratorio da sud a nord spopolò interi paesi.
E,
poi il ritorno dei nuovi migranti, con negli occhi l'opulenza di
schemi abitativi più consoni allo status raggiunto, diede il colpo
di grazia a tradizioni e cultura.
Orde
pronte a investire in frenetiche costruzioni hanno contaminato e
eroso territori ubertosi, coste suggestive e siti archeologici.
In
quegli anni, impreparati a gestire una improvvisa ricchezza
materiale, i silenzi assensi e le concessioni fecero scempio del
passato.
Ma,
da qualche anno, la cultura della memoria pare abbia fatto breccia e
tentato di recuperare il passato attraverso mostre, divulgazioni di
archeologie umane e territoriali, quali mestieri, percorsi, siti;
alcuni sostengono che sia per curiosità o orgoglio d'appartenenza.
Personalmente mi piace e voglio pensare che sia il frutto di una
sorta di sincero amore per la natura unica e selvaggia della
Calabria, la storia dei singoli, l'antidoto al consumismo, alla
nevrosi che induce al possesso, all'accumulo di beni, spesso sono
sottratti alla collettività.
Perché,
è risaputo, la memoria, nell'evocare sentimenti d'appartenenza ad un
territorio e alla sua storia rende migliori.
Anche
se si tratta di un lavorio discontinuo e faticoso, a volte persino
impercettibile, non solo in Calabria ma in tutta Italia, il viaggio
intrapreso, se pur lento, lascia lezioni indelebili specie nelle
giovani menti che, con spensierata allegria, si gettano fiduciosi
nella ricerca delle proprie origini. Assaporano e godono di antiche
nenie; canzoni folk accompagnate dal suono della lira calabrese,
delle zampogne e delle ciaramelle. Le tarantelle sembrano rivivere
gli antichi fasti delle feste patronali e degli avvenimenti familiari
importanti come le promesse di matrimonio, le nascite e i battesimi.
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