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domenica 29 novembre 2009

hanno rubato l'infanzia al piccolo genio dell'arte


Gli hanno rubato l’infanzia.

A sette anni, Kieron Williamson, di Holt (Gran Bretagna) è stato definito un piccolo genio dell'arte. Il ragazzino, figlio di un commerciante d'arte, ha venduto sedici dei suoi dipinti ad olio, acquarelli e pastelli per 17.000 sterline in un tempo record: 14 minuti. Gli acquirenti, come rivela il Daily Mail, arrivano da paesi lontani come Canda e Giappone. I dipinti del bambino prodigio sono stati venduti al prezzo di circa 1.000 sterline ciascuno. Precedentemente, Kieron aveva venduto diciannove opere per 14.000 sterline. "L'ultimo artista bambino in questo campo - ha detto Adrian Hill, della galleria d'arte in cui è avvenuta l'esposizione dei dipinti di Kieron - è stato Picasso".

Oggi è apparsa questa notizia sul web e il primo canale della rai tv ha gridato al miracolo. Come al solito, la notizia verte principalmente sull’affare, il business come dicono gli americani. È sconcertante! Ma a qualcuno è venuto il dubbio che possa trattarsi di un grande bluff? Un enorme giro d’affari che ruota intorno al gioco prediletto di un ignaro bambino che guarda caso ha i genitori che lavorano a vario titolo nel mercato dell’arte.
Non ho avuto modo di vedere da vicino i dipinti, per lo più acquarelli stando alle riproduzioni divulgate in internet; però, senz’altro a un occhio esperto non sfuggirà la precisione del disegno, i particolari del paesaggio e la pennellata, tutte cose che si acquisiscono con anni e anni di esercizio. Mentre, di solito il bambino tende a personalizzare ciò che vede; dà una chiave di lettura diversa dall’adulto al segno e al colore, perciò ogni cosa che riproduce denota spontaneità e assenza di tecniche o esperienza, insomma, ha una metrica infantile, poetica, non contaminata. Invece qui siamo davanti a impostazioni sceniche mature, eccessivamente mature per un bambino di 7 anni.
Volendo trarre una conclusione, si può dire che questo bambino è nato col pennello in mano e i genitori, da buoni mercanti, ne hanno curato la predisposizione con suggerimenti teorici e impostazioni pratiche, oppure che lavora a quattro mani su disegni eseguiti da altri o con la supervisione di qualcuno. Cosa c’è di strabiliante in tutto ciò? Può essere definito artista un bambino virtuoso che ancora non capisce qual è il ruolo di chi fa arte nella società? È giusto esporlo al mercato in simili circostanze? Forse stiamo davvero vivendo un periodo di oscurantismo assurdo che passerà alla storia come l’era del grande buco mentale. Non ci sono idee sane, ogni cosa gira intorno al potere economico, ci siamo bevuti davvero il bene dell’intelletto, e qualche sciocco superficiale dirà: Bèh, quando c’è la richiesta di mercato e il soldo tira il resto non conta!

domenica 8 novembre 2009

Pop art e Nouveau Réalisme: America vs Europa


1960, Pop Art e Nouveau Réalisme, America vs Europa.
La mercificazione dell’arte, asservita al potere economico e politico delle lobby dominanti, pilota concetti e gusti visivi, sovverte i valori delle operazioni genuinamente Culturali e, nel caso della cosiddetta pop art americana tesaurizza nel tempo il prodotto kitsch di largo consumo.
L’esempio storico è testimoniato da artisti, studiosi e cronisti che hanno vissuto l’episodio dello “sbarco” americano alla biennale di Venezia del 1964.
Enrico Baj, artista italiano, così ricorda l’episodio nel suo libro “L’ecologia dell’arte”: La giuria internazionale supinamente accettò di dare il gran premio della Biennale a Rauschenberg perché così si aveva da fare. Ma quando il verbale era già steso e il premio deliberato, ci si accorse che entro il recinto della Biennale non era esposta neanche un’opera di Rauschenberg, che si dovette di corsa e in gran segreto recuperare e mettere in mostra nel padiglione americano.
Mentre alcuni cronisti del tempo così descrivono la scena dello sbarco:
Le opere arrivate da oltreoceano appartengono ad artisti della scuola newyorkese della Pop Art, promossa e sostenuta in America dal gallerista italo-americano Leo Castelli.
I lavori sono scortati dalla Sesta Flotta della Marina Militare Americana, schierata in formazione di combattimento per mettere il territorio in sicurezza, presidia tutti gli spazi disponibili, dai giardini della Biennale, al consolato Usa fino al teatro della Fenice.
Non v’è dubbio che l’operazione commerciale attuata dagli organismi americani, riuscì appieno; in maniera scientifica coinvolsero artisti e canali intellettuali europei.
Gli americani, negli anni sessanta, furono sovrastimati a danno dei maestri dell’avanguardia storica e della grande arte classica e rinascimentale europea e oggi vivono di rendita sulla falsa riga di un’arte popolare nata a New York.
Rauschenberg non si limita solo alla pittura, nelle sue composizioni introduce elementi materici, oggetti, addirittura animali impagliati, operando una fusione fra questi e la pittura alla quale non rinuncia mai. Il nome che l'artista dà ai suoi assemblaggi alchemici, composti di pitture e oggetti è combine-paintings, ossia pitture combinate. Niente di nuovo, comunque: già i dadaisti avevano adoperato un linguaggio simile in tono dissacratorio nel dopoguerra per contestare un modello culturale bacato. Ma lui, Rauschenberg, non si limita alla semplice, commerciale stampa serigrafica!, gioca con il materiale che accumula nello studio, utilizza tutto ciò che gli capita sottomano per creare armonie creative e per il modo di usare gli oggetti di uso comune è accostato alla pop art. Forse, per questo gli fu assegnato il premio internazionale alla biennale di Venezia del 1964.
Jhons, Dine, Oldenburg, Lichtenstein, Andy Warhol e altri, rappresentano in senso maestoso il sistema visivo, pubblicitario e consumistico della merce/icona della pop art americana e del mondo moderno.
Mimmo Rotella, artista catanzarese (7 ottobre 1918), nel 1958 ebbe, come amava dire, un’illuminazione zen davanti ai manifesti lacerati, che pubblicizzavano film sui muri della città. Intuì la forza evocatrice dello strappo; la poesia proposta dalle porzioni di messaggi antecedenti, dai colori sbiaditi, dal segno tipografico differente in quanto a grandezza, colore e forma del carattere. Con estrema sensibilità, Mimmo Rotella, evidenziava o scopriva; graffiava la carta del manifesto, interveniva con la pittura; incollava e accumulava in teche di plexiglas i manifesti pubblicitari. Declamò poesie fonetiche suggerite dai versi dei pastori calabresi; lavorò sui retro d’affiches. Questa, in estrema sintesi la sua azione creativa più conosciuta grazie all’incontro del 1960 con il critico d’arte francese Pierre Restany teorico del Nouveau Réalisme, che trasformò un gruppo variegato di autori francesi e italiani in movimento culturale in contrapposizione al new dada e alla pop art americana. Nel 1961, a Nizza, Restany organizza il primo festival del nouveau réalisme che registra un notevole successo, personale e di pubblico.
Mimmo Rotella, viaggia molto, visita il Nepal e l’India; lavora in Francia, Italia e America. Nel 1980 si stabilisce a Milano dove muore il 9 gennaio 2006.

mario iannino

lunedì 13 febbraio 2012

Caravaggio, Courbert e il nulla contemporaneo

DA CARAVAGGIO PASSANDO PER COURBERT FINO A ELISABETH CIBOT


Ne è passato di tempo, da quando Caravaggio prendeva per modella la sua compagna, una popolana scalza per dare fattezza al sacro. Non solo le madonne ma tutta l'opera caravaggesca ha un dato straordinario importante: la realtà! La stessa coltivata da Courbert molto tempo dopo come tema del suo lavoro, la pittura non asservita all'ideale umano ma alla realtà, al tempo e al luogo. Per entrambi, se una mela della composizione è bacata nella realtà lo è anche sulla tela.
Per il Maestro della luce e delle ombre, Caravaggio, uomo dal carattere forte, la piaggeria strumentale del vissuto quotidiano non deve riflettere una visione asservita al gusto comune, nonostante la cultura del tempo improntata sulla tradizione orale e visiva delle tematiche indottrinanti lo imponesse, ma, in pittura, deve rappresentare la realtà in tutta la sua crudezza.
oggi, nell'arte contemporanea, ormai è divenuta prassi non la maestria pittorica e neanche l'ingegno creativo ma lo choc mediatico che una qualsiasi operazione inserita nell'area culturale (arti visive, musica, spettacolo, pubblicità) provoca nella massa.

Infatti , in Francia scatta la polemica per una statua che dovrebbe ricordare le fatiche delle lavoratrici italiane in una fabbrica di piume di struzza. La polemica scatta non per il tema ma per la modella che dovrebbe rappresentare idealmente il lavoro delle donne nelle fabbriche: la premiere dame Carla Bruni, moglie del presidente Nicolas Sarkozy e da pochi mesi mamma della piccola Julia, che come tutti sanno è italiana e per questo, secondo chi ha orchestrato l'operazione potrebbe condensare il tutto.

L'ex modella e cantante per il momento ha risposto di sì alla proposta che dovrebbe vederla prestare le fattezze a una statua di bronzo alta circa 2 metri e mezzo nell’insolita veste di operaia italiana, in omaggio, appunto, alle plumassiere, le operaie, molte delle quali italiane, che lavoravano le piume a Nogent-sur-Marne; anche se ancora non è sicura la realizzazione del progetto (frutto di un’idea di Jacques JP Martin, membro dell’Ump (il partito del presidente Sarkozy e sindaco di Nogent-sur-Marne, un comune francese dell’Ile-de-France) perché l’iniziativa, com'era prevedibile ha scatenato molte polemiche visto che il costo di 80mila euro dovrebbe essere finanziato per metà dai contribuenti locali.
Per ora, la premiere dame avrebbe accettato di posare per la scultrice, Elisabeth Cibot, di cui apprezza le opere, ma «soltanto come modella», non come first lady, torna cioè «al suo vecchio lavoro. Le viene chiesto spesso di posare e lei spesso accetta». Quindi, per l’entourage della premier dame, «si sta sfruttando politicamente qualcosa che non ha nulla a che fare con la politica».

Sarà, ma, non è per irriverenza nei confronti della grande Arte di sempre e dei Maestri del passato ai quali va tutta la mia incondizionata stima per la cultura e la storia che hanno saputo tramandarci con sacrifici e fatica, superando la bagarre politica e mediatica della vicenda, chiedo: è possibile che nel 2012 ancora si debba ricorrere alla nobile arte statuaria figurativa per celebrare eventi contemporanei chiosanti tematiche serie utilizzando cloni di personalità note? È questo che intendiamo per arte?
Eppure, se rivisitiamo l'Arte del passato, i Maestri per significare la devozione religiosa nelle azioni consuete della quotidianità rappresentavano la fine di una giornata lavorativa e trasformavano il lavoro stesso in preghiera nell'ora del tramonto, al rintocco del Vespro con semplice ma estrema densità linguistica, segno di una pittura totalizzante dell'animo umano che fondeva le sue radici nel lavoro e nella socialità del tempo.

venerdì 6 novembre 2009

citazioni in arte




I vernissage si susseguono, inviti di conoscenti, amici e sconosciuti riempiono la buca delle lettere, fanno squillare il telefono e poiché amo conoscere i molteplici volti della creatività umana, con profondo interesse organizzo visite e incontri.
Ogni volta che vado a visitare una mostra d’arte, davanti all’opera, mi sorge spontanea una domanda:
Quale meccanismo mette in movimento la creatività in questa persona e la spinge a esternarla?
Ovviamente, non sempre ciò accade, specie se mi trovo davanti a lavoretti artigianali o “stanchi” nel senso che ripetono una filastrocca già sentita fino alla noia; ma nel momento in cui queste domande si affacciano, significa che sono al cospetto di Opere degne di essere conosciute. A quel punto inizia il terzo grado all’artista; un interrogatorio soffice ma incalzante che mira a conoscere la personalità vera, quella fatta d’incertezze, slanci, riflessioni e visioni del mondo. Ma prima di dialogare con lui ho scandagliato i lavori; ho valutato la corposità del messaggio artistico, l’esecuzione e anche la tecnica che, immancabilmente spinge a cercare una relazione coi linguaggi noti della storia dell’arte. Eventuali evoluzioni linguistiche rivoluzionarie, suffragate dall’artigianalità dell’operatore, spesso invitano a volare alto, ripercorrere correnti artistiche sviluppate da personaggi singolari così da poter legare filologicamente presente e passato.
È quasi come incontrare una giovane coppia con la prole. Si cerca sempre una somiglianza coi genitori.
Non esiste il primato creativo nell’arte! L’arte è osservazione e rivisitazione del già Creato!
La genialità consiste nel sapere osservare e visualizzare il concetto con originalità. Ciò vale per le arti visive come per le altre attività umane.

giovedì 9 aprile 2020

Abitare un'idea

Abitare un'idea necessita forza di volontà, ragionamento e passione.

Jan Dubuffet ne ebbe e lo dimostrò nel perseguire le sue convinzioni in merito all'arte. E per continuare nella sua ricerca convintamente abbandonò di fare arte in prima persona e dedicò tempo agli emarginati, agli esclusi della società rinchiusi nei manicomi o posti ai margini per la loro cultura e censo.


Raccolse numerosissime opere tra disegni e pitture. Diede ascolto alle persone e alle loro intime emozioni. Gli artisti atipici, etichettati nell'ormai nota e consacrata “scuola dell'arte brutta” rozza e priva di canoni estetici derivanti dalla concezione accademica del “bello” assoluto, furono un altro punto di rottura nella storia dell'arte istituzionale e commerciale.

L'arte brut continuò a fare proseliti
In architettura, secondo la treccani, il termine è applicato a un particolare uso del cemento armato (béton brut) riscontrabile in opere quali l’Unità di abitazione di Marsiglia (1948-54) di Le Corbusier. Una ripresa del termine e della sua peculiarità si diffonde in Gran Bretagna (new brutalism) nel corso degli anni 1960 e 1970. Precursori e teorici di quest’ultima tendenza sono A. e P. Smithson (scuola superiore di Hunstanton 1951-54), orientati, oltre che a una rivalutazione delle istanze funzionali e strutturali, a conferire nuovi significati formali ai materiali, deliberatamente esibiti.




Negli anni Sessanta e Settanta il disegno minimalista, in architettura, si innesta con prepotenza nel cuore di tutte le città del pianeta, o quasi.
Catanzaro è una di queste. E la costruzione della cooperativa “cassa edile” è la struttura abitativa brutalista per eccellenza. La sua struttura è semplice. Quasi spartana e il colore iniziale del cemento a faccia vista sembra cozzare con i fabbricati contigui.

La filosofia costruttiva iniziale avrebbe voluto il manufatto trascurato negli aspetti esteriori.


Sporco e pioggia. Queste le prerogative ideali dei fautori del brutalismo architettonico.
Sferzato dalle intemperie, il cemento, di un grigio povero, quindi, segnato e vissuto dal tempo e privo di tutti quei piacevoli dettagli che rendono l’architettura antica a misura d’uomo e perciò accettabile visivamente, non ebbe estimatori a flotte.


Il calcestruzzo brutalista, oggi, e gli elementi modulari minimal in cemento e ferro, sono preferiti per adempiere alle funzioni strutturali pratiche come le infrastrutture stradali, centri commerciali e negozi oppure scuole e edifici universitari, famosi sono i cubi (minimalisti, essenziali nella loro forma geometrica, privi di cemento faccia vista visibili ma estremamente funzionali e connessi coi camminamenti aerei in ferro alveolare) dell'Università della Calabria in Rende, cs.


Nel 1980 i moduli prefabbricati dei pannelli in calcestruzzo sigillarono il palazzo, a completamento delle singole strutture abitative degli appartamenti della cooperativa cassa edile in Catanzaro, nel quartiere corvo.


L'ospedale; il cremlino; e tanti altri nomignoli furono appioppati al palazzo sempre con una nota di disapprovazione estetica.
La forma, secondo il concetto estetico comune, prevaleva e prevale ancora, sulla sostanza.

Io sono orgoglioso di abitare un'idea minimalista che guarda al sodo da quel lontano 1980 ma con una particolare attenzione alle contaminazioni cromatiche tese a sottolineare linee e volumi senza alterarne la filosofia iniziale.


domenica 14 agosto 2011

paesi in vendita come le anime

© riproduzione vietata

Pensieri e Paesi in vetrina per essere ripopolati.

Da qualche decennio il miraggio industriale che ha spogliato i paesi degli abitanti ha raggiunto il suo apice.
La crisi economica investe la società. I prodotti industriali, trasformati in rifiuti, cambiano la geografia dei luoghi: colline maleodoranti inquinano le campagne. Le fabbriche chiudono. Operai e impiegati perdono il lavoro e con esso la dignità di cittadini operosi. I paesi dell’entroterra vivono declini inarrestabili.

L’agricoltura, la pastorizia e i piccoli artigiani soccombono lentamente alle nuove tecnologie e al miraggio consumistico delle grandi città. L’Italia, da nord a sud, indistintamente, è coinvolta dalla mutazione sociale.
Una mutazione priva di programmi strutturali che adegua le esigenze immediate dell’economia agli anni di plastica, alla filosofia dell’usa e getta. Monta, così, la diseducazione sociale e infetta anche i campi della cultura.

Le provocazioni intellettuali e le operazioni artistiche, viste come nuovi fonti di guadagno diventano beni rifugio e a nulla valgono le proposte alte se non supportate da grandi sponsor commerciali. Ma i circuiti dell’arte mirano a immettere sul mercato un’arte misera che solletica e invoglia il già conosciuto.
In questo clima nasce e si diffonde la grottesca farsa dell’arte popolare. La stessa che ha ripresentato in tutte le salse i multipli serigrafici di grandi nomi, la figurazione sdolcinata e le operazioni minimaliste. Insomma anche il campo dell’arte ritenuto sacro da alcuni è stato contaminato e dissacrato dallo sterco del diavolo: il denaro che tutto governa sulla terra!

Il denaro assicurato dal lavoro in fabbrica provoca, nel suo piccolo, il depauperamento della cultura contadina con relativo abbandono dei piccoli centri rurali e l’assalto ai sobborghi delle metropoli ormai sotto i riflettori del miraggio industriale.
Nello stesso tempo la pseudo arte contestualizzata dagli imbonitori prezzolati o asserviti e quello mentale, se mai ci fosse stato un accenno di reattività al volgare modello di essere nella società, decreta la morte del pensiero autonomo. Quel pensiero che, sviluppato in completa autonomia induce a preoccuparsi dell’altro, del diverso e benché privo di stimoli materiali riesce a muovere il mondo e fa sentire vivi quanti lo praticano quando il sorriso sui volti dei deboli e degli oppressi rischiara e cancella i morsi della sofferenza. Un sorriso corrisposto, che nasce dall’essere lì, in quel preciso momento, in quei luoghi e paesi sconosciuti, dove uomini, armati solo di beni di prima necessità, pronti alla fatica, sorretti dall’amore e in contrapposizione al modello imperante nei paesi indottrinati dalle logiche di potere laddove tutto ha un prezzo prestano la loro opera disinteressatamente. Non militari armati mascherati da truppe di pace che pagano il tributo di sangue e lasciano vedove e orfani e una decorazione al valore. Non contratti di compravendite per la ricostruzione.

Ecco, noi non vogliamo essere paesi in vendita! Paesi urbanizzati, desertificati dall’indolenza o dall’avidità.
Paesi abitati dai fantasmi del presente… lussuria, potere. Ma…
Paesi in vetrina, notturni, solari, la cui bellezza, palesata e sorretta dal linguaggio poetico della visione, diventa faro per la rinascita di una nuova umanità.

lunedì 10 marzo 2014

Sorrentino, un genio! la Grande Bellezza, un'opera d'arte!

Mi è stato detto che sono stato sintetico, quasi criptico nel post sulla grande bellezza. Ecco allora qualche considerazione più articolata ma sempre sintetica perché, come si suol dire, chi ha sensibilità e cultura non ha bisogno di stimoli ulteriori, eppoi, per gli altri, inutile perdere tempo, è risaputo: non c'è peggior sordo di chi non vuole sentire!



I trailer della “Grande Bellezza” mandati sui media hanno fatto vedere un mezzo esercito di personaggi mondani impegnati a stordirsi sullo sfondo di una città ch'è scrigno di storia e cultura dei popoli.

Il popolo del web. I giornalisti professionisti, i critici e gli opinionisti free, voglio dare loro un alibi, si sono lasciati deviare dal decadentismo mondano filmato nei diversi quadri del film e, appunto, mandato sui media a mo' di spot, e lì sono rimasti incollati mentalmente.

Sorrentino è stato geniale! Ha condensato flora e fauna romana. Vitelloni contemporanei. Borghesia annoiata. Intellettuali e Attricette d'assalto. Cardinali che sembra abbiano dimenticato il vangelo e intendono cogliere l'apogeo scenico mondano dettando ricette. Imbucati. Nobili decaduti. Politici e donne nevrotiche, falsamente autolesioniste, convinte di fare arte mistificando la sacralità della vita. Personaggi che evocano tempi ideologicamente andati. E su tutti il disincantato Jep Gambardella, scrittore in stand-by, giornalista mondano che tiene il filo della matassa artistica sorrentiniana.

Nichilisti e parvenu si alternano.
Quanti hanno sensibilità e cultura adeguata, non si sono lasciati catturare dalle frivolezze che pur fanno parte del vissuto umano. Non tutti, grazia a Dio, abbiamo paraocchi o necessità dell'esistenza di maestri, eroi o guru per comprendere il bello.
Molti, troppi basano le loro certezze sulle fattezze esteriori e siccome l'animo, la cultura come pure la sensibilità non si manifesta agli stolti, per questi, è inutile insistere o lasciarsi andare ad interminabili argomentazioni per far comprendere loro che:

Trasformare poeticamente episodi di decadentismo sociale e proporli coi linguaggi consoni è Arte.

È arte!, la falce e martello ritagliata sul pube rosso della performer piuttosto che la sua corsa contro il muro di gommapiuma e i retroscena posticci di una infanzia violata. È arte sublime l'immagine della nana che si staglia sui bicchieri vuoti e semivuoti della notte appena trascorsa. Il suo sarcasmo. E la verità che svolazza sullo schermo dietro ogni singola scena.

giovedì 10 febbraio 2011

il fascino del tempo nella vita e nell'arte

©archivio M.Iannino
Vincenzo Caridi, 1957, olio su masonite
Il fascino del tempo, nella vita e nell’arte.

Lo scorrere del tempo affascina quanti sanno guardare tra le rughe della materia. Artisti, filosofi, persone comuni dotate di uno spirito d’osservazione attento e riflessivo ne hanno tessuto le lodi; hanno trasformato in linguaggio poetico la caducità delle cose, conferendo il giusto valore ai fenomeni della trasformazione strutturale ma anche epocale del vissuto.

Nelle sensibilità il logorio causato dal grande artigiano non assume connotati deleteri e neanche induce a vivere lo sfarinamento della materia con ansia ma diventano la testimonianza tangibile dell’ineluttabile.

È inevitabile che la carta lasciata a sfidare le intemperie si logori. È normale che l’opera dell’uomo trascurata, priva di manutenzioni specifiche specie si trattasi di opere d’ingegno o d’arte, si perda. Non è consigliabile, però, eccedere nelle attenzioni perché le stesse potrebbero sminuirne il valore aggiunto dal tempo.
Chi ama l’antiquariato comprende bene il fascino delle pergamene, dei libri trascritti da amanuensi, istoriate con inchiostri naturali e quanto potrebbe danneggiare o alterare un fare approssimato che adopera pigmenti e solventi moderni per la loro ristrutturazione. Piuttosto clonarli, farne delle copie per trarne la sapienza e divulgarla, e riporre in apposite teche col giusto grado di umidità l’originale.

Stesso concetto per le opere pittoriche o d’arte in genere.
Il dipinto e la cornice che lo racchiude, ove esiste, suggerita dal pittore, diventa nel tempo un tutt’uno con la decorazione stessa e racchiude il vissuto dell’opera nella sua interezza persino la carta che lo isola dal muro.
Al bando, quindi gli interventi rigeneranti invasivi sull’originale, meglio proteggere le poche pennellate esistenti, ripristinare il supporto e la cornice stessa senza esagerare anche perché il pensiero dell’autore, specie se vissuto in epoche lontane, è senz’altro in contrapposizione al contemporaneo, a prescindere dalle disquisizioni e le elucubrazioni mentali di storici e critici d’arte.

D’altronde come pretendere di sapere con certezza assoluta quali motivazioni hanno spinto o spingono una persona a operare in un dato modo piuttosto che in un altro?
Certi momenti sono influenzati dalla sfera del privato. Un privato che non prescinde dalla storicità del tempo e dalle esigenze contingenti del singolo.

“Nella continua e veloce trasformazione delle cose, noi stessi ci trasformiamo. Occorre prendere coscienza di questa realtà complessa e mutevole. Ed è quanto ho cercato di fare”. Così, in una nota, il pittore reggino Vincenzo Caridi (R.C. 1913/1996), sintetizzava il pensiero sulla mutevolezza, anche formale e stilistica in pittura. Lui stesso, si cimentò nelle varie forme espressive della figurazione, studiò le larghe campate cromatiche spalmate con la spatola, quasi alla maniera degli espressionisti; dipinse momenti intensi di socialità, in piazza o al bar con la sua pittura materica; e si dedicò anche allo studio del disegno lineare, alla sintesi della forma con la quale trasmise fermenti sociali contemporanei nella sua Reggio degli anni ‘80, come in “boia chi molla” o “pescatori” di proprietà del comune reggino, senza dimenticare il mondo del lavoro industriale e edilizio con le ruspe che si fronteggiano, quasi a strapparsi l’ultimo appalto l’un l’altra, simili a fiere in lotta per la preda.
Pura poesia visiva!, che non deve essere contaminata dall’azione terza.

sabato 3 dicembre 2011

Rai: addio a Passepartout e Philippe Daverio

Philippe Daverio, storico dell'arte, docente di disegno industriale a Palermo e divulgatore di pillole culturali in TV quest'anno non condurrà “Passepartout” la rubrica dedicata all'arte su rai3. Lui stesso nella trasmissione di Fabio Fazio aveva confermato la volontà dei dirigenti RAI di mettere in palinsesto la sua trasmissione e quella della Dandini appena risolti dei passaggi formali.

A qualche mese di distanza la Dandini è ospite di altri lidi e il professor Daverio non condurrà la sua trasmissione che in maniera scanzonata contestualizzava opere d'arte, artigianato e architettura nelle varie epoche in cui erano realizzate. Il suo linguaggio semplice invogliava all'ascolto anche chi non era interessato alla creatività perché surrogato da fatti storici inconsueti, non nomenclati nelle tediose lezioni di storia dell'arte o nella storiografia ufficiale della vita degli artisti.

L'abbigliamento dai colori chiassosi, spesso faceva a pugni con l'austerità dei luoghi e il papillon dandy di Philippe Daverio, ma era perfettamente in sintonia con quel suo modo un po' sui generis di raccontare l’arte. Le immagini di quel Passepartout che riusciva ad andare vicino vicino con le telecamere alle opere, ai palazzi, ai quadri, tanto da farci sentire l'atmosfera dei luoghi, credo, mancheranno a molti.
Peccato!, la RAI ha eliminato l'ennesimo figlio migliore con capacità di divulgare cultura in TV in modo ‘leggero’ ma pertinente e accattivante!

martedì 12 marzo 2013

Opere di Angelo Di Lieto in mostra nella TeodorArtGallery, Catanzaro Lido

l'artista Angelo Di Lieto in galleria

Struttura allo Specchio e concezione estetica. nell'arte di Angelo Di Lieto. 
dal 9 marzo new gallery TeodorArte, Catanzaro Lido.

L'evento artistico, sia esso quadro, opera plastica, performance, assemblaggio figurativo retrospettivo o contemporaneo, nel suo insieme atto a rappresentare il tutto, per Angelo Di Lieto, in mostra nella galleria d'arte moderna e contemporanea “TeodorArteGallery” in Catanzaro Lido, non è un'azione circoscritta imputabile a un determinato momento storico ma il risultato appena raggiunto e dal quale ripartire per rivisitare la storia dell'arte in ogni suo aspetto.
In estrema sintesi, l'operazione, scaturita dal fare critico dell'artista, è un pretesto per analizzare il tempo e dialogare attraverso i saperi acquisiti con la cultura dei popoli di arte, artigianalità e di ermeneutica.
Angelo Di Lieto è artista, scrittore, storico e critico d'arte.

Presente e passato sono tangibili nelle opere di Angelo Di Lieto. Il lavorìo, la ricerca continua del passato attraverso materiale cartaceo e non, porta la sua e la nostra mente a passeggiare nella storia tra botteghe e mestieri, condensa in un unicum contemporaneo, accompagna per mano e narra con voce suadente delle glorie e delle sconfitte dell'uomo.

Assemblaggi. Icone sacre, Madonne, Madonne con Bambino fanno proseliti, oggi come secoli addietro. Personaggi sacri e profani raffigurati con eloquenza, alcuni nel chiaro ruolo di strumento evangelizzante, studiate e contestualizzate appositamente per luoghi sacri; tavole che hanno reso grande la storia e enfatizzato la spiritualità a discapito della materia affiancate da tavole totemiche tra qualche reperto greco bizantino vivacizzano le pareti della galleria.

L'impatto visivo è forte. Dinamico! Le tavole appese sulle rosse pareti comunicano forti, nuovi significati linguistici imposti dal gioco creativo condotto da Angelo Di Lieto.

domenica 26 settembre 2010

arte, dissacrare per esistere

aore12
Dissacrare per esistere.

Essere nel mondo dell’arte oggi significa provocare una reazione immediata, non necessariamente evoluta, semmai blasfema, che faccia parlare.

Per non cadere nella trappola strategica della comunicazione, citiamo debolmente un evento, che se fatto in una realtà di provincia, con pochi fondi e pochissima risonanza divulgativa, senza dubbio, il risultato sarebbe tutt’altro che positivo.

Premesso che sono un assertore convinto della positività catartica del fare creativo anche laddove le provocazioni culturali feriscono la morale comune, nel caso n questione, la scossa prodotta dall’artista è blanda e non serve a svegliare le coscienze, fare uscire dal torpore le menti e provocare reazioni. Insomma è un’ovvietà! Anche se concettualmente vestita dai media e dagli sponsor, rimane di un kitsch banale. Avrebbe potuto fare meglio!

La contestualizzazione culturale del fare creativo è d’obbligo.
È un dovere morale e intellettuale per gli addetti ai lavori partecipare alla discussione, invogliare al dialogo incentivare risvolti lessicali e ricerche specialmente se un’amministrazione pubblica impegna fondi e immagine in progetti culturali alti. D'altronde non si parla di sagre o folklore ma di un evento culturale che oltre a portare lustro e crescita per la collettività, espone la cultura nazionale al mondo intero. Per ciò, eventi simili non possono scadere in “purché se ne parli”.

courtesy archivio M.Iannino
M.Iannino, preservAzione o dell'azione preventiva
Ovviamente, la provocazione fa più rumore della proposta culturale che induce alla conoscenza e che da essa trae ispirazione. Per cui, è più semplice assistere a rappresentazioni pigre che non stimolano il pubblico e la società, non incentivano all’analisi profonda ma si accontentano della fugace quanto effimera botta alla pancia.
Fenomeno, questo che, superato il momento transitorio espositivo, lascia poco alla memoria storica, non rimane traccia di curiosità intellettiva né visiva nell’opinione pubblica, salvo eccitarla in seguito con operazioni pilotate.

Così facendo si mortificano quanti operano nel campo dei linguaggi visivi, non progettano eventi scandalistici, non affidano a giornali e lobby misere operazioni di mercato per raggiungere comodamente alte vette, perché coscienti che l’esplicitazione gestuale di un pensiero volgare e violento non ha nulla a che fare con i linguaggi dell’arte. Quindi,
Meglio prevenire che curare… è pedagogicamente scorretto lasciare intendere che tutto è arte.
Linguaggio, forse, messaggio esplicito, burlesco, ma non opera d’arte!

giovedì 12 agosto 2010

cultura del pensiero propositivo

aore12

Ovvero: nei meandri dell'arte e della cultura


Concettualmente, qualsiasi forma pensiero realizzata dall'artista, è, di per sé, un’azione positiva.
Nella fucina dell’arte il gesto "ricreativo" si fa dialogo; linguaggio universale!, e da operazione culturale propositiva, relegata nella nicchia dei saperi di una sparuta cerchia elitaria, se ben instradata dai media, può  assurgere a spinta propulsiva preponderante nella crescita sociale e quindi della conoscenza!

La positività concettuale del gioco creativo è riscontrabile anche nelle provocazioni estreme che, chiunque, addetti ai lavori o profani, esso (gioco creativo) può sviluppare.

È ovvio, le provocazioni culturali, intese come strumento di crescita collettiva, sono lontanissime dalle mere espansioni egocentriche dell’incolto.
Anche se le cronache dell’arte testimoniano, e a volte enfatizzano per necessità di mercato atteggiamenti, pensieri e avvenimenti teatrali estranei al fine culturale dell’azione propositiva che l'operatore si era prefissato a dispetto dei divulgatori di etichette romanzate quali "artista maledetto, geniale bohemien, anarchico, pacifista, mistico".

Chi opera a certi livelli, nel campo della cultura, non necessariamente deve essere condizionato dalla mercificazione surrogata dalla parola dissacrante o eccessivamente ammiccante. Che diamine, siamo o no esseri pensanti!

Insomma, è vero, si creano cliché da commercializzare nell'enorme calderone sociale dell’apparire grazie a critici e giornalisti coscienti che senza uno scossone di gossip non si riesce a catalizzare l’attenzione dell’opinione pubblica su tematiche alte.
Ma, ciò, ripeto, non ha nulla a che vedere con l’azione culturale che vorrebbe chi opera nel rispetto e per l’emancipazione sociale.
D’altro canto, non va sottaciuta la parte deleteria che ruota attorno al concetto di opera d’arte; vale a dire le quotazioni di mercato, la diffusione e la commercializzazione del fare creativo che assommata alla disinformazione e all'ignoranza collettiva, lasciata fermentare dai mercanti senza scrupoli e dagli arraffoni, pone l’enorme mercanzia artigianale, parificata alle opere d’arte e alle azioni formative sublimi di cui sopra, all'attenzione di quanti confondono la poetica creativa con la tesaurizzazione della materia.
Per questi semplici motivi, a volte, chiunque ha il "vizio" della curiosità intellettiva può essere trasformato in personaggio da una lobby. Ovvero: nella gallina dalle uova d’oro!
La massa si avvicina a lui per morbosità e, poi, il voyeurismo pilotato con destrezza, fa il resto.

Ecco, il mio interesse per gli artisti è differente. Mi avvicino al loro lavoro con curiosità.

Voglio capire le proposte intellettuali insite e contestualizzare il pensiero dell’artista con il territorio, la società! E, divulgare attraverso l’analisi delle opere quello che, secondo le mie modeste conoscenze e il sentire intimo trasmettono, a prescindere dalle tecniche usate per realizzare il gioco creativo della finzione visiva.

sabato 22 gennaio 2011

la modestia dei grandi, qualità in disuso

©mario iannino
m.iannino, 2010; sottovuoto

Troppi artisti in giro ma l’arte dov’è?


Mi riprometto sempre di non dare peso a certe decorazioni dozzinali, definite con facilità da altri, arte, e trattare certa decorazione come puro hobby, d’altronde ho sempre asserito che l’attività creativa è principalmente una condizione ludica e, contemporaneamente, intellettuale; che rivisita il vissuto individuale e collettivo; ma sembra che tutto cospiri contro la mia volontà. Da ogni dove la mediocrità intellettuale salta il fosso della ragione critica: pittori della domenica, studenti liceali o dell’accademia, piuttosto che trovare gioia e sollievo dall’attività ludica, si sentono artisti consacrati non appena giocano con la figurazione, il gesto, i colori. Gente, questa che presta il fianco agli avventurieri del web ma anche ai vecchi mercanti della sottocultura iconica. Insomma cadono nella rete di un mondo mercantile pieno di persone disinvolte che definiscono con estrema facilità arte un bel dipinto lisciato, un bimbo con le guanciotte rosa e la lacrimona, la donnina stilizzata, le chiazze di colore che ricordano vagamente Mondrian o l’astrattismo in generale purché ricavino qualcosa.

Sia ben chiaro: non c’è nessuna intenzione di denigrare o demotivare chi si diletta in pittura, attività consigliabile a chiunque voglia ritrovare se stesso e intende conoscere i linguaggi dell’anima di tutti i tempi, anzi, tutt’altro! L’analisi vuole evidenziare che c’è una diffusione disordinata di quadretti decorativi immessi sul mercato con costi esorbitanti e c’è un altrettanto mercimonio esponenziale di pseudo artisti che cavalcano la disinformazione con l'aiuto di furbi mercanti per cavare sangue dalle rape e inventano percorsi culturali ad hoc anche per i neofiti in preda alla smania di comparire e essere presenti anche laddove necessita una sensibilità superiore. Sensibilità in antitesi alla cultura dominante contemporanea che aiuta a crescere; proporre e indirizzare quanti hanno lavorato, se hanno lavorato e osservato, sondato ogni aspetto semantico dei linguaggi dell'arte visiva, così da offrirli a coloro che ancora non hanno capito il vero senso e ruolo dell’Arte nella società.

giovedì 11 ottobre 2012

Venezia, biennale 2013, Arte o Business?


Bartolomeo Pietromarchi sarà il prossimo curatore del Padiglione Italia della Biennale arti visive 2013.

mario iannino,
fronte retro, sculture di carta 2012


E’ stato il ministro dei Beni culturali Lorenzo Ornaghi a designare Pietromarchi dopo aver visionato i curricula di un gruppo di candidati convocati dal ministero a presentare un progetto.
Ecco quanto si legge in una nota:”Il Ministro Lorenzo Ornaghi, nell’apprezzare assai positivamente il livello culturale delle proposte pervenute, ha sottolineato il valore complessivo del progetto di Bartolomeo Pietromarchi. Tale progetto potrà rappresentare in modo significativo il ruolo dell’arte italiana contemporanea nel quadro dei cambiamenti, estesi e profondi, che caratterizzano questa fase storica del nostro Paese”.

In effetti la fase storica del nostro Paese è un po' particolare; in Italia c'è una classe politica non adeguata alle esigenze contemporanee e, ancora peggio, assente perché incolta, sorda alle quotidiane grida scaturite dalle impellenti necessità dei cittadini.
Forse per queste semplicissime ragioni il Ministro Ornaghi ha inteso continuare sulla linea guida del Governo tecnico dei Prof. mettendo a capo di una importante vetrina internazionale d'arte quale la biennale di Venezia Bartolomeo Pietromarchi, docente della LUISS Creative Business Center. 

È da vedere se, nei fatti, le scelte di Bartolomeo Pietromarchi saranno disciplinate dalle intenzioni alte esposte dal Ministro Ornaghi che auspica la valorizzazione dell'arte e, di conseguenza, degli artisti italiani che, “in questa fase storica” governata dallo spread dagli stilisti e dalla fabbrica del marketing, sono oscurati dal Business; creativi emarginati persino nella propria terra dalla logica famelica del mercato dell'arte(?).

Non è polemica ma rivendicazione e denuncia della precarietà imposta da un sistema volutamente cieco che isola e ammanta con superficialità, validi artisti operanti nelle periferie territoriali privi di lungimiranti “sponsor influenti”.





domenica 3 febbraio 2013

Arte, tendenze fiere da Bologna a Amsterdam

ARTE, TEMPO DI FIERE E MERCATI.

2013, p.a.
Si è chiusa da pochi giorni la fiera di Bologna. Nelle intenzioni di organizzatori e curatori, l'appuntamento bolognese doveva essere un momento di riscatto per l'arte, non nel senso alto del termine ma per il giro d'affari che ruotano attorno al lavoro creativo.

La mini rassegna sull'arte italiana, avrebbe dovuto divulgare e vendere, dopo averle scoperte, le opere degli artisti più rappresentativi e proporli, appunto, come interessanti forme d'investimento.
Ma data la crisi in atto, molte gallerie hanno rinunciato perché la loro economia non permette impegni economici extra.
Bologna, in occasione della fiera-mercato, con Art City, che coinvolge musei, istituzioni e privati, tenta di sviluppare un programma culturale con alcune esposizioni personali di artisti sparsi per la città e un appuntamento che tenta la commistione tra arte e scienza a Palazzo Re Enzo.

E poi, c'è stata Set Up, la fiera alternativa e giovane allestita all'autostazione, che ha attratto un pubblico di addetti ai lavori ma non tutti disposti a comprare.

Insomma, non c'è troppo da essere soddisfatti e fare gli schizzinosi e mettersi a discutere sulla qualità della proposta.
Per i galleristi che hanno acquistato gli spazi espositivi il primo obiettivo è quello di tornare a vendere, convincere i collezionisti preoccupati dal redditometro delle potenzialità della merce offerta, mentre i collezionisti si muovono con circospezione tra le “novità” cercando di capire se è il caso di dare loro fiducia spendendo meno.
Di fatti vanno via le opere importanti di gente consacrata, mentre chi ha valutazioni di mercato medi bassi, tra i 5 e i 50mila euro, soffre. Pare che qualcuno abbia suggerito (spassionatamente? Senza secondi fini?) acquisti sicuri e quelli da evitare, che per ovvi motivi non diciamo.

Anche Amsterdam ha concluso la sua fiera sul realismo contemporaneo.
Centinaia di gallerie hanno presentato le possibili declinazioni della parola “realismo” in pittura. Il tema esposto nella fiera olandese declina nature morte su sfondo astratto, visioni colorate di metropoli globali e qualche temeraria volontà di provocazione Pop fino a sconfinare nell'astrazione.
La crisi economica, anche qui, si sente! Ma secondo Koen Nieuwendijk, della galleria Lieve Hemel, ad Amsterdam c'è qualcosa a cui aggrapparsi quando si lavora con la bellezza!
Ma sarà la stessa Bellezza che intendiamo noi?
Quella Bellezza che trascende i mercati, i giochi dei mercanti e la famelica apprensione derivante da probabili flop commerciali di galleristi curatori e critici ? Oppure la bellezza mistificata dai furbetti che pur di vendere pagano!



sabato 25 gennaio 2014

Politica e mercato dell'arte stesso modus operandi

Nonostante le pendenze giuridiche Berlusconi è in crescita. Lo dicono i sondaggi. E la sinistra è in calo. Come mai?

E mentre un tempo, forse, non sarebbe andata così perché le ideologie delineavano le aree politiche e condizionavano gli interventi; oggi sembra essere davanti a uno spartiacque sociale ben definito da tutt'altra natura.
Non destra o sinistra ma qualcosa di macchinoso privo di confini ideologici che affonda le radici tra Stato e antistato che pesca nei malumori popolari dei campi opposti.

La nuova area collocata a sinistra agita lo spauracchio della destra autoritaria acchiappa tutto e indica il male nel suo esponente maggiore: Berlusconi dimenticando che Berlusconi è il risultato delle politiche passate fatte di inciuci e accordi discutibili.

Berlusconi è il lupo cattivo che soccorre le mamme quando i bambini fanno i capricci. Quelle mamme che stanno a trastullarsi davanti agli specchi e tra i fanghi delle spa. (metafora).

Anche nel campo della cultura le cose non stanno più come prima.
I gestori di fondi speculativi investono nel mercato dell'arte somme da capogiro e portano alle stelle opere di artisti incanalati mentre affossano altri.

Per gli speculatori non è importante il dato “artistico” la cultura, il tempo racchiuso dall'espressione gestuale.

Gli speculatori investono i fondi recintati (hedge fund) nelle opere d'arte dopo aver ampiamente dettato legge nel mondo della finanza e della Corporate America; puntano a diventare l’ago della bilancia dell’industria dell’arte, attraverso operazioni al limite dello spericolato e avvalendosi di consulenti super pagati.

È una sorta di mecenatismo moderno a scopo speculativo, talvolta ispirato alla soddisfazione personale, ma che sta cambiando di fatto le regole di fare business nel settore dell'arte dominato sino ad oggi soprattutto da persone del mondo della cultura, case d’asta e gallerie di ogni genere.

Modus operandi che ha estimatori ed è adottato anche dal mondo della politica.

I tempi sono cambiati!


domenica 19 agosto 2018

L'Associazione Sal Nistico promuove talenti

Migrazioni.


Partiamo dal presupposto che nessuno andrebbe via dalla propria terra se avesse la possibilità di crescere in armonia con la bellezza delle donne e degli uomini che hanno tracciato la storia e quindi la cultura tout court dei luoghi natii.

Alcuni vanno via dai propri paesi per necessità, si integrano nel tessuto sociale d'accoglienza, studiano e alimentano le proprie passioni fino a farle assurgere, coi linguaggi sublimi e universali dell'arte, a simboli di armonia e bellezza universale.

Altri scelgono di viaggiare per toccare con mano esperienze di vita differenti. E le differenze, anche le più insignificanti, sia nel primo che nel secondo caso alimentano i pensieri creativi e fortificano le menti “curiose”.
Le opportunità non mancano!

Ma ci deve essere qualcuno a ricordare la bellezza e farsene paladino nella propria e altrui realtà sociali e culturali.

La Calabria ha partorito figli che sono dovuti emigrare per necessità e non solo.
Ne ho conosciuti molti personalmente e alcuni per elezione per avere amato la loro arte. Tra questi Domingo Notaro, mio compaesano, costretto a varcare l'oceano da bambino insieme alla famiglia e approdare in Argentina dove “Domenico” si trasforma in “Domingo”.
Notaro lì espanse la sua sensibilità artistica e trasformò l'angoscia dell'abbandono forzato in poesia. Pittore, scultore, poeta, Domingo continua a farsi chiamare così. Il suo nome è un tatuaggio che gli è rimasto impresso nell'animo e che forse gli brucia ancora oggi dentro. Domingo oggi vive a Roma. Ha esposto a Parigi, Bruxelles ed al Metropolitan Art Space di Tokio, ma non dimentica il suo paese d'origine: Palermiti dove ritorna ogni anno per trascorrere l'estate.

Sal Nistico, virtuoso del sax e stimato jazzista, nasce a NY nel '38 da una famiglia calabrese costretta a migrare negli states.
Nella nuova realtà sociale il cognome Nisticò perde l'accento. Sal Nistico conosce musicisti eccezionali e suona insieme a loro in locali divenuti templi del jazz.
Salvatore, alla nascita, in ossequio alla tradizione in uso nelle famiglie calabresi “rinnova il nonno paterno” prendendone il nome ed è la prima generazione nata oltre oceano, a NY, ma con radici saldamente ancorate al territorio delle preserre calabre e precisamente a Cardinale. D'altronde niente è definitivamente scritto e immutabile nei destini degli uomini. La vita riserva sorprese. Sal si trasferisce in Europa. Conosce Rachel Gould e la sposa. Vive a Berna fino alla sua morte avvenuta nel 1991.

In questi giorni, per opera del prof. Pino Nisticò, originario anche lui di Cardinale, accademico, ex presidente della regione Calabria, già parlamentare italiano e europeo e attuale presidente dell'EBRI, è stata costituita la “Sal Nistico International Jazz Association” con lo scopo di ricordare l'eclettica figura di Salvatore Nistico quale originale e versatile sassofonista bianco capace di passare dal rhythm and blues alle sonorità della bebop e big band con forti componenti e ispirazioni afroamericane.

Due artisti diversi per quanto concerne l'indirizzo espressivo.
Ma la cultura, l'arte in tutte le sue accezioni, in sintesi, voglio intendere che la bellezza non ha bandiere e confini e che la sua universalità è patrimonio della collettività intera. Anche se i luoghi a volte diventano sprono per le menti creative e le aiutano ad abbandonare ipotetiche pastoie mentali ad osare e volare alto. Il risultato finale, il lavoro degli artisti appartiene a tutte le genti del mondo.

Nel peregrinare umano può succedere che la sofferenza fisica e lo struggimento interiore, quando mediate dai linguaggi sublimi dell'arte, siano elevati a poetiche superlative e diventino, pur nella loro astrazione, riferimenti concreti, cibo intellettivo per i sofisti, sublimi prodotti simili a laiche preghiere indirizzate al tempio dell'amore e dell'arte.
Perché tutto ciò accada è necessario meditare, studiare, lavorare incessantemente.

venerdì 21 febbraio 2014

Pop art. Arte contemporanea, chi è l'artista

Quando si parla di pop art, o comunque di pittura supportata da concetti intellettualmente evoluti, l'errore è dietro l'angolo.

Gli esempi degli ultimi anni sono sintomatici:

Dall'imbianchino che ridipinge la porta di Duchamp esposta alla biennale del '78 al muratore che ottura il buco dipinto sulla parete della galleria con tecnica trompe l'oeil e, per ultimo, in ordine di tempo, la più disarmante è, se si ragiona sulle motivazioni che dà la donna delle pulizie del suo naturale e conseguenziale gesto di buttare nella spazzatura alcuni cartoni lasciati durante l'allestimento della mostra barese e per fare ciò cerca e ottiene l'aiuto degli spazzini perché troppo pesanti per lei da conferire nel cassonetto. ( in barese stretto la donna dice: “... e che lasciano tutto sporco, in disordine, e poi la stronza sono io che devo mettere tutto a posto...).

Rimanendo nel campo della pop art, gli artisti che la praticano si interrogano sul problema della riproducibilità dell'arte nell'epoca industriale, sul come e se mantenere il carattere esclusivo dell'opera d'arte, o se invece conciliare la realtà consumistica con il proprio linguaggio.

Dalle diverse risposte date a questi interrogativi nacque la diversità di stili e di tecniche tipica della pop art.
Quindi creazione artistica meccanica; recupero delle principali avanguardie del Novecento che vanno dalle provocazioni del dadaismo (che per primo mescolò arte e realtà, ai collage di foto o immagini pubblicitarie di sapore ancora cubista), fino agli happening o gesti teatrali, in cui l'artista crea l'opera d'arte direttamente davanti agli spettatori, lasciando spazio all'improvvisazione.

Anche se il cartone lasciato incustodito in galleria, la porta, ready made duchampiano o il buco ingannatore non è il risultato finale di un happening, chi è l'artista? L'espositore, l'imbianchino, il muratore o la donna delle pulizie che hanno posto rimedio alle incongruenze suggerite dalle rispettive “conoscenze esperienziali”?

giovedì 1 luglio 2010

opera d'arte o decorazione?

Abissali differenze in arte tra artigianalità manifatturiera e fare artistico:
Breve dissertazione dedicata a quanti credono nella purezza del pensiero artistico: per fare chiarezza e fugare dubbi e perplessità indotte dalla disinformazione sull’opera e il pensiero dell’artista.

Nonostante i molteplici contributi e i modelli mentali di artisti, estimatori, appassionati ricercatori, studiosi, insomma quella pletora appassionata che si lambicca il cervello attorno ai linguaggi visivi e alla loro funzione educativa e sociale, e che, attraverso le ricerche e le coraggiose proposte, ha fatto evolvere il modo d’intendere le opere d’arte anche al grande pubblico, ancora oggi c’è molta disinformazione per quanto concerne la poetica artistica della visione.

Una disinformazione, voluta da quanti intendono mantenere quell’alone di mistero che da sempre ruota attorno ai linguaggi artistici e al mondo dell’arte in genere, agli artisti e al loro lavoro, alla struttura che favorisce la diffusione e la commercializzazione delle opere d’arte.
Disinformazione che si tramuta in ignoranza e fa intendere l’opera come bene rifugio, al pari di un lingotto d’oro, un gioiello o un immobile, vanificando i messaggi lanciati nel corso dei secoli con veemenza da artisti e estimatori intellettualmente onesti. Con ciò non si vuole intendere che l’artista debba essere uno sciancato, anche lui e il suo entourage devono vivere dei proventi di un lavoro! ma è importante non fare confusione:
La sua attività è una prestazione d’opera intellettuale messa a disposizione dell'umanità e che non ha nulla a che vedere con la decorazione o le frivole copie del reale, lavori apprezzabili dal punto di vista formale se realizzati con maestria ma nulla di più!, da vendere questi ultimi, nei grandi magazzini o abbinarli a divani, mobili e piastrelle di vario genere.

(mario iannino)

venerdì 27 ottobre 2017

Arte, cultura e valore aggiunto

L'arte spiegata ai bambini con poche semplici parole.


Quello che chiamiamo arte è un banale incidente di percorso nell'evoluzione della storia umana.
Come tute le attività anche il disegno nasce casualmente e diviene strumento comunicativo.
La socialità del branco ma anche dell'idividualista l'intenzione di comunicare è un'esigenza che spesso diventa sinonimo di sopravvivenza. Possiamo paragonare il disegno alla scoperta della ruota. Alla rotondità dei tronchi che lasciati liberi sulla somma dei declivi rotolano giù fino a traggiungere la base del terrapiano. E a come questa scoperta alleviò le fatiche degli uomini primitivi.

L'uomo, fin dalla preistoria, perfeziona le geometrie che riscontra in natura e se ne avvale.
Come con la circoferenza del tronco, l'orma di un'impronta nel fango o della mano sporca appoggiata alla parete di una caverna suggeriscono le potenzialità insite che, migliorate nei tratti, se pur nell'elementare e incerta grafia, aiutano a trasmettere messaggi e notizie tra simili.

Col passare del tempo, grazie anche ai momenti d'ozio nei quali l'uomo medita sazio, l'osservazione attenta e la presa di coscienza inducono ad osare. Il segno trasforma l'impronta in verbo: “questa è la mia mano; io sono stato qui”.
In seguito lasciano altri messaggi. Messaggi più articolati.
I cacciatori disegnano azioni di caccia suffrangandole di prede, quantità e possibilità di cacciagione. Lasciano anche segnali di pericolo disegnando predatori e trappole disseminate lungo i percorsi.

Nei millenni, la conoscenza e i saperi acquisiti, la vanagloria, quindi la voglia di far conoscere agli altri la magnificenza del proprio rango, spinge i potenti e ricchi signori a fare “raccontare dai dipintori” le gesta degli avi attraverso le immagini dipinte sui muri del palazzo del casato.

Anche gli alti prelati, disattendendo il Verbo che imponeva di non fare falsi simboli e scivolare verso l'idolatria, cioè evitare di rappresentare fisicamente il Divino, si avvalsero dei sofismi pittorici. La cappella sistina è un magnifico esempio.
La pittura di bottega fu soppiantata dalla realtà con cui la luce colpisce e illumina o mette in ombra gli oggetti, la natura e le persone.
L'osservazione scientifica del creato compie il miracolo visionario. Gli impressionisti sono lo spartiacqua tra vecchio e nuovo modo di fare pittura.
Il gioco della creatività, però, non si limita ai colori, alla forma e al gesto. Saltando a piè pari una sequela di correnti cher hanno scritto la storia dell'arte, e disponendo di sofisticati mezzi di comunicazione di massa, i creativi vi attingono divenendo nell'attuale sistema dei giocosi osservatori.
Giocano. Osano. Si misurano con la materia, il gesto, i mass-media.
E siccome gli eventi si fanno pelle, i fatti e gli accadimenti sociali sedimentano tra pensieri e sogni, e i creativi, da eterni bambini, giocano con visioni che oscillano tra l'onirico e il reale.

Gli artisti, attenti e sensibili a quanto accade nel mondo, non sono sociologi o filosofi. Sono degli accumulatori che, avvalendosi dei linguaggi dell'arte scaricano all'esterno, mediante la materia e i simboli passati e presenti, si fanno messaggeri inconsapevoli(?) degli umori contemporanei.

Riassumendo:
lo strumento linguistico è trasformato lentamente nel tempo e diventa oggetto di culto caricato da un plus valore economico aggiunto, cioè diventa catalizzatore, banalizzando il concetto, salvadanaio per pochi e non più linguaggio comune che aiuta a crescere.
Quindi, da "segnaletica" a pregiato "mestiere" ed infine, ad oggi, il pensiero creativo proiettato all'esterno è, nel migliore dei casi, mezzo di provocazione culturale, Il gioco creativo è dialettica che assomma tecnica e mestiere con ampie aperture ai fenomeni culturali linguistici e all'imprevisto.

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