mercoledì 8 luglio 2009
LaborArt, spontaneità espressiva e socialità nella gestualità primordiale
Non c’è dubbio che a causa della velocità con cui i mezzi di comunicazione propagano le notizie, i messaggi visivi sviluppano un linguaggio ibrido, caotico, che annulla valenze estetiche, sociali, etiche e sovverte le implicazioni psicologiche di quanti sono investiti dall'onda mediatica.
L’assenza spazio temporale, a cui ci ha abituato l'evoluzione mediatica, ha il potere di livellare le realtà etniche mondiali; contaminare le culture e modificare la naturale evoluzione dei popoli attraverso l’ingerenza culturale del popolo “evoluto”, che, nel tentativo di erudire il resto del mondo coi propri proselitismi danneggia quei “primitivi” costretti alla “scolarizzazione” politica, sociale, religiosa.
È abnorme pensare ad un aborigeno, accovacciato sulle gambe col teschio/amuleto del caro estinto affianco, mentre estrae un pugno di larve da un tronco in decomposizione che, prima di cibarsene, guarda la telecamera e si segna con i simboli cristiani. O, che dialoga col mondo attraverso il palmare. O, peggio, essere assediati da enormi pannelli pubblicitari che costringono alla visione di violenze e sopraffazioni per esaltare e imporre un dato prodotto commerciale.
In simili circostanze è assurdo pretendere valori etici universali. Viviamo in giungle cementificate dall’arrivismo e dall’odio. Chi non possiede ricchezze materiali non esiste. Tutto è lecito! Questo è il messaggio che sovrasta la comunicazione. Spaccia la volgarità iraconda per spettacolo, la crosta per opera d’arte; così facendo, i padroni dell'etere e della carta stampata tarpano le ali di quanti non hanno mai avuto la possibilità di confrontarsi col grande pubblico; cosicchè, la verbosità incontrollata, tende a valutare il dato estetico secondo parametri superficiali; disconoscendo, magari, l'importanza della simbologia magica conferita ai manufatti nelle epoche antecedenti o, quella contemporanea delle realtà non verbali, ingenue, come, appunto, potrebbe essere qualche ipotetico gruppo aborigeno isolato dal frastuono dei mass media oppure di quanti prediligono il segno ingenuo della poetica infantile non contaminata dai saperi eruditi.
mario iannino
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