Nel leggere l'articolo di
Ferrarella Luigi che sul Corriere della sera titola “-NDRANGHETA
IL CONSIGLIERE REGIONALE PDL DA 14 MILA VOTI AL GIUDICE: CLIENTELISMO
NECESSARIO- Politici
in Calabria? «A disposizione»”
si rimane di sasso!,
principalmente per due aspetti peculiari che lasciano intendere una
pochezza di pensiero infinita associata ad una disarmante ignoranza
dei legali che dovrebbero tutelare la difesa del consigliere in
questione: Franco Morelli.
Cito testualmente:
“mettersi a disposizione” è la condizione stessa del poter fare
politica in Calabria”. Secondo il Ferrarella queste sono le parole
che avrebbe detto al giudice Franco Morelli quando è stato tratto in
arresto. Ma la stessa frase non potrebbe essere intesa come “spirito
di sevizio cristiano di una politica al servizio, appunto, dei
cittadini e in special modo dei deboli?” anche perché i 14.000
voti hanno una provenienza geografica diversa, cioè, sono stati
ottenuti nella circoscrizione di Cosenza prima della “conoscenza
coi Lampada” (o no?). E ancora, quanta ingenuità nell'istanza di
libertà affidata ai difensori Lo Giudice e Sammarco che,
indubbiamente lascerebbe basito chiunque uno stralcio simile, figuriamoci un giudice che
deve decidere della libertà di un presunto malavitoso:
«La mentalità
elettoralistica-clientelare è diventata cultura, costume e
inevitabilmente anche modo di governare», è la premessa
dell'istanza dei difensori di Morelli. E quindi, per chi come Morelli
«vive ed opera in questo difficilissimo ambiente, mettersi a
disposizione è quasi d'obbligo, senza grandi possibilità di crearsi
una difesa che lo garantisca da immorali e infedeli
strumentalizzazioni. Il mettersi a disposizione è condizione quasi
fisiologica dell'attività politica svolta in Calabria, con la
conseguenza di affidarsi supinamente alla lealtà
dell'interlocutore».
L' argomento, sviluppato
in questi termini, sembra lasciare basito il gip Giuseppe Gennari che
scrive nelle motivazioni del no alla scarcerazione: «Il tenore della
richiesta difensiva stupisce. Il mettersi a disposizione, in un
contesto ambientale come quello reggino, vuol dire accettare
lucidamente la possibilità di farsi asservire da interessi criminali
mafiosi». Rischio che in Morelli è divenuto «scelta consapevole»
perché, «quando le concessioni governative vengono magari
sollecitate per imprese in cui lui stesso è socio dei Lampada, gli
abusi diventano possibili corruzioni»
Anche se la difesa
chiarisce che “Morelli sarebbe entrato in società con i Lampada
solo per fini di beneficenza, mettendo per iscritto che i profitti di
due delle tre società delle macchinette sarebbero dovuti essere
destinati ad opere di bene, ovviamente non è sufficiente. Tant'è
che il gip valuta in questi termini:
«di ciò l'unica prova è
una bozza di un atto di destinazione del luglio 2010, e cioè di
pochi giorni dopo l' esecuzione della misura cautelare a carico dei
Valle» (alleati e parenti dei Lampada), «quando le partecipazioni
scottano e Morelli deve disfarsene in fretta.”
Se è corretto quanto
scritto dal giornalista del corriere, i dubbi si amplificano e i due
avvocati difensori si arrampicano sugli specchi. Ma, ripeto, qualcosa
non convince! Troppa ingenuità negli attori principali della vicenda
e non ritengo che lo siano. Ritengo, invece che:
METTERSI A DISPOSIZIONE
NON SEMPRE SIGNIFICA “ASSECONDARE IL MALAFFARE”! ne essere servili.