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martedì 27 gennaio 2015

Appunti ritrovati

Da una lezione frontale ad Arcavacata tra gli allievi del corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria dell'Università della Calabria.

Il ruolo dell’arte nella formazione culturale dei popoli

correva l'anno



giovedì 30 gennaio 2020

Perché faccio arte?

Le testimonianze che costellano la storia dell'arte denunciano spesso scontri tra chi fa arte e chi detiene il potere mercantile della stessa.

(ph Valentina Iannino, 2020)

Gli artisti innovativi, impegnati seriamente in percorsi analitici che assommano oltre al dato tecnico e cromatico l'alfabeto strutturale delle opere, lasciano trasparire la possente azione del loro essere donne e uomini che vivono il tempo.

Le rotture accademiche o di mercato sono dinamiche involontarie, a volte, ma spesso nascono dalle personalità attente a quanto accade nella società, nelle azioni, nell'anima!

Decorazione, design, e quanto suscita reazioni epidermiche, che non a caso, lasciano il tempo che trovano, nelle coscienze per essere sostituite con altre nell'immediatezza, sono lontane dall'essere Arte.

Decorazione e design, se pur discipline apprezzabili nel contesto della comunicazione di base creativa, possono essere sì dei prodotti d'élite commerciale ma, per loro natura, lontani dal pensiero catartico riflessivo insito nella creazione artistica.

Personalmente quando gioco con la materia non pongo limiti alla libertà creativa. Assemblo. Coloro. Lacero. Ricompongo e quando la superficie suggerisce ulteriori inserzioni cromatiche e o segniche le aggiungo.

Il pathos finale determina il lavoro sorretto dal lavorìo interiore stratificato nella mente dagli accadimenti vissuti e dalle notizie accumulate dai restanti sensi. Quando la visione d'insieme gratifica la mia sensibilità il lavoro è ultimato!

Mercato. Vendite. Esposizioni altisonanti. Organizzazioni di eventi mediatici dedicati al culto della personalità non sono contemplate nella mia operazione d'artista e uomo. Vivo le contraddizioni del tempo e le trasformo poeticamente! Questo è!

venerdì 17 settembre 2010

Sgarbi, Cattelan e l'effimero

courtesy arch. M.Iannino
Il Führer in ginocchio fa più paura di quando stava ritto a comandare stermini e predicare l’apologia della razza ariana.

Ci siamo lasciati sopraffare dall’effimero urlato. Il frastuono mediatico avvolge città e menti. Le sensazionalità pacchiane modaiole inglobano cinema, televisione, letteratura, arte visiva e quant’altro attiene ai linguaggi dell’uomo.
Non importa se certe operazioni culturali rasentino il kitsch, o lo siano davvero, l’importante è solleticare le curiosità, far parlare quanta più gente possibile, interessare i mass media e divulgare l’evento.
Si confonde il cattivo gusto con la spontaneità primitiva, assimilabile al fare gio(i)©oso dei bambini non contaminati dai saperi dogmatici.

S’investe in studi e progettazioni della comunicazione, e fin qui nulla di strano, ma non sull’etica dell’arte.
Si assoldano paparazzi e giornalisti per dare eco ad eventi altrimenti sottaciuti mentre si nascondono verità d’interesse generale.

Persino la biennale di Venezia ha bisogno di uno “scandalo”, di qualcosa d’inusuale.
Insomma, si deve catturare l’attenzione pubblica, quindi, anche, persone non addette ai lavori, sollecitando curiosaore12ità morbose piuttosto che invitare artisti che hanno fatto e continuano a fare ricerche linguistiche nel campo della visione.

Va bene uno Sgarbi, che, oltre alla conclamata cultura acquisita, sa fare chiasso, urlare e inveire, cavalcare gli eventi, purché i proiettori siano puntati sull’industria dell’arte del 2011.
E vale bene un divieto d'affissione per catalizzare le attenzioni su un'importante esposizione d'arte contemporanea. Ma, da vecchio romantico, auspico, non un chiasso effimero, bensì attenzione duratura nei confronti dei linguaggi dell’anima, da parte degli addetti ai lavori e dei mass media.

Concludo, quindi, con i più sinceri auguri di buon lavoro a Maurizio Cattelan e Vittorio Sgarbi.





polimaterici, 2009, m.i., "rosso" e, in alto, "nei sud"

domenica 23 ottobre 2011

artisti in cerca di notorietà attenzione!

Molta gente sa pescare bene nel sottobosco della cultura visiva. Pseudo critici d'arte, galleristi, mercanti e collezionisti adescano quanti, resi euforici dei risultati ottenuti e convinti delle loro potenzialità artistiche, pensano di sfondare nel campo dell'arte; diventare famosi e guadagnare tanti soldi che non guastano mai! Gente che invade giornali, televisioni e anche il web. Ogni istante nasce un nuovo sito con relativo staff di dottori e profilo sui maggiori social forum. Dottori della visone artistica che non fanno niente gratis. Ogni rigo o attimo del loro prezioso tempo deve, in qualche modo, essere remunerato.

Da giovane credevo che l'Arte, la Cultura in genere fosse esente da simili fameliche espansioni umane. Credevo nell'arte emancipatrice; nella forza del suo linguaggio e nella libertà. Ma mi sono sbagliato! I signori di cui sopra sfruttano le ingenuità e concedono attenzioni solo a condizione che vi sia un guadagno sicuro per loro.

Il mio personale invito a quanti amano dipingere è di non lasciarsi tentare dai nani e saltimbanchi che di volta in volta appaiono nei mass media. Continuate a dipingere, a giocare creativamente per voi stessi. Confrontate i vostri lavori con chi ama il gioco creativo per migliorare se stesso ed eventualmente, se capita l'opportunità, con una platea più vasta. E abbiate chiara l'idea che il mecenate illuminato non esiste! E neanche il colpo di culo. Esiste solo l'affare! E le lobby... perciò fate attenzione alle lusinghe anche sul web, specie agli “amici” che bloccano i commenti dissonanti ma fanno incetta di contatti per implementare gli affari.
Stamattina ho eliminato uno di questi contatti.


domenica 13 febbraio 2011

le performance di Vittorio Sgarbi

prossimamente: Sgarbi e l’happening delle donne che amano Silvio.


Nell’Italia democratica, in virtù della pluralità e della enorme pazienza degli italiani impegnati seriamente nei campi del lavoro, della cultura e dell’arte, che rifuggono platee facili o scorciatoie artificiose come la mercificazione del corpo, magari reso ancora più bello e attraente dal silicone e dal bisturi del chirurgo plastico, c’è spazio per tutti, anche per le provocazioni studiate e urlate strategicamente nei talk show, nei tg o nelle trasmissioni spazzatura, ottimi trampolini di lancio per le olgiatine (belle ragazze in difficoltà che per uscirne si sacrificavano a fronte di cospicui guadagni con uomini facoltosi) prima della carriera politica, secondo quanto emerso dall’indignazione corale degli italiani, per acquisire visibilità alcuni personaggi hanno fatto e continuano a fare tutto ciò che ritengono favorevole alla loro ascesa.

E non solo. Ormai da qualche decennio, i telespettatori che pagano il canone rai e quanti s’interessano di cultura e arte, sono costretti a subire un personaggio singolare che ha fatto della violenza verbale uno stile mediatico ben remunerato, asservito e pronto al mutuo soccorso di chi foraggia con incarichi ad hoc il suo ruolo di cavalier servente.

Eppure è persona colta, di quella cultura nozionistica pallosa, trita e ritrita ancorata a schemi passati ma che per lui è, ancora oggi, l’unica forma d’arte ammissibile che denota potenzialità artistiche nei contemporanei.

Insomma un urlatore che ama lo scontro verbale.

Forse è per questo suo modello mentale che Sgarbi, visto il successo delle manifestazioni odierne, si fa accompagnatore delle “nobildonne” e, simile al cicisbeo settecentesco, propone una "contromanifestazione" festosa dedicata all’amore e invita le donne che amano Berlusconi a scendere in piazza, suffragato dalla ministra dell'Istruzione, Maria Stella Gelmini, che mette nero su bianco il suo personalissimo pensiero sulle manifestazioni delle donne che oggi si sono trovate numerose come non mai nelle piazze per contestare l’imbarbarimento della cultura e della politica, come "minoritarie e radical-chic".
E ancora dalla Daniela Santanché. Che accusa le manifestanti di volere alimentare l'odio delle donne contro altre donne, una sorta di "Eva contro Eva".

Sgarbi, me lo immagino, novello cicisbeo che apre il corteo della "contromanifestazione" di donne che amano Berlusconi. da un lato la ministra dell'Istruzione, Maria Stella Gelmini, e dall’altro Daniela Sntanchè seguita dalla Minetti e poi giù giù con Ruby, e tutte le papygirl.
… ma quanto sono ignorante! Un critico d'arte e tante artiste che si radunano in un luogo pubblico si chiama happening!

lunedì 30 aprile 2012

Saperi e fortuna

studi sulla terza dimensione, biro, 1999, m. iannino

Si può cavare sangue dalle rape?

Gratta e vinci enalotto totocalcio slot machine sono giochi inventati dall'uomo e destinati a chi ama il brivido!, sfidare la fortuna e vincere, forse, di sicuro rarissimamente, grosse somme di denaro col minimo sforzo fisico e nessuno intellettuale.

Nel coinvolgimento corporeo, dove la prestanza fisica e lo spunto intuitivo fanno la differenza, l'odore del sudore, misto alla polvere dei campi di tennis calcio pallavolo basket o sulle pedane olimpiche, si confonde con quello dei broker e dei procacciatori d'affari, ma anche qui la fortuna gioca un ruolo rilevante, salvo non sia determinata aprioristicamente dai burattinai clandestini che tirano i fili del gioco fuorilegge.

Per eliminare l'alta percentuale della casistica fortunosa, l'uomo colto, ha incluso altre forme di giochi ai quali affidare con maggiore certezza i propri capitali e vi ha apposto un'etichetta suggestiva, che incute soggezione nella stragrande maggioranza delle popolazioni educate al consumo veloce dei prodotti.

Sotto l'etichetta “opere d'arte” pullula la disinformazione o bene che vada le disquisizioni cervellotiche di chi vuole pilotare a suo piacimento “l'affaire arte”.
Un esercito ben equipaggiato osserva attentamente il mercato dell'arte. Lo cura e lo ravviva nella dialettica cara ai meccanismi della comunicazione di massa. Inventa tendenze e artisti di sana pianta, confonde ruoli e lemmi. Valuta secondo interessi risibili se raffrontati al peso specifico della creatività giocosa che differisce dall'artigianalità tangibile nei manufatti derivanti dalle tecnologie e ripetute all'infinito.
Attenzione! Non si tratta di arte popolare! Bene che vada può essere rapportata ad un'operazione strumentale tendente alla dialettica del “bell'e fatto”; all'azione del ready made cara ai DADA. Oppure agli effetti speciali della cinematografia. Che, sia ben chiaro, è e rimane un buon risultato del lavoro dell'uomo. Niente di più!


venerdì 12 ottobre 2012

Venezia 2013, Gioni, Pietromarchi e l'arte Italiana

mario iannino, pagine in/utili, 2007-2012,
Dopo Massimiliano Gioni ecco arrivare la nomina ministeriale che designa chi dovrà curare il padiglione Italia della 55ma biennale italiana d'arte contemporanea. Bartolomeo Pietromarchi ha già tenuto la sua prima conferenza stampa ed ha esposto come intende lavorare per allestire la storica vetrina artistica.

La mostra, nelle intenzioni di Pietromarchi, diventa un’occasione per leggere criticamente alcune linee di ricerca dell’arte italiana dal 1960 in avanti non più come contrapposizione tra movimenti e generazioni ma come un atlante composto, nel tempo, con linguaggi e temi riconducibili alla antropologia storica e culturale italiana. Come, ad esempio, il rapporto con il paesaggio, la città e l’architettura, i riferimenti alla storia e al mito, la spiritualità, l’immaginario e la cultura popolare, i temi del doppio e della maschera, del rapporto tra realtà e finzione.

Il resto sarà reso noto dopo l'incontro di Gioni con tutti i curatori dei Padiglioni nazionali, previsto per il 25 ottobre.
Comunque. È confortante leggere tra le righe la volontà di sottoscrivere una dichiarazione d’amore per questo Paese più che l’idea di mettere in scena “fenomeni”.
L'esposizione, sempre nelle intenzioni di Pietromarchi, presterà attenzione ai giovani ma senza cedere al giovanilismo. Sarà una mostra che guarda alla Storia per sottolineare come e quanto questo Paese sia in grado di reinventare il presente. “Il progetto espositivo è concepito come un viaggio ideale nell’Italia di oggi e di ieri attraverso lo sguardo dell’arte.

Traducendo: senza maestri i giovani non vanno da nessuna parte. E allora ecco gli artisti del XX secolo consacrati a livello mondiale: Boetti, Michelangelo Pistoletto, Penone, Kounellis, etc etc.

Proseguire, quindi, “sulla strada di una promozione e un sostegno alle nuove generazioni per affermare la centralità nel panorama artistico contemporaneo, riconoscendo, al tempo stesso, il valore della tradizione artistica e culturale italiana, dalla quale proveniamo". 

In questo senso, il Padiglione Italia è l’occasione più importante e il contesto più adatto per far conoscere a una platea internazionale artisti, tenuti fino ad ora, fuori dalla “filiera culturale visiva istituzionale”.

Promuovere artisti, quindi, non necessariamente già "scoperti o portati per mano da firme più o meno prestigiose" riconosciuti in ambito museale ma, quantomeno, si spera, che, Gioni e Pietromarchi, finalmente, dopo avere ampliato lo sguardo e sbirciato criticamente nelle periferie, arrivino nel Padiglione Italia alla 55ma Mostra Internazionale di Venezia con nomi nuovi di validi artisti italiani. Me compreso!

lunedì 16 aprile 2012

mille opere al rogo, performance estrema per l'arte contemporanea

uno scorcio del CAM di Casoria, NA
“Mille opere d'arte bruceranno nei prossimi giorni per richiamare l'attenzione del ministro della cultura Ornaghi”.
Questo l'annuncio provocatorio del direttore del Cam, il museo d'arte Contemporanea di Casoria, Antonio Manfredi.
''Smetterò quando verranno qui Ornaghi, il presidente della commissione cultura UE Doris Pack e il governatore della Campania Caldoro. Non chiedo soldi, solo attenzione''.

“L’azione avrà inizio martedì 17 aprile 2012 alle ore 18.00 con la distruzione dell’opera pittorica di un’artista francese collegata via Skype con il museo al momento dell’azione, seguiranno le opere di Ast avamposto sociale oltre che culturale, e fino a quando un’azione concreta non verrà messa in atto per salvaguardare questa realtà, attraverso l’individuazione da parte della Regione Campania di uno spazio consono alla collezione internazionale del CAM e di fondi adeguati alla sua gestione, noi continueremo a bruciare le opere della collezione permanente del museo CAM.
In quanto centro di una rete internazionale ci facciamo capofila di un’azione di protesta allargata con l’appoggio degli artisti europei che vivono le stesse problematiche economiche. Nei propri studi, alcuni artisti internazionali bruceranno a loro volta le proprie opere per una rivoluzione globale della cultura”.

DOMANI, QUINDI! Sarà vero? Avrà, il nostro amico e gli artisti associati, il coraggio di distruggere mille opere o è solo un escamotage pubblicitario? Certo, come performance può risultare originale anche se già altri artisti lo hanno fatto.
Personalmente penso che non è distruggendo una o mille opere più o meno valide artisticamente che si risolve il problema. Da sempre nei momenti di crisi economica gli artisti e la cultura in genere sono i primi a soffrire per le ristrettezze imposte dalle politiche economiche dei governi e dei privati. D'altronde cosa è l'arte nel pensiero contemporaneo se non una fonte di lucro che si assomma nei piccoli e grandi capitali?
Non lo dico io ma la storia. E la storia insegna anche che ogni azione espletata a favore della cultura presto o tardi genera frutti.
in bocca al lupo!

sabato 17 giugno 2017

Discordia in nome dell'arte

Capita, a volte, mentre si fa una passeggiata, di essere coinvolti in discussioni che riguardano la quotidianità e l'imponderabile.
Difficile non lasciarsi coinvolgere e spezzare una lancia a favore “dell'incomprensibile intenzione creativa” del pensiero contemporaneo divenuta oggetto del contendere, prescindendo, comunque, dalla reale valenza culturale e artistica del lavoro stesso. I concetti cambiano se il lavoro è guardato da occhi esperti, da persone che conoscono la storia dell'arte e i percorsi di pensiero dei diversi ismi rispetto a chi è completamente digiuno dei pensieri creativi coi quali si misurano gli artisti.


Ecco un esempio di ordinaria quotidianità:

Due tir. Due tir sono arrivati. Carichi di questi sacchi. Mah sacciu eu? Mo' stannu ccà fhinu a ottobra.
È arte! -dico io-
Sìsì arta. Quala arta. I spendiru armenu ncunu centinaru e migghiara e euri. Almeno! Aggiunge un secondo uomo.

L'arte costa! E non puoi stare a confrontare il prodotto artistico ad un qualsiasi altro lavoro.
Questi non sono semplici sacchi che formano una trincea o un labirinto. Questa è un'operazione intellettuale. Dimentica i sacchi e i loro contenuti. Sospendi anche i tuoi problemi impellenti, cancella la mente. Pensa a qualcosa di diverso. Non pensare neanche alle intenzioni di chi ha progettato l'opera e quanto costa ma prova a pensare che cosa ti suggerisce l'installazione.

E cchi ma' de suggerira. Eu viju sulu sacchi ammenzu a chjiazza. E dhà nu tombinu ruttu ca ncunu po' nciampara e cadira. -risponde l'operaio addetto alle pulizie del parco cittadino-

Il tombino in cemento si trova affianco all'installazione di Pistoletto, dove nel frattempo alcune ragazzine fanno la corsa tra gli spruzzi degli irrigatori contandosi gli schizzi d'acqua che non sono riuscite ad evitare tra grida e risatine isteriche per essersi bagnate i capelli o il cellulare mentre fanno selfie.

Si và bbò ma ammenzu tanti artisti e ccà propriu a chissu jiru ma trovanu.
Ei, attenzione, questo fa parte della scuderia ORLER!
Cui, chiddhu ca fa chiddi cosi ala televisiona? Sì, quello che vende quadri e dipinti in tv.
Mah. Sarà, ma io non l'avevo mai sentito prima d'ora. Come si chiama Maggiato? No Meggiato. Ginafranco Meggiato. Sta scritto lì.


...così è se vi pare... per dirla alla Pirandello

domenica 21 marzo 2010

empatia e cultura, per comprendere i linguaggi dell'anima



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Ancora oggi molte persone rimangono inebetiti davanti a opere non figurative. Eppure sono trascorsi molti anni dalla presentazione dei primi manifesti di arte d’avanguardia ad iniziare dal movimento che ruppe col passato accademico: l’impressionismo, che aprì le frontiere dei linguaggi visivi artistici contemporanei.
Gl’impressionisti, così definiti da un critico ottuso che volle denigrare il movimento culturale nato nella seconda metà dell’ottocento, guardarono il mondo con occhi diversi e cercarono, riuscendovi con perizia, di cogliere l’attimo della visione secondo la naturale impressione cromatica trasmessa dall’esposizione dei soggetti alla luce.
Impressione del sole nascente, da cui prende il nome tutto il pensiero pittorico, è una tela di Monet dai contorni soffusi, l’alba è più mistica che reale, se rapportata ai canoni accademici in atto nella pittura Francese ed Europea del tempo. Insomma, gl’impressionisti stravolsero concetti consolidati che fino ad allora servirono anche ad educare le masse. Viene da sé che i quadri che non rappresentano un contesto conosciuto e lontani dalla cultura visiva corrente incontrano derisione ostile e superficiale elusione di quanti capitano per caso a visitare un vernissage.
La pigrizia intellettuale di quanti non si sono mai appassionati o interessati ai linguaggi visivi e, quindi, alle avanguardie artistiche, induce a scrollare le spalle e passare oltre, per soffermarsi laddove c’è il segno tangibile della figura conosciuta, quindi un bel tramonto, un bimbo con le lacrime sulle gote, una composizione floreale, un ritratto e esclamare: quanto è bello, che bravo, questa è arte!
Ecco, lo stordimento iniziale di chi è privo della chiave di lettura delle poetiche visive trasforma repentinamente l’ignorante in navigato conoscitore di linguaggi visivi; eppure, la storia dell’arte nel testimoniare le esperienze umane chiarisce intenti e moti, pensieri, analisi e azioni di artisti e studiosi; distinguendo tra maestria artigianale, tecnica e creazione.

l’indifferenza causata dalla mancata acquisizione degli strumenti educativi rende il lavoro artistico sperimentale o d’avanguardia poco fruibile, perché, inadeguato alle aspettative della massa non avvezza a rappresentazioni visive gestuali prive di soggetti formali immediatamente assimilabili.

La gente si sente rassicurata dalla visione di figure affini alla realtà e pur disconoscendo il linguaggio dell’arte crede di interagire, capire quanto l’artista volesse dire o trasmettere con gli strumenti della pittura o della scultura, musica, letteratura, teatro.
Capire un’opera è conoscenza. Conoscenza e contestualizzazione storica dell’artista. Quindi, piuttosto che chiedersi o chiedere la significazione è opportuno munirsi degli strumenti culturali adeguati che associati alla sensibilità individuale conducono il dialogo sui binari dell’empatia.




(mario iannino)

venerdì 5 marzo 2021

Creatività e arte contemporanea

Prima, durante e dopo.

Nella fase iniziale, dopo che si è interiorizzato il tema, si abbozza una ipotesi di lavoro. I pensieri, vestiti di poetica, attraverso la tecnica assumono corposità e si prestano a letture personali a volte dissimili da quelle dell'autore. Le Suggestioni che vivono in ciascuno e prendono corpo nella costruzione semantica della superficie suggeriscono e invogliano al dialogo solo se stuzzicano gli interessi intellettuali e sociali delle parti testimoni dei conflitti verbali e promotori poetici dei temi trattati.

ph Valentina Iannino


Sensibilità e conoscenza sono elementi indispensabili per comprendere! E porsi nello stato d'animo giusto davanti all'ignoto, con umiltà.

Provocare a volte è costruire ponti tra culture differenti.

La pittura e le varie forme di comunicazione che sfiorano le corde della semantica poetica collettiva, in una parola: l'arte, è provocazione costruttiva che rifiuta la decorazione melensa e abbandona gli inutili orpelli imposti dalla diseducante concezione degli “equilibri armonici”.

Elaborare un'opera è scrollarsi di dosso tutte le imposizioni concettuali. Abbandonare le congetture mirate a imbastite il mercato. Fare arte è fare cultura! Non è tesaurizzare o arredare!

“la gente, davanti a un quadro, quando non capisce ride”. Diceva E. Zola.

Ancora oggi, nel 2021, si sente dire: “ma questo lo sa fare anche mio figlio, un bambino dell'asilo, e anch'io!”. 

Dimentica o non sa che non è una semplice attività del “fare” qualcosa e neanche un oggetto destinato ad arredare interni o arricchire mercanti e galleristi.

La gente prima di porsi davanti a un quadro, un'opera d'arte contemporanea ma anche per immergersi in una lettura impegnata, deve acquisire gli strumenti giusti per potere leggere, comprendere e interloquire, trarre il meglio dell'opera stessa; in sintesi deve lasciare ogni pregiudizio e essere collaborativa, deve sapere aprirsi al dialogo e all'imprevisto; deve sapere cercare la chiave di lettura solo così può dialogare con l'autore comprenderne il lessico e quindi entrare nel suo mondo.


martedì 29 maggio 2012

Attenzione al sottobosco del mercato culturale

 ©M.I. INSTALLAZIONE, 2011, "allegorie!"
Con la primavera si risveglia la natura e con essa rispuntano le estemporanee, i concorsi, le mostre di pittura scultura, recital di poesie, con ricchi premi e cotillons, tutte attività giuste, mirate a far conoscere e farsi conoscere forti dell'entusiasmo giovanile e anche spinti da un pizzico di vanità, convinti di proporre chissà quale grande opera che il mondo non conosca. Forse è questa la motivazione che spinge alcuni soggetti di proporre vetrine frivole per arricchire di lustrini i curricula dei neofiti operai dell'arte e della cultura.

A PROPOSITO DI VANITY PUBLISHER E DEL MERCATO DELLA VANITÀ CHE SPOPOLA NEL SOTTOBOSCO DELL'ARTE PARTECIPO AI VERI CULTORI DELLA POETICA CREATIVA, NELL'ACCEZIONE AMPIA DEL TERMINE, ecco un esempio di INVITO DA DECLINARE CON DECISIONE:

Buonasera, come saprà in collaborazione con il Museo di Monreale, stiamo organizzando il Gran Premio dei Normanni
Esporre in un Museo pubblico è davvero molto importante al fine di avere un ricco e prestigioso curriculum.
L'amministrazione comunale di Monreale nella persona del Sindaco Avv. Filippo Di Matteo, e il Prof. Salvatore Autovino, direttore del Museo d'Arte Moderna e Contemporanea (Complesso Monumentale Guglielmo II), hanno il piacere di conferirle il più prestigioso riconoscimento della città di Monreale: il Gran Premio dei Normanni.
Già numerose personalità del mondo dello spettacolo, della letteratura e delle arti visive hanno ricevuto dall'Amministrazione Comunale di Monreale questo importante premio.
Il suo nominativo è stato inserito nella ristretta cerchia dei candidati di questa edizione.
Aderendo a tale iniziativa avrà diritto a:
1- Esposizione con una sua opera formato massimo 70 x 100, per 15 giorni (dal 15 al 30 settembre 2012) al Museo Giuseppe Sciortino di Monreale
2- Pubblicazione di una sua opera, su una colonna nella Rivista Over Art
3- Targa personalizzata col proprio nome
4- Attestato di Premiazione
5- 2 copie della Rivista Over Art con 100 estratti della sua pubblicazione.
L'unica cortesia che Le chiedo è quella di inviarmi al più presto il materiale per l'adesione.
Il Museo può contenere un certo numero di opere, e una volta confermate le adesioni non possiamo più accettarne.
Può inviare il tutto:
1- Scheda di adesione compilata
2- Foto di una sua opera
3- Breve curriculum
direttamente a me tramite mail oppure per posta a:
Dott. 
Via Giuseppe Donati n 58 scala B Int 4
00159 Roma
o sempre per mail a: 
Entro massimo il 3di Maggio
Costo 150€ 
Suddiviso in 2 rate:75€ al ricevimento del tutto (Giugno 2012) - 75€ alla spedizione dell'opera (Settembre 2012)
Certo di una sua adesione le rinnovo i miei più sinceri complimenti verso la sua splendida Arte
Con profonda stima
Dott. 

Che dire? Sono commosso! Felice! Entusiasta!
ma...

lunedì 12 giugno 2017

Arte contemporanea open, installazioni interattive

Al marca, al musmi, nel parco della biodiversità in Catanzaro.

Arte in trincea.

Coprirsi e attaccare. Difendersi. Stare in trincea. Per paura o preservazione si erigono muri mentali e materiali per delimitare spazi
L'installazione posta nella piazzetta del parco della biodiversità in Catanzaro, già magnifico museo d'arte contemporanea, collega idealmente i percorsi esistenti nel museo storico militare “musmi” che fa da quinta al suggestivo muro fatto di sacchi.
Due gli accessi. O le uscite.
Dietro il muro fatto di sacchi si paventa l'imprevisto.
Inusuali strutture semoventi composte da Lingue di alluminio ricurve danzano attorno a nuclei traslucidi. Una sola struttura è bianca! Le altre, pur monocrome, scure, dalle superfici butterate, riportano alla mente le sinuose linee danzanti di Cezanne.
Danzatrici del tempo muovono passi estatici.
La materia si dissolve. Trasmigra.

Al centro del labirinto l'installazione proietta verso l'alto forme danzanti in continuo movimento. Vestali. Spose del pensiero positivo avvolgono in sinuose forme sfere tirate a specchio.
E tu sei lì. Catturato/a. Parte di un attimo. La tua immagine, riflessa nel mondo onirico, danza. Le lame la avvolgono. L'abbracciano. Come a proteggerla.
Rapiscono la materia. Rimane il pensiero. L'astrazione. La concreta astrazione materica.
Il pensiero è teoria visiva. Manu-fatto di spazi vuoti delimitati e avvolti dalle lingue danzanti traslati in spazi altri. Guardiani del tempo. Materia de-strutturata. Sospesa.

All'interno del labirinto mentale il percorso è breve. Sogno e realtà. Nelle insenature del tracciato, protette dalla barriera di sacchi colmi di sabbia e incastrati uno sull'altro per attutire i colpi nemici, gli assemblaggi poliedrici interagiscono.
Posizionati su piedistalli bianchi. Le strutture cambiano aspetto.
Se spinte dolcemente. La danza ha inizio.

L'arte deve essere protetta? La bellezza  È sotto assedio?

martedì 5 gennaio 2016

Utopia, una parte di me

Ho una piccola stanzetta dove mi ritiro, medito e mi diverto. Dipingo, compongo cromie figurali, leggo e scrivo di arte e, quando mi va, anche di musica, teatro e letteratura.

"un angolo dello studio nel 2014
con fotomontaggio dal titolo:
io che parlo alla luna"

Nel mio piccolo mondo amo trattare il segno, la materia e il colore. Materia, segno e colore devono dialogare e rispondere alla mia intima soddisfazione plastica e estetica.

Non che il mondo dell'arte contemporanea e della creatività in genere aspettasse me! In arte si è detto, scritto e operato in tutte le direzioni possibili e immaginabili. Credo, comunque, nel mio piccolo, di essere riuscito a realizzare delle forme-pensiero accattivanti. I lavori soddisfano il mio intento di ricerca linguistica che sfocia in una sintesi semplice, ammantata di bianco.
Un bianco pacificatore che evidenzia o nasconde, suggerisce pensieri, all'occorrenza crudi, consolidati in strutture forti intrisi di vita che si fanno denuncia o poesia nel linguaggio della visione a seconda dei temi trattati.

Qualche opera è pubblicata sulla pagina di https://www.facebook.com/Mario-Iannino-Artista-pagina-ufficiale-481937165158948/ e altre su http://marioiannino.blogspot.it/ . Nell'attesa che intercetti uno spazio fisico di un qualche ente pubblico che sia davvero interessato e preposto alla diffusione e alla valorizzazione dell'arte contemporanea indipendente, chi vuole prendere visione dei lavori può interagire sul web.
Grazie e buona visione.

martedì 25 gennaio 2011

spazio Artisti in Calabria, Rotella, Marziano, Toraldo, Celi, Mamone

aore12
Giovanni Marziano, olio su tela, (1978)
Massimiliano
Rivoluzione industriale, rivoluzione culturale, anni di plastica, società dell’usa e getta. Sono termini coniati per definire i vari fermenti sociali e culturali esplosi nei mitici anni sessanta.

Anni importanti per la crescita culturale mondiale.

In America come in Europa si vive un clima effervescente, si passa dalla fase preistorica industriale del ferro all'impiego dei derivati del petrolio, alla plastica; e grazie alla ricerca, in poco tempo, gli utensili di nuova generazione invadono i mercati, le case e infine le strade; ed è proprio dalle strade che inizia la trasformazione dell’oggetto.

Da oggetto alienato che ha concluso la sua funzione vitale, diventa, per mano dell’artista, un’altra cosa.
Diventa linguaggio; testimonianza di un’epoca.

È l’evoluzione del pensiero duchampiano; il ready made; l’oggetto ritrovato che sviscerato dalla sua funzione originale si fa linguaggio altro.
La provocazione di Duchamp contamina il fotografo e artista Man Ray e il resto della cultura visiva degli anni 60.
Anche Andrew Warhola, meglio conosciuto come Andy Warhol si lascia contaminare dai fermenti innovativi di quegli anni e sfrutta al massimo le potenzialità pubblicitarie. Infatti riprodusse, anzi fece riprodurre gli oggetti fotografati o disegnati in serie, e li immise sul mercato dell’arte.

Le serigrafie di Warhol sono diventate un cult. Per alcuni sono opere d’arte degne di nota mentre per altri no! Comunque si voglia intendere, è da convenire che Andy Warhol ha avuto quell’attimo d’illuminazione Zen, come diceva Mimmo Rotella, che lo ha spinto oltre il comune senso della visione settoriale parcellizzata.
Insomma, Warhol si trova nella condizione storica di poter proporre multipli a basso costo e a chiunque.
D'altronde è da sciocchi stare a lisciare la tela per giorni quando basta un clic ben azzeccato; l’importante è l’idea; il linguaggio poetico che l’artista evoca col suo gesto e trasmette. Anche la pittura, intesa come lavoro artigiano è preistoria! Perché non avvalersi delle nuove tecnologie?
 Indubbiamente, il bel dipinto rimane l’unico mezzo per dimostrare valenza pittorica, ma nulla di più!, se non vi è dentro l’anima di chi lo ha realizzato!

Anche Mimmo Rotella, coi suoi decollage, è stato bistrattato e offeso. I detrattori non hanno capito la genialità dei linguaggi metropolitani. Cosa che invece Mimmo Rotella ha saputo raccogliere e donare all’arte.

Gli anni sessanta sono stati anni importanti per la crescita culturale e sociale; hanno dato spunti a scienziati, tecnici, industrie, lavoratori, artigiani e artisti in generale.
Le innovazioni, contaminando i percorsi di pensiero, determinano nuovi lemmi nei linguaggi creativi; da ciò si evince la consequenziale fioritura formale dei lessici figurali ed è altrettanto ovvio che chiunque li adoperi ne tragga beneficio; per cui, anche la figurazione intesa in senso strettamente tradizionale trova possibilità esplicative differenti. Viene da sé che il pittore della domenica non rimane tale in eterno e neanche il neofita; se ama davvero l’arte e la reputa volano di crescita collettiva si spinge al di là del fattore puramente formale pittorico, approfondisce studi e ricerche per migliorare pensiero e linguaggio.

Negli anni 70 sono visibili i risultati dei fermenti esplosi nel decennio precedente.

Consumismo e pubblicità la fanno da padroni. Inutile elencare gli artisti che a vario titolo hanno adoperato materiali pubblicitari per esprimersi e smuovere le coscienze. Molti di questi prodotti ora si trovano nei musei o fanno bella mostra nelle esposizioni private, altri li hanno staccati dalla parete e riposti in cantina.

Anche se, i linguaggi innovativi, in certi casi, hanno creato nuovi geni o mostri giacché Sacro e Profano è stato mescolato per tesaurizzare anche i prodotti effimeri, è indubbia la valenza semantica apportata dall'osservazione creativa dei Maestri.

Gli anni settanta sono importanti per chiunque, anche per me!
Sono gli anni della frequentazione culturale e artistica; gli anni dell’impegno sociale anche attraverso la pittura. Incontri e scontri dialettici con gli amici pittori e poeti che sfociano nella costituzione di un centro culturale nel ’77.
Alcuni di quegli amici non ci sono più, altri continuano nel lavoro artistico. La loro presenza, comunque, rimane viva.

Ho già parlato, in post precedenti, di Enzo Toraldo, Aniceto Mamone, Pino Celi. Adesso aggiungo Giovanni Marziano.

Di Giovanni Marziano c’è in casa una presenza costante: la tela col ragazzo in maschera realizzato nel suo vecchio studio di via arcivescovado, nel centro storico di Catanzaro.
Ricordo Giovanni in uno dei rari momenti di pausa. Si discuteva di tutto e si scherzava. Gli chiesi un dipinto. Lui mise una tela sul cavalletto, fece sedere Massimiliano, mio figlio, e iniziò a lavorare. Dopo qualche ora mi diede la tela e mi disse: ecco è Massimiliano tra qualche anno.

In effetti il ragazzo raffigurato aveva qualche anno anagrafico in più; ma lui, Giovanni, da artista attento, seppe ravvisare i tratti che col tempo si sarebbero, e si sono, palesati in un Massimiliano grandicello.

Ovviamente nessuno è rimasto ancorato all'esperienza iniziale. Io faccio ricerca e studio i linguaggi visivi e tutto ciò che stimola la creatività attraverso il gioco. Giovanni ha sempre voluto cimentarsi nella figurazione e oggi produce un linguaggio che ha radici profonde, che per certi aspetti può trovare assonanze nella poetica di Warhol e ben oltre; una figurazione precisa, reale più della realtà stessa, che potrebbe essere, a mio avviso erroneamente, inserita nel filone dell'iperrealismo, perché non credo che questa sia la giusta collocazione, anzi risulterebbe riduttivo giacché nasce e si sviluppa attraverso i nuovi media asserviti, però, alla creatività soggettivizzata di Giovanni Marziano. Insomma, siamo agli sviluppi estremi di teorie e pratiche di artisti come Man Rey, che rivisitati concettualmente oltre che tecnicamente assurgono a "concetti visivi" unici e vanno a coprire quella parte di figurazione narrante, ancora cara nella finzione visiva, e ricercata dai più.

sabato 20 giugno 2009

sospesi tra spirito e materia, l'arte di governare


L'arte di governare

Gestire la sopravvivenza della specie, migliorarne i comportamenti; erudire, innalzare gli standard cognitivi delle popolazioni diventano concetti eversivi nella repubblica dei pagliacci. Sia ben chiaro: non del pagliaccio circense che fa arte e gioca con le debolezze umane; ma di tutti quegli individui amorfi che compongono la massa acefala; quella quantità roboante che inneggia il leader a prescindere, come diceva la buon'anima del grandissimo Antonio De Curtis in arte Totò.

Governare è analizzare i bisogni del paese e risolverli; abbattere ostacoli fisici e mentali; dare buoni esempi di rettitudine comportamentale; non prestare il fianco ai delatori, che, in quanto tali, non aspettano altro!

Nei ricordi degli Anziani si riscontra un dato caratterizzante dei costumi di un tempo: la miseria, la fame, la povertà rendeva la famiglia, cresciuta con sani principi, solidale. Il cibo, se pur poco, veniva diviso in parti eque tra tutti i componenti. Il culto della vita era esteso anche ai prodotti della natura, agli animali: a tutto ciò che fa ecosistema e concorre al sostentamento equo-solidale.

giovedì 5 novembre 2009

da J. Christo a M. Iannino


©mario iannino

Alla maniera di Christo


Chi o quanti, tra adulti e bambini, sono rimasti turbati, shoccati, traumatizzati da perdere il sonno alla visione di un crocefisso? Quanti sono diventati serial killer? Stupratori, ladri, imbroglioni, mistificatori, despoti…
Bèh, se il risultato della visione di un simbolo che ricorda la pena di morte data dagli ebrei a ladri e malviventi d’Israele più di duemila anni addietro, e che, per i devoti, oggi, accorpa in sé concetti d’amore e di perdono incondizionato a quanti lo hanno insultato, deriso, mortificato e ucciso è così catastrofico per la delicata psiche di certa gente, allora è bene che questa gente così sensibile da intentare causa allo Stato Italiano eviti musei, chiese, luoghi di culto e monumenti; stia lontana dalle deleterie opere d’arte che hanno segnato e che continuano a segnare i percorsi dell’umanità! In poche parole: non devono vivere in Italia. Perché l’Italia è un enorme museo all’aperto e certa gente potrebbe farsi male per troppa, eccessiva cultura!
Le persone realmente sensibili penetrano il dato meramente visibile delle cose; sondano i molteplici aspetti racchiusi nel simbolo cristiano senza soffermarsi all’aspetto esteriore: vanno oltre al proprio naso. E ciò vale in tutti i campi dello scibile umano.

In arte, un singolare signore di nome Christo, all’inizio degli anni sessanta occulta pezzi di arredi urbani, ma non per questo i palazzi impacchettati cessano di esistere. Tutt’altro! L’impacchettamento dei maestosi monumenti suscita curiosità in quanti davano per scontato ruolo e esistenza dell’oggetto occultato.
Lo scossone visivo sembra destare interesse nell’opinione pubblica; sia se creato dall’uomo o dalla natura. Concettuale perché veicolato dall’uomo o evento naturale, il fare destabilizzante dei fatti condiziona le menti e rivitalizza l’ovvio.
Uno scossone analogo lo ha provocato nelle coscienze Cristiane la sentenza della Corte europea di Strasburgo nel definire coercitiva l’esposizione pubblica del Simbolo Cristiano: il Crocefisso.
La reazione di fedeli e laici alla sentenza è giustificata se si pensa alla cultura e alla tradizione cristiana che ha accompagnato generazioni intere di italiani.

Christo Vladimirov Javacheff, nel suo manifesto artistico asserisce: “Gli impacchettamenti? Nessuno può comprare queste opere, nessuno può possederle, nessuno può commercializzarle, nessuno può vendere dei biglietti per vederle. Il nostro lavoro parla di libertà”.

Ecco, in sintesi, spiegata, direttamente dall’artista, l’intenzionalità del suo operare. E nel segno della libertà, noi Italiani, che subiamo un verdetto poco chiaro, pur coscienti che il Simbolo in sé non determina in tutti la credenza della pienezza di Fede nel Salvatore Gesù, riteniamo che non sia affatto coercitivo per i credenti di altre dottrine religiose la sua esposizione nelle aule scolastiche.
D'altronde, l’uomo nel suo peregrinare incontra una miriade di persone, ognuno con credenze e usi differenti, si confronta con molteplici etnie e da queste esperienze nasce la cultura cosmica.
Nel campo dell’arte, ciò è avvenuto in parte. Assistiamo spesso alla commistione linguistica che trova il suo fluire spontaneo nel linguaggio visivo universale. Simboli, gesti, grafie primordiali o evolute, diventano lessici istintivi che accomunano razze e idee, seguono il peregrinare umano senza legarsi alla terra natia come nel caso di J. Christo. Ma anche il nostro Gesù, ebreo di nascita, misconosciuto come Messia dalla sua gente, diviene il tassello principe di una Chiesa che ha sede a Roma e proseliti in tutto il mondo.
L’amore per il prossimo, il rispetto della natura, l’esigenza di libertà sono elementi imprescindibili per l’evoluzione interiore. Religiosi, intellettuali e artisti puri né sono coscienti! Perciò operano al di fuori degli egoismi personali o di bandiera.
Passione, follia ingenua, teorie, queste, che trovano riscontro solo nella religione e nell’arte.

Quindi, lontano dall’essere blasfemo o irriverente, tanto per citare il pensiero cattolico secentesco, l’uomo, per capire appieno il creato deve osservare la natura, scoprire le leggi che governano l’universo e adoperarle saggiamente. Gli artisti in generale e Christo nel particolare, credo l’abbiano capito d’istinto; ora, per comprendere appieno l’uomo e l’artista, ripercorriamo alcuni momenti salienti della sua vita, in quanto, quella di Gesù Cristo è nota al mondo intero:
Christo Vladimirov Javacheff nasce nel 1935 a Gabrovo in Bulgaria; compie i suoi studi all’Accademia di Belle Arti di Sofia e nel 1958 si trasferisce a Parigi dove incontra Jeanne - Claude de Guillebon, sua coetanea. Si sposano e decidono di lavorare insieme. Nel ’61 allestiscono la loro prima “personale”. Nello stesso anno creano degli “impacchettamenti” sul porto di Cologne. L’anno seguente, protestano contro il muro di Berlino e in rue Visconti a Parigi organizzano un assemblaggio di grandissime dimensioni con barili d’olio e benzina impilati gli uni sugli altri. Iniziano così numerose proposte, realizzazioni di progetti di impacchettamenti poetici, giganteschi, attraverso i quali vogliono veicolare l’effimero come dimensione estetica e accompagnare l’osservatore distratto verso nuove visioni. Lo spazio antistante non si presenta agli occhi come nella consuetudine giornaliera: è occultato da enormi teli che, adagiati e legati su monumenti, costruzioni o distese incontaminate ne seguono forme e contorni.
La coppia si trasferisce a New York, dove vive e lavora tuttora, nel ’64, e prende la nazionalità americana.
Christo e Jeanne si appropriano degli spazi, drappeggiano, ritagliano, colorano monumenti e paesaggi, restituendo ai luoghi, urbani rurali o marini, una dimensione scultorea assolutamente nuova (Valley Curtain, Running Fence, Surrounded Islands, Biscayne Bay, Pont-Neuf a Parigi, il Reichstag a Berlino ecc…).
Christo e Jeanne-Claude, realizzano gl’interventi sul territorio con i propri mezzi; creano i disegni preparatori che sfociano in varie opere grafiche come litografie e serigrafie, collages, modellini e film la cui vendita serve a finanziare la realizzazione dell’opera vera e propria. “The Gates”, l’ultima loro realizzazione, è presentata a New York all’inizio del 2005. Si tratta di un percorso lungo circa 37 km attraverso Central Park, punteggiato di 7500 portici rivestiti di tende color arancio-zafferano. La loro performance, dal titolo “Sopra il fiume Arkansas”, li vede presenti nel Colorado per l’ennesimo intervento non distruttivo o asservito all’esigenza dell’uomo ma, empatico; vale a dire: azione equivalente al fenomeno di comunione con la natura.

Anche Mario Iannino cela evidenzia e lascia intravedere nuove poetiche. I suoi occultamenti sono, all’occorrenza blandi e inconsistenti, oppure spessi, densi di materia e colore; il velo che separa il “sotto” dal “sopra” dell’opera diventa filtro protettivo di fatti accaduti o che potrebbero accadere. Mentre, le lacerazioni, gli squarci, gl’impasti materici enfatizzano il percorso plastico; rendono lo spazio d’intervento discorsivo e accattivante sotto l’aspetto formale e analitico dei lavori.
Analisi, sviluppate secondo un personalissimo linguaggio visivo, frutto di un trentennio artistico trascorso in solitudine che l’ha portato a valutare in autonomia i percorsi artistici più consoni al proprio sentire. Le sue opere, caratterizzate dal bianco finale che diventa corazza catartica, sono il risultato serio di uno studioso che, in tutta umiltà, scandaglia i linguaggi dell’anima.

sabato 10 settembre 2011

arte dei nodi: shibari, espressione artistica o sadomaso

il corpo delle donne in arte
Può il piacere, se pur sublime e raffinato dalla cultura orientale, trasformare l'azione della libido in una forma d'arte?

L'interrogativo nasce da una notizia di cronaca romana che vede implicate due ragazze e un presunto artista dello shibari, un rituale giapponese finito male per la morte drammatica di una delle due ragazze trovate appese in uno scantinato con la tecnica della bilancia.

Navigando nel web c'è la possibilità d'imbattersi in video dal sapore circense nei quali si vede qualcuno che lega una ragazza, il tutto sublimato con didascalie, citazioni e riferimenti ad altre forme artistiche tradizionali giapponesi come l'Ikebana, Sumi-e (pittura con inchiostro nero) e Chanoyu (cerimonia del tè).

Ad onor del vero, fra i vari utilizzi dello Shibari, alcuni maestri dei nodi riescono a fare delle performance stupefacenti, come legare i modelli fino a farli diventare delle sculture viventi dinamiche, oppure indurre alla pratica meditativa condivisa, al rilassamento profondo per la flessibilità del corpo e della mente, a una forma di scambio di potere, grazie alla pressione dei nodi sui punti vitali del corpo, ma nel caso del bondage si evince, appunto, una semplicissima propensione alla costrizione erotica per mero diletto personale, mortificando, nel contempo la donna oggetto della pratica e l'antica cultura nipponica che faceva assurgere il rituale a sinonimo di eleganza e dignità tra i samurai allorché catturavano o cadevano loro stessi prigionieri, ma in quel caso la legatura era priva di nodi perché si dava valore alla parola data dal samurai; mentre qui, nella funzione impacchettatrice di donne o uomini, le masturbazioni mentali, di certa intellighenzia, tentano di contrabbandare una devianza psicologica per opera d'arte. È la stessa disfunzione o meglio la delegittimazione lessicale della definizione “culturale” associata ad eventi folklorisitci di bassa lega come lo possono essere le sagre paesane prive di fondamenta antropologicamente certe o la canzoncina popolare orecchiabile strappalacrime che acchiappa e narcotizza una moltitudine di gente superficiale o incolta.

venerdì 15 gennaio 2010

disoccupazione e arte dell'arrangiarsi


Strettamente personale.

L’arte dell’arrangiarsi è un’attività umana, praticata nei luoghi in cui vivere alla giornata assurge a filosofia di vita, non perché si è creativi, ma per l’assenza di politiche serie atte a debellare il male sociale più infido per la libertà e l’emancipazione dell'uomo: la mancanza del lavoro retribuito.
Napoli è, per antonomasia, la capitale di quest’antichissima arte; oggi, esportata e attuata ovunque; in Italia e nel resto del mondo.
Laddove esistono larghe fasce sociali che vivono o sono sulla soglia della povertà, a nulla valgono gli incentivi alla rottamazione delle automobili; l’accesso agevolato del mutuo o le variegate campagne abbonamenti. La gente compra la spesa quotidiana confrontando i prezzi scontati e si sposta da un supermercato all’atro pur di far quadrare i pochi conti.
Questo è il quadro della situazione odierna in Italia! Ma ciò non deve indurre in inganno chi non vive nella nostra nazione, perché, è bene ribadirlo, c’è una vasta fascia sociale di finti poveri all’anagrafe tributaria che ostentano ricchezze mai denunciate: macchine costose, abitazioni signorili e tenore di vita da piccolo, medio e grande imprenditore pur risultando disoccupati o dipendenti di qualche ente.
Persino il meccanico sotto sottocasa attua piccoli espedienti: non eroga fattura, vuole l’assegno privo d’intestazione, tenta di rattoppare un pezzo meccanico, poi, contrabbandato all’ignaro cliente per nuovo… ma, arrangiarsi significa sfruttare al massimo le energie e i fattori a disposizione, riciclare, cucinare persino le foglie del cavolo, non sprecare nulla, altrimenti è ladrocinio, disonestà!, e non arte dell'arrangiarsi.

martedì 26 ottobre 2010

appunti Dada

©archivio M.Iannino
bozzetto "dada" 
Il coraggio di Duchamp e l’inerzia dei contemporanei.

La buon’anima di “R. Mutt” avrebbe detto: questo non è né un cesso e neanche una tazzina; infatti, nel 1917 presentò un orinatoio come se fosse una fontana artistica. Il gesto dissacratorio di Duchamp firmato con lo pseudonimo di Mutt diede uno scossone al mercato e ai concetti dell’arte in vigore nei primi del ‘900. Al grido di “dada”, che non ha nessun valore o significato, se non quello di rifarsi al suono che emette un neonato nel fare i primi vocalizzi, nato in Zurigo ed esportato in tutto il mondo, Marcel Duchamp, gettò una provocazione intellettuale forte che fece scalpore e non favorì assolutamente la mercificazione dell’arte e del suo concetto di arte nell’immediatezza. D’altronde come pensare di poter vendere un orinatoio per giunta usato? O tesaurizzare roba vecchia raccattata per strada o presa per pochissimi centesimi dal rigattiere?
aore12
Col tempo, i mercanti hanno saputo trarre benefici del ready made duchampiano; hanno sdoganato concetti e imbastito alte citazioni per i seguaci dell’oggetto ritrovato e riproposto sottoforma concettuale differente dagli artisti; confezionato con termini attinenti ai linguaggi visivi, il ready made trasforma in oro ciò che i re Mida della contestazione hanno esposto in tempi non sospetti per scuotere le coscienze, svegliare le menti intorpidite dalla decorazione fine a se stessa o didascalica.
Per Marcel Duchamp la pittura, ma anche la scultura, intese entrambe come linguaggio alto, non dovrebbe soddisfare un puro piacere visivo; devono piuttosto essere in stretta relazione con la materia grigia, con la mente e non esaudire la dittatura estetica dell’occhio educato quasi esclusivamente al bello classico senza alcuna interpretazione ausiliaria.

Secondo Duchamp “Gli ultimi cento anni sono stati retinici. Sono stati retinici perfino i cubisti. I surrealisti hanno tentato di liberarsi da questo e anche i dadaisti, da principio. E ancora: Io ero talmente conscio dell'aspetto retinico della pittura che, personalmente, volevo trovare un altro filone da esplorare.”

E ci è riuscito! A differenza di quanti hanno seguito le sue orme pigramente dopo essersi ritagliati uno spazio nel mercato dell’arte.

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