domenica 19 settembre 2010

l'affaire energia: eolico, nucleare, solare

aore12
Sugli altipiani calabresi, chilometri di pale allineate sovrastano la visuale. Ettari di bosco, vegetazione e macchia mediterranea hanno ceduto il posto a fantomatiche gigantesche girandole. Allineate, una dietro l’altra, suggeriscono visionari mondi di draghi e giganti. Tranquilli, non è un mega parco giochi per figli di orchi o giganti, è il nuovo che avanza: è la tecnologia! È l’energia alternativa tratta dal vento: l’eolico!
A dire il vero, qualche dubbio è sorto nelle teste dei calabresi. l’interrogativo ricorrente che si sente per strada è: a chi serve e chi ha consentito la deturpazione paesaggistica di una terra che, se valorizzata, potrebbe dare da vivere e portare ricchezza ai calabresi?
Finalmente, qualcuno si esprime. E non è una persona qualsiasi!, è il ministro dell’economia Giulio Tremonti, che nell'ambito della kermesse organizzata dal Pdl a Cortina d'Ampezzo, dice in maniera netta quello che pensa:

«Il business dell'eolico è uno degli affari di corruzione più grandi e la quota di maggioranza francamente non appartiene a noi».
Ed ha aggiunto:
«Con Berlusconi abbiamo già stilato un documento fatto di otto punti che poi magari diventeranno cinque. Un punto che ci penalizza è quello del nucleare: noi importiamo energia. Mentre tutti gli altri paesi stanno investendo sul nucleare noi facciamo come quelli che si nutrono mangiando caviale, non è possibile. Non dobbiamo credere a quelli che raccontano le balle dei mulini a vento, le balle dell'eolico, vi siete mai chiesti perché in Italia non ci sono i mulini a vento? Quello dell'eolico è un business ideato da organizzazioni corrotte che vogliono speculare e di cui noi non abbiamo certo la quota di maggioranza».

Francamente, il suo concetto è destabilizzante!
Tremonti parla come un uomo aziendale, un azionista alle prese col consiglio d'amministrazione intento a trovare soluzioni favorevoli, specie nell’attimo in cui asserisce di non possedere le quote di maggioranza nell’eolico. E immediatamente dopo, dichiara che se avessimo il nucleare le cose sarebbero totalmente differenti nonostante le conclamate denunce dei paesi che hanno a che fare con gli impianti nucleari.
Anche secondo molti scienziati il nucleare fa male alla salute pubblica, specie ai bambini piccoli e alle popolazioni che abitano e vivono nei pressi delle centrali nucleari, senza contare il problema inerente allo smaltimento delle scorie.
È vero, il nucleare produce energia a basso costo, dopo il dispendio iniziale comprensivo di acquisto brevetto, materiali e costruzione, ma, provoca il cancro. Vedi Cernobyl e le popolazioni costrette, dai governi che le hanno costruite, a convivere.

Chiedo al ministro Tremonti e al governo: se proprio dobbiamo, (e dobbiamo!) risparmiare sulla bolletta e rivedere i costi energetici, con milioni di metri quadrati di terrazze e tetti, non si potrebbe incentivare il fotovoltaico? D'altronde una normativa regionale in questa direzione esiste; e, tra l’altro, il sistema a pannelli solari non ha controindicazioni sanitarie e ambientali.

sabato 18 settembre 2010

catarsi e presunzione

courtesy archivio M.Iannino
pagine in/utili, polimaterico, m.i. 2008
Catarsi artistica e presunzione.

Alcuni ruoli, a detta di molti, sono sopra le parti e, chi fa arte, è collocato tra questi.
Perciò, le analisi intrinseche alle opere artistiche, formali o lessicali, sono ritenute intellettualmente oneste giacché si presuppone una totale assenza di contaminazioni faziose.
Partendo da detti presupposti, viene da sé che il lavoro dell'artista diventa uno strumento alto al servizio delle coscienze, che, stimola la collettività e la invita a guardare oltre il proprio naso. Da ciò si evince che l’opera è sinonimo di emancipazione e, perché no, magari atto catartico proteso a sovvertire certi ordini d'idee indirizzate a mercantili guadagni immediati.
Da ciò, qualcuno pensa alla figura romantica del bohemien; all’artista maledetto, incompreso, morto di fame, alcolizzato o drogato, tanto per essere al passo coi tempi. Invece, non è così. La realtà è differente dalla letteratura romanzata di certa biografia.
Purtroppo, spesso ci s’imbatte in personaggi che, con estrema disinvoltura si autodefiniscono o sono definiti artisti dal sistema mercato solo perché conoscono e adoperano gli strumenti del mestiere, hanno studiato un po’ di storia dell’arte o assumono atteggiamenti stravaganti. Questi soggetti, permeati di egocentrismi istrionici esasperanti e di una buona dose di scaltrezza, depistano, coi loro atteggiamenti e il lavoro di basso profilo i non addetti ai lavori.
Da qualificati artigiani della tecnica e del pennello rispondono alle richieste del mercato incolto.
Eseguono scene impetuose, dal sapore vagamente barocco, o copie perfette di vedute marine, ritratti, con l’ausilio delle tecniche digitali o con comprovata maestria e padronanza grafica, riducendo il linguaggio visivo nella semplice finzione figurale mediante un inutile lavoro lezioso.
Perciò, se proprio necessita un’indicazione granitica per collocare una persona e la sua azione nella sfera colta dell’arte, certamente preferisco osservare e sostenere l’“operaio della cultura” che usa il linguaggio creativo della visione per frantumare luoghi comuni, denunciare incongruenze sociali, esternare utopie realizzabili. E, all’occorrenza, sappia punzecchiare e sgonfiare gli innumerevoli palloni che orbitano e pascolano arbitrariamente nei verdi campi della creatività colta.


più conosco gli uomini e più amo gli animali

Più conosco gli uomini e più amo gli animali!
Anche se è una frase usuale e si sente spesso, dal droghiere come in piazza, almeno io, non ho capito a quali tipi di animali si riferiscono, questi signori, e quali amano, se cani, gatti, canarini o pappagalli; se un giorno qualcuno finirà la frase, così, tanto per non lasciare incertezze nella mia piatta esistenza, gliene sarò grato.
Comunque, tutto dipende da cosa ci si aspetta dagli uomini e cosa dagli animali.
Alcuni dicono apertamente: meglio allevare porci, almeno mangi!
Altri pensano al cane come compagno fedele, sempreché non incontra una cagnetta in calore; oppure il gatto perché fa le fusa, gioca ed è indipendente dal padrone che, però, prontamente fa castrare se maschio e sterilizzare se femmina per evitare devianze future al piccolo tesorino.
Discorso diverso per gli uccelli. Loro stanno in gabbia, si accontentano di poco, qualche foglia di lattuga, semini, un po’ d’acqua e quando si deve partire per le vacanze … basta aprire la porticina e, via! Perché gli uccelli sono nati liberi, hanno le ali per volare e non per essere chiusi in gabbie. Il loro habitat è il cielo sconfinato e volano volano, si nutrono di moscerini, si riposano sui balconi, lì, in compagnia del gatto, vecchio compagno annesso alla casa, e se lo cattura, pazienza, vuol dire che il gatto aveva fame.
Ah, ci sono! Forse ho capito a cosa si riferiscono … che sia una metafora adattabile a qualsiasi occasione, che so, a una trasmissione faziosa, un articolo subdolo, una promessa disattesa.
Comunque sia, ecco far capolino tra i denti la fatidica frase, che, pur abituale, prende forma lentamente e appena composta rutila tra la fessura delle labbra strette: più conosco gli uomini e più amo gli animali!

venerdì 17 settembre 2010

Sgarbi, Cattelan e l'effimero

courtesy arch. M.Iannino
Il Führer in ginocchio fa più paura di quando stava ritto a comandare stermini e predicare l’apologia della razza ariana.

Ci siamo lasciati sopraffare dall’effimero urlato. Il frastuono mediatico avvolge città e menti. Le sensazionalità pacchiane modaiole inglobano cinema, televisione, letteratura, arte visiva e quant’altro attiene ai linguaggi dell’uomo.
Non importa se certe operazioni culturali rasentino il kitsch, o lo siano davvero, l’importante è solleticare le curiosità, far parlare quanta più gente possibile, interessare i mass media e divulgare l’evento.
Si confonde il cattivo gusto con la spontaneità primitiva, assimilabile al fare gio(i)©oso dei bambini non contaminati dai saperi dogmatici.

S’investe in studi e progettazioni della comunicazione, e fin qui nulla di strano, ma non sull’etica dell’arte.
Si assoldano paparazzi e giornalisti per dare eco ad eventi altrimenti sottaciuti mentre si nascondono verità d’interesse generale.

Persino la biennale di Venezia ha bisogno di uno “scandalo”, di qualcosa d’inusuale.
Insomma, si deve catturare l’attenzione pubblica, quindi, anche, persone non addette ai lavori, sollecitando curiosaore12ità morbose piuttosto che invitare artisti che hanno fatto e continuano a fare ricerche linguistiche nel campo della visione.

Va bene uno Sgarbi, che, oltre alla conclamata cultura acquisita, sa fare chiasso, urlare e inveire, cavalcare gli eventi, purché i proiettori siano puntati sull’industria dell’arte del 2011.
E vale bene un divieto d'affissione per catalizzare le attenzioni su un'importante esposizione d'arte contemporanea. Ma, da vecchio romantico, auspico, non un chiasso effimero, bensì attenzione duratura nei confronti dei linguaggi dell’anima, da parte degli addetti ai lavori e dei mass media.

Concludo, quindi, con i più sinceri auguri di buon lavoro a Maurizio Cattelan e Vittorio Sgarbi.





polimaterici, 2009, m.i., "rosso" e, in alto, "nei sud"

giovedì 16 settembre 2010

garimberti vs crozza: turpiloquio o satira, l'opinione di un utente rai

Caro signor Garimberti, in merito alla sua osservazione su Crozza e le "parolacce" che hanno condito la satira introduttiva di Ballarò e che l’avrebbero scandalizzata, come utente rai la voglio tranquillizzare: non mi ha offeso né turbato il modo spumeggiante di Crozza, anzi gli eufemismi, inseriti come rafforzativi, legavano ed evidenziavano passaggi e concetti.
Offende, invece, la mia sensibilità di cittadino, la gestione impropria delle notizie, la parziale divulgazione o l'elisione completa di fatti collegati a personaggi pubblici che gestiscono e governano direttamente o indirettamente le risorse dello Stato.
Questo, sì, diventa silente turpiloquio pur non menzionando parti o concetti sessuali riproduttivi, che gonfia le menti d’incertezze e fa partorire idiozie.
Questo svilisce l’immagine del servizio pubblico e degli italiani.

la provocazione culturale di Cattelan a Milano

aore12
Maurizio Cattelan è un artista che provoca nell’immediatezza una reazione, e chiunque si trovi davanti a un suo lavoro reagisce in conformità alla propria esperienza e cultura.

È sufficiente fare una veloce carrellata dei suoi lavori per rendersi conto di come lui ama giocare.
Gioca con l’imprevisto. Con il non senso. L’irrealtà.

S’intravede quasi un leggero piacere nello scompigliare i luoghi comuni. Sovverte ruoli e immagini con estrema facilità, capovolge poliziotti e li fa stare a testa in giù, impacchetta un grasso signore (Massimo de Carlo, suo gallerista) e lo fissa alla parete con lo scotch, impicca bambini agli alberi, appende cavalli al soffitto o gli conficca la testa nel muro, e come non ricordare la statua di cera con le gambe spezzate di papa Karol Wojtyla.
Drammatica nella sua ir/realtà. Concreta nel sommare sofferenze fisiche e mentali del genere umano che gravano sul pastore d’anime.
E c’è anche un Hitler in ginocchio con le mani giunte, nell’atto della contrizione, che, forse, chiede scusa all’umanità per gli efferati delitti commessi.

Ognuno legge e interpreta il messaggio a modo suo. E non si capisce se a mettere scompiglio e paura siano le somiglianze dei cloni, più veri e drammatici degli originali, oppure perché non si vuole vedere oltre il proprio naso perché si vogliono tenere sopiti i pensieri che toccano la sfera della sensibilità storica, individuale e collettiva.

È vero, l’artista provoca! Ma la sua provocazione deve essere letta in maniera propositiva. È un incentivo al dialogo; all’analisi, per guardare e andare oltre i fatti conosciuti, esorcizzarli. Prendere coscienza di quello ch’è stato per valutarne implicazioni presenti e future. Non è nascondendo la testa nella sabbia che si allontana o annulla il pericolo. Quello c’è. È sempre presente. Sta agli uomini circoscriverlo e tenerlo lontano con lungimirante intelligenza.

Per concludere, è anacronistico pensare di censurare dei manifesti con su un Adolf Hitler rivisitato dalla mente dell’artista. Non è annullando la pubblicità sui muri di milano della mostra di Maurizio Cattelan che si estingue il delitto contro l’umanità.
Il passo indietro del Comune, che aveva già sospeso l'affissione dei manifesti incriminati, è stato rafforzato dalla reazione della comunità ebraica che ha ritenuto la visione di Hitler capeggiare su Milano " un messaggio inopportuno", per bocca di Roberto Jarach. Una provocazione troppo forte. Che avrebbe "urtato la sensibilità nostra e di molti", ha aggiunto, e che avrebbe "prevalso sul messaggio sarcastico del pentimento di Hitler".

C'è da chiedersi: se questo messaggio è forte, visto che l'amministrazione comunale milanese destinerà gli incassi dell'esposizione alla costruzione del Memoriale della Shoah, cosa conterrà in futuro il Memoriale?

nati sotto una cattiva stella: sfigati

Nati sotto una cattiva stella: sfigati.

“Questo è un periodo favorevole per il segno della vergine: soldi, sesso e divertimenti, dicono gli astri per voi, amici, nati sotto il segno della vergine, ma, attenzione, solo per i nati nella prima decade e con ascendente acquario…”

E ti pareva! Sono davvero sfigato! Se fossi nato nei primi dieci giorni adesso non starei a pensare dove prelevare i soldi per cambiare la macchina e fare benzina. Non mi dovrei neanche preoccupare per la gnocca. Verrebbe da sola. Attirata dal mio magnetismo astrale… E se i rom fossero tutti nati in questo periodo astrale non sarebbero espulsi dagli stati xenofobi e avrebbero tanti soldi. Va bèh, i soldi, quelli ce l’anno, rubano, mendicano e non pagano le tasse e per il sesso, guarda che famiglie numerose. No ai rom non manca niente per essere felici, eccetto che non hanno una patria e sono respinti da tutti. Su per giù come i profughi che arrivano dal mare sulle coste italiane. Noi li respingiamo e i libici sparano sulle imbarcazioni sospette.

Va beh vuol dire che questo è il destino di quelli che non sono nati nella prima decade della vergine. Pazienza, sarà per la prossima volta!
Vuol dire che non inveirò contro nessuno e mi prenoto, … sì ma con riserva, perché senz’altro quando sarà il mio turno, le stelle diranno un’altra cosa. A quel punto,
rom, profughi, senzatetto, senza lavoro, bisognosi, quelli che sono nelle mie stesse condizioni staranno sotto un’unica semplice lapidaria bandiera: quella degli sfigati diseredati uniti!

mercoledì 15 settembre 2010

Vittime della crisi sociale

Può la depressione spingere al suicidio?

Sapere che qualcuno si è suicidato, dopo avere conseguito con successo un importante traguardo come può esserlo una laurea in filosofia della conoscenza e della comunicazione, per giunta con 110 e lode, è destabilizzante. E, diventa ancora più deprimente, per familiari e conoscenti, apprendere che è dipeso da una ipotesi d'insuccesso. Al di là delle correnti di pensiero inerenti la sacralità della vita, la missione, gl’intenti, i sogni infranti, è assurdo pensare di giustificare la determinazione con cui il depresso o disilluso tessa il piano suicida. Non ci sono scusanti, né masturbazioni mentali che possano giustificare un simile gesto.
Umanamente, tutta la solidarietà e l’affetto vanno ai genitori, ai fratelli di chi ha commesso un delitto crudele, oserei dire vile, che non è risolutivo; non annulla i problemi ma li accentua aggiungendone altri.
L’auto annullamento fisico è la tragedia di un attimo per chi la compie, ma che dura tutta la vita in chi la subisce.
A nulla valgono le belle frasi come quelle lasciate dal giovane suicida di Palermo in un quaderno prima di suicidarsi:

«La libertà di pensare e anche la libertà di morire. Mi attende una nuova scoperta anche se non potrò commentarla.» Il giovane, pare fosse afflitto da depressione per l’incertezza del suo futuro lavorativo. A sostenerlo è il padre del ragazzo che si è lanciato da un terrazzo della Facoltà di Lettere di Palermo.

Pur comprendendo il dramma, sembra strumentale l’esternazione del genitore riportata da alcuni organi d'informazione che commenta così i tentativi d’inserimento fatti dal figlio all’interno del mondo accademico:

«Il suo gesto lo considero un omicidio di Stato. Era molto depresso per il suo futuro. Si era laureato in filosofia della conoscenza e della comunicazione, con 110 e lode. A dicembre si sarebbe concluso il dottorato di ricerca della durata di tre anni svolto senza alcuna borsa di studio. I docenti ai quali si era rivolto gli avevano detto che non avrebbe avuto futuro nell'ateneo. E io sono certo che saranno favoriti i soliti raccomandati».

E aggiunge che, per guadagnare 25 euro al giorno, oltre a tudiare, faceva anche il bagnino.
Allora? Perché non ha saputo reggere i colpi, scontrarsi, incazzarsi e reagire con forza agli ostacoli eretti nella quotidianità dalla vita allo stesso modo dei precari, in piazza, per contestare i provvedimenti della Gelmini?
Una quotidianità che non esime nessuno dalle incombenze e dalle sfide, alle quali tutti noi siamo chiamati a rispondere momento per momento.

Non c’è una risposta alle domande. Domande, forse, ritenute blasfeme, in questo preciso momento, ma corre l’obbligo esternarle per riflettere insieme sui mali comuni, sulle difficoltà dei giovani, sulle disfunzioni etiche, su certi meccanismi che annichiliscono i più deboli così da trovarne l’antidoto.

martedì 14 settembre 2010

Prodi, Berlusconi e i cittadini

Lo so, è difficile districare la matassa del sistema politico italiano e l’attuale legge elettorale sembra studiata apposta per ingarbugliare e rendere instabile la formazione di governo. Il bipolarismo così concepito non ha piedi e radici stabili e chiunque è eletto è sottotiro. Lo è stato il governo Prodi e adesso quello guidato da Berlusconi.
A prescindere dai numeri, quello che maggiormente lascia spazio a pensieri sconci è la sfrontatezza del potere. Un potere che non tiene in considerazione la realtà del paese ma quello che hanno in testa i capipolo.

Prodi, vedendo precluso il suo programma, si è dimesso. D'altronde gli mancavano i numeri al senato e ogniqualvolta si doveva varare un provvedimento, se era inviso alla maggioranza non passava.
A ben pensarci, la politica di Prodi non si discostava mica tanto da quella di Berlusconi. Entrambi hanno portato avanti progetti contestatissimi dai cittadini ed elettori italiani. Tra i quali i lavori della TAV, la linea ferroviaria ad alta velocità Torino Lione, che ha prodotto danni al territorio già in fase progettuale perché ogni regione, provincia e città interessate hanno cercato di gestirla secondo criteri discutibili dal punto di vista della sicurezza ambientale.

Ora, mi chiedo, è così difficile presentare un programma di governo indirizzato al benessere e alla crescita sociale?
Sono davvero importanti le grandi opere e il relativo sconvolgimento del territorio allorché si realizzano?
È più importante la tutela della dignità della vita umana o il bilancio aziendale dello stato?

Io le risposte ce l’ho ben stampate in testa e nel cuore.
Lascio, semmai il dubbio, a quanti hanno l’ingrato compito di gestire la cosa pubblica, agli scienziati, agli studiosi, agli imperturbabili uomini d’affari che hanno fatto scempio della politica, di uomini, risorse, cultura, grazie ai suffragi ricevuti e al falso concetto di democrazia.

camping "le giare", la 14a vittima

Camping “le giare”, la 14a vittima.

È la figura di un uomo sofferente, quella che vedo in tv. Un uomo che deve sopportare il peso di un’infamia collettiva ma che diventa personale perché imputato principale, anzi unico, in qualità di titolare e gestore della struttura turistica incriminata.
Egidio Vitale non ce la fa a parlare. Le parole sono rotte dalla tensione emotiva causata dai ricordi delle persone coinvolte. Persone disabili, amici di vecchia data e nuovi villeggianti rimasti intrappolati nella valanga di fango. Alcuni hanno perso la vita; altri, familiari e amici hanno lasciato lì una parte importante del loro vissuto. E lui, Egidio, oltre all’amarezza di essere stato testimone del disastro, avere assistito alla perdita di vite umane in quei terribili momenti divenuti cronaca, ha perso la tranquillità. Quella tranquillità interiore che nasce dall’aver fatto bene il proprio lavoro. Avere accolto, ospitato e elargito ricchezza al territorio del soveratese con professionalità.


Ricordo la passione, quasi maniacale, sua e dei suoi collaboratori. La pulizia. Il trenino, realizzato da una vecchia 1500, adeguatamente trasformata in locomotiva per trainare tre quattro vagoncini aperti e che lui stesso guidava. Un trenino in miniatura che anticipava il suo ingresso nel camping a suon di musica, prendeva su i campeggiatori e dopo un breve giro li portava in spiaggia. Una spiaggia altrettanto bella e curata nonostante fosse libera e accessibile a chiunque. E poi, il servizio ristoro, l’anfiteatro…
No! Non merita tutto ciò. Anche se “la legge non ammette ignoranza” e avrebbe dovuto sapere che la struttura turistica sorgeva, in parte, sul letto di una fiumara. “… i permessi rilasciati dai vari uffici territoriali c’erano tutti quando ho acquisito il campeggio. Ecco i documenti della precedente proprietà!” …io sono la quattordicesima vittima del nubifragio di dieci anni fa. Conclude, visibilmente provato, il vecchio imprenditore.

lunedì 13 settembre 2010

il gioco dei grandi

aore12
courtesy mario iannino, polimaterico, 2008
Il gioco dei grandi.

È solo il gioco dei grandi
Urlarsi addosso, vomitare cazzate
Seguire sentieri impervi
Prevaricare
Annichilire
Esaltare
Tradire!
Tradire la fiducia, millantare crediti in amore come in politica.
Impegnare energie in giochi di prestigio per mantenere supremazia e vantaggi carpiti con l’inganno. Mostrare la faccia buona; far finta di niente
per comodità o ignavia.
Non alterarsi mai
neanche davanti a verità sconce.

In politica, come in amore, vince chi fugge.


sabato 11 settembre 2010

a Brunetta, il sud non è il cancro dell'Italia!

Il cancro maggiore dell’Italia non è il sud ma la gente priva di raziocinio che anziché adoperarsi per risolvere i problemi vecchi e nuovi causati dai cattivi governi apre la bocca solo per lanciare accuse folkloristiche.
La cosa inquietante è che queste frasi a effetto sono pronunciate in simposi politici formativi. Proclami faziosi che spingono all’odio piuttosto che alla soluzione dei problemi.
Valutando i fatti, la priorità del ministro brunetta non è la soluzione politica dei problemi, bensì inasprire gli animi.
I cittadini onesti dissentono fermamente da quanto esternato da Brunetta e lo invitano a evitare simili show in futuro. Faccia piuttosto quello che pretende dai dipendenti pubblici!
Onorevole, dia il buon esempio! lavori per migliorare la società!

questa la notizia diramata dall'agenzia ansa:


Brunetta, senza Calabria e parte Campania noi primo paese
Il ministro per la PA, sul 'Giornale', parlando dell'importanza del federalismo: c' è un sistema malato, rappresentato dalla "conurbazione" Napoli-Caserta
11 settembre, 12:22
ROMA - "Se non avessimo la Calabria, la conurbazione Napoli-Caserta, o meglio se queste zone avessero gli stessi standard del resto del Paese, l'Italia sarebbe il primo Paese in Europa". Così si è espresso il ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, secondo quanto riporta 'Il Giornale'. Spiegando l'importanza del federalismo il ministro evidenza l'esistenza di un sistema malato ben rappresentato dalla "conurbazione" Napoli-Caserta che è "un cancro sociale e culturale. Un cancro etico, dove lo Stato non c'é, non c'é la politica, non c'é la società". Per dare un'idea, racconta di quando si tenne il primo consiglio dei ministri a Napoli, Per l'emergenza rifiuti in Campania: "La città era vuota. Qualcuno agli angoli delle strade ci faceva il segno con il dito", (il medio). "Gli intellettuali napoletani disquisivano se il termovalorizzatore di Acerra fosse idoneo sì o no. E stavano con la merda sopra i capelli". Mi ricordo "il freddo morale psicologico ambientale di quella giornata. Me lo ricordo. Ed è il segno più tragico, forse più dei mucchi di spazzatura per le strade, di una società, di una cultura e di una classe dirigente se non morte, tramortite". (ansa)

docenti e formatori, genitori, esploratori e guide


Viviamo una realtà fatta e gestita da teatranti nella quale siamo gli attori principali. Ognuno di noi sceglie un ruolo. Asseconda la propria indole e fa di tutto per non deludere le attese della gente che lo circonda.

Il copione, scritto dalla nascita, nella maggior parte dei casi si uniforma alla media, perciò, si è spinti in società, da mamma e papà, con le migliori intenzioni e quando queste prerogative sono ragionevolmente disattese, perché puntualmente lo sono, incominciano le incomprensioni tra genitori e figli.
Solitamente i conflitti nascono allorché il piccolo uomo ha la possibilità di confrontarsi con gli altri; osserva e fa paragoni.

Il bambino si accorge presto che deve gareggiare per essere il primo della classe, svelto nel linguaggio, servizievole e che raramente è trattato come persona che deve cercare la propria identità in armonia col suo essere.

Data l’esperienza acquisita, ritengo che l’indirizzo migliore per lo sviluppo armonico delle singole personalità in fase di crescita, valevole anche per gli adulti, sia trasmettere fiducia e libertà con l’ausilio di paste, oggetti per la manipolazione e la rivisitazione del vissuto. Lasciando, ovviamente, ampia libertà d’azione, formale e intellettiva.

.

venerdì 10 settembre 2010

sulle orme di Machiavelli

Le cattive notizie non mancano. I mezzi di comunicazione di massa gareggiano a chi sbandiera meglio e prima i temi principali:
Occupazione, anzi disoccupazione;
debito pubblico; scandali pubblici e privati; evasione fiscale, lavoro nero, corrosione di denaro pubblico; malgoverno.
Mobbing; nei pochi posti di lavoro rimasti; violenze nelle periferie; nelle scuole. Stolting. … stalking. Il circolo vizioso sembra non avere fine!

I mass media ripetono ciclicamente le notizie. Fatti di malasanità gonfiano i palinsesti e, di rimando, i manipolatori mediatici i fatti. Le bolle si esaltano, volano alte, scoppiano nell’aria o vanno verso altri lidi; poi, si quietano. Le notizie aggrediscono gli orecchi, penetrano il substrato mentale, s’annidano, fanno le fusa come non mai. Tengono alta l’attenzione delle masse. La contemporaneità mediatica crea e promuove business. Mentre, nella società tribale, risolto il problema del sostentamento fisico; attuata la procreazione e il mantenimento della prole fino all’età dell’autosufficienza, tutto il resto è quieto, rilassante bighellonare creativo.
Non è così per l’uomo contemporaneo. Per il civilissimo city man, le necessità sono il suv anche se deve fare due km al giorno tra casa e ufficio; le ferie in posti snob; la residenza signorile; la seconda e la terza casa; la barca pardon lo yact! …
Dalle false esigenze nasce la bolla mentale. La stessa bolla che sovverte i valori; che antepone la finanza alla solidarietà e crea falsi miti.
Beh, per concludere, è chiaro che se i contemporanei guardano troppa tv e vogliono emulare i vips, qualche problemino in più, rispetto a quelli seri e impellenti del vivere quotidiano, si pone. Anche perché in ogni città, esistono i grandi che desiderano comandare e opprimere il popolo e di contro esiste il popolo che desidera non essere oppresso né comandato dai grandi. (…)* Ecco che, chi può, costruisce una vita parallela in second life per sfuggire alla realtà amarissima. Purtroppo, dismessi i panni dell’avatar, al rientro, nel mondo reale si trova i problemi amplificati. Nessun principe o cavaliere errante, nel frattempo, ha ucciso il drago e riportato il benessere nel regno. Anzi, con lui o senza di lui, i furbi sono andati avanti; hanno escogitato altre marachelle. Sono riusciti, ancora una volta ad ammansire il branco. Hanno promesso. Si sono indignati. Hanno tuonato contro le lusinghe del potere e contro chi dovrebbe porre le proprie forze al servizio del paese e governare senza trucchi e inganni elettoralistici. Contro chi Ammansisce borse e mercati, non tutela l’ambiente ... sembra che la storia non abbia insegnato nulla… il branco esiste ancora.
È necessario al Principe essere gran simulatore e dissimulatore; e sono tanto semplici gli uomini, e tanto obbediscono alle necessità presenti, che colui che inganna troverà sempre chi si lascerà ingannare.*
(Niccolò Machiavelli)*

giovedì 9 settembre 2010

inquietante gaffe di Andreotti nel ricordo di G. Ambrosoli

L’inquietante gaffe di Andreotti.

È raccapricciante sentire commenti che giustificano l’uccisione di un professionista serio. un omicidio commissionato dai poteri grigi per chiudere indagini dannose per la malafinanza organizzata. Un professionista che svolge il lavoro assegnatogli, per giunta da organismi statali, in maniera deontologicamente irreprensibile, senza guardare in faccia nessuno, valutando i fatti secondo i criteri legislativi in atto nello Stato italiano. Eppure, qualcuno, nel commentare dopo quasi 30 anni i fatti oscuri legati alla figura di Sindona, liquida con un motto romanesco l’uccisione di un uomo:
“In termini romaneschi, se l'andava cercando”. Ma la cosa grave consiste nel fatto che a pronunciare queste parole, è un senatore a vita, un politico che ha governato l’Italia per moltissime legislature e che è stato all’ombra del potere da quando è nata la Repubblica: Giulio Andreotti!

Il quale, dichiara, subito dopo, di essere stato frainteso. Come si può fraintendere un’affermazione così chiara?, detta nei confronti di Giorgio Ambrosoli, il liquidatore dell'impero di Michele Sindona ucciso l'11 luglio del 1979.

Che sia la demenza senile a lasciar venir fuori lapsus freudiani?
D’altronde, un vecchio detto recita che: la verità si apprende dagli ubriachi e dai bambini.
E se a una certa età si ritorna bambini…

Battute a parte, il lato veramente orribile di tutta la vicenda, a prescindere se si tratta di gaffe o malintesi, consiste nell’anteporre la ragione di stato, quindi bancarotte ecc., alla sacralità della persona umana. ma, essendo segreti di stato, noi non sapremo mai la verità! Unici dati certi: l’annullamento fisico di una persona che indagava sui conti di un banchiere e il depistaggio d’ingenti somme di denaro pubblico. E, comunque, le esternazioni del senatore Andreotti invitano a "non andare a cercarsela, essere poco precisi" se si vuole campare qualche giorno in più.

rapporti tra impiegati e pubblico nelle amministrazioni

Tra il serio e il faceto.

Fantastica storia, ispirata da una vicenda reale, vissuta in uno dei tanti uffici pubblici.


È raro trovare impiegati motivati e coscienziosi, forse a causa delle sofferenze economiche, oppure per le disparità e le incongruenze in seno all’ufficio d’appartenenza. Sta di fatto che l’utente privo di conoscenze rischia di andare da uno sportello o da un ufficio all’altro senza risolvere granché.

Nonostante il ministro Brunetta ce l’abbia messa tutta per dare un impulso diverso e riorganizzare compiti e dipendenti statali, negli uffici, si continua a vivere la solita aria di decadenza, specie laddove vi sono impiegati che ricoprono cariche istituzionali. Qui, il servilismo dei subalterni è omertoso ai massimi livelli, il commesso sbarra il passo a chiunque motivando che l’orario al pubblico è dalle 10,00 alle 13,00 e se ci si trova nella fascia oraria consentita, è più facile fare un terno al lotto che trovare il funzionario. “è uscito a prendere un caffè proprio in questo momento ma ritorna subito” questa la frase di rito dei colleghi, mentre tu stai lì, dietro la porta semiaperta ad aspettare. Osservi la giacca appesa e l’enorme scrivania linda.
Dopo qualche ora, arriva il funzionario che premuroso si scusa per il ritardo e l’attesa inflitta.

“la giacca non è sua! Ce l’ha addosso!” esclama un utente in attesa.
E a lei che gliene frega? Sentenzia un impiegato in procinto di entrare nella stanza. “È mia! Le dobbiamo rendere conto?”
Che succede? Chiede da dietro la scrivania, il funzionario.
Come che succede! Ha pure il coraggio di chiedere che succede! Ci vuole una bella faccia tosta…
Come si permette! Lo sa chi sono io? Ah, ma io la rovino ti conosco so chi sei ti faccio perdere il posto!
Magari ce l’avessi! Replica il malcapitato. Grazie a gente come te mi trovo qui ma prima o poi qualcosa deve cambiare. E se non basta Brunetta, a da venì baffone!

mercoledì 8 settembre 2010

per Berlusconi, Fini e... gli struzzi

Da sempre l’uomo ha cercato di istaurare forme associazionistiche.
Nel tempo ha formato clan, tribù, famiglie, bande, partiti. Ha cercato di fortificare e rendere stabile la propria persona e quelle a lui vicine. Nulla di male! Poiché l’uomo è un animale sociale che tende a stabilire contatti e preservarli.

In affari le associazioni prendono il nome di società o aziende. Negli affetti, famiglia. E in politica. Partiti. Ovviamente, ognuna di queste, tutela interessi differenti e quando non collimano iniziano le offensive.

In Italia ne siamo profondamente convinti, viste le vicende storiche. Persino negli uffici e nei luoghi di lavoro in generale esistono gruppi di persone con pensieri e atteggiamenti differenti, sia nei confronti dei piani industriali che politici. Da ciò lo stalking, parola inglese che sta ad indicare la persecuzione di chi ha potere sui subalterni. E, c’è chi approfitta della posizione per coltivare economie personali, in politica, negli uffici pubblici e nella società generalizzata. A quest’ultimo fenomeno si associano differenti nomi con lo stesso significato: mafia, ndrangheta, camorra ecc.

Per alcuni, giornalisti e politici, pare che la scoperta di detti fenomeni sia recente. Di punto in bianco parlano di borghesia mafiosa, zona grigia, colletti bianchi mafiosi e via fantasticando.

Di fatto, alla base dei fenomeni c’è una forma atavica di “autoconservazione” dettata dai bisogni umani. Bisogno di un lavoro. Bisogno di libertà. Pluralità. Democrazia!

Quando lo Stato, nella persona dei suoi Ministri e Governatori, saprà programmare e offrire ai Cittadini i modelli fondamentali del diritto alla vita le forme d’associazionismo deviato cesserà di esistere.

A tal proposito, rivolgo un pensiero al Presidente del Consiglio Berlusconi e della Camera, Fini:
Spendete le vostre energie per progetti più alti. Progetti mirati a risolvere i problemi della comunità e lasciate da parte le beghe personali per il bene di tutti gli italiani, per evitare ulteriori tragedie legate ai bisogni e al diritto alla vita.

martedì 7 settembre 2010

verso le elezioni: cambierà qualcosa?

Non so se gli esponenti della sinistra siano stati all’altezza della situazione politica italiana e se veramente hanno tentato di attuare i programmi cari ai “credenti”, vale a dire, a coloro i quali hanno speso energie per realizzare progetti di crescita solidale per mero spirito di servizio e sposato le cause, le battaglie, i programmi, tutti determinati a creare un clima di solidarietà tra la gente nel rispetto della cosa pubblica.

Di sicuro la destra ha attuato il suo, di programma. Un programma per niente liberale e sociale. Si evince dalle politiche “maroniane” indirizzate a respingere i profughi per non fare toccare loro terra italiana. E poco importa, al ministro Maroni, se il ritorno in patria dei migranti significa morte certa per fame o dissenso politico! L’ultimo suo editto configura l’espulsione per quanti non possono certificare un reddito e una casa dignitosa. … ma, signor Ministro?!, vale anche per gli italiani? No, perché, sa, ci sono molti italiani in queste condizioni o giù di lì, prossimi a cadere nello stato d’indigenza. O per noi è prevista un’altra ingloriosa fine?

Qua tutti, indistintamente, a destra e a sinistra, hanno perso di vista la realtà. Hanno dimenticato, se mai saputo, che i governanti sono eletti per risolvere i problemi contingenti e non per fare melina, continuare a fare proseliti, qualche legge giusta, molte inutili e forse dannose, accentuando le differenze culturali, politiche, religiose e economiche dei popoli che vivono nella Repubblica Italia.

lunedì 6 settembre 2010

cattivi maestri

I vecchi gerarchi del pci hanno ammazzato l’ideologia comunista!


Le mummie dell’ex Pci sono ancora tra noi. Il loro dissennato modo d’intendere e fare politica allontana i giovani dall’impegno sociale, li disorienta nelle scelte e avvelena l’eredità intellettuale dei vari dirigenti che hanno formato l’indimenticabile Berlinguer, insomma di quei Politici che hanno saputo tracciare una linea netta tra le cose lecite da perseguire e quelle da ostacolare con fermezza.
Quell’ideologia che esaltava la fratellanza tra i popoli e tendeva la mano ai derelitti; uomini emarginati che un tempo trovavano rifugio nella casa del proletariato che ospitava la cosiddetta classe operaia composta prevalentemente di terroni e polentoni uniti per il bene comune sotto la stessa bandiera nell’ideologia che voleva annullare le differenze culturali, economiche e sociali attraverso lo studio e il coinvolgimento solidale per un’emancipazione reale delle classi meno abbienti che, per egoismi atavici, hanno subito la storia e le angherie dei forti.

Senza farla lunga! Un tempo era impensabile invitare alla festa dell’unità un esponente dichiaratamente agli antipodi. Un personaggio ritenuto “nemico politico”. Uno che rappresentava il male politico da combattere.
Oggi, con estrema disinvoltura assistiamo a uno spettacolo spiazzante: Fassino che inveisce contro uno sparuto gruppo di contestatori. Ragazzi a sinistra che lanciano invettive, non importa a chi, importa, invece la reazione del dirigente ex pci che zittisce e mortifica la commovente passione, nonostante tutto, ancora presente in alcuni.
Fassino dimentica che questo fa parte della passione politica. Quella politica sentita, pacifista, che esprime spassionatamente gli umori della gente priva di voce perché mai nessuno darà loro la possibilità di parlare o confrontare tesi su palchetti o talk show televisivi.

Non fa parte, invece, del dialogo politico l’arroganza con cui si gestiscono le tavole rotonde. Dibattiti preconfezionati; con bigliettini passati al nemico per toglierlo d’impaccio. E la violenza verbale o fisica perpetrata di continuo.

Con ciò, non intendo asserire che non debbano collaborare col governo, anzi, dovrebbero essere le pietre d’angolo per la costruzione di un nuovo stato sociale. Dovrebbero fare proposte concrete senza tergiversare. E, se convinti che si debbano fare sacrifici, bene!, che lo dicessero!
Noi siamo qui! Pronti a lavorare per una società a misura d’uomo!

domenica 5 settembre 2010

Infibulazione e culture alternative

ma che politica e cultura, sono solo canzonette


Infibulazione, pene corporali con pseudo fini educativi, impiccagione, sedia elettrica e pena di morte in generale, sono concetti lontanissimi dalla cultura laica e cristiana.

Ragionevolmente ci indigna “garantire l’integrità sessuale” della donna attraverso pratiche assurde come raschiare le grandi labbra per formare una sorta di cintura di castità “naturale” lasciando solo un piccolo orifizio per urinare.

È impensabile per dei genitori cresciuti in stati democratici praticare l’infibulazione alla propria figlioletta o basare i rapporti sociali su rigidi, quanto violenti canoni educativi, anche se, ancora, si sente qualcuno dire che “mazze e panelli fanno i figli belli”, in realtà in nessuna famiglia si adotta la linea dura. L’emancipazione culturale suggerisce il dialogo, la comprensione e l’estrinsecazione spontanea di pensieri e bisogni, solidarietà e confronto leale nei rapporti sociali.

Unico attributo subdolo che condiziona i rapporti umani nelle realtà, cosiddette, evolute, è il tarlo della dipendenza psicologica, alimentato e deliberatamente attuato da insospettabili soggetti a capo d’importanti schieramenti. Signori che gestiscono poteri. Gente nota, legata da vincoli affaristici, che garantisce il bene e il male in seno alla società. Personaggi che giocano con i destini dei deboli e che non tentennano un attimo a infliggere pesanti sanzioni a chi sgarra, teorema, che, tradotto nei termini dell’antistato, significa, anche, eliminazione fisica, attentato, lupara bianca, stragi. Allora? Qual è la differenza tra la cultura “evoluta” europeista e quella sottomessa alle leggi fondamentaliste? Perché fa tanto scalpore la vicenda di Sakineh, la politica di Sarkozy contro gli Zingari, le intolleranze razziali nostrane e non si ha il coraggio di esternare onestamente quanto non va nei rapporti spiccioli in seno alla famiglia, nella scuola, insomma, nella società e nella classe dirigente? Siamo narcotizzati? O siamo tutti annichiliti dalle strategie delle vecchie faine della gestione politica, per cui, riteniamo opportuno indirizzare gli sguardi altrove piuttosto che iniziare a risolvere quelli vicini a noi così da poterli garantire scientemente agli altri?

sabato 4 settembre 2010

per Mario Caligiuri, Assessore alla cultura, nominato da Scopelliti

aore12
Carissimo Mario,

Conosco il tuo impegno e la caparbietà nel portare avanti validi progetti culturali, grazie ai quali la Calabria trarrà senz’altro giovamento, come Soveria Mannelli, d’altronde, che hai amministrato saggiamente con passione e un bel po’ d’inventiva per tanti anni.

È inutile ricordare le arretratezze storiche della nostra bellissima regione ma permettimi di dire che l’unico grande artista contemporaneo riconosciuto nell’olimpo dell’arte e, cosa di non poco conto dal punto di vista economico, dal mercato che ruota attorno ai prodotti artistici, è il Maestro Mimmo Rotella, scomparso qualche anno addietro; comunque, poco conosciuto e valorizzato in vita dal grande pubblico e dalle realtà culturali nostrane.

Perché ti ricordo questo figlio di Calabria? Perché ritengo che ci siano altri talenti da valorizzare. Diamo la possibilità a quanti possono aiutare la Calabria, farla diventare meta di turismo culturale e, perché no, attraverso il lavoro aggiungere carisma a una terra già carica di cultura ellenica, magnogreca e romanica.

Gli eventi in programma sono per la maggior parte eventi espositivi importati, composti di pacchetti preconfezionati di artisti conosciuti solo dagli addetti ai lavori che emarginano e mortificano ulteriormente le intelligenze locali. Ciò comporta il depauperamento delle nostre risorse, giacché non vi è un ritorno economico/culturale per la Calabria. D'altronde i numeri parlano chiaro, attorno ai grandi eventi finora realizzati non c’è partecipazione attiva e conseguenzialmente non esiste indotto che arricchisca le strutture alberghiere e ristorative.

Si sa, la cultura non paga nell’immediatezza, però, se la volontà politica spiana la strada con i mezzi a lei confacenti e forma una scuderia artistica calabrese, senz’altro, questa, sarà volano propulsore di ricchezze intellettuali e materiali per i calabresi.

Sono sicuro che grazie alla tua sensibilità e lungimiranza, si possono invertire gli ordini dei fattori attraverso proficui scambi culturali così da dare precisi segnali ai giovani, agli artisti e a quanti sono costretti di tentare la ventura altrove. È quasi come l’emigrazione sanitaria che spinge all’esterofilia.

Ribadisco: la tendenza si può invertire solo con l’aiuto di una politica culturale regionale tesa a scoprire e valorizzare talenti, giacché il territorio è privo di quella classe cosiddetta “illuminata” propensa a spendere risorse private nel mercato della cultura, salvo poi, investire cospicui capitali in prodotti di artigianato artistico suggerito dai mercanti.

Un caro saluto.

venerdì 3 settembre 2010

mestieri, c'era una volta in Calabria

C’era una volta, in Calabria.

"u zzappatura"



I castagni sono carichi. I ricci iniziano ad aprirsi; qualcuno, ancora verde, è già caduto tra le felci. Difficile vederlo, ma chi ha l’occhio allenato distingue subito le spine del riccio da foglie, legnetti e felci. Marco è lì col padre in compagnia di altri uomini che parlano tra loro: “ncigniamu e ccà!”* dice il padre ai contadini muniti di zappe, “rampamu u margiu de castagni luongu luongu u violu sinnò, si perdunu”.
Gli uomini si allineano. L’uno affianco all’altro alzano le zappe fin sopra le loro teste e le lasciano cadere nel terreno da rivoltare. Marco, più in là, raccoglie ricci, basta una bottarella nella “cresta” per aprirli e lui è un maestro nel farlo senza schiacciare le castagne tenere. La sua tecnica è semplice: col tacco sinistro tiene fermo il riccio e col destro imprime una leggera forza dall’alto verso il basso nella scriminatura formata dal verso delle spine. Ha le tasche piene di castagne verdi. Quelle sono destinate alla madre e alla sorellina. Lui le mangia sul posto, come testimoniano le bucce intorno.
Gli uomini nel frattempo hanno fatto un buon lavoro. Le felci non ci sono più e il terreno è zappettato e livellato a dovere. Resta ancora una fetta di prato da zappare. Gli uomini avanzano; le zappe si alzano e s’abbassano come le assi di un enorme ventaglio. Le lame addentano la terra rossa. I contadini fanno leva sul manico, sollevano la zolla, girano le zappe e frantumano la zolla col dorso.

* iniziamo da qua! Zappiamo il prato dei castagni delimitato dal viottolo sennò, le castagne andranno perse.

piove, governo ladro!

Piove! Si dice che agosto sia “capo d’inverno”. Infatti, dopo il 15 le giornate sono più corte e, dall’oggi al domani, i primi venticelli freschi soffiano sui corpi cancellando il caldo sofferto fino a qualche giorno prima.
C’è chi sospira sollevato e chi rimpiange il sole forte. Chi inizia la routine lavorativa con immensa nostalgia e chi si tuffa energicamente.
Non è cambiato niente! Solo il peso del calendario è ridimensionato; peso ch'è andato a gravare sugli anni che ognuno si sente addosso. Per il resto, tutto rimane invariato: le bugie della politica, gli schieramenti di parte, le ingiustizie, le assurdità dogmatiche delle religioni manichee che, pilotate da scaltri uomini d’affari, inducono i seguaci a compiere efferati crimini contro l’umanità.

Non è cambiata l’arroganza del potere che antepone la quadratura dei conti economici di uno Stato alla cultura e al welfare; governanti aziendali prestati alla gestione comune dello Stato di Diritto che attuano soluzioni sociali come se fossero in una qualsiasi azienda produttiva e mandano al macero intere famiglie pur di risanare i bilanci. Semplice! Molto semplice dire: le anomalie e le esuberanze sono il risultato delle politiche sbagliate dei governi precedenti!

Almeno i governi precedenti lasciavano la dignità di vivere. Ma questo lo sanno benissimo i nuovi ricchi, quelli che si sono arricchiti grazie ai favori della politica dei governi precedenti.

No! Non ci siamo! Il diritto alla vita è inalienabile! Chi governa deve avere il coraggio civile di guardare in faccia le realtà periferiche; i nuovi e vecchi poveri. Chi governa deve sapere perdere qualcosa di suo, qualcosa di superfluo, per lui ma non per chi stenta a mandare i figli a scuola. Deve scommettere nel sociale!

Altrimenti, a che vale dichiararsi contrari alla pena di morte, dichiararsi Cristiani praticanti, essere contro l’aborto e per la famiglia se poi, di fatto, si affama e uccide tutti i giorni con la rilettura delle leggi, la revisione e l’annullamento dello Stato di Diritto?

giovedì 2 settembre 2010

lettere di morte per Scopelliti

Lettere di morte a Giuseppe Scopelliti, presidente della Calabria.

Quattro lettere minatorie, indirizzate a Giuseppe Scopelliti, di cui una contenente due proiettili di pistola calibro 7,65, sono state recapitate questa mattina nella sede catanzarese della presidenza della giunta regionale calabrese.
Una delle lettere, giunte nell'ufficio di Presidenza situato nello storico Palazzo Alemanni in Catanzaro, contiene minacce e intimidazioni. E un’altra conclude le intimidazioni al Presidente Scopelliti con le firme, nomi e cognomi, dei principali capimafia delle cosche calabresi.

Davvero singolare, quest’ultima lettera intimidatoria. Quando mai si è visto che gli ‘ndranghetisti mandano biglietti firmati. Quelli hanno altri modi per far conoscere le loro intenzioni e, stando alle cronache, quando vogliono “giustiziare qualcuno” prima lo fanno e poi lasciano intendere che sono stati costretti dagli affari. D'altronde, il caso Fortugno, purtroppo, e non solo, la dice lunga sulle strategie malavitose.

Personalmente sono vicino a chiunque è bersaglio della violenza altrui e porgo il più caro solidale pensiero d’incoraggiamento e d’affetto al Presidente della Calabria, perché assertore convinto del rispetto reciproco tra persone. Un rispetto che ostacola all'insorgere, qualora ci fossero idee di soppressione fisica dei nemici, ai quali va, piuttosto, osservata la sacralità del mandato. ma gli 'ndranghetisti conoscono un solo tipo di società solidale, in seno alla quale, la convivenza pacifica è un eufemismo nel momento in cui qualcuno o qualcosa turba gli affari delle famiglie, per cui scatta la ritorsione, la delegittimazione e infine la violenza fisica nei confronti di chi difende lo stato di diritto solidale e le istituzioni.

Viste le modalità, rese note dalla stampa, sembra una burla. E per la tranquillità del presidente Scopelliti e per la Calabria, ce lo auguriamo tutti.

Nel frattempo le indagini proseguono dopo il solerte intervento degli agenti della Digos che hanno acquisito le lettere e i proiettili di pistola pervenuti a palazzo Alemanni, sede degli uffici di Presidenza.

il privilegio dell'avvocato

I privilegi dell’avvocato.

Era da tanto che avrei dovuto fare dei lavori in casa, ma le esigue finanze, fino a qualche mese addietro, me l’hanno impedito. Finalmente, dopo avere messo da parte un gruzzoletto, interpello alcune ditte. Confronto i preventivi di spesa e scelgo quello di un vecchio compagno di scuola.
Svuoto le stanze da restaurare e imballo la roba in robusti scatoloni.
Il mio amico si presenta con una squadra di operai ben assortiti. Ognuno di loro sapeva cosa fare. Di tanto in tanto qualcuno si rivolgeva a me per sapere, dove fosse una presa, dove spostare uno scatolone e altre minuzie. La cosa strana era che si rivolgessero a me chiamandomi “avvocato”.  Li lasciai fare. Non chiarì che il titolo non mi apparteneva, d’altronde i “dottò” si sprecano, per strada e in giro per il mondo. Andammo avanti così quasi fino alla conclusione dei lavori. E meglio sarebbe stato se avessi continuato a mantenere il riserbo. Infatti, chiarito il malinteso sul dottorato alcune cose cambiarono. Le piastrelle, contrariamente ai calcoli, diventarono insufficienti come pure la colla, il filo elettrico e la pittura.

Convenni che mantenere un titolo “onorifico”, per il tempo strettamente necessario, a volte, è da saggi.

mercoledì 1 settembre 2010

creatività, arte contemporanea e bravi artigiani

aore12
Per un mercato dell’arte sano, non drogato da falsità concettuali.

È disarmante costatare la duttilità del bello estetico e delle varie forme concettuali d’intendere il bello o il sublime oggi. Nonostante l’innumerevole letteratura in merito, e nonostante l’evoluzione linguistica e tecnica della visione, comunemente il bello è associato all’emotività congetturale cui è associato il manufatto artigianale e o artistico.
È sintomatica la reazione al bello laddove si magnificano forme elementari associate a un evento mediatico o di costume. Ancora oggi la gente ha bisogno di una narrazione affine alla propria cultura per indolenza, perché non ama il nuovo e detesta l’ignoto che mette in discussione le conoscenze spicciole e non trova spazi utilitaristici nella quotidianità. Però, la maggioranza silenziosa è pronta a urlare a comando! Non appena qualcuno che funge da guida espone una teoria e l’associa a un prodotto dell’uomo. Il concetto, bello o brutto, è accettato con facilità se rimanda mentalmente alla persona da ricordare, ai suoi insegnamenti, alla sua figura carismatica.
D’altronde è risaputo che la figurazione da sempre ha sopperito ai mille testi scritti e alle innumerevoli parole. La figurazione è immediata. Narra un episodio. Divulga concetti per immagini. Escludendo il dato propagandistico connesso alla figurazione, è da considerare, se si vuole dare una connotazione artistica seria, non tanto il valore estetico e la padronanza artigianale esecutiva, ma, il retroterra intellettuale dell’artista, del tempo in cui vive, delle tecniche usate per rendere comprensibile il concetto e renderlo visibile. In sintesi: i simboli ideati dall’uomo sono sempre gli stessi. Possono avere varianti dettate dalle mode e dai gusti momentanei, ma la radice rimane immutata. Per intenderci basta pensare alla Croce di Gesù. Due assi incrociate che servivano a dare la morte ai delinquenti comuni sono diventate l’emblema universale di una religione.
La simbologia della croce porta le coscienze Cristiane a Cristo Morto e Risorto, alla sua vita, agli insegnamenti lasciati agli apostoli e divulgati nei secoli. E chi la porta addosso e la venera è Cristiano.
E, posta sui tetti e sui campanili indica ai fedeli che quello è un luogo di culto: una chiesa.

Per fare ciò, non c’è bisogno di essere artisti basta essere dei bravi artigiani del ferro o della pietra e avere un po’ di creatività. La stessa creatività che fa vedere draghi, serpenti, figure allegoriche popolare il cielo; insomma, come quando si dialoga con le forme cangianti delle nuvole e li poniamo a due passi dalla realtà come fedeli compagni di viaggio.

oltre il recinto

Oltre il recinto.

Il filo di ferro spinato delimita proprietà; appezzamenti terrieri di gente lontana. Gente partita per chissà dove e mai più tornata. Gente stanca della vita nei campi. Figli di gente che ha tentato la fortuna altrove tornano per affiggere un “vendesi” ora che gli ultimi affetti sono estinti.
Il latifondo è un peso, un’incombenza che non produce ricchezza, opulenza immediata. Meglio cedere. Cedere ai pochi contadini rimasti o alle nuove tecnologie che stravolgono il paesaggio, non fa differenza per le nuove generazioni cresciute su internet.
Ragazzi che non distinguono piante di cetrioli e zucchine, che non conoscono le fasi lunari note ai vecchi per la semina, il raccolto, le conserve.
Ragazzi e ragazze tatuate, col piercing nella lingua, che sbiascicano stancamente parole e si coricano all’alba anche dall’aspetto piacevole ma privi d’idee. Ragazzi abituati al consumo veloce di affetti e materie.
Oltre e dentro il recinto!
Ragazzi senza futuro… per colpa di chi o cosa?

martedì 31 agosto 2010

Politica e etica in affari, la lezione di Gheddafi

Quando si dice l’associazione d’idee:

Sgranocchio per diletto una bella pannocchia bollita.
Addento di gusto i chicchi opulenti e mentre assaporo il delicato seme, di colpo penso a quando, in un tempo non molto lontano, per molti era l’unico pasto della giornata. Sì, perché negli anni della miseria non c’era una grandissima varietà di scelta nei supermercati anche perché non esistevano!
Non c’erano soldi, non c’era la tv a colori.

Non esisteva il fenomeno del velinismo e le escort erano chiamate semplicemente puttane. Non c’era neanche la possibilità di assurgere, solo per l’avvenenza fisica, a importanti incarichi istituzionali e se per caso una attricetta o una donna posava nuda o avesse mostrato il corpo al fotografo sarebbe stata etichettata in maniera diretta, “donna di facili costumi” perdendo di credibilità e onorabilità.

Oggi, ringraziando Dio le cose sono cambiate. Il mais è una leccornia specie se trasformato in pop corn, lessato e condito col burro… e le donne possono gridare la loro femminilità e dire “la F… è mia e la gestisco da me!”

Anche la cultura collettiva è cresciuta.

Le donne, dopo tante lotte femministe hanno raggiunto il ruolo che compete nella società e possono disporre della loro vita come meglio credono.
Per facilitare l’inserimento sociale è stato creato persino un ruolo istituzionale importante: le pari opportunità! Con un ministero e consiglieri regionali al femminile ad hoc.
E allora, che dire delle pagliacciate di Gheddafi e di quanti hanno programmato il suo soggiorno italiano? Delle 500 ragazze avvenenti che per pochi euro si sono prestate ad ascoltare le sue lezioni.
Finalmente, la farsa è finita. Gheddafi è partito! Ma riportiamo alcuni punti salienti della sua breve quanto tormentata visita:

Oggi, Muammar Gheddafi ha lasciato l'Italia dopo una visita di quarantotto ore carica di polemiche. L'aereo del leader libico è ripartito da Ciampino poco prima delle 13,00. Il soggiorno a Roma è dovuto ai festeggiamenti per il secondo anniversario del Trattato di amicizia italo - libico, prima istituito come giorno della vendetta libica nei confronti degli italiani invasori sempre da Gheddafi, iniziato domenica con una lezione di Islam a 500 ragazze di un'agenzia di hostess.
Ma l'intera visita romana del colonnello libico ha fatto discutere molto. Una tre giorni colorita di tanti show e cospicui contatti commerciali. E andiamo alle reazioni di illustri personaggi della politica: Maurizio Lupi e Mario Mauro scrivono una lettera e dicono «Basta palcoscenico per il rais» mentre Giorgia Meloni, ministro per la Gioventù, si dice infastidita dall'appello alle giovani italiane. Anche nell’opposizione le reazioni non mancano e David Sassoli, capodelegazione del Pd al Parlamento europeo lo definisce “uno spettacolo avvilente” e conclude dicendo: ancora una volta, «ci siamo fatti ridere dietro dal resto d'Europa».

Il governatore leghista del Veneto, Luca Zaia, pur riconoscendo l'importanza degli accordi commerciali tra Roma e Tripoli, si è detto convinto che il colonnello Gheddafi dovesse essere ricevuto «come un qualsiasi altro cittadino».

E Mara Carfagna, ministro per le pari opportunità, nota alle cronache rosa per il suo book fotografico di aspirante “artista” come mai non si è indignata per il teatrino antifemminista? Un teatrino composto da femminucce con determinate caratteristiche. O forse ha preferito adottare la tattica del silenzio stampa, oppure ha scelto la strada della diplomazia come l’Europa che non ha ritenuto opportuno “commentare le dichiarazioni di mister Gheddafi”, così ha detto il portavoce della vice presidente della Commissione Ue Viviane Reding, riferendosi alle parole del leader libico che aveva chiesto a Bruxelles 5 miliardi di euro l'anno per fermare l'immigrazione irregolare.

Più duro il Vaticano che per “Avvenire”, il quotidiano dei vescovi, la visita di Gheddafi è stata un' «incresciosa messa in scena» o «forse solo un boomerang», «certamente è stata una lezione, magari pure per i suonatori professionisti di allarmi sulla laicità insidiata». “Avvenire” si chiede soprattutto come Gheddafi - nella «tollerante e pluralista Italia» dalle «profonde e vive radici cristiane» e al tempo stesso capace di «una positiva laicità» - abbia potuto «fare deliberato spettacolo di proselitismo (anche grazie a un Tg pubblico incredibilmente servizievole...)».

E che rispondere all’editoriale pubblicato dal quotidiano iraniano ultraconservatore 'Kayhan', che sabato aveva definito la premiere dame francese, Carla Bruni, "una prostituta" a causa del suo impegno per salvare la vita di Sakineh Mohammadi Ashtiani, la donna iraniana condannata alla lapidazione per adulterio e per complicità nell'omicidio del marito. Ma ecco come motiva la sua tesi l’editorialista: "Studiando i trascorsi di Carla Bruni si comprende chiaramente perché questa donna immorale stia appoggiando la causa di una donna condannata a morte per adulterio e complicità nell'omicidio del marito, lei stessa meriterebbe di morire". L'articolo di 'Kayhan', il cui direttore è nominato direttamente dalla Guida Suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, rinfocola la polemica tra Iran e Francia, malgrado oggi il governo iraniano abbia tentato di gettare acqua sul fuoco. Il portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, Ramin Mehmanparast, stamane ha dichiarato infatti che "il ricorso a commenti offensivi contro cariche istituzionali straniere non è corretto e non trova l'approvazione del governo iraniano".
Carla Bruni, la scorsa settimana, ha scritto una lettera aperta alla donna iraniana per esprimerle il suo rifiuto per la pena inflittale. "Perché versare il suo sangue e privare i figli della loro madre?", si leggeva nella lettera della Bruni. "Dal fondo della vostra cella sappiate che mio marito difenderà la vostra causa senza sosta e che la Francia non vi abbandonerà".

Ecco, Mara dovrebbe prendere esempio della nostra Carla Bruni che, pur avendo lavorato e prestato il suo talento nell’alta moda e nello spettacolo, quando è necessario schierarsi per una giusta causa non ci pensa due volte… ma forse questa è un’altra storia. La storia di una donna colta.

Gheddafi in cifre

Gheddafi, l'Italia, e gli affari in cifre.


La presenza di Gheddafi in Italia significa accordi per commesse in Libia, soldi per grandi gruppi che dovranno fare i lavori, il tutto previsto dal trattato di amicizia e cooperazione tra Italia e Libia del 2008. Anche allora, in agosto, vi fu una visita del dittatore libico che scardinò i protocolli e fece indignare il presidente Fini.
L’Italia, deve pagare gli errori del passato e risarcire l’ex colonia, la Libia ma, buona parte dei 5 miliardi di dollari pattuiti per chiudere col passato fascista deve essere investita nella costruzione dell’autostrada costiera libica “Rass Ajdir Imsaad” lunga 1,700 km con due corsie più una d’emergenza nei due sensi di marcia.
Secondo le notizie diffuse in questi giorni, al ministero dei trasporti italiani sono pervenute venti richieste di altrettante imprese, tutte italiane. A comunicarne notizia è il ministro Altero Matteoli.
La Astaldi è la capogruppo della cordata Bonatti, Ghella, Grandi Lavori, Toto. Mentre la Impregilo partecipa come capofila di un consorzio.
L’avvio delle procedure per le aggiudicazioni è previsto per la fine di ottobre ma forse, Gheddafi potrebbe fare qualche sorpresa e annunciare i nomi dei vincitori in questi giorni.
Va ricordato che i progetti infrastrutturali devono essere concordate fra le parti con un limite di spesa annua non oltre i 250 milioni di dollari per vent’anni.
Anche l’Eni fa buoni affari con la Libia in base ad un accordo firmato nel 2007 con la principale compagnia petrolifera libica, la National Oil Corporation fino al 2042. Attualmente estrae 800mila barili di petrolio nell’ex colonia italiana.
Ma anche la Libia è presente in Unicredit da 13 anni, da quando è entrata in Capitalia. Il legame con l’istituto di Piazza Cordusio in Milano si starebbe rinforzando grazie ad un incremento del 15% dell’azionariato libico che ha visto il fondo sovrano governativo della Libyan Investiment Authority salire dal 2 al 7,05% in Unicredit.
Nel campo delle infrastrutture per le telecomunicazioni, la Sirti ha commesse per impiantare settemila km di fibra ottica, appalto da 68milioni di euro. E la Prysmian, gruppo Pirelli, ha un contratto di 35 milioni di euro con la Libya General Post and Telecommunication Company. E per i trasporti aerei, la Augusta Westland, gruppo Finmeccanica, fornisce elicotteri e istruttori per insegnare a guidarli.
Dulcis in fundo, il gruppo Co.Ge.L è coinvolto nel progetto di un museo da costruire a Tripoli dedicato a Gheddafi. Affare sospeso perché il gruppo è in liquidazione.

il fine giustifica i mezzi

Il fine giustifica i mezzi?

L’onda emotiva è tumultuosa. Spinge a coinvolgimenti immediati e annulla la razionalità analitica.
È bene. È male? A volte sì, altre no! Dipende dalla situazione contingente. È ovvio che se di fronte a fatti eclatanti, effettuati da persone che la logica vuole sopra le parti ma che all’occorrenza si comportano come dei superficiali volgarissimi venditori porta a porta, l’incredulità cede il passo alla delusione. Si rimane delusi davanti a teatrini e donnine figuranti vestite secondo tradizioni lontanissime alle nostre solo per acquisire commesse miliardarie in paesi governati da despoti. Inorridisce sapere che un signore, che avrebbe molto da imparare dalla nostra democrazia e dalla nostra cultura, venga a fare lezioni comportamentali e faccia opera di proselitismo.
Forse chi organizza queste forme d’incontri istituzionali crede che sia più importante aprire mercati dovunque e con ogni mezzo alle aziende italiane purché si guadagni, piuttosto che dare orgogliosi esempi di appartenenza a una Repubblica, una nazione che ha dato arte e cultura al mondo intero.

Che siano questi gl’interessi di Stato? E noi miseri mortali c’interroghiamo, c’indigniamo inutilmente per fatti più grandi di noi che non capiremo mai?

lunedì 30 agosto 2010

proposta per il nuovo simbolo del PD

Proposta per il nuovo simbolo e nome del PD

N’altra volta l’ulivo? Nooo per carità! Non che abbia pregiudizi contro la nobile pianta perché è una specie arbusta che dà sostentamento all’economia contadina, e anche se fruttifica ogni due anni in maniera abbondante elargisce olio e olive da aggiustare in svariati modi: all’acqua, essiccate e infornate, intaccate, alla monacale e in tantissimi altri modi che la fantasia umana riesce a inventare. E proprio per questo, considerando che i dirigenti politici di sinistra vogliono riesumare la pianta a simbolo di partito, bèh, non sembra appropriato se consideriamo la piattezza programmatica e propositiva degli ultimi 20 anni dalla sinistra (pci, psi in primis) italiana, ma forse, a ben pensarci anche dal dopoguerra in avanti. E pensare che c’era stato quel fenomeno studentesco del ’68, subito ingabbiato e cavalcato da pci, pdup, lc, psup, ma anche da psi, pri, psdi, dc, cl, insomma da tutti! Tutti si sentivano figli e genitori del movimento studentesco. Tant’è vero che lo hanno piegato alle teorie che i ragazzi del 68 contestavano. Unico slogan attuato del periodo sessantottino: la fantasia al potere! Infatti i dirigenti hanno saputo gestire, proporre, insabbiare, ingarbugliare ideologie e crescite; hanno sovvertito i valori e sublimato i disvalori. Non s’inneggia al lavoratore onesto che per campare dignitosamente cambia il suo stato da imprenditore a dipendente ma si guarda con ammirazione l’avventuriero disonesto che gioca con i destini di dipendenti e familiari pur di mantenere lo status raggiunto con raggiri disonesti.
E pensare che il ramo d’ulivo è simbolo di pace e fratellanza; inizio di una nuova era, secondo la simbologia biblica che rappresenta l’abbassamento delle acque, e quindi la fine del diluvio universale, con la colomba esploratrice che ritorna nell’arca di Noè col rametto d’ulivo nel becco.

Però… e se la chiamassero ARCA, acronimo di “Associazione Ramificata Costantemente Anonima”?

la mala dei boschi, omicidi e 'ndrine

La chiamano “la mala dei boschi”. Suppongo sia una combriccola che gestisce le risorse boschive e decide chi e quanto deve prelevare da determinati appezzamenti, come commerciare i prodotti e dove. A limite, potrebbe intendersi come un’associazione di mutuo soccorso. Un gruppo di persone che, però, non lascia entrare nessuno impunemente a ficcare il naso nei propri affari e che ha una struttura organica aziendale con un dirigente generale e quelli di settore coi sottocapi che gestiscono direttamente le forze lavoro. Detta così non fa male e neanche scandalizza ma, passare qualche giorno dopo l’omicidio per le strade ancora bardate eccessivamente a festa con inutili luminarie, data l’esiguità della piazza del piccolo paese montano catanzarese, sorge spontanea una considerazione: “È questo un modo civile di gestire “affari”? Può giustificare la fredda decisione di eliminare a colpi di pistola un uomo? Togliere la vita a un padre di famiglia, ferire il figlioletto, traumatizzare la moglie e la gente che affollava la piazza in festa?”

Credo proprio di no!
Non viviamo più nella giungla da diversi millenni e lo spirito di conservazione della specie è votato ad altre soluzioni per la sopravvivenza, non certamente alla soppressione fisica dei nemici e dei concorrenti, altrimenti sarebbero giustificati guerre, abusi di potere e vessazioni a dispetto delle organizzazioni pacifiste che spendono energie per denunciarne effetti e cause dei popoli coinvolti in massacri, soprusi e sopraffazioni ingiustificati dal punto di vista morale.

Nonostante l’emancipazione sociale, a Palermiti, durante la festa della Madonna della Luce, patrona dei palermitesi, è stata spenta una fiammella, forse impura dal punto di vista etico, ma non sta a noi giudicare né tantomeno ad altri armare mani assassine, giacché esistono leggi e uomini preposti a farli rispettare.

La vita è sacra! Il diritto alla vita è Divino!

domenica 29 agosto 2010

il ramadan di Mustafà, venditore irregolare in Calabria

Ma il ramadan non finisce il 13 settembre?!
Si... oggi io no...
Perché? Chiedo al venditore ambulante seduto a bere una coca nello stabilimento balneare.
È dall’inizio di agosto che vedo tutti i giorni, due volte, tra andata e ritorno, sulla spiaggia, Mustafà. Il senegalese si ferma sotto il mio ombrellone, poggia la mercanzia e parliamo amichevolmente. Mi racconta della sua terra, la famiglia, il suo lavoro stagionale a Firenze e dell’intenzione di prendere moglie a 21 anni. Come, dico, ti accontenti di una moglie quando ne potresti avere due o tre? No io una. Una moglie. Come italiani. Una. Allora significa che hai conosciuto davvero le italiane: già sopportarne una è un’impresa, figuriamoci due. Al di là delle battute scherzose, il dialogo con Mustafà è piacevole e spesso compro qualcosa per aiutarlo: mi dispiace vederlo sotto il sole andare su e giù col suo carico. E, per il rapporto che si è creato, mi sono permesso di chiedergli perché avesse rotto il ramadan.
Domani parto. Oggi ultimo giorno...
Si va Be' ma anche ieri ti ho visto mangiare al centro commerciale. Non dovresti rispettare il digiuno? Forse non stai bene?
Poi, poi faccio, un altro giorno faccio ramadan.
Bah, cos'è sta storia. Allora ve lo potete fare quando e come volete?
Sì sì domani faccio ramadan.
Risponde impacciato il musulmano, venditore ambulante irregolare sulla spiaggia calabrese.
Ok, fai buon viaggio e buona fortuna. Ci vediamo l’estate prossima.

Società, meteoriti e stelle cadenti

Meteore.

Siamo tutti delle meteore. Viviamo quel tanto che basta per fare rumore o musica. Con il nostro esempio di vita; imbastendo teorie; camminando guardinghi o stringendo mani, regalando sorrisi di facciata o sinceri nell’universo terreno governato da grandi astri: il sole, la luna, la terra e le stelle.

Le nostre individualità sono pulviscolo se paragonati agli astri dominanti che segnano i cicli delle stagioni, fanno germogliare la vita e la preservano nonostante la perfidia umana. Eppure, ubriacati di onnipotenza non appena le condizioni sociali lo permettono, vogliamo dire la nostra, comandare agli altri il nostro verbo.

Ne ho conosciuti molti di meteore. Alcune hanno saputo vivere e hanno lasciato buoni esempi di vita sociale, hanno combattuto le ingiustizie per se stessi, per la libertà, l’emancipazione dei figli e della società. Tra i tanti, ricordo con piacere un caro amico, le sue parole scanzonate ma sagge, impegnato in politica e la frase che mi viene in mente spesso, specie quando si sente parlare di mafia e ‘ndrangheta è: “… questo fenomeno non sarà mai debellato fintantoché non cambieranno le menti… loro, gli ‘ndranghetisti sono sempre in prima fila, dovunque, nelle riunioni di ogni tipo, pronti a battere le mani e dichiararsi d’accordo con quanti vogliono la fine del fenomeno mafioso. I malavitosi sono lì davanti a te in giacca e cravatta e t’incitano ad andare avanti…”.

Altri hanno ammiccato e risposto sì al potere temporale anche quando avrebbero dovuto dire no! Altri ancora hanno simulato, pianto, gridato, si sono stracciati le vesti, sono saltati sul carro vincente…
Parafrasando qualcuno e ricordando un caro amico, la vita è difficile in un mondo di omini ominicchi e …
Comunque, cerchiamo di vivere dignitosamente e con onestà intellettuale il variegato universo visibile fintantoché calpestiamo il suolo terrestre.

maschere di pietra su facce di bronzo

Il mondo è degli scaltri. Mimi che sanno nascondere facce di bronzo con maschere di pietra.

Apparire. Apparire a tutti i costi. Sempre e comunque. In televisione, sui giornali e persino sulla spiaggia e nelle riunioni condominiali. La sottocultura dei mass-media ha ingarbugliato le menti. Ha sovvertito valori basilari, ha annullato le distanze culturali non con l’implementazione e l’approfondimento etico - culturale che fa crescere l’individuo e la collettività ma con l’esposizione, anzi, la sovraesposizione degli imbecilli. Facce da ebete si posizionano dietro gl’inviati e sorridono nei monitor; fanno finta di prendere appunti, di telefonare e trovarsi lì per caso. Per non parlare degli ospiti fissi dei talk show che imparano a memoria le cose da dire e le ripetono fino a sfiancare interlocutori ospiti e telespettatori; urlano o rimangono impassibili nei loro vestiti impeccabili, nascosti dietro inquietanti maschere. Sono divorziati e si dimostrano incrollabili sostenitori del matrimonio. Vanno a puttane e fanno i moralisti. Rubano le risorse economiche comunitarie e inveiscono contro quanti chiedono spiegazioni e trasparenza. Gestiscono e affidano ai loro accoliti incarichi pubblici ma nel frattempo si riempiono la bocca di meritocrazia e spiegano che nei loro programmi c’è il patto con gli elettori per valorizzare i migliori nei vari campi delle professioni per il bene della comunità.

Qualcuno chiama questo modo d’intendere la società “fare politica”. È vero! Ma è una politica peggiorativa che gioca al ribasso. Che non da spazio ai giovani preparati; alle energie locali! Già, le energie locali sembra che abbiano cucita addosso l’antica maledizione “nemo profeta in patria”! Dappertutto, nel campo della cultura come in quello politico si punta allo straniero. È quasi come l’Inter che non ha un giocatore italiano, ma almeno l’Inter, il risultato lo fa! Si porta a casa coppe e trofei. E noi, i calabresi, quale risultato abbiamo se per un assessorato a Reggio Calabria s’ingaggia una persona di Milano?

Il mondo e degli scaltri e l’attuale sistema comunicativo è un ottimo esempio di demenziale vivaio. Accorrete gente. Accorrete! C’è posto per tutti!

venerdì 27 agosto 2010

false democrazie e false libertà

False democrazie e false libertà.

Ovviamente le false democrazie sono definite dittature ma il termine “dittatura” è poco rassicurante, perciò, i despoti scaltri edulcorano la pillola della costrizione sociale con false libertà. Libertà di fare la spesa negli innumerevoli supermercati che ingombrano il territorio (sempreché ci siano i soldi). Già, gli agglomerati mercantili sorgono come funghi! Persino nelle lande desolate, lontanissimi dalle città ma comunque raggiungibili dai perditempo.
E che dire della libertà di pensiero. Il pensiero è libero fin tanto che non da fastidio a qualcuno che conta!, sì, perché se un'analisi è indirizzata a un povero cristo, è lecita, anzi doverosa farla! Ma se, peggio ancora, si usa la satira per ridere dei flop politici e suggerire percorsi alternativi ai programmi della politica, beh, sono guai.
Ma intanto il pensiero è libero. Non si può imprigionare e i despoti né sono coscienti. Forse per ciò si creano una claque, elargiscono favori, piccoli favori, a iosa e promettono l'impossibile per tenere buoni gli altri. Nel frattempo iniziano qualche crociata, che so contro i profughi, gli zingari, così da catalizzare l’attenzione della massa e distoglierla dai problemi di sopravvivenza degli operai che hanno aperto una trattativa con l’azienda,dei cococo e di tutti quei poveri afflitti che hanno creduto nelle cazzate vomitate in campagna elettorale dai venditori di fumo.
Ecco, questi i nuovi despoti! Venditori di fumo e detentori di cospicui, congrui, grassi arrosti depositati in caveau stranieri per non pagare le tasse dovute in Italia, perché, come ha detto qualcuno, in ottemperanza al parametro di condivisione cristiana e sociale tutto personale, ritengono eccessive e quindi da evadere. Come si suol dire: “ a nu parmu do culu meu duva tocca tocca!”

giovedì 26 agosto 2010

l'imprevisto

Fa caldo! Dalla finestra spalancata arrivano folate di vento improvvise che sanno di mare.
Il mare... non lo amo eccessivamente ma m'immergerei volentieri.
Lo vedo, sta lì davanti a me; immobile, fa da specchio alle quiete luci del lungomare e riflette brillanti corone nelle ultime notti d'agosto.
Ho la gola secca.
La portafinestra della cucina, esposta a ovest, è illuminata da uno strano quanto inusuale bagliore. Apro il frigo. Verso un po' d'acqua fresca nel bicchierone e la stempero con quella a temperatura ambiente che sta sul tavolo. Lo strano bagliore che filtra dalla tapparella mi preoccupa.
Avrò dimenticato la luce del terrazzo accesa... no, l'interruttore è spento. Mah, forse qualche lampione? No! Non ci sono lampioni quaddietro... allora che sarà? Qualche ladro dai vicini?! -tiro sù la persiana e una splendida luna piena effonde un chiarore biancastro- Già, la luna! E chi l'avrebbe mai detto?
Una bella luna di panna illumina la terra, veglia sui sogni e li protegge.

mercoledì 25 agosto 2010

dall'ozio al gioco creativo

Importanza del gioco creativo


Il fare creativo dell’uomo come prosecuzione dell’esistenza.


L’uomo non inventa nulla semmai osserva e personalizza quanto esiste già in natura. Lo spirito di conservazione prima e quello ludico, poi, lo spingono a rendere i prodotti dell’universo conformi al proprio modo di essere e renderli funzionali. Cosicché, superato lo stadio meramente conservativo della specie, l’uomo, spende il tempo a giocare. Gioca con le parole, la materia e s’inventa una forma linguistica immediata che annulla i lessici parolai e visualizza il conosciuto con la figurazione, ovvero attua una magia e dialoga con qualcosa di familiare, inventa la finzione visiva!
Chi non ha mai giocato, nei momenti di ozio, a seguire i contorni della propria mano con una penna e lasciare la traccia su un foglio? Anche i popoli primitivi pare abbiano iniziato così: descrivendo le forme proiettate dalla luce del fuoco sulle pareti delle caverne con tizzoni o pietre; seguendo le orme delle sagome lasciate dai corpi sul terreno o semplicemente stilizzando con segni elementari quanto volevano raffigurare e trasmettere. Dunque, nasce dal nulla il linguaggio della figurazione, mondato da velleità; alchimie figurali evolutesi col tempo e a torto definito dono per pochi eletti.
È vero, è un’alchimia!, una magia elementare che continua a stupire per la semplicità immediata con cui dialoga e trasmette messaggi universali. Ma, non per questo difficile da apprendere. Decifrare e interagire. Per far ciò, è necessario sfatare il grande falso mediatico divulgato da sempre dagli addetti ai lavori, interessati, per molteplici motivi, a mantenere vivo l’alone poetico e geniale di chi opera nel campo dell’arte.
Dipingere è come scrivere: basta conoscere la sintassi. Ma la vera poesia sta nella semplicità, nell’onestà intellettuale di chi gioca con la grafia primordiale per puro diletto e per dialogare. A questi ultimi non serve conoscere ma sentire; esseri liberi di dilatare segni e colori. Modellare, scolpire fino a realizzare pensieri e parole, musiche e ritmi plastici; condensare e consegnare agli altri affinché continuino il gioco secondo canoni propri.

la scrittura come terapia

Si scrive per scaricare tensioni; condividere esperienze; confessare, cazzeggiare, imprimere idee, trasmettere (saggi?) consigli.
L’atto in sé annulla le solitudini e chi lo pratica attivamente ne è cosciente, sa di non essere solo. Quindi, davanti al computer, oggi, e alla macchina da scrivere qualche anno addietro, per sentirsi in compagnia di un amico sincero; un amico talmente sublimato da non poter essere reale. Sì, perché nella realtà non c’è nessuno così paziente da lasciarsi stressare in qualsiasi momento e sappia assorbire lagnose lamentele, frustrazioni (che altro andresti a confidare a un amico se non i pesi che ti opprimono il cervello e massacrano lo stomaco?) insomma, scrivere è una terapia che annulla la solitudine e allevia le ulcere!

Aiuta egregiamente a uscire dall’isolamento esistenziale e affiancata a giochi per la mente, attività fisiche, hobby, la scrittura, si fa più creativa grazie alla tecnologia web che regala a chiunque la possibilità di sentirsi scrittore, giornalista, opinionista, saggista… L’aggeggino magico acchiappa. Assorbe energie, tensioni: è il confessionale per eccellenza, altro che sedute dallo psicanalista! La rete, è una voragine famelica: ingoia e digerisce velocissimamente ma tiene ogni cosa in memoria ed è per questo che prende piede: chiunque può lasciare la propria traccia ai posteri anche senza aver fatto nulla di geniale per lo sviluppo della collettività. Come la lumachella di Trilussa: “La lumachella de la vanagloria, ch’era strisciata sopra un obbelisco, guardò la bava e disse: già capisco che lascerò un’impronta ne la storia.”

demenza e ignoranza nelle intolleranze razziali

Intolleranze leghiste? No demenza e ignoranza!


Alcuni territori e i suoi abitanti, chissà per quale forma di concezione o fato, ripetono a distanza di secoli gli stessi errori. Forse perché fanno parte del loro dna e quindi, prima o dopo, la particella genera imperfezioni e tumori nel corpo sociale.
E la lega nord, in quanto a proclami, atteggiamenti e intolleranze nei confronti dei “diversi da loro” lo testimoniano.
È nel 1693 che a Milano una grida concedeva a ogni cittadino la “libertà di ammazzare impunemente gli zingari e di appropriarsi dei loro averi, quali bestiame e denari”.
Mentre nel 1726, il Gran Maestro dei Cavalieri di S. Giovanni, in Germania, ordinava la condanna a morte immediata degli uomini e la fustigazione e l’espulsione per le donne.
In Germania, come si sa, le persecuzioni sfociarono nell’immane sterminio nazista dell’ultimo conflitto mondiale, dove, un numero inimmaginabile di persone costipava i campi di concentramento; lì, la follia nazista aveva imprigionato e decimato le razze ritenute dal loro ignobile delirio impuri, quindi ebrei, zingari, omosessuali e nemici politici del regime nazifascista.

E oggi? Cosa sta succedendo in Italia in Europa e nel mondo?

martedì 24 agosto 2010

nomadi, rom, sinti, gli zingari e gli altri

Zingari, rom, sinti e gli altri.

Il fenomeno “migratorio” delle tribù zingare, le cui origini si perdono nella notte dei tempi, interessa l’intera Europa. Di sicuro, l’opinione pubblica conosce due aspetti caratteriali delle genti di etnia zingara: i Rom, stanziali, che hanno deciso di fermarsi definitivamente in un luogo e convivere con gl’indigeni, e i Sinti, nomadi per eccellenza. Entrambe le realtà hanno codici etici affini alla cultura etnica d’appartenenza. Unico dato comune è riscontrabile nella sacralità della famiglia che vede l’uomo come capo indiscusso e gli anziani custodi di saggezza. Alla donna, in quanto madre, oltre alla cura della famiglia è assegnato il compito che oggi chiamiamo pr, public relation, vale a dire il contatto con l’esterno, cioè procacciare il sostentamento quotidiano con l’accattonaggio, la divinazione e anche i furti.
Secondo una antica leggenda zingara, il popolo nomade è “giustificato da Dio” e rubare non è peccato da quando uno zingaro rubò il quarto chiodo che serviva per la crocefissione di Gesù.

Ma, leggende a parte, i vari governi, nel tempo hanno adottato politiche differenti nei confronti della gente nomade. Nei loro confronti, si nutre diffidenza e a volte odio, raramente comprensione.
Ovviamente, parlare d’integrazione diventa una questione di lana caprina, visti i risultati ottenuti dopo anni di continui tentativi da parte dei municipi interessati al problema.
La storia del popolo zingaro è costellata di espedienti, piccoli furti, commerci di bestiame fino a qualche anno addietro, lavori artigianali per tirare a campare in libertà e mantenere le proprie tradizioni culturali, disdegnando la proprietà privata dei nonzingari, e il tentativo, per i rom, d’inserirsi nella società.

Nel 1987 la Calabria va incontro alle esigenze degli zingari accampati nelle periferie urbane e in sintonia con la Carta Istituzionale della Repubblica si dota di una legge mirata all’inserimento sociale degli zingari, a firma dell’allora assessore alla cultura e ai servizi sociali Rosario Olivo.

Oggi, in Francia, il governo Sarkosi, assecondando le proteste e l’intolleranza dei francesi attua una sorta di esodo volontario fornendo un biglietto di sola andata e una quota procapite ai nomadi che, giurano di ritornare perché meglio la precarietà francese che gli stenti e la fame dei luoghi d’origine.

lunedì 23 agosto 2010

viabilità e vocazione territoriale della calabria

I tesori della Calabria: vocazioni territoriali e viabilità.



La struttura geografica della regione suggerisce ritmi di vita lenti. Le sue strade, serpentine che congiungono la costa ai monti, hanno carreggiate necessariamente strette e le litorali, jonica e tirrena, anch’esse inadeguate all’utenza degli ultimi anni seguono la conformità del terreno incuranti delle esigenze votate alla velocità dai tempi moderni.
Alcuni automobilisti incoscienti pensano di potere dominare macchina e territorio ma l’imprevisto, sempre dietro l’angolo, purtroppo, smentisce lo spirito d’onnipotenza degli stolti che vanno a implementare le statistiche degli incidenti stradali.
Eppure, a conti fatti, percorrendo lo stesso tragitto a tavoletta, il recupero si può quantificare in 5, massimo, 10 minuti, rispetto alla velocità consentita dalla viabilità stradale. E questo vale anche per l’A3: l’autostrada del sole che, stando alle cronache, assume il tracciato silano e tocca Cosenza grazie all’onorevole Giacomo Mancini senior, giacché deputato e Ministro della Repubblica.

Giacomo Mancini senior è uno dei tesori della Calabria; un figlio che operò per il bene della regione e dei calabresi. Uno di quei vecchi socialisti che fecero la storia della prima repubblica.

La Calabria è una terra contraddittoria, sotto certi aspetti, la maggior parte dei cittadini, imprenditori, politici, inseguono la modernità, i ritmi veloci, i mega progetti commerciali, le grandi opere, a dispetto della vocazione territoriale e le sue bellezze fruibili solo nel tempo lento.

Lo slow calabrese è una concezione filosofica radicata nel dna dei popoli mediterranei. Un sano virus che aiuta a inquadrare l’esistente per quello che è e non quello che si vorrebbe che fosse.

Post suggerito

Un salto in Calabria

  La scogliera di Cassiodoro è situata tra i comuni di Stalettì e Montauro, nel golfo di Squillace. L’affaccio sul mare è spettacolare! ...

divulghiamo bellezza!

a ore 12 ... ...at 12 o'clock ... post in progress, analisi e opinioni a confronto