mercoledì 4 marzo 2015

Melfi, Marchionne attinge al jobs act

I mezzi di comunicazione di massa concentrano le attività du due fatti eccezionali:
marchionne

primo, le assunzioni che Merchionne fa a Melfi. Il dg ex fiat, ora fca, parla di 1900 posti di lavoro grazie al jobs act. E, guarda un po', a Marchionne piace Matteo Renzi. Gli piace la sua politica e per questo ha intenzioni di regalargli una bella costosa macchina rossa per tenere su il nome del cavallino.

Meno felici sono i lavoratori costretti a turni massacranti e pare che già alcuni operai abbiano abbandonato l'idea del lavoro nella fabbrica del soddisfatto Marchionne.
Gli schiavisti del terzo millennio fanno man bassa e offrono lavoro a tempo determinato ma solo applicando il jobs act!
Ma ci sono anche mamme esasperate e pur di portare avanti la famiglia fanno domanda di assunzione e sono discriminate per l'età, troppo a vanti negli anni rispetto ai requisiti previsti nel jobs che prevede una forbice tra i 18 e i 30 anni.

Non per populismo, ma viene da chiedersi: se Renzi soffrisse o avesse sofferto in passato un'esperienza analoga, e quindi turni logoranti, viaggi lunghi e brevi ma carichi di stress sui mezzi pubblici e su sgangherate utilitarie, insomma lavorare le 40 ore piene e con le ultime energie tornare a casa, avrebbe imposto questa legge sul lavoro? Sarebbe stato più attento alla qualità della vita dei lavoratori o avrebbe comunque leggiferato a favore degli imprenditori?

Che ci siano stati errori nella gestione passata e forse abusi all'interno delle sigle sindacali non vi è dubbio ma da questo a capovolgere la storia e vantarsi di essere riusciti ad eliminare l'articolo 18 e stralciato lo statuto dei lavoratori ce ne vuole.
Da noi si dice: u gurdu non capisciu mai u dijunu. Chi è sazio non capisce chi soffre la fame.


martedì 3 marzo 2015

Decisioni forti. Oliverio incontra i lavoratori

vibo valentia, manifestazione per il lavoro

Su questa vicenda sono disposto ad andare davanti all' Aia, (corte internazionale di giustizia) dice Mario Oliverio a Vibo Valentia. Me ne assumo la responsabilità!


Così si esprime il presidente della Giunta regionale Mario Oliverio, nel corso dell'incontro con i lavoratori dell'ente intermedio, l'ex amm.ne provinciale, alla presenza dell'assessore regionale al Lavoro Carlo Guccione e del prefetto di Vibo Giovanni Bruno.
Sono in tutto 380 i dipendenti che da giorni stanno attuando un forte protesta per chiedere il pagamento delle quattro spettanze arretrate e che, insieme ai lavoratori delle aziende Gam, Marenostro, Infocontact e Italcementi, hanno installato dei tendoni in piazza municipio a simboleggiare la grave situazione occupazionale in atto nel Vibonese. , e sono lo specchio della Calabria.

Sblocca il turn over negli ospedali di Reggio, Cosenza e Catanzaro per 100 addetti alla sanità per dare ossigeno ai gravi problemi che si sono accumulati e apre il cantiere dell'ospedale di Vibo Valentia per ammodernarlo secondo i criteri voluti dalle recenti disposizioni.

Mario Oliverio commuove per la veemenza che mette nell'esternare i sentimenti suoi e di quanti hanno a cuore le sorti della Calabria. La sua forza sta nel dire con fermezza quello che pensa e cosa può fare per togliere dagli affanni l'ente regione. È deciso! Non intende sottostare alle logiche fallimentari fin qui adoperate che hanno provocato voragini inimmaginabili nel bilancio regionale.
Fa bene a non accettare le decisioni calate da Roma, quindi Renzi o chi per lui. Basta con le nomine ministeriali di emeriti conosciuti che hanno fatto del male alla nazione e alla Calabria.

Lui dice “ci metto la faccia. Se sbaglio, sbaglio io. Voglio essere io a prendere le decisioni per una terra che conosco e scommettere sul futuro di chi governo...”.

Le sfide che deve affrontare sono molte e dai mille volti. Deve fare attenzione. Ma anche se dovesse sbagliare, il posto e il compito dei calabresi onesti è di stare al suo fianco, sorreggerlo moralmente perché se passa inutilmente anche questo momento, per la Calabria non ci sarà futuro.

Vai presidente! Fatti sentire e rendici partecipi delle sfide che incontri. Noi saremo al tuo fianco.

Sanità, strategie politiche sulla pelle di cittadini

Torniamo a parlare di sanità in Calabria.

Sembra stia accadendo quanto descritto in maniera lampante nel detto calabrese “i ciucci si 'mbriganu e i varrili si sdoganu”. Cioè: gli asini litigano e nell'impeto della lotta si rompono i barili e le otri che portano sulla soma.

La telenovela, come l'ha definita Mario Oliverio sembra non avere fine. Nel frattempo arriva, nella giornata di lunedì a Palazzo Chigi, un parere dell’Avvocatura generale dello Stato, recapitato anche all'Avvocatura distrettuale dello Stato di Catanzaro su richiesta del governo, che chiude all'investitura del governatore Mario Oliverio in ossequio all'ultima legge di Stabilità che ha introdotto una norma che vieta la coincidenza tra la figura del commissario con quella del presidente della regione commissariata. Cioè, come dire, non c'è compatibilità tra le due figure.
Paradossalmente, da questa vicenda escono con le pive nel sacco e ne fanno le spese, per non dire una brutta figura politica, proprio quelli che sono al governo della regione da qualche mese e ancora stanno a tessere questioni di lana caprina sulla pelle dei cittadini e degli ammalati calabresi. Insomma si sono impantanati tra veti incrociati e guerre intestine.

Dal canto suo, la Lorenzin pare stia aspettando decisioni da Renzi. Lei non avrebbe problemi a nominare Urbani commissario, lo stesso che è stato consigliere tecnico della Polverini e che ora è sub-commissario. Ma, come dire, sarebbe una resa politica se ciò avvenisse. E per questo, improbabile.

A questo punto, Mario Oliverio, potrebbe suggerire un nome autorevole che capisca di sanità e bilanci economici, magari pescando tra gli universitari, docenti o tecnici. Attento però a che non si dimostri, tale nomina, un flop peggiore delle precedenti e delle quali stiamo pagando lo scotto.

La toppa sul pantalone

Un buco. Un piccolissimo insignificante buchetto è stato trasformato in un quadrato gigante di diverso colore.

Napoli. Inverno del 1964. Fine settimana in collegio, tra i salesiani di don Bosco. Sono trascorsi troppi anni. Eppure, mi sono svegliato con quei pantaloni davanti agli occhi.
Pantaloni grigi, di lana, grigio chiaro, per l'esattezza, con una toppa nera sul ginocchio destro. Ma freschi e profumati.
Forse non sono miei! Penso tra me. Avranno sbagliato in lavanderia. Ma, la matricola: è mia! Che sarà successo? Il tessuto è consistente nelle altre zone. Che sarà successo?
Necessariamente, li ho dovuti indossare. L'altro paio era stato spedito insieme al resto nel sacco della roba sporca per la lavanderia.
Mi guardo allo specchio e quella macchia nera m'infastidiva. Troppo vistosa. no. no. Assolutamente non la sopportavo. Li toglo. E mentre inizio una sorta di scorribanda mnemonica per rintracciare il momento cruciale in cui avrei potuto causare il danno afferro la forbicina delle unghie e taglio sopra il ginocchio.
Fu proprio nell'attimo del secondo taglio che mi sovviene un flash:

Stavo pattinando in cortile dopo l'ora di studio quando, per evitare la collisione con un altro ragazzo, urto lievemente alla colonna del porticato. Sì, sarà stato lì. E dove se no?

la toppa sul pantalone

Imbastisco grossolanamente i risvolti alla maniera che solo un incompetente può osare e li indosso. Scendo per la messa e successiva colazione. Fin lì tutto a posto. Il problema nacque dopo. In cortile. Lì il freddo si fece sentire. Inutile giocare a pallone o scivolare sui pattini a rotelle. Meglio entrare tra i banchi e fare finta di studiare. Fu lì che don Angelo mi raggiunse per chiedermi il perché dei pantaloni corti in pieno inverno.
Rise alle mie spiegazioni. Vieni con me. Mi disse e mi accompagno in una stanza guardaroba. Scegli. Vedi quello che ti sta e prendilo. Poi fatti mettere la matricola e stai più attento quando giochi.
Non mi chiesi da dove venissero quegli indumenti. Non era rilevante in quel preciso momento. Per me l'esigenza era ben altra. Ne scelsi uno dal colore marrone. Un po' largo. Ma dal tessuto nuovo. E lo indossai.
Ti cala. Disse sorridendo don Angelo. Devi mettere le bretelle o la cintura. Sì sì ce l'ho la cinta, vado a metterla. Grazie... per avermi tolto d'impaccio.

(da una raccolta di racconti brevi, inediti, di Mario Iannino)

Cattivi dirigenti allevano pessimi cittadini

Cattivi. Dobbiamo essere più cattivi in campo. E la squadra deve giocare con grinta, umiltà, determinazione e molta cattiveria!

Ma i tecnici che allenano squadre importanti sono andati a scuola? I grandi club li avvisano delle cazzate che dicono in tv e scrivono i giornalisti della carta stampata? Si accorgono di essere dei cattivi maestri?

La risposta non può che essere unica: no!

E si vede dal comportamento che hanno giocatori e i tifosi di tutte le categorie quando devastano opere pubbliche, arredi urbani, deturpano opere d'arte o, peggio, uccidono.

In Calabria, per esempio, le cronache si sono abbuffate con quanto è accaduto in un campetto di provincia (il nome delle squadre è irrilevante, ometto nomi e luoghi per non ferire o offendere le persone dai principi sani dei rispettivi paesi che sono la maggioranza). In sintesi si giocava una partitina tra ragazzi, in squadre che militano in eccellenza. Dovrebbe essere un gioco, un divertimento per grandi e piccini che seguono le squadre. Quasi un momento di intima complicità solidale tra genitori e figli. Ma non è stato così.

Prima della partita sono volate parole e gesti pesanti. Minacce. Botte e coltelli, pur di vincere. Niente di mafioso o 'ndranghetista in quello che è successo. Solo ingoranza. Semplice pura ignoranza che vuole inorgoglire, fare gonfiare il petto a scapito delle frustrazioni subite in altri ambiti ai facinorosi che si sentono forti tra le mura di casa.

Azioni simili non fanno bene alla società! Non solo gettano fango sulla storia della Calabria che vanta la sacrale ospitalità dei calabresi ma mortificano le intelligenze ai vari livelli che comprendono la famiglia, le scuole, le associazioni sportive e la classe dirigente che non ha saputo porre le basi.

Sottoporrò il caso con un’apposita interrogazione parlamentare al Sottosegretario Graziano del Rio titolare della delega allo sport e al Ministro dell’Interno Angelino Alfano affinché si possa valutare quali straordinarie iniziative il Governo potrà assumere sia per prevenire che per reprimere tali gravi episodi”. Scrive nel suo blog la deputata Enza Bruno Bossio.
E ancora:
Enza Bruno Bossio
E’ necessario liberare lo sport, e il calcio in particolare, dal pesante condizionamento di quei pochi che ne fanno soltanto un’occasione di violenza e prevaricazione.”

Mi permetto di suggerire: perché non interrogare anche e principalmente Dario Franceschini, in qualità di ministro per i beni e le attività culturali? Secondo il mio modestissimo parere alla base di tutte le cattive vicende c'è sempre l'assenza della cultura. Non quella forma astratta che riempie di ego quanti salgono in cattedra per auscultarsi. Intendo, per cultura, la forma sottile del pensiero che penetra la quotidianità e la sovverte. Annulla i luoghi comuni e cerca la comprensione. Il rispetto che è dato dalla conoscenza e dalla consapevolezza delle altrui esistenze.

lunedì 2 marzo 2015

Papa Francesco al Governo

In tutti questi anni un uomo (solo?) ha deciso per noi e ci ha resi impotenti davanti alle scelte fatte dagli uomini che Lui stesso ha messo per governare l'Italia nella partita economica giocata sulla scacchiera che ospita gli Stati membri europei. Napolitano Giorgio! Il compagno Giorgio... non è per maleducazione o assenza di rispetto che lo definisco così. Anzi, al tempo del PCI guai se non davi del “TU” ai compagni. Non importava l'età o il rango. Nel partito non esistevano ruoli di privilegio. Ma questa è ormai storia del passato. Storia da prima repubblica, direbbe qualcuno. Peccato che la seconda e la terza, se mai ci sono state, si sono dimostrate peggiori della prima.

Dicevamo, Monti scalza Berlusconi, che, con Tremonti, mise le mani in tasca agli italiani, non scherzò in fatto di tagli al ceto medio-basso mentre, di contro, legiferava per fare rientrare i capitali all'estero degli evasori, tutelandoli con scudi adeguati.
Poi fu il turno di Enrico Letta, nipote di Gianni consigliere di Berlusconi. Ma lui era troppo moderato per i gusti della Merkel (così dicono le cronache economiche sulle austerità imposte dalla troika) non si vedevano risultati immediati. Infine arriva il rampante Matteo Renzi.
Famoso per la sua presenza scenica e nella maestria nell'usare il web. Twitter! Ed è stato proprio con un cinguettio (l'ormai celebre #staiserenoenrico) che da segretario del PD fece cadere Enrico Letta e prese il suo posto.

Che dire, il ragazzo ha le idee chiare. Sembra determinato! Fa promesse. Parla con tutti ma non ascolta nessuno (nel senso che poi fa quello che vuole lui). E questo suo modo di fare origina la rottura con la minoranza del PD, sindacati e società civile che prima gli avevano dato fiducia.

A promesse non lo batte nessuno! Renzi promette, dà scadenze per la soluzione dei mali che poi deroga con altre promesse. Insomma, da buon conoscitore degli italiani, sa come tenerli, tenerci sulla corda.

Non mi ha mai convito la politica dell'austerità e delle leggi come il jobs act che fanno stare male chi sta già peggio perché afflitti dalle decisioni degli imprenditori. Il perché è noto a chiunque soffra perché vittima di queste decisioni.


Ieri sera ho visto un poco della trasmissione di Riccardo Iacona e non ha fatto altro che documentare l'assurdità delle politiche economiche europee. L'austerity che ci impongono ha il sapore dell'agonia sociale anche in Germania.

sabato 28 febbraio 2015

Esprimersi in pittura, secondo me

"Teoria e pratica" -lezione frontale di una mia vita precedente da docente-

La rappresentazione per immagini è una scelta linguistica figurale chiara che l’artista adotta e applica allorché vi è la volontà di divulgare concetti a vaste platee omogenee scarsamente educate all'arte colta.
Il vero e la sua rappresentazione in pittura è un'attività che necessita di buone basi tecniche e artigianali, manualità che si acquisiscono nel tempo e con la pratica assidua del disegno e dello studio dal vero dei volumi e della luce. (tematiche che tratteremo in seguito)
bozzetto, biro su carta

Fare arte oggi non significa essere innamorati di determinati modelli espressivi e adoperarli insulsamente ma servirsene per apportare humus culturale e scuotere ove necessita le coscienze.
L’operatore culturale contemporaneo ha a disposizione un tesoro linguistico inestimabile. Sta alla sua determinazione decidere quale strumento adoperare e quale platea coinvolgere nelle sue analisi.
Oggi, l’artista, a differenza dei tempi passati, non dipende dagli umori del mecenate di turno, e ciò lo pone in una posizione di privilegio rispetto ai Maestri dei decenni trascorsi; condizione, questa, resa possibile dall'evoluzione sociale raggiunta; dall'autosufficienza lavorativa che, suffragata dagli studi e dalla volontà di ampliare i modelli espressivi pittorici, consentono il dialogo tout court con ampi strati sociali.
È risaputo che la figurazione solitamente didascalica è celebrativa; d'altronde se non ci fossero stati i magnifici lavori del passato ad arredo di chiese e luoghi pubblici ben poco degli usi e dei costumi sarebbe giunto fino a noi. Senz'altro non è arrivata la verità assoluta ma la volontà del pensiero dominante temporale di chi esercita il potere. Per cui, l’artista, al pari di un artigiano se pur sublime, è condizionato dalla volontà dei committenti che, da padroni assoluti, gestiscono le sorti dei popoli e intendono lasciare testimonianze storiche magnificando spirito di servizio ed esercizio del potere in sintonia col proprio ego.
D’altro canto, la figurazione è, per antonomasia, dialogo immediato che unifica idee, pensieri e linguaggi differenti dei ceti medi.
Quindi, le storie iconografiche rappresentate sugli affreschi delle chiese, sulle tavole degli uffici pubblici o sulle tele dei privati cittadini sono, azzardando un confronto con i mass-media contemporanei, la “pubblicità” di un tempo lontano, una lettura immediata per immagini, un “indottrinamento” volto a quanti non possedevano gli adeguati strumenti di decodifica dei linguaggi colti quali l'alfabetizzazione, la scrittura e la lettura.
"codex" sulle tracce di Gioacchino

La figurazione si avvale di metafore e segni arcaici assimilati dalla cultura esperienziale umana che contestualizzate rendono immediati i concetti.
La figurazione è anche, con i dovuti distinguo, retorica servile allorché si prostra a chiosare concetti moralmente discutibili.
Sta all'operatore culturale e al singolo cittadino disincantato, liberi da ingombranti quanto ignoranti pastoie saper discernere se affrontare analisi lungimiranti al servizio della collettività oppure assecondare le mire di pochi.
(mario iannino)

Sanità, Calabria chiama Renzi

SANITÀ: CHE CASINO!


A memoria d'uomo è la prima volta che vediamo scendere in piazza medici e personale sanitario per gridare rivendicazioni sacrosante alla classe politica.

Una buona fetta di manifestanti è schierata con il presidente Mario Oliverio. Chiedono con fermezza che venga affidata a lui la gestione commissariale della sanità.

Già, il commissariamento del comparto sanità in Calabria è in atto da divesre legislature ed è sempre stato affidato al presidente della regione salvo negli ultimi mesi quando la Lorenzin, ministro della salute del governo di Matteo Renzi, mandò l'ex generale della finanza in pensione Pezzi.

Inutile addentrarsi nelle questioni politiche, anche perché verrebbe da dire: e Renzi?, dov'è il suo decisionismo? Perché non impone al ministro di darsi una mossa e scendere in Calabria come ha fatto in campagna elettorale? O più semplicemente perché, visto che è nelle sue prerogative, non conferisce l'incarico a Mario Oliverio?

Cosa c'è dietro il “pacchetto”salute in realtà? Cosa si nasconde agli occhi di noi comuni cittadini?

Intanto la sanità è allo sbando e non esercita il ruolo sociale che le è proprio. Attorno la questione sanità gli animi si accendono. C'è chi imputa a “Tonineddhu Gentili”, affettuosamente così evocato in gergo reggino da un signore in una tivvù locale, la colpa del casino che si è sviluppato. Secondo il signore in questione è Gentile, il senatore, a pressare sulla Lorenzin perché vuole un suo uomo o donna nella funzione di commissario pur essendo. L'NcD, perdente di brutto all'ultima tornata elettorale.
D'altronde i casi di mala gestione sono stati documentati dalla Corte dei Conti e dagli organi di Governo. Tra tutte le assurdità basti ricordare il nuovo centro per il cuore di Reggio Calabria, costruito e assemblato con macchinari all'avanguardia ma, inutilizzabile per mancanza di personale.

 esempio di apparati inutilizzabili per mancanza di personale
 ai riuniti di reggio calabria 

venerdì 27 febbraio 2015

De Gaetano, Lanzetta e l'antimafia

Dalla vicenda sul caso “de Gaetano” sollevato dalla Lanzetta l'ex ministra ne esce con qualche “ammaccatura”.
Scorrendo un articolo apparso sul Corriere della Calabria del 26 febbraio "caso Lanzetta, è scontro in antimafia" appare chiaro l'intento, un po' macchinoso, non si capisce ancora da parte di chi, di avere sollevato un polverone inutile e dannoso per il rilancio politico e culturale della Calabria.
Nino de Gaetano


Zero fatti concreti e tantissime “supposizioni” che lasciate andare sulle ali del vento popolare e mediatico si gonfiano all'inverosimile di umori e personalismi.

A proposito di personalismi, dal punto di vista personale dico subito che non conosco De Gaetano e non nutro simpatie o antipatie nei suoi confronti. Esprimo solo un'analisi della vicenda da calabrese che vive nella sua terra d'origine.

Da calabrese, come dice spesso Nicola Gratteri, conosco un po' flora e fauna e so per certo che spesso gli amici, i conoscenti e i parenti non te li scegli. Sei nato/a qui! E a volte capita, in certe realtà, che è naturale abitare, vivere o conoscere gente di differente estrazione culturale e antropologica rispetto alla tua, o a quella che avresti voluto, realtà interiore.
Persone che saluti e ti salutano. Che votano anche. Visto che hanno personalità giuridica, diritti e doveri quali l'esercizio del voto.

Ma veniamo all'articolo in questione che invito a leggere integralmente anche se lo stralcio che segue lascia presupporre con chiarezza il clima dell'incontro tra la Lanzetta e i commissari dell'antimafia:

"caso De Gaetano". Per Maria Carmela Lanzetta la presenza in giunta di Nino De Gaetano - per le note vicende che lo collegano a un'indagine su ipotesi di voto di scambio avendo goduto, su intercessione del suo defunto suocero, del presunto appoggio politico del clan Tegano - toglie credibilità al Pd davanti ai calabresi. Ben per questo lei non ha accettato la nomina ad assessore regionale fattale da Mario Oliverio.
E si va allo scontro con Enza Bruno Bossio: «Sai che ti sono stata personalmente vicina ma esistono in questo Paese tre distinti poteri e non penso che il potere politico possa essere condizionato da un'informativa di reato, ben altro sarebbe, ovviamente, una sentenza dell'autorità giudiziaria e comunque stai dicendo cose per le quali immagino che Nino De Gaetano intenderà querelarti...».
Energica difesa di Maria Carmela Lanzetta: «Non vedo come dovrebbe querelarmi... io non lo accuso di nulla, né sostengo che lui si sia rivolto alla 'ndrangheta per essere eletto. Faccio una valutazione politica». Magorno sbotta nuovamente: «Ma che c'entrano le valutazioni politiche... La Commissione ha tutto l'interesse ad acquisire qualsiasi elemento sulla vicenda ma che siano elementi, fatti, non valutazioni ...».
E qui cala il sipario su una vicenda che pare essere nata solo per dare ragione a Ennio Flaiano quando commentava: « ...La situazione è grave ma non è seria».



Che dire? Se non che la Calabria non ha bisogno di queste sceneggiate?

giovedì 26 febbraio 2015

Calabresi, cosa chiedere alla politica

Come si risolve la crisi?

Con tavoli tecnici!
Questo si sente dire nei salotti televisivi. Ma possono le parole sopperire ai fatti quando i fatti hanno un nome ben preciso che si chiama necessità immediata: fame!, di espletare i bisogni primari che servono per la sussistenza familiare quotidiana?

"dacci oggi il nostro pane quotidiano..."


In poche parole se c'è fame è d'obbligo che sulla tavola ci sia un pane, magari accompagnato con un po' di companatico ma ad estremi mali estremi rimedi cosicché anche il pane asciutto va bene purché c'è! La sola visione di un pane ben cotto sazia... e invece si sente ancora parlare di medio e lungo termine della politica, delle esigenze degli imprenditori, delle banche, delle politiche europee, nazionali e locali.

Guccione, in merito ai localismi, lancia l'allarme: la regione Calabria è a rischio default! Non ci sono soldi anzi c'è un debito di circa 2miliardi e mezzo di euro!
Allora, cos è successo in tutti questi anni? Come mai le quote europee destinate alla calabria sono tornate indietro e ne hanno beneficiato altri?

È mancata la previsione di qualche tavolo tecnico? Qualcuno ha sbagliato i calcoli e le genialate studiate a tavolino da tecnici, imprenditori, studiosi e politici non sono servite a nulla?

Se così è significa che le parole fatte fino ad ora e gli impegni presi dei vari dirigenti non sono serviti a niente! Ma visto che la parola “tavoli tecnici” ancora affascina qualcuno, se ne potrebbe istituire uno per fare un'analisi immediata e vedere cosa e chi non ha funzionato. Rimuovere i sapientoni e gli ostacoli da loro eretti … ma se ciò non avviene, allora, rimane in piedi un solo significato: non si ha davvero la volontà di cambiare e porre rimedio alle malefatte della classe dirigente che ci ha guidato fino ad oggi e buttato a mare con tutti i vestiti!

L'immediatezza consiste nel welfare. Pensare e soddisfare le necessità reali delle famiglie e nel frattempo arare il terreno delle opportunità, migliorare le condizioni dei lavori esistenti affinché questi possano offrire nuove prospettive all'indotto che gira attorno e valorizzare il territorio calabro che per sua natura è vocato al turismo e all'agricoltura non dimenticando i siti culturali e archeologici lasciati in eredità dai popoli invasori e dagli autoctoni bretti, che, come qualcuno vanta, hanno dato origine al nome della Penisola, Italia, dal nome del re degli Enotri “Italo”.

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