domenica 21 novembre 2010

poetica della visione e contemporaneità culturale

©mario iannino
mario iannino, 1999, omaggio a mattia preti

Poetica della visione e nuovi media.


Se per gli storici dell’arte ha valore studiare e soffermarsi su pittori e tendenze delle epoche passate, per i pittori, nostri contemporanei, la storia dell’arte serve da stimolo per operare al meglio e sviluppare nuovi percorsi mentali nel campo della cultura e dei linguaggi visivi.
D'altronde, il progresso tecnologico ha sopperito egregiamente al lavoro meticoloso dei pittori ritrattisti e paesaggisti dei tempi passati.
I nuovi media esplicitano l’artigianalità pittorica con un notevole risparmio di tempi e mezzi il lavoro dei creativi che amano cimentarsi e proporre temi cari alla figurazione.
È naturale chiedersi, alla luce di quanto accennato, a cosa serve, oggi, lisciare minuziosamente una tela e scimmiottare i pittori del passato con tele, pennelli e colori? Indubbiamente un bel ritratto rivisitato dalla maestria di un valente pittore è qualitativamente più accattivante di una foto digitalizzata o serigrafata. Abbiamo visto come Andy Warhol ha rivisitato la foto di Marilyn Monroe, la stessa Marilyn che ha stuzzicato la creatività di Mimmo Rotella. Entrambi gli artisti hanno trattato la figura con metodi espressivi differenti e ognuno ha conferito un’anima poetica alle immagini rielaborate con tecniche non tradizionali. Warhol attraverso la fotografia serigrafata e Mimmo Rotella con il decollage.
Eppure la disinformazione o la carenza culturale di quanti guardano alla pittura contemporanea con lo sguardo rivolto al passato non accettano l’evoluzione poetica dei linguaggi visivi confondendo gioco creativo, messaggio culturale e mestiere pittorico.

venerdì 19 novembre 2010

come eravamo e come siamo messi

Com’eravamo.
Se non ricordo male è anche il titolo di un film. Un film ambientato nell’Italia meridionale, con l’esattezza in Calabria, quando si combatteva per l’unità. Un’unità nazionale fatta con la forza. Quindi subita dalle popolazioni.

Un’unità nazionale progettata in Piemonte ma imposta in tutta la penisola, che ha coinvolto appieno la massoneria e Garibaldi, venerato Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia nonché braccio armato del complotto unificante e quindi eroe del risorgimento italiano.

Semplificando, di per sé, l’unione, non è una iattura perché presuppone solidarietà, aiuti reciproci tra regioni, gestione politica comune dei problemi che colpiscono la nazione, se non fosse per l’inadeguatezza culturale dei governi che si sono succeduti da 150 anni a questa parte.

Infatti, le arretratezze culturali, infrastrutturali e logistiche dei territori, spesso imputate alla natura inclemente per quanto riguarda disastri ambientali, cataclismi alluvionali e terremoti, sono invece a totale carico di quanti non hanno saputo o voluto governare e pianificare studi umanitari e scientifici a tutela dei cittadini e della nazione.

Tra liti e strategie di governo, si sta avvicinando la festa che commemora i 150 dell’unità d’Italia. Nel frattempo poche cose sono mutate. A parte il naturale cammino tecnologico e scientifico, la scuola dell’obbligo e altre piccole regole sociali di vita in comune, la lotta tra ricchezza e povertà surrogata da campanilismi rimane al primo posto nelle diatribe quotidiane.
Esponente primario della disinformazione culturale politica e sociale del deleterio principio egoistico, oggi in atto in Italia, è la lega nord.
Lega nord che brucia la bandiera italiana e pecca di blasfemia nei confronti della Repubblica con ripetuti attacchi alla Costituzione, al vilipendio della centralità dello Stato sintetizzato nello slogan politico “Roma ladrona”.
Roma che accoglie il Parlamento e il Senato della Repubblica Italiana e tra gli scranni siedono rappresentanti dei partiti democratici che operano proseliti in Italia, tra questi, oggi, siedono Ministri e Senatori della lega nord che tentano di tirare l’ormai striminzita coperta del welfare dalla loro parte. Ministri spesso volgari che non hanno dato un buon esempio dell’Italia nel mondo. Ministri che dovrebbero stare altrove.

giovedì 18 novembre 2010

se proprio devo morire

Sembra impossibile trovare una soluzione che metta d’accordo tutti. Eppure sarebbe così semplice! Basterebbe pensare che si deve morire e qualsiasi velleità si sgonfia.
O forse no? Forse è proprio per questo che alcuni pensano: “se proprio devo morire voglio godermela questa vita, perché nessuno è tornato dall’aldilà a dirmi che esista o che io abbia altre possibilità di vite future, di rinascite dopo la morte. Si va bèh qualcuno lo afferma con convinzione ma se non dovesse essere vero? Perché rischiare?”

Così pensano gli agnostici. Che, a differenza dei malavitosi, quindi, ‘ndranghetisti, mafiosi, camorristi e gente comune che fa del male al prossimo senza pensarci su due volte pur di trarre benefici personali, dopo aver commesso crimini si segnano con simboli religiosi. Innalzano statue a Padre Pio, glorificano S. Michele Arcangelo che abbatte il diavolo con la sua spada invincibile. Insomma, un misto di fede e folklore terra terra. Una fede alimentata anche da quanti si rivolgono alle statue per vedere esaudite preghiere e miracoli, nonostante le sacre scritture esortassero il popolo d’Israele a non innalzare statue e di amare l’Unico Dio in quanto Entità Spirituale. Ma l’uomo è debole. Ha bisogno di cose concrete, immagini, figure non retoriche che lo incitino e lo guidino verso mete paradisiache. Ed è per questo che falsi miti, piccoli uomini col tacco circondati da adulatori e servi sciocchi, governano la natura e l’uomo. ... se proprio devo morire... voglio vivere con dignità e poter guardare diritto negli occhi i miei amici, i familiari, i conoscenti e chiunque altro, animali e natura compresi.

mercoledì 17 novembre 2010

Italia da rottamare?

Basta fare melina.

Tra letture d’intenti, puerili elenchi, accuse e indignazioni continua lo spettacolo deleterio che accompagna l’agonia dell’Italia verso calvari interminabili e proprio quando la meta della liberazione sembra vicina, ecco un’altra sorpresa, il colpo di scena escogitato dagli astuti registi della politica. Ma forse è meglio lasciare da parte la dignità che lega la parola stessa alla politica. Qua non si tratta di politica ma d’affari! Affari gestiti da un gruppo di potere per una piccolissima fetta di persone che risiedono nel territorio italiano contravvenendo ai principi dei governi degni di tale nome, perché governare significa fare gli interessi di tutti i cittadini e non solo dell’elettorato che ha votato i rappresentanti del governo.

Come si è potuto assistere anche a “ballarò”, gli ospiti di Floris, fine giornalista e perspicace conduttore, hanno fatto melina; hanno ripetuto i compitini imparati a memoria, tutti a rivendicare priorità e programmi inesistenti mentre il Paese è alla fame.

Persino la satira irrita. Irrita chi la fa e chi la subisce perché oberati da problemi indotti dall’ingordigia e dai giochi di potere.
Non se ne può più! E sarebbe ora che Fini, Berlusconi, Gasparri, Maroni, Bossi, Schifani, Bocchino, Lupi, lavorassero seriamente per risolvere i problemi degli italiani, ITALIANI! Non elettori PDL o PD! Altrimenti andassero a casa.

martedì 16 novembre 2010

l'albergo delle fate, di A. Oliveti

aore12
Nel mese d’aprile di quest’anno Angiolina Oliveti pubblica per i tipi di Helicon la sua ultima creazione letteraria. È una narrazione ambientata in Calabria, tra la Sila piccola, Catanzaro e la Locride. Tratta, con un linguaggio scorrevole, una vicenda di malaffare che vede implicate persone della ‘ndrangheta, intente in loschi traffici e incolpevoli testimoni oculari, vittime di spietati codici malavitosi. Teatro principale dell’opera è “l’albergo delle fate”, una struttura reale situata tra la suggestiva vegetazione silana catanzarese, nel comune di Taverna, paese che diede i natali al Cavalier Mattia Preti e, ancor prima, al fratello Gregorio, entrambi pittori del barocco secentesco italiano operanti in Roma e Malta.

Angiolina percorre lieve la civiltà Calabrese. Ricorda la Magna Graecia, i reperti archeologici locresi, il centro storico di Catanzaro e li condisce con frasi note in vernacolo. Detti e motti catapultano il lettore nella quotidianità dei luoghi visitati.
Pagine scorrevoli che si leggono d’un fiato, tanto è avvincente il racconto da sembrare reale, come i nomi dei protagonisti e i luoghi geografici, come già detto, presi in prestito dalla realtà.

E che non tragga in inganno l'immagine della copertina! giacché non ci sono morti ammazzati con armi da fuoco. Anzi, d’acchito potrebbero sembrare morti accidentali…

Vieni via con me il giorno dopo



Bersani è visibilmente impacciato da Fazio e Saviano a “vieniviaconme”. Non ha la stoffa dell’anchorman avvezzo alla telecamera. Fini è più istrionico, calca la scena da attore consumato, enfatizza concetti ripetuti fino alla noia negli ultimi tempi e non dimentica la “missione di pace italiana” all’estero ma dimentica quel passo della costituzione che vieta assedi di territori stranieri anche a scopo cautelativo o preventivo, come hanno voluto chiamare l’azione bellica imposta da Usa e Inghilterra in primis. Ricorda anche i precari e i fondi per la scuola pubblica ma tralascia che lui, facente parte dello schieramento governante, ha approvato l’attuale politica restrittiva, producendo disoccupazione e angoscia nella scuola e nel precariato in generale, ha dimenticato anche di dire che i precari non hanno diritto alla pensione se non cambiano alcuni meccanismi sociali e che hanno concesso fondi alla scuola privata mentre nella pubblica si devono cercare sponsor per ottemperare alla didattica.

Vieni via con me è uno spettacolo ben fatto ma che lascia il tempo che trova. Sinistra e destra non dipendono da liste d’intenti. Le ideologie non hanno maggior valore quando declamate o piluccate in programmi televisivi.
Le ideologie diventano disvalori quando sono usate malamente dalla politica. E la politica non ha dato buoni esempi a destra quanto a sinistra, al centro e ai lati obliqui e longitudinali.
I cittadini si sono allontanati da questa classe politica e non dalla politica o dalle ideologie. E chi sente dentro di sé i valori della sinistra vorrebbe assistere a spettacoli sociali differenti in armonia con gli intenti scritti analizzati e divulgati.

lunedì 15 novembre 2010

velocità e comunicazione

Vieni via con me, il giorno dopo.

Bersani è visibilmente impacciato da Fazio e Saviano a “vieniviaconme”. Non ha la stoffa dell’anchorman avvezzo alla telecamera. Fini è più istrionico, calca la scena da attore consumato, enfatizza concetti ripetuti fino alla noia negli ultimi tempi e non dimentica la “missione di pace italiana” all’estero ma dimentica quel passo della costituzione che vieta assedi di territori stranieri anche a scopo cautelativo o preventivo, come hanno voluto chiamare l’azione bellica imposta da Usa e Inghilterra in primis. Ricorda anche i precari e i fondi per la scuola pubblica ma tralascia che lui, facente parte dello schieramento governante, ha approvato l’attuale politica restrittiva, producendo disoccupazione e angoscia nella scuola e nel precariato in generale, ha dimenticato anche di dire che i precari non hanno diritto alla pensione se non cambiano alcuni meccanismi sociali e che hanno concesso fondi alla scuola privata mentre nella pubblica si devono cercare sponsor per ottemperare alla didattica.

Vieni via con me è uno spettacolo ben fatto ma che lascia il tempo che trova. Sinistra e destra non dipendono da liste d’intenti. Le ideologie non hanno maggior valore quando declamate o piluccate in programmi televisivi.
Le ideologie diventano disvalori quando sono usate malamente dalla politica. E la politica non ha dato buoni esempi a destra quanto a sinistra, al centro e ai lati obliqui e longitudinali.

I cittadini si sono allontanati da questa classe politica e non dalla politica o dalle ideologie. E chi sente dentro di sé i valori della sinistra vorrebbe assistere a spettacoli sociali differenti in armonia con gli intenti scritti analizzati e divulgati.ne.

domenica 14 novembre 2010

chi governa non rispetta la volontà dei cittadini

È strano! La Costituzione recita che il popolo è sovrano e che la Repubblica italiana è fondata sul lavoro; che la libertà è sacra e che i governi devono attenersi alle leggi dello Stato. E ancora, che tutti siamo uguali di fronte alla legge, ma fino ad ora la realtà ha dimostrato il contrario.
Nel Bel Paese ognuno si fa le leggi che vuole, che ritiene opportune alla propria tutela e agli interessi personali fregandosene del Popolo, che, ricordiamolo, dovrebbe essere Sovrano.
Perché dico queste cose? Perché nonostante l’ennesima magra figura del Premier piuttosto che rimettere il mandato al Presidente Napolitano, il primo ministro, tira fuori l’asso dalla manica e rilancia: sciogliamo solo la camera perché non mi dà più la fiducia e manteniamo il senato.
Ma quando mai s’è sentita una proposta simile? Se non và non và! Non ci si può arroccare dietro le barricate e tenere il Popolo in ostaggio per arrivare a qualsiasi costo agli obbiettivi prefissati. Obbiettivi che non apportano migliorie per la società e il popolo ma discrepanze abissali. Ed è inutile che il pdl si trinceri dietro “il popolo ci ha votato”! a parte che una piccola porzione di cittadini ha consentito questo governo ma anche ammesso che fosse stato tutto il popolo italiano, c’è da chiedersi, è questo il modello di democrazia e libertà dei personaggi eletti? E se poi, lasciando passare l’ipotesi assurda dello scioglimento della camera sola, alle elezioni vincesse la sinistra con un largo margine? Il popolo dovrebbe assistere a guerriglie e strategie corporative piuttosto che essere guidato e vedere risolti i problemi impellenti di sanità, lavoro, giustizia, diritto alla vita e cittadinanza?
Siamo veramente in mano a gente priva di scrupoli.

Calabria: autoritratto






È risaputo: l’uomo non si scrolla facilmente dalla mente quanto accade attorno a lui; perciò, ognuno, in armonia col proprio essere rivisita il tutto. Pensieri, esperienze, lavoro, luoghi e oggetti.
 L’artista ha dalla sua parte l'azione, il gesto, che, privo di coercizioni mentali o lessicali, sfocia nel gioco disincantato creativo e riconsegna il già visto, già vissuto con vesti differenti; vale a dire,  ridetermina e ricolloca le "forme pensiero" in spazi altri.
La creazione è un gioco. Un gioco privo di regole spaziotemporali dove tutto è reso possibile dalla libertà e dalla fantasia individuale. Nel parco giochi creativo l’età non conta e non conta neanche la cultura o l’estrazione sociale, i titoli accademici e i premi. Conta la sensibilità!







ecco perché, nessuno, meglio dell’autore, può iniziare una qualsiasi analisi e esplicitare al meglio il proprio operato. Ed è con questo presupposto che mi accingo ad accennare, con l’intento di aprire spazi a interazioni, ai momenti propedeutici che spingono a scandagliare e proporre attraverso i lavori creativi, riflessioni e spaccati di vita personali.
©mario iannino
M.Iannino 1995, t.m.,opere animate, 
dedicate alla Calabria
©mario iannino©mario iannino

sabato 13 novembre 2010

la cultura come antidoto

La cultura come antidoto ai mali del mondo.


©mario iannino
m.iannino, 2010, t.m., tra spirito e materia
Se Maestri della storia dell’arte come Raffaello, Leonardo, Caravaggio e altri, non avessero goduto dei favori dei potenti del tempo e non fossero stati accolti nelle loro corti e avessero lavorato per loro, oggi sarebbero noti al grande pubblico?
La loro maestria pittorica tesa a trattare soggetti e tematiche commissionate dai coevi, oggi, avrebbe avuto lo stesso riscontro artistico e commerciale?
Si potrebbe liquidare il discorso, giacché se n’è dibattuto lungamente nel corso dei secoli, che a fare la parte del leone è stato il mecenate, il signorotto del tempo che, oltre a fregiarsi di cotanti personaggi illustri reclutati nella corte, ha commissionato affreschi e pitture per autocelebrarsi, lasciare testimonianza del suo passaggio e magnificarne le azioni.
Bravi artigiani, virtuosi del pennello e o dello scalpello, riuscivano a campare e far progredire la bottega e quindi i garzoni e le maestranze tutte a condizione che la loro bravura fosse apprezzata da chi deteneva ricchezza e potere.
Anche oggi è così! nonostante la rivoluzione culturale e l’indipendenza economica dei cittadini che curano gli aspetti alti dei linguaggi artistici.
Oggi l’artista, o il cultore, lo studioso, l’amante, il ricercatore linguistico, indipendentemente da chi comanda o governa, ha la possibilità e il dovere morale, emancipato dal ricatto economico e forte della libertà di pensiero, in atto negli Stati democratici, di esprimere i propri concetti in ossequio alla visione soggettiva dei fatti, all’analisi personale estrinsecata mediante tecniche e strumenti nuovi, evoluti, in armonia dei linguaggi e dei costumi. Perché le analisi prive di partigianerie apportano ricchezze nei cuori dei popoli e suggeriscono percorsi differenti alle menti aperte di chi guida i destini degli uomini. Ovviamente, la proposta culturale, l'opera artistica deve essere supportata dai mezzi di comunicazione di massa e dagli estimatori, perché senza la divulgazione, qualunque proposta è ininfluente.

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