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mercoledì 23 marzo 2011

dalla candela all'atomo, 50 anni di storia



Negli anni '50 in Calabria e nel resto d'Italia la maggior parte delle persone non aveva le scarpe, camminava scalza e aveva le toppe ai vestiti.
Nelle famiglie, i vestiti passavano dai genitori ai figli e dai grandi ai piccoli. Non si buttava niente e le donne erano educate ad una sana e responsabile economia domestica. Rattoppavano i vestiti fino a quando il tessuto teneva; rigiravano giacche e cappotti e quando i pantaloni lunghi erano collassati in prossimità delle scarpe si trasformavano in pantaloncini corti per l'estate.
Le poche persone che avevano le scarpe erano ritenute benestanti, “ricche”.
La povertà era misurata dai calli ai piedi e alle mani; dalle toppe sui vestiti; dalla gracilità. Ma, nonostante ciò, il sorriso sulla faccia dei bambini era una caratteristica usuale. Bastava poco per rendere felice un bambino: due legnetti in croce e iniziavano interminabili battaglie con la spada; una verga verde, flessibile, con una cordicella tesa alle due estremità la trasformava in arco; questi i giochi dei bambini degli anni '50 e '60 che si svolgevano per strada o nelle campagne.

Non c'era l'emergenza spazzatura. Non esistevano le buste di plastica; il polistirolo e gli imballi che oggi assediano le strade. E non cerano neanche i cassonetti! Non servivano!

La spesa si faceva al dettaglio in spacci che vendevano baccalà, sarde sotto sale, corde, stringhe, lucido per scarpe, fermagli per capelli, stivali e scarpe; anche la pasta si vendeva sfusa e avvolta in un foglio di carta ruvida, ma c'era chi preferiva portarsi dietro un canovaccio per avvolgere i maccheroni, anche se la maggior parte delle donne la pasta se la faceva in casa. Solitamente il sabato era destinato alle provviste per il pranzo della domenica. La donna di casa, sul tardi impastava la farina e la lasciava lievitare qualche ora nella madia coperta con tessuti di lana e alle prime luci dell'alba, quando il forno era ben caldo, tirava le braci ai lati e infilava le pagnotte. Non c'erano molte panetterie o forni nei paesi e neanche macellerie. Si macellava in occasione delle festività importati qualche agnello o capra e il maiale per le provviste familiari. Uccidere una mucca era impensabile fino a quando questa non si azzoppava o diventava vecchia. Al mucca forniva il latte e tirava il carro. In quegli anni ognuno si sapeva gestire la quotidianità.

Oggi non siamo più abituati e neanche abbiamo i mezzi, o forse non vogliamo riscoprire il profumo del pane appena cotto che pervade la casa; preferiamo andare dal panettiere e se questo chiude cadiamo nel panico. Ma non c'erano neanche tantissime macchine e nelle campagne il mezzo di locomozione era il somaro e non il fuoristrada, il suv che invade i marciapiedi e inquina.
Il somaro era il compagno di lavoro che s'inerpicava su per viottoli stretti e trasportava l'inverosimile anche da solo, una volta imparata la strada.

Negli anni '50 nelle case non c'era l'elettricità. Quindi, non c'era il frigorifero; la lavatrice, la lavastoviglie, il forno elettrico, la televisione e neanche i lampadari. In compenso c'erano molti sogni nell'aria. Uno di questi sogni contemplava la tecnica al servizio dell'uomo e la prima lampadina elettrica che spodestò quella a gas o a petrolio, ne accese altri di sogni, come le falene che ballavano attorno al bulbo e che nelle notti fredde riscaldava.

I sogni sono finiti all'alba, nell'era dell'energia atomica; con la bomba su Hiroshima; i disastri nucleari delle centrali di Chernobyl e di Fukushima, che l'uomo ha voluto impiantare per sopperire al consumo energetico spropositato che gli necessita per mantenere il modello di vita che si è costruito pur sapendo i danni irrevocabili che provoca l'atomo trattato fuori da certi parametri e le contaminazioni ambientali delle scorie prodotte dalle centrali nucleari in assenza di una tecnologia evoluta.
Allora?, tornare all'età della pietra? Certamente no! Basterebbe essere un po' oculati.
©riproduzione vietata

lunedì 7 marzo 2011

mediterraneo, rotta di migranti

storie di vita in Calabria©

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Ci vediamo al Blanca! Ssi va bbe’ sciao… Risponde la ragazza mentre sale sul motorino e parte nella direzione opposta a quella imboccata dal ragazzo. La stradina è stretta e le macchine parcheggiate ai bordi la rendono ancora più angusta. Le case arroccate sul pendio sembrano dover cadere da un momento all’altro; invece sono saldamente ancorate nella roccia della costa e dominano in tutta sicurezza il mare. Quel mare limpido che fu teatro di innumerevoli storie, vere e fantasiose, in cui giacciono chissà quanti tesori. Ma ai ragazzi non importa nulla dei ritrovamenti archeologici, dei percorsi culturali e dei bronzi di Riace, dei Greci e delle loro colonie erette nella terra brutia. La scuola è finita e loro sono in vacanza! Sospendono Virgilio, Omero e Seneca. Cassiodoro e Ovidio, per vivere all’insegna della spensieratezza assoluta, privilegiando, quantomeno all’inizio della stagione, percorsi affrancati da obblighi intellettuali.
Il sole picchia sulla spiaggia deserta e gli ombrelloni sonnecchiano scossi da leggeri aliti di vento. Anche l’uomo seduto sotto l’unico ombrellone aperto sonnecchia. Il bagnino chiude le sdraio vuote e le poggia di fianco l’un l’altra, le allinea diligentemente seguendo uno schema predefinito che non si scosta minimamente dagli altri insediamenti balneari limitrofi. Se non fosse per la varietà di colore, che distingue gli insediamenti l’uno dall’altro, sembrerebbe di essere in un unico stabilimento balneare chilometrico.
Ma, quanto prima anche qui sarà la stessa cosa –dice la signora all’amica- pare che una società del nord abbia messo gli occhi su questo posto e poi, addio spiaggia libera! Neanche questo metro quadrato di spiaggia ci lasceranno! – E accende l’ennesima sigaretta con stizza- Ha lineamenti ben disegnati la signora petulante: naso piccolo, occhi leggermente a mandorla, capelli curati… Il reggiseno copre appena i capezzoli irti, anzi sembra che siano loro a puntellare la stoffa sottile memori di un antico pudore.
Il corpo, color ambra, vive attimi propri: con estrema delicatezza, le dita delle mani ben curate tirano giù le spalline del reggiseno, infilano tra i glutei il microscopico slip e ungono con un intruglio arancione quella parte di territorio intimo appena scoperto. Più in là, poco discosti, due fanciulli giocano sulla battigia. Il maschietto lancia pietre nell’acqua, la ragazzina impasta della sabbia fine, l’appallottola e tenta d’infilargliela nel costume. Tra urla e risate cadono in acqua. Gli schizzi infastidiscono le due bagnanti che atterrite irrigidiscono i muscoli.
Noo i capelli nooo ho fatto cinque ore di fila dal parrucchiere nooo basta! Samantha! Thomas! Smettetela!, basta ho detto basta!, non schizzateeee! Se v’acchiappo… Buon giorno Cavaliere! Ragazzi!, smettetela che bagnate il Cavaliere…
Ma il Cavaliere, per tutta risposta, alza la mano e prosegue. È taciturno oggi il Cavaliere! Solitamente scambia convenevoli, racconta qualche aneddoto; invece, oggi, cammina lentamente sulla battigia con la testa bassa. Immerso nei suoi pensieri osserva i suoi piedi comparire e scomparire nei giochi d’acqua e sabbia. L’orma dura un attimo. L’abbraccio molle dell’acqua avvolge i piedi, cancella i segni e rilassa i nervi. Il moto è simile alle nenie tribali propiziatorie, quando, in cerchio, le tribù danzano seguendo lo sciacquio del bastone della pioggia agitato dagli sciamani sulla terra arida dell’Africa. Sì, lui è stato anche in Africa. L’odore acre dei carri impregnati del sudore di uomini e animali è una sensazione ricorrente. Gli ritorna alla mente spesso, specie quando vede alcune scene in tv; ma ora, quell’odore acre e pungente gli penetra davvero nelle narici.


La carretta del mare si è spiaggiata all’alba. Oltre la piccola duna, alla foce del Beltrame, pochi stracci abbandonati testimoniano il passaggio furtivo dei profughi. E, tra le povere cose disseminate sulla spiaggia un pezzo di legno, grossolanamente sbozzato, attira la sua attenzione. Lo raccatta. Lo rigira tra le mani mentre ne valuta la consistenza: è pesante! Le linee degli occhi e della faccia sono incavate ad eccezione del naso e delle grossa labbra che sbalzano di poco. Uno scudo a forma di uovo istoriato protegge il corpo.
Gli alti tigli sfiorati dal vento agitano lievemente i rami; le foglie vibrano; i tronchi flessibili ma fermi sembrano cullare pensieri antichi nell’azzurro del cielo. La scenografia avvolgente dello spettacolare teatro naturale accoglie creature libere, chiassose. Il coro degli uccelli, delle cicale e dei grilli è infastidito da un miagolio sommesso. Non segue il ritmo naturale del coro: è un linguaggio a sé, estraneo e lontanissimo dalle spensierate melodie agresti. Il cavaliere tende l’orecchio; s’avvicina alla fonte e, oltre il cespuglio, un fagottino di stracci bagnati sussulta affianco al corpo inanimato di un adulto.

Il cucciolo d’uomo piange! Accasciato, il piccolo, stringe la testa dell’anziano naufrago. Gli accarezza il volto mentre ricompone i capelli stopposi che lo ricoprivano. Non può fare altro! È impotente davanti allo scempio di vite disseminate tra le misere cose che possedevano. Rivolge lo sguardo verso il nuovo arrivato: rivoli di lacrime solcano le sue gote paffute. Ha occhi celesti; riccioli neri e pelle d’alabastro il piccolo naufrago.
Il cavaliere urla verso la spiaggia il suo grido d’aiuto. In pochi attimi, i bagnanti diventano spettatori attoniti di quel che resta di un esodo della speranza.
Povero piccolo chissà chi sono i genitori. Vieni vieni …andiamo… no no …portate un po’ d’acqua… chiamate l’ambulanza… il 113.
Nel parapiglia generale, il bambino passa di braccio in braccio. Le signore lo coccolano nel tentativo di calmarlo. Lui si dimena. È terrorizzato! Non vuole abbandonare la sua gente, i suoi cari lì su una terra sconosciuta.
La figlia di un venditore ambulante, uno dei tanti che percorrono le spiagge per qualche centesimo, anche lei con la cassettina di ninnoli, dice qualcosa e sorride al piccolo naufrago. Il bimbo si calma. La signora, sollevata, allenta la presa, lo lascia con la bimba e va a curiosare altrove.
Gli ululati delle sirene si fanno sempre più distinte. Il suono diventa pungente e,in una nuvola di polvere, appare una macchina del pronto intervento.
Gli uomini della polizia si danno subito da fare: allontanano i curiosi e transennano con del nastro bianco e rosso la zona.
Il cavaliere è il primo ad essere sentito dalle forze dell’ordine. Arriva anche l’ambulanza. I sanitari constatano amaramente che non c’è più nulla da fare e lo trasmettono alla sala operativa. No no aspettate, interviene una ragazza, c’è un bambino… Dov’è il bambino? Il bambino dagli occhi celesti color cielo con quei riccioli neri, la pelle d’alabastro… dov’è?

Spiaggia di Caminia, ore 18,30
La ragazza col motorino, quella dell’inizio, ricordate?, è puntuale: parcheggia e s’incammina verso la piazzetta.
Al bar del Blanca, seduti sotto un gazebo, alcuni ragazzi cazzeggiano. Il mega schermo trasmette musica life.
Ei ragà come ve bbutta oggi stò a pezzi non ho chiuso occhi mi madre che rompe che devo dormì de giorno a solita piattola che ppalle ‘ste mamme. Baci baci smack smack… lo avete saputo che hanno riaperto il Tempio di Atlantide? Nooo daveru Allora tutti al Tempio stanotte…
Però, quanto so’ affettuosi ‘sti ragazzi èh? –commenta un’anziana signora che osserva la scena dal suo terrazzino- e poi dicono che non hanno valori che i ragazzi hanno perso ogni voglia di vivere e pensano solo a divertirsi nelle discoteche. Guarda con quanto affetto si salutano, si abbracciano con trasporto… Nonna nun stà a dì fregniaccee tu manco li conosci…
Sul mega schermo del Blanca un’edizione straordinaria del telegiornale interrompe l’esibizione del cantante: coppie di anziani salvati in extremis dalla morte… …proiettili all’uranio impoverito e l’uso di utensili contaminati la causa delle morti sospette nella missione di pace… Le immagini del disastro sono più eloquenti delle parole del bravo cronista: ammassi di mattoni, ferri contorti, mobili maciullati in bilico sui solai dimezzati e, tra le macerie, ragazzi sporchi che raccattano qualcosa di utile.
Ragazzi di ogni età, se ancora si possono definire ragazzi quando sono costretti a guadagnarsi la vita come delle persone adulte, scavano tra le macerie in cerca di cibo e che non esitano ad arraffare generi di qualsiasi tipo da barattare.
La macchina da presa circoscrive l’inquadratura; zumma su un esserino piccolo, scalzo, che saltella tra le macerie: si ferma e scava. L’operatore indugia con la telecamera su di lui: fa un primo piano. L’esserino, si volta, si passa il dorso della mano sugli occhi e spalanca due spicchi di cielo color celeste. Sorride all’operatore e continua a scavare in cerca di qualcosa, per lui importante.

Baastaaaa!!! Basta con queste stronzate vogliamo musicaaa cambiate canale buuuuu –urlano i ragazzi-


Inizia ad imbrunire ed il cielo si carica di nuvole. Qualche goccia cade violenta sul coro di voci. – niente paura ragà è il solito acquazzone estivo mò passa.
Gli ultimi bagnanti raccattano gli asciugamani e corrono verso la tettoia del lido. La pioggia cade violenta. Qualcuno corre a rifugiarsi in macchina.
Povera gente! Pensa se piove anche da loro: danni su danni. Il tempo a volte è inclemente. Quando la butta non risparmia nessuno; se c’è un riparo a disposizione ti copri altrimenti…
D'altronde, non è la natura a provocare le guerre, al massimo ti provoca un terremoto, ma anche le scosse sismiche si possono prevenire: basta un po’ di buon senso e onestà nel programmare e costruire gli insediamenti urbani…
Ricordo il terremoto di Reggio Calabria del 1908, più che un ricordo vero e proprio è un sogno. –dice un signore avanti negli anni- mio padre me ne parlava spesso. Reggio e Messina sono zone a rischio e lì devono stare molto attenti! Mio padre era un giovanotto a quei tempi e aiutò i suoi paesani, qualcuno lo ospitò anche. Quello che lo angustiava, e me lo ripeteva spesso, era di non essere riuscito a salvare un ragazzino piccolo. Lui, papà, sentì una vocina leggera leggera provenire da sotto un cumulo di macerie; si diedero da fare in molti ma quando lo liberarono…: era maciullato!, solo la faccia aveva intatta, neanche un graffio: gli occhi aperti, sereni, di un colore celeste brillante con dei riccioli neri che gli incorniciavano un viso bianco e roseo, sembrava di porcellana tanto era bello…
Il cielo è cupo. Le nuvole hanno rovesciato il fardello d’acqua ma ancora stanno lì, stazionano sulle colline del golfo di Squillace. Ai ragazzi poco importa!, hanno deciso di trascorrere la notte al people; la discoteca è a pochi minuti da Caminia; 10 km, direzione Catanzaro. Oppure al cafè solaire sul lungomare di Soverato.
non piove più da qualche ora: le famiglie sono rientrate nelle rispettive case e i ragazzi continuano a valutare come e dove trascorrere la notte. Organizzano le macchine, l’ora e il luogo dell’incontro. Mezzanotte: ci sono tutti tranne Sabry. Jenny le manda un sms. Passano i minuti. Sabry arriva con un ritardo di un’ora abbondante. ‘Si cazzi dovrebbero ‘ncomare per legge tutti i genitori che rompono i coglioni!, perché non stai a casa dove vai con chi sei? uffa che rottura. Allora!, si và? tutti in macchina viaaa…
Il falò illumina la spiaggia. Le pigne raccolte nella vicina pineta scoppiettano. Frizzanti palline di fuoco brillano per pochi attimi, danzano nel buio e poi si spengono cadendo.
Cori stonati imbrogliano le parole originali del testo.
Risate, miste ad acuti urli in falsetto coprono le corde della chitarra. Qualcuno fuma. Aspira e passa la sigaretta. L'odore dolciastro si spande nell'aria. Qualcuno tossisce, qualcun'altro ride. Alcuni si rincorrono. Sbocciano alcuni amori. Baci appassionati, scambiati senza remore davanti agli amici inclementi che esternano ilarità giocosa e chiassosi fischi d'incitazione.
La luna piena si riflette nelle acque calme dello jonio. La sua luce pallida rischiara qualcosa. Lentamente la macchia si fa più nitida: sembra una barca! No è un gommone grande. No è una zattera, sì una zattera alla deriva. Ma c'è qualcuno là sopra. Guardate si buttano in acqua. Improvviso, un faro illumina la zona. Nessuno può sfuggire. I mezzi della capitaneria di porto controllano i clandestini. Uomini e donne, bambini e qualche anziano vengono issati a bordo delle motovedette mentre un elicottero perlustra dall'alto. I naufraghi sono spossati. Ringraziano e chiedono aiuto in un italiano stentato. Il capitano chiede notizie. Nessuno capisce o sa dare risposte. Non si conoscono gli scafisti; forse sono nascosti tra i naufraghi oppure sono scappati dopo averli trainati fin sotto la costa. Trasmette il tenente per radio. La solita storia!
Sguardi carichi di paura invocano aiuto; si rivolgono speranzosi ai salvatori. Le madri stringono a sé i bambini e le poche cose di proprietà. Gli uomini sono dall'altra parte, con gli anziani e osservano. Osservano guardinghi ma fiduciosi.
Il capitano ha l'ordine di non farli sbarcare fino a nuovo ordine. Ma loro non lo sanno. Sperano che le loro sofferenze siano alla fine. Hanno bisogno di cure fisiche e morali. Ma nella loro estrema dignità, aspettano silenziosi.
Passano le ore. Le fiamme del falò sono basse. I ragazzi guardano in direzione dei naufraghi. Anche loro aspettano di vederli da vicino; aiutarli a scendere. Parte della comitiva organizza l'accoglienza procurando beni di prima necessità: acqua, pane, biscotti, latte, chiesti e donati dai commercianti in attività vicini allo sbarco. Hanno raccolto un bel po' di roba e aspettano.
L'aurora li trova tutti lì, naufraghi e soccorritori. Fermi nello stesso punto. I ragazzi sulla spiaggia attizzano il falò: il freddo della notte si è fatto sentire; sono stanchi ma non vanno a casa. Parlano, si scambiano opinioni:
Chissà poverini quanto avranno sofferto... ma quale sofferto!, quelli vengono qua a rompere le palle a noi, mio padre dice che da quando ci sono loro non funziona più nulla: il commercio non tira perché loro offrono roba che fa cagare a pochi centesimi e la gente pur di risparmiare se la compra; li trovi dappertutto nei cantieri edili, nei campi a raccogliere pomodori... Sì è vero!, ma sai quanto sono pagati? Lavorano 10, 12 ore per neanche venti euro al giorno! Sono impiegati nei lavori più umili e faticosi. I nostri imprenditori li trattano come trattavano noi Italiani all'estero. Ho sentito storie di emigranti che hanno sofferto ogni tipo di vessazioni in Svizzera, Germania, America, Argentina e persino in Brasile. Il dopoguerra è stato un periodo triste per i nostri padri, come lo è oggi per questi poveri cristi che non hanno di che sfamarsi.
Il sole inizia a scaldare l'aria. Qualcuno desiste:
Sciiao ragà vado a casa che sennò chi li sente i miei fatemi sapere, ci sentiamo... ssì vabbè sciaoo.
Intorno alle 9, la spiaggia si anima: famiglie che scendono a mare e ambulanze pronte per eventuali emergenze.
Il battello si muove. Il comandante ha ricevuto l'ordine di accompagnare i clandestini nel centro di accoglienza di S. Anna, nei pressi di Crotone. La notizia si sparge a macchia d'olio. I profughi confabulano. Il più anziano chiede chiarimenti. Qualche giovane si butta in mare; molti lo seguono. L'acqua ribolle sotto gli occhi attoniti delle donne e dei bambini rimasti sul battello.
Il comandate parla al megafono: tranquilli! State tranquilli! Vi accompagniamo in un centro di prima accoglienza. Non sarete rimandati indietro. State tranquilli. Salite sulle scialuppe! I più forti riescono ad arrivare a terra; e lì, in braccio alle forze dell'ordine che, prestate le prime cure, sono radunati sui pullman diretti a Crotone.

martedì 1 marzo 2011

verità contemporanee e sprono nell'azione degli artisti


©archivio iannino
installazione di Michelangelo Pistoletto al parco archeologico "Scolacium" roccelletta di borgia, catanzaro

Nelle anime sensibili arde il fuoco sacro della donazione. La donazione dispensatrice di gesti formali e informali tesi ad accomunare gli esseri. Inutile buttare la cenere dell’oblio sulle sensibilità con l’intento di sopire le forze vitali della creazione propositiva perché se pur sommerse le fiammelle silenti dell’amore continuano a produrre pensieri azione che gli artisti sono testimoni e guardiani assidui, divulgano. L’azione artistica rimane indelebile e sopravvive alla distruzione materiale dell’opera stessa.
Michelangelo Pistoletto, nell’ambito della biennale di Venezia del 2003 presenta “love difference” amare le differenze. Pensiero semplice in sé ma complesso se rapportato agli egoismi contemporanei e no. L’uomo se preso singolarmente forse riesce a esprimere bontà, altruismo e amore. Concetti inariditi dalla condotta consumistica di una società contemporanea drogata dai mercati e dalle banche. Ciononostante, Pistoletto si sofferma su certi aspetti fondamentali dell’essere umano e li propone sottoforma di un grande tavolo specchiante che riproduce, nella forma, il bacino del mare mediterraneo e quindi le coste dell’Africa e dell’Europa e, attorno, le sedie provenienti dai paesi bagnati dal mare nostrum. nelle intenzioni dell’artista, è chiaro il concetto della comunione e la comprensione delle culture differenti tra terre lontane impregnate di religioni, lingue e visioni diverse.

Mai come adesso l’azione culturale di Michelangelo Pistoletto è attuale nel rispecchiare i problemi dell’universalità dell’arte che anticipa e denuncia conflitti terribili come quelli tra il tiranno Gheddafi e il popolo libanese e il ritardo politico delle nazioni democratiche trattenute da interessi economici ed energetici.

Per maggiori informazioni su Love Difference si rimanda a www.lovedifference.org
“Love Difference è un nome, uno slogan, un annuncio programmatico. Il movimento unisce l'universalità dell'arte all'idea di transnazionalità politica e focalizza la sua attività nell'area mediterranea in quanto in essa si rispecchiano i problemi della società globale. Da una parte la differenza tra etnie, religioni e culture è, oggi, causa di terribili conflitti; dall'altra vi è una drammatica situazione prodotta dalla supremazia dei poteri che producono l'uniformità e il livellamento delle differenze”.

lunedì 24 gennaio 2011

conoscere la Calabria


©archivio M:Iannino
il terzo guerriero (bozzetto)
Mettiamoci comodi. Immaginiamo di essere seduti davanti al camino, d'inverno. Fuori il buio avvolge la campagna, gli alti e robusti castagni sonnecchiano sfiorati dal vento fresco. Il pastore, vigile, con l'orecchio teso, pronto a prevenire l'assalto del lupo e scacciarlo con colpi caricati a sale, osserva il cielo stellato. pensa al lavoro impellente, alla mungitura e alla lavorazione del latte; al luogo dove portare la mandria al pascolo, mentre la moglie prega e rivolge la mente a Dio e ai suoi servi che ha voluto mandare nei luoghi sperduti della Calabria per alleviare ferite ataviche.

Come quando si è piccoli, con parole semplici ma cariche di affetto, raccontiamo episodi di cultura contadina, misticismo, folklore, cultura contemporanea, paesi.

Parliamo di persone che sono rimaste in Calabria, per scelta o necessità, comunque, convinte che serva l'improcrastinabile impegno di ciascuno di noi per risolvere problemi atavici legati alla durezza dei luoghi.

Parliamo  di noi calabresi e no, del rapporto col resto del mondo se vogliamo davvero contribuire alla crescita e contrastare quanti vogliono affossare la nostra bella terra sfruttando il giogo dell'ignoranza amplificato dai "sentito dire" arricchendo i loro discorsi con la delazione e i luoghi comuni, bandendo, però, piagnucolii e autocommiserazioni, per porgere e evidenziare con determinazione le positività presenti sul territorio regionale.

Parliamo, insomma, di quanto accade d'avanti a noi. Osserviamo i fatti a ore 12 e li esponiamo con estrema onestà intellettuale per testimoniare quanto di buono è stato fatto e pungolare per quanto ancora si può fare.

Parliamo di:
©archivio M.Iannino
"tempi" mario iannino
Cucina mediterranea e sapori di Calabria.  
Calabria mistica ,attraverso l'esempio di Natuzza Evolo e fratel Cosimo Fragomeni.
conosciamo Percorsi culturali, luoghi, paesi e artisti.
nonché Costumi e società. dalla Magna Graecia ai bretti, fino ai giorni nostri.

giovedì 13 gennaio 2011

chi ha paura dei giochi creativi?

Il kitsch contamina i linguaggi contemporanei, sovverte concetti e cultura delle arti. Ma il kitsch, forte della volgarità insita nella forma dozzinale riesce a trasmettere nell’immediatezza concetti e metafore altrimenti incomprensibili ai più.

Se per certi aspetti è bene considerare positivamente la massiccia esposizione mediatica degli eventi inglobati in contenitori multimediali e lì suddivisi in tematiche come avviene nel web e nelle telecomunicazioni in senso lato, per evitare incomprensioni o errori di valutazione, è opportuno ricordare che quando si parla di arte vi è la necessità intellettuale di chiarire alcuni aspetti inerenti alle azioni umane e ai consequenziali prodotti realizzati dal lavoro creativo.

aore12
M.I. giochi creativi, 2011 t.m.
Il fare dell’uomo, compreso le frivolezze linguistiche, pilotate da certa stampa e da certe firme assurge a beni di consumo con una certa facilità e con altrettanta facilità cadono nell’oblio più profondo appena la campagna mediatica termina. E questo vale sia se la campagna è riferita a persone presentate come geni della musica o dello spettacolo in generale, ma anche ad artisti visivi quali pittori, scultori, performer. un esempio evidente è dato dagli eventi o dalle gare canore addomesticate da giurie compiacenti.
Perché avviene ciò? Semplice! Se il valore di un evento qualsiasi, quindi, lavoro artistico, creativo, o semplice lavoro di routine è reso importante dalla logica tesaurizzante protesa a implementare il dato materiale ed economico di chi sta dietro e dentro il mercato, l’ha prodotto e trasformato, piuttosto che enfatizzare, giustamente, il valore propositivo, intellettivo e la ricaduta culturale che l’azione può svolgere nella società, è normale che in un siffatto pensiero mercificante, il miraggio di un’ipotetica ricchezza renda ciechi e stolti.

La mercificazione, in tutte le ere, è riuscita a sovvertire la pericolosità che Platone assegnava agli artisti.
E Platone sapeva bene cos’è l’Arte, cosa l’immaginazione, il gioco creativo della finzione visiva e la temeva. Temeva il fuoco trasformatore dell’immaginazione. La forza delle idee sublimi che muovono gli uomini di qualsiasi età.
per questo, oggi come allora, l’Arte e gli Artisti, sono considerati pericolosi per il sistema. Una minaccia per l’ordine precostituito e quindi, censurati e estromessi dai luoghi istituzionali preposti alla divulgazione della cultura. … salvo che non servano a qualcuno o a qualcosa.

sabato 1 gennaio 2011

Artisti in Calabria

©M.Iannino
Mario Iannino, omaggio a Mattia Preti, il Cavaliere Calabrese
Artisti in Calabria

È uno spazio in allestimento, pensato per divulgare le positività e il lavoro dei calabresi, gratuitamente, parola alquanto in disuso nel lessico corrente vista la cupidigia che c’è in giro e pervade la quasi totalità delle persone che spendono tempo e saperi nelle umane attività quotidiane. E se qualcuno spende il proprio tempo a fare qualcosa gratuitamente per il prossimo o la propria terra, il tarlo del dubbio penetra le teste bacate e sviluppa mille interrogativi contagiosi: possibile che non ci sia nessun guadagno? Se lo fa, è perché sotto sotto c’è un tornaconto personale!

È vero! C’è qualcosa! E questo qualcosa si chiama gratificazione per avere speso energie in progetti culturali, oserei definirli ideologici, vista la cultura imperante, mirati a migliorare i rapporti interpersonali senza l’assillo del primato assoluto o del guadagno facile.

I collaboratori del blog, lontani dalla volontà di creare l’ennesimo inutile contenitore artistico o dare spazio ai mostri sacri dell’arte ma determinati a dialogare e porgere al grande pubblico in maniera semplice e diretta le poetiche creative presenti in Calabria a testimonianza delle tensioni culturali, quali esempi concreti di volontà di riscatto dai fatidici luoghi comuni che l'immaginario collettivo appioppa indifferentemente alla Calabria e ai Calabresi ogni qualvolta capiti l'occasione, diamo voce a quanti vogliono usare il blog per esternare le diverse poetiche presenti sul territorio.

Pertanto, l’invito, rivolto a quanti intendono essere presenti in detto spazio attraverso notizie personali, curriculum vitae e fotografie di opere da inserire negli spazi del blog, è di allegare la documentazione necessaria e fare richiesta all'amministratore di aore12 all'indirizzo di posta elettronica: arteesocieta@gmail.com

Quanto pervenuto sarà pubblicato integralmente, ovviamente, in caso di inesattezze le responsabilità saranno da ascrivere esclusivamente ai relativi mittenti dei file spediti.

Artisti menzionati nel blog:

Stephan Balkenhol (scultore)
Raffaele Basso (pittore)
Giuseppe Celi (creativo)
Anthony Cragg (scultore)
Wim Delvoye (creativo)
Jan Fabre (scultore)
Luigi Fregola (poeta)
Anthony Gormley (creativo)
Mario Iannino (creativo)
Mario Parentela
Aniceto Mamone (pittore)
Angiolina Oliveti (scrittrice)
Dennis Oppenheim (creativo)
Mimmo Palladino (creativo)
Michelangelo Pistoletto (creativo)
Mattia Preti (pittore)
Marc Quinn (scultore)
Mimmo Rotella (creativo)
Enzo Toraldo (pittore)
e altri

Per leggere i post corrispondenti agli artisti digitare il nome nel motore di ricerca del blog oppure cliccare sull'etichetta arte, per avere un quadro completo di nomi, tendenze e correnti artistiche trattate e principalmente per conoscere la Calabria e avere un quadri d'insieme si rimanda alla pagina "parliamo di ..."

venerdì 24 dicembre 2010

natale in Calabria

Le tradizioni dei Calabresi: il pranzo di Natale


Di generazione in generazione, dapprima per necessità e dopo per nostalgia, si tramandano ritualità che riguardano ricorrenze importanti per intere comunità come il S. Natale, capodanno, la S. Pasqua, le feste patronali, i compleanni e le date importanti che, a differenza delle feste comandate e calendarizzate secondo la religione d’appartenenza, ricordano significativi momenti per chi li onora.
Nella quasi totalità dei paesi calabresi, la vigilia di Natale si trascorre in famiglia tra odori inconfondibili provenienti dai fornelli e l’odore dei mandarini sbucciati per coprire i numeri della tombola in sala da pranzo.

A mezzogiorno sono di prassi le frittelle accompagnate da formaggi, olive, salame e pane, il tutto bagnato con del vino rosso. Frittelle fatte con farina e patate, imbottite con le alici, il tonno o senza nessun ripieno.
Il pasto del giorno è rigorosamente ridotto a uno spuntino freddo, non solo per ricordare i tempi delle ristrettezze economiche di quando la cultura contadina accomunava i più, ma, anche per potersi dedicare maggiormente alle leccornie per il cenone dell’attesa, che dovrebbe protrarsi fino a mezzanotte, ora in cui il più giovane della famiglia porta in processione per casa il bambinello prima di deporlo nella mangiatoia.


Il cenone è ricco di pesce: dal baccalà in umido, fritto o a morzello mangiato nella pitta, pescespada, insalata di mare e l’immancabile pasta cozze e vongole.
I “tardiddhi”, dolci a forma di ravioli ricoperti di miele, spolverate con bucce di agrumi grattugiate, insieme alle crocette, fichi secchi incrociati e imbottite con noci, e altra frutta di stagione rallegrano la tavola per il fine pasto e durante l’estrazione di numeri della tombola.

Purtroppo, quest’anno, la crisi ha dato una stretta ai cordoni della borsa e ha allentato la corsa agli acquisti. Anche i regali sono ridimensionati notevolmente insieme alle tradizionali abbuffate. I giovani, forse perché preoccupati dall’incertezza e dalla precarietà del poco lavoro scarsamente remunerato, sembrano spenti, partecipano poco alla magia del Natale in famiglia. d’altronde, come dare loro torto sapendo che tra qualche settimana ci sarà da ottemperare a una miriade di pagamenti in scadenza!

martedì 16 novembre 2010

l'albergo delle fate, di A. Oliveti

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Nel mese d’aprile di quest’anno Angiolina Oliveti pubblica per i tipi di Helicon la sua ultima creazione letteraria. È una narrazione ambientata in Calabria, tra la Sila piccola, Catanzaro e la Locride. Tratta, con un linguaggio scorrevole, una vicenda di malaffare che vede implicate persone della ‘ndrangheta, intente in loschi traffici e incolpevoli testimoni oculari, vittime di spietati codici malavitosi. Teatro principale dell’opera è “l’albergo delle fate”, una struttura reale situata tra la suggestiva vegetazione silana catanzarese, nel comune di Taverna, paese che diede i natali al Cavalier Mattia Preti e, ancor prima, al fratello Gregorio, entrambi pittori del barocco secentesco italiano operanti in Roma e Malta.

Angiolina percorre lieve la civiltà Calabrese. Ricorda la Magna Graecia, i reperti archeologici locresi, il centro storico di Catanzaro e li condisce con frasi note in vernacolo. Detti e motti catapultano il lettore nella quotidianità dei luoghi visitati.
Pagine scorrevoli che si leggono d’un fiato, tanto è avvincente il racconto da sembrare reale, come i nomi dei protagonisti e i luoghi geografici, come già detto, presi in prestito dalla realtà.

E che non tragga in inganno l'immagine della copertina! giacché non ci sono morti ammazzati con armi da fuoco. Anzi, d’acchito potrebbero sembrare morti accidentali…

domenica 14 novembre 2010

Calabria: autoritratto






È risaputo: l’uomo non si scrolla facilmente dalla mente quanto accade attorno a lui; perciò, ognuno, in armonia col proprio essere rivisita il tutto. Pensieri, esperienze, lavoro, luoghi e oggetti.
 L’artista ha dalla sua parte l'azione, il gesto, che, privo di coercizioni mentali o lessicali, sfocia nel gioco disincantato creativo e riconsegna il già visto, già vissuto con vesti differenti; vale a dire,  ridetermina e ricolloca le "forme pensiero" in spazi altri.
La creazione è un gioco. Un gioco privo di regole spaziotemporali dove tutto è reso possibile dalla libertà e dalla fantasia individuale. Nel parco giochi creativo l’età non conta e non conta neanche la cultura o l’estrazione sociale, i titoli accademici e i premi. Conta la sensibilità!







ecco perché, nessuno, meglio dell’autore, può iniziare una qualsiasi analisi e esplicitare al meglio il proprio operato. Ed è con questo presupposto che mi accingo ad accennare, con l’intento di aprire spazi a interazioni, ai momenti propedeutici che spingono a scandagliare e proporre attraverso i lavori creativi, riflessioni e spaccati di vita personali.
©mario iannino
M.Iannino 1995, t.m.,opere animate, 
dedicate alla Calabria
©mario iannino©mario iannino

sabato 7 agosto 2010

estate 2010

arch.M.Iannino
Estate 2010.

Fino a qualche anno addietro l’interrogativo ricorrente era: mare o montagna? Nella maggior parte delle famiglie italiane si facevano progetti, si studiavano itinerari per accontentare figli e genitori.
Nella settimana di ferragosto l’atmosfera diventava friccicarella; ci si organizzava con gli amici per un barbecue tra i pini oppure una gozzovigliata sulla spiaggia con falò finale e bagno verso la mezzanotte. Erano gli anni della ripresa. Una ripresa economica e sociale che invogliava a essere positivi; sviluppare progetti, fare proseliti; seguire ideologie e perseguirle col solo intento di migliorare lo stato sociale dei più deboli. Insomma porre l’uomo al centro delle attenzioni ideologiche perché entità sensibile! L’uomo, che, liberato dalle macchine nel lavoro manuale, finalmente, avrebbe potuto estrinsecare appieno le doti intellettive e dedicarsi ai concetti alti dell’arte. E quando i più facinorosi riuscirono a prendere e occupare posizioni di comando il sogno svanì. La demagogia prese piede nei luoghi di lavoro, intorpidì le menti, ammansì e spense gli ultimi focolai di libertà, cacciò le utopie, distrusse la cultura! E aprì le porte del mondo fantozziano.

L’estate 2010 vede un esercito di cloni ripetere parole imparate a memoria. Tutti ben vestiti, curati nell’aspetto. Stirati dall’estetista e in guerra con l’età perché nessuno ama invecchiare. Non si vuole accettare il tempo, i cambiamenti temporali dovuti all’età, per cui si vedono mezze copie di uomini e donne; zombi privi di carattere che pur di apparire vendono l’anima al diavolo. Sono imbonitori. Persuasori di masse. False guide che conducono i cittadini resi, prima sudditi e poi, schiavi a lavorare nelle latrine mentali delle ambiguità surrogate da mezze verità.
…però, in tutto questo marasma, il diavolo, è di destra o di sinistra?

L’unica cosa certa, in quest’estate 2010, è l’assenza della speranza. E quando la speranza muore, significa che l’umanità è alla frutta!
A noi miseri mortali inermi, privi di poteri decisionali ma liberi nel pensiero, non rimane che ostacolare con onestà intellettuale quanti, uomini politici, sindacali, dirigenti, esponenti della in/cultura hanno assassinato i sogni e piegato il mondo dei giovani ai loro beceri interessi.


(in alto a destra, courtesy archivio iannino, 1980, olio su tela 50x60; rinascite)

sabato 24 luglio 2010

l'ellisse di Michelangelo Pistoletto anima Scolacium

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L’ellisse di Michelangelo Pistoletto:

Energie Vitali nella gestualità minimalista di Pistoletto al parco archeologico Scolacium, in Calabria.

L’ellisse è la linea portante del lavoro artistico di Michelangelo Pistoletto. Il gesto sinuoso oltrepassa il dato materico e conduce la mente degli interlocutori in luoghi noti, familiari, popolati da nenie. Filastrocche e ninnananne nostrane spesso dimenticate; sotterrate dal frastuono mediatico della modernità e dai falsi ideali, riaffiorano dal profondo e riconducono gli uomini al gioco creativo: alla procreazione! Ma anche ai nove mesi formativi; alla gestazione, alla vita indotta, dipendente. Dove vivere aore12o morire sono variabili indipendenti dalla volontà del nascituro.

Gli attori del mondo, davanti al movimento ondulatorio ancestrale dei corpi plastici, plasmati dal fare propositivo dell’artista, proseguono idealmente le linee e i movimenti che Pistoletto ha imposto alla materia e s’immedesimano nell’avvitamento catartico, penetrano la materia consunta dal tempo e rinascono, questa la speranza, a nuova vita. Benché tronche, le sculture installate nell’anfiteatro, irradiano forza. La spirale dinamica sprigiona energie vitali. Energie permeanti che attraversano i corpi li unificano e indicano la via per il terzo paradiso: il gioco della procreazione, la catarsi, il pensiero propositivo: l’arte!aore12
Il gioco creativo è di per sé catarsi; stato mentale superiore.

L’azione catartica dell’artista feconda menti e materia, invoglia all’osservazione riflessiva. Invita all’accoglienza, all’apertura mentale. A farsi opera degna di tale concetto a trasformarsi; a trasformare gli eventi, i cattivi maestri e i loro falsi, velenosi concetti ideologici che, digeriti e fatti propri dalle masse, avvelenano i rapporti interpersonali, generano odio, morte e distruzione.

Insomma, in sintonia con quanto suggerito dai Maestri di Vita, l’invito dell’artista consiste nel modificare il proprio dna e quello sociale, estirpare gli “ismi”, isolarsi dal frastuono del mondo, concentrarsi sul terzo occhio e camminare lungo la via maestra che conduce all’introspezione e, chissà, forse al terzo paradiso!

(mario iannino)

venerdì 23 luglio 2010

Incontro

aore12

Michelangelo Pistoletto nell'area archeologica scolacium in Calabria




“siamo tutti locali”

Michelangelo Pistoletto è in Calabria. Cura gli ultimi particolari delle sue installazioni nel parco archeologico Scolacium, alle porte di Catanzaro lido, lungo la ss 106 per l’inaugurazione del 25 luglio 2010.

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mario iannino e michelangelo pistoletto
L’area archeologica che ospita le opere minimaliste del maestro è situata nel territorio di Roccelletta di Borgia, un antico borgo baronale coltivato a uliveti e nei caseggiati, ex sedi abitative e di antichi mestieri, sono ubicati uffici pubblici e spazi espositivi.
Ma, gli allestimenti importanti sono disseminati tra le rovine storiche; tra gli ulivi i reperti archeologici e le mura della cattedrale normanna dedicata a Santa Maria.

aore12Le opere, collocate sui resti di antichità greco normanne romane che stanno rivedendo la luce lentamente grazie anche al connubio tra arte contemporanea e manufatti antichi, e gli artisti contemporanei animano i luoghi, annullano le distanze epocali grazie, appunto, ai linguaggi dell’arte che rende attuali e contestualizza i percorsi storici di antichissime civiltà. Ed è qui, tra gli ulivi, all’ombra del pensiero magno greco, che ho incontrato il maestro Michelangelo Pistoletto, artista attento, sensibile e propositivo. Attento alle problematiche contemporanee, alle esigenze culturali dei popoli e al continuum ideale tra “vecchio e nuovo pensiero” traslato egregiamente nelle sue opere.

Le installazioni di Pistoletto s’inseriscono bene, non sono invasive: dialogano col territorio, con la gente! Propongono percorsi linguistici più che strutturali. Invitano al dialogo e alla comprensione.
aore12
Siamo tutti locali… mi dice il maestro Michelangelo. I luoghi non hanno padroni, aggiungo io, sono di chiunque passa e lascia qualcosa di sé. Qualcosa di buono o cattivo, non ha importanza ai fini del “passaggio epocale”. La contaminazione è immediata! Sta ai successori analizzare e trasformare, proporre affinché gli avvenimenti umani non rimangano mera “traccia” folkloristica ma identità culturale, orma primordiale che si fa impronta concreta per un divenire evoluto.

aore12Linfa vitale antica e moderna nello stesso tempo e quest’anno, a proporre il suo pensiero, ospite eccellente, è Michelangelo Pistoletto, artista minimalista contemporaneo, che indica e suggerisce vie alternative al respingimento in chiave artistica, sì, ma possibile! La sua opera disseminata tra gli ulivi, composta da cubi che indicano il mediterraneo, non come forma geografica ma come bacino di popoli che ci vivono. Popoli che dialogano con la natura; che entrano in osmosi. Catene, grovigli giganteschi che riportano alla mente la struttura scientifica delle molecole primordiali: il dna del cosmo!

Pistoletto vuole pacificare uomo e natura e con gli scarti delle macchine domestiche, i cestelli delle lavatrici, costruisce il “tempio” sacrale del contemporaneo e lo “innesta” nel ventre della cattedrale normanna, mentre statue in bronzo di vario colore, che puntualizzano i colori delle razze umane, dialogano con la natura e infine, nell’anfiteatro, imponenti blocchi marmorei, che ricordano la venere coi cassetti di Dalì, compongono i giganti della mitologia e della contemporaneità. Sta a noi saperli assemblare nel modo giusto e consono alla nuova era: al terzo millennio!
aore12
(mario iannino)

lunedì 12 luglio 2010

dal mare ai monti in 10 minuti tra i castagneti della Calabria

a ore 12: montagna!

aore12

Oggi abbiamo deciso di fare un’escursione ai monti. Lasciamo la costa e ci dirigiamo a est, nell’entroterra catanzarese, verso le serre calabresi. In macchina di buon mattino (è un eufemismo, si dice tanto per assumere un tono salutista, in realtà sono le 11 passate) scarpe da trekking zaini e borracce da riempire. Mi hanno detto che tra i boschi di castagni, tra Palermiti e Centrache, lungo la provinciale 162, direzione Chiaravalle Centrale, c’è una sorgente d’acqua pura, leggerissima e che stimola chi la beve a fare tanta plin plin, per cui, infiliamo nel cofano della macchina qualche bidoncino e via!

Nel luogo dell’appuntamento, nei pressi della stazione ferroviaria di Montauro, aspettiamo gli ultimi ritardatari e, composta la compagnia, imbocchiamo una stradina provinciale che gradatamente si arrampica sui fianchi della collina. La segnaletica indica Gasperina, Centrache, Palermiti, Olivadi, Cenadi. In linea d’aria i monti sono a pochi passi, sì e no 5, 10 km al massimo.

Prima delle porte di Gasperina, la strada forma delle curve mozzafiato e offre una visione altrettanto spettacolare, mai vista prima: l’ansa tra la Torre del Palombaro, ai piedi di Stalettì, e Soverato Marina è sotto di noi, la dominiamo con lo sguardo. Uno sguardo ebbro per tanta bellezza!

Si ha la sensazione di essere su un trampolino. I fondali marini sembrano coperti con una leggera pellicola cangiante di cristallo, azzurro, verde smeraldo… celeste… colori tenui, di una trasparenza unica che irradia e trasmette al nemico “pensante” visioni pacificate: l’uomo è niente al cospetto di così tanta bellezza!
Non c’è nulla di magico o di esagerato. I colori dell’acqua si modificano davvero, in sintonia con gli studi scolastici, solo che qui siamo al cospetto del creato, nel laboratorio naturale della perla dello Jonio, dove ogni cosa è magia!, e a nulla valgono le teorie del colore e della rifrazione della luce. L’angolo d’osservazione di ognuno, è determinato non solo dalla luce del sole che s’infrange nello specchio di mare, ma, principalmente, dalla predisposizione d’animo del singolo. E ciò determina soggettive visioni cromatiche. Insomma, una dolce illusione, un miraggio, una bugia visionaria purificatrice, che avvicina l’uomo alla natura.

Il sole picchia perpendicolarmente sopra le nostre teste: è mezzodì!
Riprendiamo la marcia.
Superate alcune curve, nel tratto tra Palermiti e San Vito, lungo la provinciale 162, un’area attrezzata offre la possibilità di rifocillarsi, assaggiare carni alla griglia e provviste caserecce accompagnate da un buon bicchiere di vino o birra fresca. Il circolo del cacciatore, così si chiama la griglieria, è situato in uno spiazzo tra i castagni al bordo della strada. All’ingresso, affianco al cancello, sulla sinistra, una statua di San Pio da Pietrelcina, riparata in una grotta di pietra, accoglie gli avventori e sulla destra, l’insegna del circolo.
Il silenzio è rotto dal lieve venticello che solletica le foglie degli alti castagni e dal cinguettio degli uccelli. Il nostro vociare rompe gli equilibri sonori del luogo: è quasi un insulto alla quiete del posto e noi, forse non educati alla sacralità silente di certi luoghi, presi, letteralmente, per la gola, tra uno schiamazzo e l’altro, assecondiamo la dittatura del palato.

venerdì 9 luglio 2010

Calabria aore12 Costa Pagoda



©archivio M.Iannino
Il tempo corre veloce. Un’altra estate è iniziata, e noi, nuovamente alle prese con i dilemmi di sempre, cerchiamo di tracciare itinerari e fare quadrare i conti.
Ma non per tutti è così!, c’è chi, nonostante la crisi in atto, in Europa e nel mondo, non ha di questi problemi e, buon per loro, s’imbarcano su uno yacht o aereo personale e via! Verso mete da sogno. Però, se conoscessero i luoghi della Calabria, senza ombra di dubbio verrebbero a veleggiare da queste parti e, forse, rimanervi per sempre. Altro che Bahamas o Bermuda! Che, comunque, mantengono inalterato il fascino, ma una volta conosciuti gl’incantevoli posti calabresi, gli stessi calpestati da Ulisse e decantati da Omero, sapere dove sono le mete più belle e come raggiungerle, senza dubbio non si abbandoneranno più. Se poi, alle bellezze paesaggistiche, sommiamo il valore aggiunto dei calabresi, l’ospitalità, la cortesia che rispecchia tradizioni, storia, cultura e folklore, bèh, a questo punto, gli ingredienti sublimano un “pacchetto turistico” difficile da non accettare.

In Calabria, c’è l’imbarazzo della scelta, al mare come in montagna, sul litorale Jonico o Tirrenico, luoghi d’inaudita bellezza affascinano chiunque ha l’opportunità di visitarli perché la Calabria è fascino, cultura, terra d’approdo e di partenze.

Personalmente amo le vacanze libere. Non mi piace gettare l’ancora in un posto e piantare le radici. Preferisco visitare e conoscere posti nuovi, nuova gente, nuovi piatti, tradizioni e culture; ma dopo le escursioni, possibili grazie alla geografia del territorio calabrese, la meta ultima del mio girovagare è un luogo singolare, che frequento da oltre trent’anni.



Un posticino da favola! Che per arrivarci si doveva percorrere una stradina di campagna, sterrata, fino a quando non hanno inserito alcuni stabilimenti balneari.
Uno spicchio di mare limpido, meglio dei caraibi in quanto a fondali, colori, spiaggia e tantissima tranquillità nel bel mezzo del golfo di Squillace tra Catanzaro e Soverato, a Montepaone Lido, in contrada Casinello.
Ovvio che alla fine qualcuno, in maniera intelligente, facesse fruttare un dono così bello che la natura ha fatto alla Calabria e ai calabresi. A essere sincero, io e i miei amici non abbiamo accolto di buon grado gl’insediamenti ma ci siamo dovuti ricredere grazie all’ospitalità tutta calabrese dei gestori e in particolar modo della coppia che gestisce il lido balneare, “Costa Pagoda”. Entrambi cordiali, lui, Costantino, supervisiona e lavora in spiaggia, cura i rapporti coi fornitori ed è sempre presente per mettere a proprio agio gli avventori del lido; lei, Rina, una donna calabrese verace, instancabile, serena e col sorriso sulle labbra anche, quando la fatica, a sera, si fa sentire tutta, cura la cucina. Una cucina casareccia, tipicamente calabrese, dai sapori e odori inconfondibili per quanti la conoscono, e tra le tante specialità, su preavviso, la signora Rina prepara uno squisitissimo “morzello” alla catanzarese. … e che dire della rosticceria o dei piatti a base di pesce, degli spaghetti allo scoglio con ingredienti freschi e locali procacciati da Costantino.



mercoledì 7 luglio 2010

Porto Rhoca: prenota un posto in paradiso

Prenota un posto in paradiso. Così c’era scritto sullo striscione legato tra un palo e l’altro dei semafori  all’incrocio di Squillace lido, lungo la statale 106 Jonica.
©archivio M.Iannino
villaggio porto rhoca, affacciata su copanello
Ricordo che la cosa c’incuriosì e andammo a fare una capatina nel cantiere.
Superata una curva, salendo per Squillace, Amaroni, Girifalco e atri paesini dell’entroterra contrassegnati dalla segnaletica stradale, a pochi metri dall’incrocio, una stradina sterrata introduce nell’uliveto che guarda il mare del golfo di Squillace.
L’ingresso al villaggio è ultimato: campo da tennis, piscina e alcune schiere di villette di pochi metri quadrati ciascuna lasciano presagire l'urbanizzazione futura.
Un signore, dalla capigliatura folta e riccioluta, già bianca nonostante la giovane età, ci accoglie col sorriso: l’architetto, e socio della società costruttrice, ci illustra il progetto: una volta ultimato il villaggio e vendute le “pezzature”, metteremo mano all’albergo. Il complesso alberghiero avrà la stessa struttura estetica del villaggio. Come vedete dal plastico, albergo e villaggio non disturbano il paesaggio anzi, il nostro obiettivo, negli studi progettuali, è di mantenere il verde e non stravolgere la collina e quindi il territorio ma urbanizzare dolcemente senza violentare la natura. Tutte le unità immobiliari sono immerse nel verde, hanno il giardino e non sono invadenti.

Sono trascorsi circa venti anni e lo striscione con la scritta “prenota un posto in paradiso” non c'è più da tempo, però il posto in paradiso rimane! A pochi passi dallo svincolo stradale di Squillace lido, un’imponente insegna indica l’ingresso del Villaggio Residence Porto Rhoca.

Oggi, il villaggio Porto Rhoca è un condominio residenziale quieto, composto per la maggior parte da persone che preferiscono la tranquillità alla bolgia estiva; e l’albergo, meta di turisti provenienti da ogni parte del mondo, ospita convention, manifestazioni d’interesse, avvenimenti pubblici e privati.

Mentre prepariamo la cena in giardino, col pesce che cuoce sulla piastra del barbecue, ci giungono le voci degli animatori intenti a organizzare la serata per gli ospiti dell'albergo.

giovedì 1 luglio 2010

itinerari turistici consigliati in Calabria


racconti di vita in Calabria 1

itinerari turistici.

©archivio M.Iannino

È il primo giorno di luglio, secondo il calendario dovremmo essere in estate: aria calda, molto sole e bagni a mare! Invece l’inverno sembra non voler cedere il passo alla bella stagione: l’aria è fresca, pioviggina e c’è molto vento, va bèh che il vento a Catanzaro non manca mai però questo è un vento fresco, autunnale, che non invoglia le persone a spostarsi sulla spiaggia per cercare refrigerio nelle acque cristalline dei mari calabresi o nei boschi dell’entroterra silano e aspro montano delle serre.
Si rimane in città! A dire il vero, a me non dispiace. Non mi pesa per niente, anzi preferisco il fresco al caldo afoso. Quando fa caldo, ma veramente caldo, anche l’acqua del mare è un brodo e l’unico modo per stare bene è rimanere a casa con le imposte chiuse e il climatizzatore acceso ma non sempre è possibile! Se ci sono ospiti non puoi stare in canotta o torso nudo e bighellonare tra quattro mura: non tutti amano le cose che ami tu! Magari a un buon libro o un bel film preferiscono le escursioni naturalistiche, le immersioni o anche, perché no, una passeggiata in pieno giorno nei luoghi caratteristici della Calabria. Visitare parchi e musei, scavi archeologici e gallerie d’arte…

(segue)

lunedì 21 giugno 2010

racconti di vita in Calabria: 16; proclama elettorale

Racconti di Calabria.

Proclama elettorale nell'entroterra italico del 1950.

Sentite sentite tutti cosa ha detto don Ciccio! Don Ciccio va dicendo in giro che i morti non devono leggere e che quindi secondo lui non c’è bisogno d’illuminare il cimitero! Chi vuole luce davanti alle tombe dei defunti accende candele e lumini, lanterne e torce. Avete capito che uomo senza Dio ch’è don Ciccio, l’uomo che abbiamo eletto a sindaco! Vi pare giusto? Vi pare giusto che un padre o una madre dopo avere sofferto una vita devono continuare a soffrire anche là nell’estrema dimora?
E quanto può costare un lumino elettrico? Paesani! Quello dell’impresa mi ha detto che costa appena 10 lire al mese se lo facciamo tutti… e noi non spendiamo 10 lire al mese per i nostri cari?

Però duva và don Ciccio! Iddhu cu mmia si misa! Nciù hazzu vidira ia cuomu nci si comporta cu i gienti… la gente perbene rispetta il cane per il padrone figuriamoci le anime sante dei nostri cari morti! Si mi votati ammia vi giuru ca a prima cosa chi fazzu è propriu chista: a lucia a ri muorti!

Dal palco, un misero banchetto addobbato col tricolore verde bianco e rosso, un omino mingherlino tutto ossa e nervi lancia la sua arringa nei confronti di una posizione “politica” indegna per la piccola comunità montana. Una comunità composta da poco più di mille anime, quel tanto che basta per far assurgere il piccolo borgo a municipio. Un municipio arroccato tra i monti delle preserre calabresi che ha in organico un vigile urbano, un banditore e un elettricista. Il postale, un rumoroso quanto pestilenziale autobus, passa due volte al giorno tre volte la settimana e fa la spola tra Catanzaro, il capoluogo, e Serra San Bruno; lungo il tragitto, dalla durata di un paio d’ore, la corriera effettua fermate obbligate nei paesi di Borgia, Squillace, Vallefiorita, Palermiti, Centrache, San Vito, Chiaravalle, Torre di Ruggiero e il conducente scarica il sacco della posta e i pochi pacchi che gli emigranti mandano dalla Germania, dall’Argentina o dall’America. Il bigliettaio, dopo avere tolto l’ultimo pacco dal bagagliaio s’affaccia al finestrino, scruta se c’è qualche viaggiatore ritardatario, dà un’occhiata all’orologio, lo ripone nel taschino del gilet e fa cenno al collega autista che tutto è a posto: jamu ja partimu Peppì ca a strata è longa. La corriera riparte, tra rumori di lamiera scrollata e un fumo denso di nafta mal combusta, si fa spazio tra la gente in ascolto, il comiziante scende dal banchetto e si fa da parte per farla passare.

(segue: detti calabresi)

venerdì 28 maggio 2010

Calabria, terra di sofferenza. racconti di vita, 9

Racconti di vita in Calabria 1. Calabria mistica.

Alcune filosofie, o correnti di pensiero esoterico, asseriscono che anche gli Stati sono soggetti al Karma, vale a dire la legge di causa ed effetto che determina il cosiddetto destino. Sempre secondo la disciplina indù pare che il destino di uomini e terre siano concatenati alle azioni degli avi.
Ma, considerando i tributi pagati e rivedendo la storia dell’Italia e degli italiani, qualcosa non torna perché:

1) L’Italia ha già dato in quanto a despoti e dittatura;
2) Poveri e derelitti hanno sempre pagato le colpe degli altri;

Unica novità, che sembra prescindere la legge karmica, falchi e colombe hanno imparato a convivere.

La società non è più divisa tra buoni e cattivi, retti, giusti e malvagi. Queste categorie sono ovunque, oltre a scoprire lapide, stele e monumenti pubblici nelle contrade amiche, ben mimetizzati, piangono e si commuovono anche nei luoghi sacri. S’incontrano a Mileto, paese di Mamma Natuzza, a Santa Domenica di Placanica, tra migliaia di devoti affluiti da ogni dove per trovare conforto nella preghiera e dalle parole di fratel Cosimo, ultimo mistico di Calabria.


(segue)

mercoledì 26 maggio 2010

Racconti di vita in Calabria. 6, vocazioni territoriali

Racconti di vita in Calabria. 1

Vocazioni territoriali. (prima parte)

Ho deciso! Poiché ai grandi strateghi della politica, in realtà, non interessa nulla delle reali condizioni in cui versano i cittadini, forse perché, giustamente intenti a inseguire concetti incomprensibili a noi miseri mortali, non perderò più tempo ed energie a esternare gli umori della gente comune. La gente che vive e si accontenta di poco nonostante le trasmissioni spazzatura che inondano le case e le menti dei deboli proponendo falsi modelli sociali.
Anche da noi la società è infettata dalla corrente di pensiero effimero che accomuna il successo con il denaro e la visibilità che i media consentono alle persone. Cosicché, per un certo ceto sociale, l’appariscenza pacchiana che espone presunte ricchezze condiziona l’intera società e mortifica le vocazioni territoriali che se sapute amministrate porterebbero ricchezza reale ai calabresi.
Non a caso qualcuno la definisce la California italiana per il clima le amene terre che strette tra due mari offrono possibilità agrituristiche uniche. La posizione geografica dell’Italia e della Calabria in particolare, crocevia di culture che hanno lasciato tracce indelebili, (vedi Bronzi di Riace e vicende collegate) e che continuano a tenere desta l'attenzione della collettività, consente di assaporare e vivere con poco dispendio di energie e tempo luoghi differenti per clima, cultura e usi. La gastronomia tipica della regione propone gusti e sapori forti associati ai luoghi d’origine: il caviale dei poveri, vale a dire una purea di pesce azzurro preparato dai pescatori delle coste tirreniche e joniche, tiene il passo alla ndujia montana di Spilinga e del vibonese in genere. La cipolla dolce di Tropea. Le alici sottosale, il pesce spada, il tonno, le patate della Sila, l’olio extravergine d’oliva. Prodotti secondo natura con metodi tradizionali tramandati da padre a figlio.

(segue: territorio e cittadini)

martedì 25 maggio 2010

racconti di vita in Calabria. 4


Racconti di vita in Calabria.1
©archivio M.Iannino

Solidarietà contadina

C’è chi piange per la squadra del cuore, di gioia o dolore e chi culla illusioni e speranze. Le lacrime di gioia o rabbia accompagnano i sentimenti umani nelle periferie dell’impero dei sensi.
Eppure sappiamo di sicuro che la vita è un passaggio, una camminata più o meno piacevole nella materia; un soffio di eternità che vorremmo non finisse mai quando stiamo bene e in pace con noi stessi e il mondo, ma, come sempre c’è un ma, un ostacolo mentale o fisico, che si frappone tra noi e l’oggetto del desiderio, deprime e annulla i pochi attimi sereni anche quando non ce ne sarebbe bisogno. Ma la teoria dei bisogni è soggettiva! Non ha parametri stabili o leggi condivisibili. Qui si tocca il piacere e le fantasie soggettive e ciò che va bene e fa gioire qualcuno lascia indifferenti altri.
Un vecchio adagio calabrese recita “u gurdu non crida mai u dijunu” che tradotto suona così: chi è sazio e ha la pancia piena non sa cosa vuol dire avere fame e pensa che anche gli altri siano sazi.
Ma i vecchi saggi che conoscevano il vero volto dei bisogni, per sollevare dalle sofferenze i più poveri, nel tempo, hanno praticato atti di solidarietà tramutate in leggi mai scritte su carta ma attuate nei fatti lasciando liberi i raccolti e i frutti della terra limitrofi ai percorsi viari e, in alcuni paesi, ancora oggi, il giorno dei morti chiunque può accedere nei castagneti a far provvista di castagne.

(segue; transumanza)

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