sabato 5 ottobre 2019

Perfidia, ottima scelta!

Cinque minuti non di più!
Sì, perché perderne altri e sottrarli a faccende ben più interessanti è un suicidio intellettuale!
Andiamo subito al punto: tra le trasmissioni televisive trash (devono pur campare) mi è capitato di vederne una che forse non è tra le peggiori nel panorama dei palinsesti regionali. Ma le facce di bronzo, per non dire di culo, sono lì parate come da copione senza battere ciglio per difendere scelte marcatamente opportuniste che non hanno niente a che vedere col bene collettivo che la politica alta dovrebbe esprimere e mettere in atto. Quantomeno per rispetto a quell’elettorato accarezzato e invocato fino allo spasimo nel periodo preelettorale. 

In prima fila! Tutte rappresentanti del gentil sesso, qualcuno direbbe di “genere”, per usare aggettivi cari ai sostenitori della percentuale che impone delle donne ad occupare poltrone in politica, agguerrite come non mai per difendere l’indifendibile. Eppure ci tentano! Ce la mettono tutta. Sì le donne sono più tenaci.

Unica nota positiva la conduttrice; sarcastica e col callo cresciuto e indurito nel corso degli anni, dispensa battute e frecciatine a chiunque, anche agli assenti e lancia inviti ai mammut della politica nostrana: personaggi che non si arrendono. E non vogliono abbandonare il campo.
Gente che ha tuonato e tuona contro tutto e tutti ma é pronta ad allearsi e fare contratti con chiunque porti nuova colla, l'importante è che sia fortemente adesiva.

Perfidia! Ottima scelta.

sabato 28 settembre 2019

Fari della Calabria, magia di un luogo

La complessa e affascinante origine orografica fa della Calabria un posto magico: monti, valli, colline e prati ubertosi baciati dal sole si prestano a innumerevoli letture di storie vere o presunte. La fantasia percorre e sorvola gli ostacoli con serena lentezza aiutata dalla bellezza dei luoghi.
 La sua conformazione è da sempre la peculiare bellezza di questa lingua di terra che diede origine a storie di miti e leggende. Favole che sconfinano spesso con la realtà e fanno grande il nome “Calabria”.
Briganti, uomini d’onore, contadini, latifondisti, sfruttatori e sfruttati, artisti, letterati, gente comune, intellettuali, filosofi, patrioti, cerchiobottisti … gente che puoi trovare ovunque ma che qui, marchiati a fuoco da nomee ataviche e folcloristiche incutono terrore o, bene che vada, sono osservati con sospetto dai forestieri, cioè, da chi non conosce davvero l’anima dei calabresi. D'altronde la cronaca ama diffondere notizie dal sapore aspro che toccano lo stomaco, infastidiscono e inducono alla reazione rabbiosa, tant’è che uno “scrittore” scrisse: “… apri i cassetti della cucina dei calabresi e trovi solo coltelli…”. Per certa letteratura la Calabria e i calabresi sono sporchi brutti e cattivi…
 ma:
C’era un tempo in cui i calabresi, più corretto dire i bretti, erano costretti ad osservare il mare per proteggersi e preservare i raccolti ottenuti col duro lavoro nei campi da tutta la famiglia, donne e bambini compresi. Sì, dalle continue scorribande piratesche dei popoli africani che s’affacciavano sul mediterraneo i bretti dovevano pur proteggersi!
I greci non furono da meno, e anche se qui fondarono la “Magna Graecia” e riuscirono a creare nell’Italia meridionale, tra Sicilia, Calabria, Campania, Basilicata e Puglia una colonia in cui trasferirono culture artigianali e saperi sconosciuti prima, furono pur sempre degli invasori.
Da contadini e pescatori, il popolo bruzio, contaminato, divenne artigiano, mercante, guerriero. E servì, volente o nolente la “magna graecia”, i bizantini, i romani, gli spagnoli etc.
I promontori lungo le coste divennero luoghi privilegiati d’osservazione. Sorsero torri di guardia, dette “cavallare” perché presidiate da uomini a cavallo, pronti a correre e dare l’allarme in tempo debito per consentire ai paesani di nascondersi, correre nei boschi e sfuggire a tristi destini di schiavitù di saraceni e pirati provenienti dal mare.
Passata la paura degli invasori iniziò l’era dei mercanti. Le navi solcavano il mare jonio e il mare tirreno per approdare sulle coste calabre cariche di mercanzie che scambiavano con olio, vino, formaggi e altri derivati. Nonché ortaggi e grano prodotti sui declivi e nei pascoli calabresi dalle donne e dagli uomini forgiati dal sole e dal tempo trascorso a lavorare sui campi.
A quel punto, in tempo di pace e scambi tra i popoli, fu necessario rendere l’approdo agevole ai viandanti, creare un punto visivo luminoso per evitare, come narrò Omero nella sua Odissea, che le navi dei mercanti facessero la fine dell’impavido Ulisse costretto a fare i conti oltre che con i personaggi mitologici anche con la furia del mare, gli scogli sommersi e le scogliere non segnate nelle mappe nautiche o invisibili di notte. Costruirono i fari. Dapprima i faristi appiccavano dei grandi fuochi nella notte per segnalare la terra ferma che si presentava improvvisa ai naviganti. E col tempo, a passo con le scoperte scientifiche, i fari cambiarono aspetto e tecnologie. La legna fu soppiantata da altri combustibili e le fiamme prodotte, cioè la luce fu irradiata lontana da lenti e cristalli.
Il fascio di luce che taglia il nero della notte, simile ad una mano tesa, accompagna e riceve i viandanti. Li accoglie sulla terra ferma. Terra di storia e cultura: la Calabria!, è luogo di migrazioni forzate e volute. Gente che conosce il sapore della fame. Fame di conoscenza. Gente caparbia che quando crede in un sogno lo porta a compimento costi quel che costi!
Tutto questo e altro si trova nel lavoro di Ivan Comi; filmati, foto, narrazione
Ecco, Ivan Comi ha presentato alla libreria ubik in Catanzaro Lido un documentario sui fari della Calabria, frutto di un lavoro durato tre anni tra terra, fondali incontaminati e cielo terso. Il percorso storico si fa didattico e traccia un itinerario accattivante sul ruolo del faro posto a indicare l’approdo sicuro ai marinai che si trovano al largo dello jonio o del tirreno.
I ragazzi delle scuole elementari e sua figlia Nicole, testimoni e attori del docu-film, hanno potuto sognare seguendo la rotta ideale tracciata da Ivan che inanella di nuova luce il territorio impervio a picco sui mari del mediterraneo.
Ripercorrere i siti dei fari della Calabria e magnificare in uno spazio atemporale le intenzioni dei contemporanei visitatori senza dimenticare le storie di chi ancora li cura con passione: i faristi e la capitaneria di porto preposta, è un’idea creativa accattivante degna di essere condivisa

ivan comi, presentazione documentarioc/o la libreria ubik di cz lido: i fari della calabria

mercoledì 31 luglio 2019

malangiani chjini

Melanzane ripiene alla calabrese.

Varianti: fritte, al forno.



procedimento:

Lavare e tagliare le melanzane.
Bollire le melanzane.
Togliere la polpa.
Tagliuzzare: provola, salsiccia, uovo sodo e impastare con la polpa delle 
melanzane aggiungendo, a piacere, prezzemolo o menta.



Riempire le mezze melanzane col composto appena preparato.
Passarle nell'olio bollente per una leggera frittura.


Adagiarle nella teglia e cospargerle di sugo di pomodoro fresco e infornare.
Quantità degli ingredienti soggettive, in base al gusto e alle persone che devono fare il “sacrificio” e patire i peccati di gola.
Bon appetit! 







sabato 27 luglio 2019

Aforismi e metafore esplicative che non passano mai di moda

Spesso ci facciamo idee e etichettiamo secondo le nostre convinzioni tutto ciò che ci sta attorno. Ma, la verità, come canta il grande Vasco è relativa. La verità … ce n'è sempre una migliore... .

La verità è soggettiva! Ed è condizionata da una serie di attori e convincimenti che spesso non intaccano il velo omertoso delle false verità.



Mio nonno diceva: “i guai della pignatta li conosce bene il cucchiaio che li mescola” e, ancora, riferendosi ai giudici sciocchi che si lasciano fuorviare dalle apparenze, “a lavar la testa agli asini si perde acqua, sapone e, cosa molto importante, il tempo”.

lunedì 15 luglio 2019

Francis Picabia, poesia dada

Indifferenza.

Vivere ormai nel tuo ultimo mobile
inimmaginabile strano mondo
decotto di stravaganze
piccola curiosità facile da organizzare
uditorio ben più facile
meschinità e follie
non ho la croce
piccola borghese
dal pensiero svagato
mi sembra di sentire
che cosa uscirà da tutto ciò
meschine barriere della nazionalità
innumerevoli fischi.

(poesie dadà di F. Picabia)

sabato 13 luglio 2019

Editoria tascabile economica

C'era una volta l'editoria economica, cara a molti lettori e diverse case editrici stampavano classici, narrativa, saggistica, attualità a prezzi accessibili. Era il tempo in cui si credeva nella divulgazione della cultura e dei saperi connessi alla crescita intellettuale della collettività.


I “tascabili” erano esposti anche nelle edicole. Nelle stazioni ferroviarie, per le strade delle città, ovunque, chi amava leggere, poteva attingere alla sapienza poetica e narratoria degli scrittori con estrema facilità.
Le librerie avevano un fascino particolare e l'odore dei libri esposti accoglieva gli amanti della lettura fin dall'ingresso.
Brochure, stampe anastatiche, copie di libri pregiati su carta patinata, in quadricromia o in bianco e nero promettevano momenti di sublime goduria. Ovviamente non sempre si poteva spendere molto. E chi aveva a disposizione un budget contenuto poteva comunque deliziarsi dei piccoli piaceri e nutrirsi attingendo dagli scaffali delle letture economiche ciò che più gradiva.
Con 10milalire portavi a casa 10 libri! E l'intellettuale, chi amava documentarsi o chi scriveva, mostrava una modestia genuina perché il bagaglio culturale che si era formato nel tempo non gli serviva per glorificare o magnificare la propria personalità, presenziare e pontificare sulla vita e sulla morte ma era semplice appagamento interiore. E tanto bastava!

A sentire oggi qualche trombone sfiatato, l'intellettuale è una sorta di alieno; un personaggio astratto, lontano dalla realtà e dagli esseri viventi, miseri nella loro materia. Ma chi dà il titolo altisonante d'intellettuale ad un membro della società?

Intellettuale!”. Che parolona.
Il Treccani definisce così la figura dell'intellettuale:

“Persona colta, che ha il gusto del bello e dell’arte o che si dedica attivamente alla produzione letteraria e artistica, ma anche individuo che svolge attività lavorativa di tipo culturale o nella quale prevalenti sono la riflessione e l’elaborazione autonoma. Al plurale, il termine indica un gruppo o élite formato da individui di diversa classe sociale, accomunati da una cultura o un’istruzione superiori (accademici, artisti, giuristi, scrittori, professionisti), i quali godono della pubblica stima e sono considerati depositari di valori culturali universali che trascendono gli interessi particolari e i pregiudizi partigiani.”.
Amen.

venerdì 12 luglio 2019

Cenacolo in riva al mare

Deriva della ragione pura e nuove barbarie.

Alcune considerazioni a margine della presentazione del libro di Filippo Veltri dal titolo “Calabria silente”. Edito da Rubbettino.


Mentre i relatori parlano mi tornano alla mente gli anni giovanili della passione politica. Incontri, assemblee... analisi.
 Sì, era passione pura la nostra!, che spingeva al superamento delle diversità e al livellamento dei problemi sociali per quanto più possibile lo fosse, non solo per me ma per una miriade di ragazzi che credevano nel cambiamento epocale dell'alienazione dei privilegi dei pochi a favore della moltitudine che viveva ai margini della sottocultura dei potenti. Poveri e ignoranti che ringraziavano i “padroni” pure per le briciole ricevute come se fosse un dono inaspettato e immeritato, che lui, magnanimamente, donava ai meritevoli.

La storia si ripete.
Ci s'interrogava, ieri come oggi, sul perché di certi atteggiamenti sociali e sulle distrazioni di massa studiate scientificamente dagli strateghi della politica per dare in pasto alle masse un nemico e iniziare una di quelle battaglie fratricide tra poveri.

Il fermento sociale di ieri non esiste più. Non esistono i grandi movimenti di massa. I movimenti studenteschi e dei lavoratori. Non esistono i maestri di vita che fungevano da faro dei partiti che si ritenevano vicini al popolo. Non esiste più il salario garantito nelle grandi industrie. Non c'è più il turnover perché non ci sono le grandi aziende pubbliche o private bisognose di forza lavoro.

Esistono nuove povertà: intellettuali e materiali. Cercare i colpevoli è superfluo.
Il depistaggio mediatico ha nuovi maestri e nuovi allievi da scolarizzare.
La massa ha bisogni impellenti da soddisfare; la gente non ha la testa e neanche la voglia di stare ad ascoltare e intervenire su questioni ritenute di lana caprina, inconcludenti e ripetitivi.

L'apatia o la distanza dai centri di potere politico e decisionale diventano vanto degli stolti che fanno il paio con l'arrogante grido: “fuori i migranti! Affondiamoli a mare.”
Con molte probabilità la delusione si è accumulata nel tempo. La rabbia fa pronunciare qualsiasi nefandezza.

Che ne è stato del lavoro dei Padri costituzionalisti, che ne è stato dello statuto dei lavoratori? Del diritto allo studio, al lavoro? E all'accoglienza?...
Gli uomini e le donne, quelli che un tempo erano i riferimenti sociali non hanno saputo mantenere il legame fiduciario col popolo?

La cultura, quella dai principi sani, quella che induce alla ragione, alla meditazione pacate dei fenomeni sociali sembra seppellita, annullata nella vita di tutti i giorni.

Per queste cose c'è la piazza mediatica. Sui social, nell'area virtuale, forse trincerati dietro l'anonimato e nascosti dal nik name, i freni inibitori cadono, ci si lascia andare. Lo sfogo liberatorio è terapeutico per le frustrazioni subite dall'assurdo ordine imposto dai poteri economici e sociali.

Sulle piattaforme l'individuo esiste se ha dei seguaci; è potente quanto più like collezione. E se per raggiungere ciò deve urlare cazzate lo fa. Poco importa chi ferisce o ammazza. Dietro al computer, l'influencer, si sente potente, invincibile. È un divo! Il nuovo cesare, declinato anche al femminile, esalta o abbatte i suoi cortigiani.
I rumori mediatici si amplificano e alimentano like dopo like i post. Rimbalzano con le condivisioni degli ignoranti. E dopo tanto parlare le energie calano. E sì, è una fatica enorme stare dietro ai numerosi follower s, dare loro soddisfazione, condividerne gli umori... alimentare le fobie...

Ecco, forse è questo il motivo del silenzio nella vita reale di tutti i giorni, caro Filippo.
Io auguro, per i nostri figli e per i giovani, che la storia non finisca come tu concludi citando i titoli dei tuoi libri: dopo la Calabria dolente la Calabria silente: poi resta poco.

Quel poco suona sinistro.
Spero, invece, che a vincere sia ancora una volta la ragione pura. E che la volontà di quanti credono nella bontà culturale sappia rompere i muri di silenzio che fanno bene solo a chi li ha eretti narcotizzando le menti coi selfie e i proclami d'altri tempi.

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