L'arte spiegata ai bambini con poche
semplici parole.
Quello che chiamiamo arte è un banale
incidente di percorso nell'evoluzione della storia umana.
Come tute le attività anche il disegno
nasce casualmente e diviene strumento comunicativo.
La socialità del branco ma anche
dell'idividualista l'intenzione di comunicare è un'esigenza che
spesso diventa sinonimo di sopravvivenza. Possiamo paragonare il
disegno alla scoperta della ruota. Alla rotondità dei tronchi che
lasciati liberi sulla somma dei declivi rotolano giù fino a
traggiungere la base del terrapiano. E a come questa scoperta alleviò
le fatiche degli uomini primitivi.
L'uomo, fin dalla preistoria,
perfeziona le geometrie che riscontra in natura e se ne avvale.
Come con la circoferenza del tronco,
l'orma di un'impronta nel fango o della mano sporca appoggiata alla
parete di una caverna suggeriscono le potenzialità insite che,
migliorate nei tratti, se pur nell'elementare e incerta grafia,
aiutano a trasmettere messaggi e notizie tra simili.
Col passare del tempo, grazie anche ai
momenti d'ozio nei quali l'uomo medita sazio, l'osservazione attenta
e la presa di coscienza inducono ad osare. Il segno trasforma
l'impronta in verbo: “questa è la mia mano; io sono stato qui”.
In seguito lasciano altri messaggi.
Messaggi più articolati.
I cacciatori disegnano azioni di caccia
suffrangandole di prede, quantità e possibilità di cacciagione.
Lasciano anche segnali di pericolo disegnando predatori e trappole
disseminate lungo i percorsi.
Nei millenni, la conoscenza e i saperi
acquisiti, la vanagloria, quindi la voglia di far conoscere agli
altri la magnificenza del proprio rango, spinge i potenti e ricchi
signori a fare “raccontare dai dipintori” le gesta degli avi
attraverso le immagini dipinte sui muri del palazzo del casato.
Anche gli alti prelati, disattendendo
il Verbo che imponeva di non fare falsi simboli e scivolare verso
l'idolatria, cioè evitare di rappresentare fisicamente il Divino, si
avvalsero dei sofismi pittorici. La cappella sistina è un magnifico
esempio.
La pittura di bottega fu soppiantata
dalla realtà con cui la luce colpisce e illumina o mette in ombra
gli oggetti, la natura e le persone.
L'osservazione scientifica del creato
compie il miracolo visionario. Gli impressionisti sono lo spartiacqua
tra vecchio e nuovo modo di fare pittura.
Il gioco della creatività, però, non
si limita ai colori, alla forma e al gesto. Saltando a piè pari una
sequela di correnti cher hanno scritto la storia dell'arte, e
disponendo di sofisticati mezzi di comunicazione di massa, i creativi
vi attingono divenendo nell'attuale sistema dei giocosi osservatori.
Giocano. Osano. Si misurano con la
materia, il gesto, i mass-media.
E siccome gli eventi si fanno pelle, i
fatti e gli accadimenti sociali sedimentano tra pensieri e sogni, e i
creativi, da eterni bambini, giocano con visioni che oscillano tra
l'onirico e il reale.
Gli artisti, attenti e
sensibili a quanto accade nel mondo, non sono sociologi o filosofi.
Sono degli accumulatori che, avvalendosi dei linguaggi dell'arte
scaricano all'esterno, mediante la materia e i simboli passati e presenti,
si fanno messaggeri inconsapevoli(?) degli umori contemporanei.
Riassumendo:
lo strumento linguistico è trasformato lentamente nel tempo e diventa oggetto di culto caricato da un plus valore economico aggiunto, cioè diventa catalizzatore, banalizzando il concetto, salvadanaio per pochi e non più linguaggio comune che aiuta a crescere.
Quindi, da "segnaletica" a pregiato "mestiere" ed infine, ad oggi, il pensiero creativo proiettato all'esterno è, nel migliore dei casi, mezzo di provocazione culturale, Il gioco creativo è dialettica che assomma tecnica e mestiere con ampie aperture ai fenomeni culturali linguistici e all'imprevisto.