"l'isola" Tropea |
giovedì 22 agosto 2013
Calabria, sulle tracce dei padri
martedì 4 gennaio 2011
spazio Artisti in Calabria, Giuseppe Celi
giuseppe celi |
Erano gli anni ’70. e animati dalla passione giovanile per l’arte, ma anche per la politica, ci s’incontrava spesso in centro, su Corso Mazzini, a Catanzaro, per dirigere, poi, nella bottega dei fratelli Verduci, corniciai e galleristi. Lì, si parlava di arte, ci si confrontava e ci si prendeva in giro, spesso scompaginando i piani commerciali dei fratelli corniciai. All’epoca, i Verduci gestivano la galleria d'arte “il pozzo” un locale situato su Corso Mazzini, di fronte la galleria “Mattia Preti” di palazzo Fazzari e lì esponevamo i nostri lavori.
Giuseppe Celi, Pino per gli amici, era e rimane un simpatico burlone, sempre allegro e con la battuta pronta riusciva a mettere allegria ovunque. E, nel ’78, entrando a visitare la mia personale nella galleria “il pozzo”, dopo avere goduto della visione dei lavori esclamò: “Va beh, sei bravo!, ma quando la smetti cu ‘sti dijiuneddhi?”. Erano una serie di olii stilizzati. Lavori di ricerca segnica più che cromatica, nei quali padroneggiava il verde e il blu.
enzo toraldo |
Enzo, esegue il tema del tempo: per lui era il periodo delle carrozze e dei cappelli, dei lampioni e delle donnine solitarie, in attesa davanti a un bicchiere al bar. quasi a sottolineare la sua di solitudine, placata da qualche whisky. il suo modo d’essere indusse la gente ad appellarlo col nomignolo de “il pittore triste” perché, esteriormente così si mostrava agli estranei ma con gli amici, anche Enzo era un burlone, buono e simpatico.
Pino Celi, era attratto formalmente dalle baracche del porto di Catanzaro Lido, dalle barche a riposo e dai pescatori intenti a rammendare reti o trasportare il pescato.
Pino aveva una buona mano ed eccelleva nel disegno. Il suo lavoro artistico rispecchia appieno la sua personalità. Preciso e curato nella persona; meticoloso nella costruzione dei piani visivi, lascia riaffiorare lieve la figura fino a intersecarsi con la materia e il colore. Immagini evanescenti, narrano momenti quasi esoterici di mondi personalizzati e personalizzanti che inducono all’oblio, alla poetica del sogno narrante di chi ha viaggiato a lungo nella terra della visione onirica e dei tempi. Pino Celi narra con la figurazione di terre lontane e le rende tangibili con cromie che sprigionano odori d’oriente in territorio familiare. Numeri. Segni. Figure. Volti. Timbri. Trasformano le tele 100x100 in fotogrammi da leggere in sequenza che, se miniaturizzate, possono affrancare epistole, lettere colme di poetiche narranti.
G. Celi, 2010, Pro-Fili - Tecnica mista -
tela allacciata su telaio-cm 100x100
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(dal sito ufficiale di G. Celi)
GIUSEPPE CELI, nato a Catanzaro, inizia i suoi studi presso il Liceo Artistico di Reggio Calabria e li conclude a Catanzaro dove frequenterà successivamente la Scuola Libera del Nudo presso l’Accademia di Belle Arti. La sua formazione si è via via arricchita di nuove esperienze frequentando i Corsi Internazionali di Litografia presso l’Istituto di Belle Arti di Urbino e i Corsi di Calcografia Sperimentale “Goetz” presso la Scuola Internazionale di Grafica di Venezia. È in quegli anni che inizia il sodalizio con Renzo Biasion, maestro che lo influenzerà più in senso etico che stilistico, trasmettendogli il proprio modo di concepire l’arte nel suo rapporto con la vita. Dal 1974 al 1982 ha insegnato al liceo artistico di Catanzaro e Cosenza e dal 1982 insegna Arte e Immagine nelle Scuole Inferiori di Primo Grado. Agli inizi del 2000 abbandona il figurativo tradizionale a favore dei linguaggi contemporanei dell’arte, esprimendosi in una pittura di tendenza postmoderna. Artista poliedrico, spinge le sue ricerche oltre che nel settore delle arti figurative (pittura, scultura e grafica), anche nel campo della fotografia digitale e del design. Particolarmente attento ai linguaggi dei mezzi di comunicazione di massa.
Effettua pregevoli irruzioni in diverse espressioni d’arte (Pop Art, Espressionismo Astratto, Arte Povera, Informale materico). Significative, originali e innovative sono state fin qui le intuizioni che hanno connotato il suo lavoro; così come ostinata è la sua determinazione nel perseguire un’indipendenza all’interno del contesto artistico italiano. Irrequieto rispetto ai ritmi canonici dell’attività artistica (vernissage, scadenze, ecc.), cerca rifugio nei suoi sempre più frequenti viaggi all’estero. Non partecipa alla vita mondana e ama essere un invisibile che coerentemente e intenzionalmente risulti assente anche dalle pubbliche manifestazioni.
domenica 23 maggio 2010
Racconti di vita in Calabria: divagazioni tra arte, folklore, storia e contemporaneità
Cucina mediterranea e sapori di Calabria.
Calabria mistica .
Percorsi culturali, luoghi, paesi e artisti.
Palermiti |
Costumi e società.
Siamo agli inizi degli anni cinquanta in uno dei tanti centri calabresi retti esclusivamente dall’economia contadina, insomma uno di quei paesini piccoli piccoli persi tra i boschi dell’entroterra e spopolati dal miraggio economico industriale, fenomeno ammiccante che ha invogliato la gente a lasciare i campi e invadere Torino, Milano e le altre città del nord dove si sfornavano le prime 500, le prime televisioni in bianco e nero, i primi frigoriferi. Città industriali che offrivano possibilità maggiori a meccanici, muratori, operai siderurgici e tessili piuttosto che a braccianti.
Ecco, dicevo, in uno di quei paesini calabresi dove il tempo era scandito dai tocchi delle campane e dove ancora la giornata iniziava all’alba e finiva al crepuscolo per i contadini, dopo nove mesi d’attesa e un travaglio casalingo, una nuova vita rallegra la casa di una bella famigliola composta da quattro sorelle e due fratelli, ma non finisce qui. A quei tempi si diceva che il sangue è ricchezza! La gioia albergava nelle famiglie numerose cosicché, dopo due anni arrivò una sorellina.
Come nelle favole, le giornate trascorrevano, tutto sommato, tranquille. I bambini giocavano, andavano a caccia di lucertole e i grandi impegnavano il tempo a scuola e/o nei campi. L’impegno, naturalmente dipendeva dalla disponibilità economica ma anche dalla cultura del tempo. I latifondisti, i piccoli proprietari terrieri, cercavano di tesaurizzare tempo e colture, nel senso che associavano agli studi la gestione e la cura delle terre, mentre i contadini poveri vendevano le braccia di stagione in stagione.
(segue) gli anni del dopoguerra
sabato 25 aprile 2009
nei luoghi dell'anima: quattro passi in Calabria
©mario iannino
Centodieci chilometri orari; và bene così! Il viaggio è lungo, meglio non forzare il motore. Dice tra sé Vittorio. Oltretutto, deve prestare attenzione al carico. Un carico estremamente delicato, costato anni di travagliato e intenso lavoro. Un lavoro fuori dal normale, esigente, che implica dedizione e onestà intellettuale, doti poco conosciute nella sfera del generico impegno per cui è sbagliato definirlo “lavoro”. Diciamo piuttosto che è un’attività che non lascia alternative anche perché non sei tu a condurla è lei che ti possiede. E Vittorio lo sa bene. A dire il vero, lui, avrebbe fatto a meno d’intraprendere l’ennesimo infruttuoso viaggio, suo malgrado sta lì, a contare le buche e le deviazioni della Salerno Reggio Calabria. Ma, il più è fatto. Ormai è questione di poco. Sta per arrivare alla meta.
“Sì pronto…no sono ancora in viaggio…sì, va bene, ti richiamo appena arrivo”. Pensare che all’inizio non sopportava il telefonino ed ora… “Sì…pronto chi parla? No ha sbagliato …Ah, è lei sì sono in viaggio. Tra qualche ora dovrei essere a Roma. Non si preoccupi a presto”. Click
“Se non mi avesse assillato con le sue telefonate avrei già chiuso da un pezzo con le fiere! Comunque questa è l’ultima!, l’ultimo canto! Poi tumulerò definitivamente teorie e illusioni! Ecco ci sono quasi... Finalmente! Adesso affrontiamo la bolgia del raccordo anulare…i divieti d’accesso, gl’immancabili lavori in corso; il traffico di via Nazionale, Piazza Venezia… Dovrei esserci: eccolo là! Sì è lui”.
“Maestro! Venga da questa parte, venga. Giri a sinistra, oltre il cancello c’è l’entrata secondaria.”
“Grazie! (l’inizio sembra buono! Almeno non sto col patema d’animo dell’intralcio al traffico…)”
“Si accosti ancora un po’…così! A posto! Ben arrivato! Ha incontrato difficoltà nel viaggio?” “No! Grazie. Tutto bene! Comodo questo cortile…anche l’ambiente interno è ben strutturato.” “Sì è una gran comodità! -Incalza il gallerista- Vedrà, qui è diverso. Abbiamo dei clienti esigenti, come le dicevo al telefono; non per invogliarla a venire, d'altronde, stasera se ne renderà conto: i nostri collezionisti hanno il palato fine.” “Non lo metto in dubbio, ma ora posizioniamo i lavori.” “Non si preoccupi Maestro, tra poco arriverà il nostro critico insieme a due operai, sarà lui a curare il montaggio della mostra! Venga, andiamo a mangiare un boccone, ha bisogno di ritemprarsi non vorrà crollare durante l’inaugurazione, spero. Venga! Proprio qua dietro c’è una trattoria niente male, noi ci andiamo spesso…”.
sabato 6 agosto 2016
Squillace, incontro tra gotico e contemporaneo
Bella piazzetta antistante lo striscione indica la mostra d'arte contemporanea dal significativo titolo: Integrazioni.
l'integrazione poetica è avvenuta. Al di là delle aspettative.
Integrazioni stilistiche, poetiche, storiche, religiose e culturali si assommano. Interagiscono sui muri butterati dal tempo e dalla incuria, sanati dalla creatività di Mario Naccarato.
Da non perdere!
mercoledì 4 luglio 2012
Calabria, turismo e cultura outdoor a Sellia
mercoledì 18 febbraio 2015
Occhiuto e l'operazione Alarico
progetto per il museo di Alarico |
domenica 19 agosto 2018
L'Associazione Sal Nistico promuove talenti
Migrazioni.
Partiamo dal presupposto che nessuno andrebbe via dalla propria terra se avesse la possibilità di crescere in armonia con la bellezza delle donne e degli uomini che hanno tracciato la storia e quindi la cultura tout court dei luoghi natii.
martedì 29 maggio 2012
Abramo, Gatto il caso Belmonte e la città
mercoledì 30 maggio 2012
Enti, fondazioni, diritti d'autore, quale utilità per la cultura
m.i. prodotto c, tm, 2011 |
La "Fondazione Giacomo Mancini".
lunedì 8 aprile 2024
Arte Spazio Fedhan Omar dal Libano in Italia
Finito l'amplesso ognuno ritorna in sé, si riappropria dell'area intima, impenetrabile nonostante l'interscambio emotivo consumato e si perde dietro le ali del non detto. Vicini, ancora odorosi dell'attimo fuggente appena colto ma lontani, gli amanti abbandonano i pensieri e cavalcano verso l'ignoto su sentieri differenti.
lunedì 4 luglio 2016
La Calabria e il turismo, vocazione naturale
giovedì 9 aprile 2020
Abitare un'idea
Abitare un'idea necessita forza di volontà, ragionamento e passione.
Jan Dubuffet ne ebbe e lo dimostrò nel perseguire le sue convinzioni in merito all'arte. E per continuare nella sua ricerca convintamente abbandonò di fare arte in prima persona e dedicò tempo agli emarginati, agli esclusi della società rinchiusi nei manicomi o posti ai margini per la loro cultura e censo.Raccolse numerosissime opere tra disegni e pitture. Diede ascolto alle persone e alle loro intime emozioni. Gli artisti atipici, etichettati nell'ormai nota e consacrata “scuola dell'arte brutta” rozza e priva di canoni estetici derivanti dalla concezione accademica del “bello” assoluto, furono un altro punto di rottura nella storia dell'arte istituzionale e commerciale.
L'arte brut continuò a fare proseliti
In architettura, secondo la treccani, il termine è applicato a un particolare uso del cemento armato (béton brut) riscontrabile in opere quali l’Unità di abitazione di Marsiglia (1948-54) di Le Corbusier. Una ripresa del termine e della sua peculiarità si diffonde in Gran Bretagna (new brutalism) nel corso degli anni 1960 e 1970. Precursori e teorici di quest’ultima tendenza sono A. e P. Smithson (scuola superiore di Hunstanton 1951-54), orientati, oltre che a una rivalutazione delle istanze funzionali e strutturali, a conferire nuovi significati formali ai materiali, deliberatamente esibiti.
Negli anni Sessanta e Settanta il disegno minimalista, in architettura, si innesta con prepotenza nel cuore di tutte le città del pianeta, o quasi.
Catanzaro è una di queste. E la costruzione della cooperativa “cassa edile” è la struttura abitativa brutalista per eccellenza. La sua struttura è semplice. Quasi spartana e il colore iniziale del cemento a faccia vista sembra cozzare con i fabbricati contigui.
La filosofia costruttiva iniziale avrebbe voluto il manufatto trascurato negli aspetti esteriori.
Sporco e pioggia. Queste le prerogative ideali dei fautori del brutalismo architettonico.
Sferzato dalle intemperie, il cemento, di un grigio povero, quindi, segnato e vissuto dal tempo e privo di tutti quei piacevoli dettagli che rendono l’architettura antica a misura d’uomo e perciò accettabile visivamente, non ebbe estimatori a flotte.
Il calcestruzzo brutalista, oggi, e gli elementi modulari minimal in cemento e ferro, sono preferiti per adempiere alle funzioni strutturali pratiche come le infrastrutture stradali, centri commerciali e negozi oppure scuole e edifici universitari, famosi sono i cubi (minimalisti, essenziali nella loro forma geometrica, privi di cemento faccia vista visibili ma estremamente funzionali e connessi coi camminamenti aerei in ferro alveolare) dell'Università della Calabria in Rende, cs.
Nel 1980 i moduli prefabbricati dei pannelli in calcestruzzo sigillarono il palazzo, a completamento delle singole strutture abitative degli appartamenti della cooperativa cassa edile in Catanzaro, nel quartiere corvo.
L'ospedale; il cremlino; e tanti altri nomignoli furono appioppati al palazzo sempre con una nota di disapprovazione estetica.
La forma, secondo il concetto estetico comune, prevaleva e prevale ancora, sulla sostanza.
Io sono orgoglioso di abitare un'idea minimalista che guarda al sodo da quel lontano 1980 ma con una particolare attenzione alle contaminazioni cromatiche tese a sottolineare linee e volumi senza alterarne la filosofia iniziale.
lunedì 21 settembre 2020
Catanzaro, pensieri vaganti
Vorrei, lo vorrei davvero con tutto me stesso. Vorrei essere convinto di trovarmi difronte a un'operazione culturale degna di nota. Pienamente convinto di osservare installazioni propositive ma rimane qualche dubbio nonostante l'impatto emotivo che alcuni pupazzi di plastica disseminati per la città di Catanzaro possano essere considerati elementi principali e indispensabili dell'arte contemporanea.
La cronaca della storia dell'arte ci ha insegnato a guardare ogni forma espressiva scaturita dal fare umano con estrema sensibilità e approcciare probabili risvolti intellettuali contestualizzando il tutto con le problematiche contingenti.
Ci hanno detto e insegnato che il territorio della cultura è situato in luoghi sublimi dell'intelletto e che la fantasia sovverte il potere precostituito, annulla il peso della materia, la dipendenza dalla quotidianità, in sintesi squinterna il lessico logico conosciuto, l'ovvio, come dice il saggio, per aprire a nuove visioni temporali, ampliare lo scibile, spingere la mente oltre gli schemi tecnicisti. Essere, insomma, in perenne ricerca non dei mercanti ma di anime mai sazie di conoscenza. Non affinità elettive perché sarebbe semplice infondere amore per l'arte nei terreni fertili ma andare alla ricerca di quella enorme moltitudine imprigionata nel quotidiano alle prese coi problemi spiccioli. Gente senza lavoro. Genitori alle prese coi problemi della scuola o del nido. Braccianti sfruttati. Studenti e laureati stretti nella morsa delle nuove forme di lavoro che devono accontentarsi del precariato sfruttato.
Gente in ansia che ha dimenticato il piacere dell'attimo fuggente racchiuso in un sorriso, in un abbraccio, non dico cosmico che sarebbe eccessivo, normale come tra amici donato senza secondi fini.
Eppure, a proposito di amicizia, in Catanzaro e nella Calabria di artisti e creativi in generale ce ne sono in abbondanza. Perché ricorrere sempre ai cliché costruiti fuori regione?
Abbiamo terreni fertili! In tutti i campi. Basta cercare con onestà intellettuale e purezza d'intenti.
Personalmente opero e quindi conosco molti creativi, grafici, pittori, scultori, scrittori, curatori e critici. Intellettuali seri. Persone che non chiedono vetrine o luci sfavillanti. Creativi che lavorano convintamente per proporre ricerche e offrire nuovi mondi anche a chi è ai margini culturali imposti dal sistema commerciale e o museale che a volte scade in perniciose retoriche di maniera o segue le mode del momento.
martedì 11 agosto 2009
installazioni di Oppenheim nel parco archeologico della Calabria
Dennis Oppenheim (Electric City, USA, 1938) fa parte di quella generazione di artisti americani che ha contribuito in modo determinante a rinnovare l’idea e i linguaggi dell’arte contemporanea.
Nel 1968, in riferimento ai suoi primi “earth-works”, Lucy Lippard conia il termine “dematerializzazione”sottolineando una caratteristica dominante e originale nel lavoro di Oppenheim, vale a dire la trasmigrazione di una forma da un materiale o un oggetto all’altro, divenendo simbolo del fare, comunque segno fisico di un divenire che non ha fine.
Le sue opere, dalla fine degli anni sessanta a quelle più recenti, testimoniano il piacere corporale del fare in cui sono coinvolti il tatto, l’idea epidermica della forma, l’oggetto, il gusto della rivisitazione giocosa, goliardica delle cose. Il trasferimento di una forma da un contesto all’altro (idea non manipolatoria) si intreccia con quella di impronta che richiama pur sempre la mano e il toccare. Nel 2004 struttura l' Oggetto allargato per illuminare tra le dita dei piedi, opera dotata di una forte carica ironica, come è nello stile dell’artista, opera fuori scala, pantagruelica e assolutamente visionaria, nella quale il tatto si concentra sulla sensibilità dei piedi.
Ma la sua goliardia creativa non si esaurisce, è il filo conduttore di tutta la sua produzione artistica. La dimensione tattile viene esperita in diverse situazioni: Oppenheim traccia un segno sulla schiena del figlio che ripete sul muro e viceversa; ricopre di pietre la propria mano o, ancora, affila la propria unghia, dipinge di un unico colore denti e unghie, registra i movimenti trasmessi alla pelle della mano da un getto di aria compressa, varia con le mani il suono emesso da una donna, trasferisce l’impronta del pollice destro a quello sinistro e al palmo della mano. L’aspetto ludico è evidente!, però, in questo caso compone una sorta di teoria applicata che rivela quanto e come la visionarietà dell’artista sia legata a un aspetto “somatico”. E, la sequenza fotografica di "Reading Position for Second Degree Burn" realizzata nel 1970 alla Jones Beach di New York, che testimonia il tempo d'esposizione di Oppenhei steso al sole a torso nudo per cinque ore con un trattato ottocentesco di artiglieria a cavallo aperto sul petto, lo conferma. La somatizzazione del fare si manifesta attraverso l'assurdo calco epidermico (la parte del corpo coperta dal libro) impresso dal tempo di esposizione alla luce.
Nella Body Art il corpo si sottopone alle forze fisiche dell’aria o della natura, come in “Parallel Stress” del 1970, dove Oppenheim si sdraia nel punto di incontro di due dune di terra e prende la forma ad U delle pendenze, riproponendola poi artificialmente appendendosi a due muri in cemento ai quali si sorregge alle due estremità con mani e piedi. Sono opere in cui l’esperienza corporea della forma scultorea è centrale: il contesto storico-artistico post minimalista spinge gli artisti verso la dematerializzazione dell’oggetto, in favore dell’oggettivizzazione del fare arte, dove il concetto e il corpo dell’artista rimangono le uniche armi utilizzate. L’immaginazione di Oppenheim rielabora il mondo fino a darne una visione allucinata e ironica, inaspettata anche per lui stesso, infatti afferma di intravedere a poco a poco gli scenari che sta per rivelare con le sue opere, a priori non avrebbe mai pensato di raggiungerli, ma è il suo concreto fare arte che lo porta verso terre sconosciute, dopo aver percorso quelle reali negli anni della Land Art. La natura di Dennis Oppenheim, di scultore e costruttore di elementi simbolici nello spazio, riaffiora in queste costruzioni bizzarre, dove l’estetica dell’oggetto,alterato nelle proporzioni o capovolto e irriverente, ritorna con prepotenza.
le installazioni sono visibili nel Parco Nazionale Archeologico di Scolacium, a Roccelletta di Borgia, subito alle porte sud di Catanzaro lido, fino al 3 novembre 2009.
mario iannino
venerdì 23 luglio 2010
Incontro
Michelangelo Pistoletto nell'area archeologica scolacium in Calabria
“siamo tutti locali”
Michelangelo Pistoletto è in Calabria. Cura gli ultimi particolari delle sue installazioni nel parco archeologico Scolacium, alle porte di Catanzaro lido, lungo la ss 106 per l’inaugurazione del 25 luglio 2010.
mario iannino e michelangelo pistoletto |
Ma, gli allestimenti importanti sono disseminati tra le rovine storiche; tra gli ulivi i reperti archeologici e le mura della cattedrale normanna dedicata a Santa Maria.
Le opere, collocate sui resti di antichità greco normanne romane che stanno rivedendo la luce lentamente grazie anche al connubio tra arte contemporanea e manufatti antichi, e gli artisti contemporanei animano i luoghi, annullano le distanze epocali grazie, appunto, ai linguaggi dell’arte che rende attuali e contestualizza i percorsi storici di antichissime civiltà. Ed è qui, tra gli ulivi, all’ombra del pensiero magno greco, che ho incontrato il maestro Michelangelo Pistoletto, artista attento, sensibile e propositivo. Attento alle problematiche contemporanee, alle esigenze culturali dei popoli e al continuum ideale tra “vecchio e nuovo pensiero” traslato egregiamente nelle sue opere.
Le installazioni di Pistoletto s’inseriscono bene, non sono invasive: dialogano col territorio, con la gente! Propongono percorsi linguistici più che strutturali. Invitano al dialogo e alla comprensione.
Siamo tutti locali… mi dice il maestro Michelangelo. I luoghi non hanno padroni, aggiungo io, sono di chiunque passa e lascia qualcosa di sé. Qualcosa di buono o cattivo, non ha importanza ai fini del “passaggio epocale”. La contaminazione è immediata! Sta ai successori analizzare e trasformare, proporre affinché gli avvenimenti umani non rimangano mera “traccia” folkloristica ma identità culturale, orma primordiale che si fa impronta concreta per un divenire evoluto.
Linfa vitale antica e moderna nello stesso tempo e quest’anno, a proporre il suo pensiero, ospite eccellente, è Michelangelo Pistoletto, artista minimalista contemporaneo, che indica e suggerisce vie alternative al respingimento in chiave artistica, sì, ma possibile! La sua opera disseminata tra gli ulivi, composta da cubi che indicano il mediterraneo, non come forma geografica ma come bacino di popoli che ci vivono. Popoli che dialogano con la natura; che entrano in osmosi. Catene, grovigli giganteschi che riportano alla mente la struttura scientifica delle molecole primordiali: il dna del cosmo!
Pistoletto vuole pacificare uomo e natura e con gli scarti delle macchine domestiche, i cestelli delle lavatrici, costruisce il “tempio” sacrale del contemporaneo e lo “innesta” nel ventre della cattedrale normanna, mentre statue in bronzo di vario colore, che puntualizzano i colori delle razze umane, dialogano con la natura e infine, nell’anfiteatro, imponenti blocchi marmorei, che ricordano la venere coi cassetti di Dalì, compongono i giganti della mitologia e della contemporaneità. Sta a noi saperli assemblare nel modo giusto e consono alla nuova era: al terzo millennio!
(mario iannino)
martedì 27 gennaio 2015
Appunti ritrovati
Da una lezione frontale ad Arcavacata tra gli allievi del corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria dell'Università della Calabria.
Il ruolo dell’arte nella formazione culturale dei popoli
correva l'anno
correva l'anno |
giovedì 22 gennaio 2015
26 Biennale di Venezia occorre nuovo alito
lunedì 24 gennaio 2011
conoscere la Calabria
il terzo guerriero (bozzetto) |
Come quando si è piccoli, con parole semplici ma cariche di affetto, raccontiamo episodi di cultura contadina, misticismo, folklore, cultura contemporanea, paesi.
Parliamo di persone che sono rimaste in Calabria, per scelta o necessità, comunque, convinte che serva l'improcrastinabile impegno di ciascuno di noi per risolvere problemi atavici legati alla durezza dei luoghi.
Parliamo di noi calabresi e no, del rapporto col resto del mondo se vogliamo davvero contribuire alla crescita e contrastare quanti vogliono affossare la nostra bella terra sfruttando il giogo dell'ignoranza amplificato dai "sentito dire" arricchendo i loro discorsi con la delazione e i luoghi comuni, bandendo, però, piagnucolii e autocommiserazioni, per porgere e evidenziare con determinazione le positività presenti sul territorio regionale.
Parliamo, insomma, di quanto accade d'avanti a noi. Osserviamo i fatti a ore 12 e li esponiamo con estrema onestà intellettuale per testimoniare quanto di buono è stato fatto e pungolare per quanto ancora si può fare.
Parliamo di:
"tempi" mario iannino |
Calabria mistica ,attraverso l'esempio di Natuzza Evolo e fratel Cosimo Fragomeni.
conosciamo Percorsi culturali, luoghi, paesi e artisti.
nonché Costumi e società. dalla Magna Graecia ai bretti, fino ai giorni nostri.
giovedì 26 luglio 2012
la Calabria propositiva suggerisce
PRESENTE E FUTURO, VARIABILI DIPENDENTI DAL PASSATO.
Post suggerito
Le seduzioni dell'arte
Mario Iannino, 2007, a scuola di seduzione C'è un universo abitato da più categorie di persone che lascia spazi a gestualità inusu...