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domenica 21 giugno 2009

non c'è doppio fondo nella valigia dell'arte

courtesy ©mario iannino


Non c’è doppio fondo nella valigia dell’arte.* Eppure, i “conoscitori” dell’arte, come li appellano gl’inglesi, tentano di dare diverse interpretazioni.

Chiunque si occupi di storia degli stili sa quanto sia utile pensare secondo classi morfologiche. Non c’è nulla di male!, è importante, però, non confondere il modello con la cosa; poiché spesso accade, che, nella volontà di stabilire un’esperienza artistica chiara e ordinata, si ripulisce l’opera d’arte fino a trasformarla in oggetto estetico.

Tanto per chiarire: Le Corbusier intendeva la casa come una “machine a vivre”; allo stesso modo, i critici d’arte vedono il “quadro”, la “cosa” artistica come una “machine à sentir”, catalogata e catalogabile in correnti per avvalorare tesi e fattori economici.

Le “grandi pulizie dell’arte”, operate dagli artisti, consumato il primo momento di enfasi riformista, tornano a galleggiare nel putridume della banalità concettuale dei media.

E' confortante sentirsi dire che non c’è nulla di male, che è pura forma o sentire puro dell’artista, di fronte ad un’opera che potrebbe turbare il godimento collettivo o singolo; che non conta niente; appunto!

In simili termini, l’operazione è epurata da qualsiasi intenzione culturale o riformista.
Entra a far parte di quella artigianalità alta, pacifica e confortante per le qualità tesaurizzanti intrinseche.
È puro oggetto di ricchezza materiale!

Nella “Repubblica” di Platone, l’arte e gli artisti sono considerati un pericolo, una minaccia per l’ordine costituito, quindi, soggetti a censura.

Platone sapeva bene che cos’è l’arte; quali poteri porta l’immaginazione.

L’estrema tranquillità con cui oggi guardiamo le opere d’arte conferma quella morte dell’arte annunciata da Hegel.
L’arte, coperta da inutili onori, è stata posta nella zona ornamentale dei bisogni umani secondari.

(mario iannino)

*B. Croce; Estetica, 1958, p.39

lunedì 16 giugno 2014

L'Arte e le Scienze sono libere?

Lettera a Matteo Renzi. 

Carissimo Matteo, hai detto “se qualcosa non va scrivetemi”.
L'hai detto ai ragazzi della scuola di Treviso ma credo che l'invito sia rivolto a chiunque data la tua carica istituzionale. Perciò ti prendo alla lettera e ti scrivo quello che secondo il mio modesto parere dovrebbe essere modificato nei meccanismi farraginosi della filiera culturale italiana.

Forte dell'esperienza maturata nel mondo del lavoro, nel campo dell'arte e della cultura, tra incarichi e collaborazioni con enti pubblici e privati; nel mondo del no profit, nell'università della Calabria nel ruolo di docente e nella quotidiana costante ricerca tematica sulle gestualità creative dei popoli, logica vorrebbe che una risorsa così strutturata venisse spesa con congruità. Ma non è così. e non è neanche questo l'argomento che intendo trattare.

Nonostante gli effetti prodotti dal venticello sussurrato e poi urlato dalle malelingue, che agiscono nell'ombra per mantenere piccole fette di potere.


Produrre e stimolare bellezza nell'arte e con l'arte mantenendo profili alti sembra faccia male a qualcuno in Calabria e anche altrove.
L'arte, quando la cultura è dominata dalle lobby, diventa un'astrazione lontana e chi è inviso ai centri di potere locali è tagliato fuori dalle logiche spartitorie che uniscono senza battere ciglio cavalli di razza, scalpitanti puledri, somari, buoi e vacche.

Il lavoro della persona osteggiata, se pur pregevole, non è mai presente in un museo, nelle biennali e persino nelle sagre di paese, appannaggi di vanagloriosi signorotti che forti dei titoli accademici pensano di determinare chi è artista, chi fa arte e chi è un mezzo deficiente esaltato.

E pensare che “l'arte e le scienze sono libere e libero ne è l'insegnamento...”

Nonostante tutto sogno e spero fortemente in un futuro migliore. Un futuro in cui, al centro dei sogni e della Politica, ci sia come interesse primario il valore sacro della vita. Bellezza e cultura della vita e, per dirla con Seneca, un luogo dove formare il cittadino all'arte del vivere.

Per questo auspico interventi mirati nella scelta di quanti dovranno in futuro promuovere l'arte e la cultura in Italia. Quindi tecnici, curatori, critici d'arte e procuratori dinamici che sappiano investigare e cogliere la creatività laddove c'è. 

giovedì 30 dicembre 2010

Graziella Lonardi Buontempo, l'ultima mecenate

Graziella Lonardi Buontempo, è morta il 20 dicembre 2010 all’età di 81 anni.
Collezionista e appassionata d’arte, fonda a Roma nel 1970 gli Incontri Internazionali d'Arte, nella sede di Palazzo Taverna, associazione che ha avuto un ruolo importante nella diffusione dell'arte contemporanea.

E' morta a Napoli, sua città natale, all'età di 81 anni. Di lei si ricorda l’entusiasmo pionieristico che la fece assurgere a mecenate ed eccellente promotrice di mostre d’arte contemporanea internazionale. Organizzatrice appassionata di eventi culturali, si avvalse della consulenza dei grandi nomi della cultura italiana, grazie anche al sodalizio con Achille Bonito Oliva, suo grande amico.

Nei primi anni '70 alcune mostre totalmente innovative come 'Vitalità del negativo dell'Arte italiana a Palazzo delle Esposizioni o 'Contemporanea', realizzata da un'idea di Bonito Oliva tra il 1973 e il '74, inaugurò il parcheggio di Villa Borghese e raccolse l'eccellenza dell'arte contemporanea mondiale. Ha promosso mostre all'estero di Pistoletto e Kounellis.
la sua vitalità l’ha spinta anche nel mondo del cinema italiano portando rassegne al Pompidou di Parigi, al Metropolitan di New York in una commistione di arte figurativa e cinematografia.

Il Macro (Museo di Arte Contemporanea) di Roma le ha dedicato, proprio quest'anno, una mostra.
Graziella Lonardi Buontempo. Negli ultimi anni ha allestito a Palazzo Taverna una biblioteca e un archivio specializzati in arte contemporanea e messo a disposizione il materiale raccolto durante l'attività dell'associazione. Il suo salotto romano è stato sempre frequentato dai più grandi artisti della scena mondiale.

sabato 26 marzo 2011

apparire o essere? la vita come opera d'arte


aore12
©by mario iannino, 2011, realtà contemporanee, particolare, opera polimaterica su cellulosa

Cosa significa “arte” nel lessico comune per la maggior parte delle persone?

Con estrema facilità si sente appioppare l'appellativo di “artistico” “artista” “arte” a questioni squisitamente comuni; ad azioni di normale routine; a soluzioni tecniche spesso intellettualmente infruttifere se paragonate alla vera essenza della vita e dell'Arte.

dal punto di vista, non filosofico, storico o analitico, ma, incentivante al pensiero comune che sfocia nella meditazione c'è ben poco di “Arte” in una impeccabile esecuzione pittorica che espone chiaramente episodi dettati dai vincitori per glorificare un dato momento. Lì, in quel determinato lavoro, si può ammirare la maestria acquisita dopo lunghi anni di lavoro, quando c'è!, la conoscenza delle tecniche pittoriche, la costruzione dei piani, l'enfasi; il dramma, il castigo, la promessa ecc., tutte cose che afferrano alla gola, cose di pancia, si dice adesso, tanto per stare al passo coi tempi, ma niente di più! Effetti visivi che già nell'800 Emile Zola condannava come elementi diseducativi; antiartistici proprio perché tendono a mostrare il lato esteriore del concetto connaturato all'operazione artistica e al fare dell'artista.

Oggi il frastuono dei mass media imbarbarisce le menti dei presunti colti. Basta avere un minimo di conoscenza nozionistica, molta faccia tosta, partecipare nei teatrini mediatici alle messe in scena dei conduttori per sponsorizzare un dato fattore, fare scenate, inveire e urlare più forte degli altri e il gioco è fatto! La star è bella e pronta. Da quel preciso momento il suo unico impegno è di continuare ad esserci. Essere presente nei talk show. E non importa se il suo comportamento, le sue parole diseducano e sviano la maggior parte dei ragazzi dai percorsi evolutivi sani. Quello che conta è il picco massimo di ascolti che raggiunge la trasmissione quando lui parla o interviene violentemente ammutolendo gli ospiti dissenzienti.
Conta la sua parola ben remunerata a favore di un certo artista specie se nei lavori da piazzare si ravvisano elementi, visivamente ambigui, attinenti alla realtà conosciuta. Decorazione, artigianalità, proposta creativa, opera d'arte, non fanno differenza in chi sa vendere accattivanti parole fumose. Anzi, sono preferibili le mezze tacche: il Genio, intimorisce!

Ebbene, questo tipo di ectoplasma costruito in laboratorio ha la responsabilità civile di chissà quante migliaia di persone che pendono dalle sue labbra e prendono per oro colato quello che lui dice e fa. È un po' come quei preti che parlano bene dall'altare. Quei preti che fanno commuovere i parrocchiani e li fanno andare via dalla chiesa col magone e pieni di sensi di colpa per non essere stati altruisti, buoni, servizievoli. Preti che vivono la spiritualità secondo canoni personali. Preti manager imbevuti di materia che antepongono i profitti alla dottrina divulgata dal Cristo.
Guardiamoci attorno, non molto lontano da noi ne ravvisiamo qualcuno. A questo qualcuno vestito da intellettuale, politico, religioso, artista (?) diciamo:

Anche la vita, vissuta in un certo modo, piuttosto che in un altro, è o può essere Arte!
Arte!, non teatralità o spettacolo effimero che tarpa le ali alla verità e muta in peggio il corso degli eventi!

martedì 4 gennaio 2011

spazio Artisti in Calabria, Giuseppe Celi

aore12
giuseppe celi

Erano gli anni ’70. e animati dalla passione giovanile per l’arte, ma anche per la politica, ci s’incontrava spesso in centro, su Corso Mazzini, a Catanzaro, per dirigere, poi, nella bottega dei fratelli Verduci, corniciai e galleristi. Lì, si parlava di arte, ci si confrontava e ci si prendeva in giro, spesso scompaginando i piani commerciali dei fratelli corniciai. All’epoca, i Verduci gestivano la galleria d'arte “il pozzo” un locale situato su Corso Mazzini, di fronte la galleria “Mattia Preti” di palazzo Fazzari e lì esponevamo i nostri lavori.
Giuseppe Celi, Pino per gli amici, era e rimane un simpatico burlone, sempre allegro e con la battuta pronta riusciva a mettere allegria ovunque. E, nel ’78, entrando a visitare la mia personale nella galleria “il pozzo”, dopo avere goduto della visione dei lavori esclamò: “Va beh, sei bravo!, ma quando la smetti cu ‘sti dijiuneddhi?”. Erano una serie di olii stilizzati. Lavori di ricerca segnica più che cromatica, nei quali padroneggiava il verde e il blu.

enzo toraldo
Nel ’79 Gigi Verduci convola a nozze con Maria e la bomboniera consiste in una cartellina con dentro due litografie dei pittori Enzo Toraldo e Giuseppe Celi.
Enzo, esegue il tema del tempo: per lui era il periodo delle carrozze e dei cappelli, dei lampioni e delle donnine solitarie, in attesa davanti a un bicchiere al bar. quasi a sottolineare la sua di solitudine, placata da qualche whisky. il suo modo d’essere indusse la gente ad appellarlo col nomignolo de “il pittore triste” perché, esteriormente così si mostrava agli estranei ma con gli amici, anche Enzo era un burlone, buono e simpatico.
Pino Celi, era attratto formalmente dalle baracche del porto di Catanzaro Lido, dalle barche a riposo e dai pescatori intenti a rammendare reti o trasportare il pescato.
Pino aveva una buona mano ed eccelleva nel disegno. Il suo lavoro artistico rispecchia appieno la sua personalità. Preciso e curato nella persona; meticoloso nella costruzione dei piani visivi, lascia riaffiorare lieve la figura fino a intersecarsi con la materia e il colore. Immagini evanescenti, narrano momenti quasi esoterici di mondi personalizzati e personalizzanti che inducono all’oblio, alla poetica del sogno narrante di chi ha viaggiato a lungo nella terra della visione onirica e dei tempi. Pino Celi narra con la figurazione di terre lontane e le rende tangibili con cromie che sprigionano odori d’oriente in territorio familiare. Numeri. Segni. Figure. Volti. Timbri. Trasformano le tele 100x100 in fotogrammi da leggere in sequenza che, se miniaturizzate, possono affrancare epistole, lettere colme di poetiche narranti.



G. Celi, 2010, Pro-Fili - Tecnica mista - 
tela allacciata su telaio-cm 100x100 



(dal sito ufficiale di G. Celi)

GIUSEPPE CELI, nato a Catanzaro, inizia i suoi studi presso il Liceo Artistico di Reggio Calabria e li conclude a Catanzaro dove frequenterà successivamente la Scuola Libera del Nudo presso l’Accademia di Belle Arti. La sua formazione si è via via arricchita di nuove esperienze frequentando i Corsi Internazionali di Litografia presso l’Istituto di Belle Arti di Urbino e i Corsi di Calcografia Sperimentale “Goetz” presso la Scuola Internazionale di Grafica di Venezia. È in quegli anni che inizia il sodalizio con Renzo Biasion, maestro che lo influenzerà più in senso etico che stilistico, trasmettendogli il proprio modo di concepire l’arte nel suo rapporto con la vita. Dal 1974 al 1982 ha insegnato al liceo artistico di Catanzaro e Cosenza e dal 1982 insegna Arte e Immagine nelle Scuole Inferiori di Primo Grado. Agli inizi del 2000 abbandona il figurativo tradizionale a favore dei linguaggi contemporanei dell’arte, esprimendosi in una pittura di tendenza postmoderna. Artista poliedrico, spinge le sue ricerche oltre che nel settore delle arti figurative (pittura, scultura e grafica), anche nel campo della fotografia digitale e del design. Particolarmente attento ai linguaggi dei mezzi di comunicazione di massa.
Effettua pregevoli irruzioni in diverse espressioni d’arte (Pop Art, Espressionismo Astratto, Arte Povera, Informale materico). Significative, originali e innovative sono state fin qui le intuizioni che hanno connotato il suo lavoro; così come ostinata è la sua determinazione nel perseguire un’indipendenza all’interno del contesto artistico italiano. Irrequieto rispetto ai ritmi canonici dell’attività artistica (vernissage, scadenze, ecc.), cerca rifugio nei suoi sempre più frequenti viaggi all’estero. Non partecipa alla vita mondana e ama essere un invisibile che coerentemente e intenzionalmente risulti assente anche dalle pubbliche manifestazioni.

domenica 29 novembre 2009

abissali differenze tra arte e artigianalità




Quali sono i criteri di giudizio che determinano i valori materiali degli oggetti e del fare umano?

I temi trattati sono soggetti a differenti analisi a seconda se si tratta di beni effimeri quotidiani che espletano la loro massima ascesa nell’immediato momento temporale o patrimoniali in quanto vanno a implementare le ricchezze economiche certe. Nel primo gruppo, comunemente, si assommano tutti quei prodotti che fanno capo all’universo modaiolo imposto dalla società consumistica, estetica, di costume e alimentare momentanea. Nel secondo blocco analitico, vale a dire, quello inerente al benessere stabile elitario, una comune corrente di pensiero ingloba beni materiali come oro, gioiello, titoli di stato e quanto quotato in borsa incluso opere d’arte, beni architettonici e paesaggisti. Ma,

Chi decide i termini di raffronto è davvero obiettivo nel giudizio?

In effetti, a voler spaccare il capello in quattro, come essere certi che non si è vittime di imbrogli mediatici anche nel tempio sacro dell’Arte? Tanto per incominciare, il mio personale suggerimento è: diffidare sempre degli “urlatori spocchiosi”, prima di acquistare o dedicare tempo alle opere d’arte, avere la certezza di voler entrare in comunione con i linguaggi alti, per cui, non necessariamente si deve, aprioristicamente, condividere quanto scritto o declamato dagli imbonitori prezzolati; i curatori delle lobby e delle scuderie dei brocchi spacciati per purosangue.

La cultura necessita di pulizia sommaria. Quanti operano seriamente devono avere il coraggio civico di distinguere per sempre il manufatto artigianale dall’opera d’arte! D’altronde, chi lavora in fucina per dare corpo al bozzetto dello scultore capisce bene l’importanza dell’artista e certamente non ha la presunzione di volersi sostituire a lui; altrimenti tutti i maestri vetrai di Murano, rifacendosi ai grandi Maestri dell’arte potrebbero pretendere l’etichetta di “opera d’arte” per ogni lavoro. In sintesi:
L’opera d’arte, l’operazione culturale, nell’accezione ampia del termine alimenta la mente dell’umanità; il manufatto artigianale, se pur finemente pregevole, soddisfa la quotidianità epidermica delle umane esigenze: è simile alla “Barbie montata dal chirurgo plastico”.


lunedì 15 ottobre 2012

le installazioni contronatura di Damien

Leggo che Damien Hirst, uno degli artisti contemporanei più quotati al mondo, è additato dagli animalisti per aver sacrificato 9000 farfalle in una delle sue installazioni presso la Tate Modern di Londra.

L'installazione “incriminata” genera interrogativi legittimi, non solo negli animalisti ma in tutte quelle persone che pur nutrendosi d'arte s'interrogano e pongono il quesito atavico su ciò che è eticamente lecito e cosa non lo è, anche nei linguaggi della creatività, “anarchica” per antonomasia.

Insomma, senza farsi troppe pompe mentali o giocare sulla sorpresa scandalistica che l'operazione potenzialmente può provocare, chiedersi fino a che punto l'uso e l'abuso di certa “mercanzia” può far bene all'arte? Se poi, la licenza di “uccidere” presuppone temi come l'eutanasia attraverso le forme di vita elementari, come in questo caso, delle farfalle, che già per natura non sono molto longeve, di certo si può parlare di morte della cultura ma non di arte.

martedì 7 giugno 2011

54a biennale: l'arte non è cosa vostra





“L’arte non è cosa nostra”.

260 segnalatori rigorosamente non esperti d’arte hanno segnalato a Sgarbi altrettanti operai dell’arte presenti nel padiglione Italia della 54° biennale veneziana. “l’arte non è cosa nostra” è il titolo del padiglione Italia che ricorda il magazzino del rigattiere. Pornodive nude sdraiate su biscioni di silicone ricordano la duttilità multifunzionale del ritrovato tecnico adatto a costruire oggetti e protesi nell’impostazione moderna della Maja desnuda. Ma il nostro contemporaneo Francisco Goya non perde tempo con pennelli e colori prende un’enorme sedia vi poggia sopra tanti simboli fallici e fa sdraiare una che di mestiere ne conosce tanti e anticipa l’ingresso dei giardini delle vergini.
Insomma una vera provocazione se si lasciano da parte gli altri 259 ospiti che da oggi scriveranno con orgoglio di essere stati presenti nella biennale del 2011 anche se di fatto non hanno cambiato il mondo coi loro linguaggi visivi.

Dell’operazione biennale 2011 rimarrà solo una sterile traccia di plateale dissenso a scapito dei tanti Artisti seri che avrebbero potuto contribuire vigorosamente per sovvertire col proprio lavoro poetico le teorie delle lobby finanziarie che determinano i concetti affaristici del prodotto artistico e a chi affibbiare l'etichetta di artista.


Sì, in effetti l’Arte non è cosa vostra. Oggi mi trovo d’accordo con l’incazzoso Sgarbi quando afferma che l’arte è: «un grande sanatorio, separato dal mondo, non frequentato se non accidentalmente dalle persone sane»

© riproduzione vietata, opere digt

sabato 10 dicembre 2011

la rivincita dell'Arte: Cattelan, dada a New York

aore12blog
i capricci di Cattelan appesi al Guggenheim

La rivincita del pensiero artistico si manifesta nella New York degli affari alle prese con le provocazioni di Cattelan e i falsi Pollock.


New York è nell'occhio del ciclone. Da una parte il dissacratore per eccellenza che asseconda con le sue provocazioni i mercanti d'arte e dall'altra i falsi della pittura d'azione americana venduti a suon di milioni di dollari.

Maurizio Cattelan, eterno Peter Pan, gioca con la società e ne scardina le regole. Sarcastico, lascia parlare gli altri.
L'ultima provocazione del burlone Cattelan stravolge gli spazi del Guggenheim museum di New York e lo trasforma in una sorta di succursale della biennale veneziana.
Gli spazi studiati per esporre al top le opere d'arte dal genio di Wright sono trasformate da Cattelan in un enorme magazzino stenditoio. Animali imbalsamati, statue di silicone, autoritratti e manichini appesi al lucernaio penzolano nelle trombe delle scale del museo. Lì in mezzo anche le targhe ottonate di notai e dottori strappati dai portoni degli studi dei professionisti da mani ignote durante la notte in una città dell'Italia, Forlì, frequentata, secondo alcuni, da Maurizio Catelan all'epoca delle misteriose sparizioni tra il 1989 e il 1991.
Lasciando da parte l'allestimento e la provocazione stessa che sono un tutt'uno tra i capricci infantili e le fobie di chi cattura e appende le lucertole col cappio fino a soffocarle, la domanda da porre è: può la creatività essere mortificata dalla mercificazione goliardica?
È saggio condividere il pensiero dissacratorio e buttare dal piedistallo l'arte ammiccante istituzionale genuflessa alla censura del potere?
E ancora, l'uomo crea per diletto fine a sé stesso, per guadagnare fama e denaro o per proporre un pensiero alto?
(la risposta sembra scontata: di fatto, senza un apparato economico-organizzativo forte, simili scherzi non potrebbero varcare la soglia di luoghi votati, per definizione, all'espressione artistica alta. Esercizi mentali utili a macinare utili).

In ogni caso, se pensiamo all'action painting, la forma espressiva artistica che ha fatto la storia dell'espressionismo astratto americano, anch'essa dissacratrice e incomprensibile ai più, oggi ritenuta concettualmente superata, torna in auge a causa dell'ingordigia umana al pari della bolla economica che ha affamato il mondo.
I falsari erodono ricchezze materiali ai falsi amanti dell'arte vendendo loro opere contraffatte.

Il New York Times precisa che c'è un'inchiesta in corso per truffa.
Sempre secondo quanto si legge sul giornale newyorchese, negli ultimi anni, importanti nomi dell'espressionismo astratto quali Jackson Pollock e Robert Motherwell sono stati venduti nella galleria Knoedler & C., costretta a chiudere dopo 165 anni di affari nel campo dell'arte a causa della denuncia di un collezionista britannico, Pierre Lagrange, che ha acquistato un Pollock per 17 milioni di dollari risultato falso alle indagini che hanno rivelato tracce di pigmenti sconosciuti all'epoca in cui Pollock lo avrebbe realizzato.
Le sorprese non sono finite, sempre secondo il NYT altre 15 tele vendute negli ultimi anni in altre gallerie di Manhattan sarebbero false.

È la rivincita dell'Arte sulla materia ingorda dell'uomo che sovverte i meccanismi del pensiero creativo; un novello grido dada che asseconda gli andamenti strutturali dell'uomo e i suoi traffici mercantili.

sabato 9 agosto 2014

I mi piace su facebook

L'arte e gli artisti al tempo dei social network.


ma sarà il vero Buren?


Non so cosa intendano gli altri per arte ma so bene cosa intendo io.
Per me l'arte è il linguaggio dell'anima. Cioè la forma di comunicazione più alta che l'uomo abbia mai potuto intuire e realizzare.

Fare arte non è un lavoro. E chi la fa seriamente ne è consapevole e sa cosa intendo dire.
L'artista non si alza al mattino e timbra il cartellino nella sua stanza da lavoro, anzi a volte non ci va per niente se non sente la necessità d'intraprendere il dialogo creativo.

L'artista è una persona comune. Uomo o donna di qualsiasi età che ciclicamente, dopo avere accumulato sensazioni, esperienze di vita vissuta, sente la necessità di comunicare agli altri la sua visione del mondo.
C'è chi lo fa in versi e chi con la musica. Chi predilige la provocazione per scuotere l'apatia che ci ammanta e chi preferisce l'azione concettuale, ostica per alcuni.

Pittura. Graffi. Immagini statiche o in movimento. Scrittura. Performances. Sono alcuni aspetti conosciuti e consacrati dal mercato dell'arte.

Il mercato, appunto!, la notorietà; il gossip, i “mi piace” sono aspetti variabili che, gestiti oculatamente con un pizzico di determinato arrivismo, fanno lievitare le quotazioni e conferiscono importanza personale e autorità per chi firma.

Indubbiamente è gratificante sapere che il proprio lavoro è apprezzato da una grande platea di pubblico colto e raccogliere consensi per l'onestà intellettuale che muove il fare creativo dell'artista senza escamotage.

Personalmente guardo al lavoro artistico e lo valuto per quello che mi trasmette ed in seguito, se lo ritengo interessante, cerco notizie sull'autore.

Da qualche tempo su facebook, uno dei maggiori socialweb, è in atto una sorta di campagna pubblicitaria nei confronti di qualche artista da parte di grossi nomi dell'arte.

Per primo Cattelan e dopo Pistoletto dal loro account su facebook, dopo avere accettato le richieste d'amicizia dei tantissimi cultori dell'arte presenti sulla piattaforma, hanno suggerito un artista all'attenzione dei nuovi amici. Peccato che il sodalizio amicale non sia durato molto. Il loro account è stato disattivato subito.

Adesso è la volta di Buren. Morto per facebook anche lui dopo avere invitato a cliccare “mi piace” sul solito artista che ometto deliberatamente per evitare pubblicità indotta. Lo stesso sponsorizzato da Cattelan (?) e Pistoletto(?).

Premesso che la mia curiosità intellettuale mi porta a scandagliare le fonti ed i soggetti suggeriti, tralascio volutamente ogni giudizio e lascio agli altri ogni considerazione sul valore dei numeri e sulla qualità delle operazioni culturali nel web.

domenica 13 ottobre 2024

Catanzaro, 4 passi tra folklore e storia

 

"Giangurgolo, maschera catanzarese
dall'enorme naso e dalla bocca larga"



Oltre alla comprensibile retorica cosa c'è di buono nelle raccolte dedicate ai personaggi, al folklore e alle storie locali?

La documentaristica locale è avvezza a raccogliere dati dal sapore nostalgico e spesso si lascia andare a facili proselitismi che interessano pochi malinconici residenti.

martedì 30 novembre 2010

etica e sacralità in pittura: preraffaelliti e nazareni tra Italia e Inghilterra dell'800

©courtesy archivio M.Iannino

Sacralità ed etica del lavoro creativo nell'800.


Nel 1845 un gruppo di pittori, riunitosi a Londra, decide di rifiutare ogni forma accademica in pittura e per sviluppare la loro tesi prende come punto di riferimento i pittori precedenti a Raffaello, portatori, secondo il loro modo d’intendere l’arte e la vita stessa, di una freschezza poi contaminata dalle varie scuole successive a Raffaello, compreso. Perciò furono definiti Preraffaelliti.

In Italia qualcosa di analogo prende il nome de I Nazareni, un ristretto gruppo di artisti appartenenti al movimento romantico tedesco, attivi a Roma agli inizi del 1800, che incoraggiati in un primo momento dalle teorie di Wilhelm Heinrich Wackenroder e di Wilhelm August von Schlegel si staccano dallo schema classico-accademico, orientandosi verso una nuova arte, fondata su patriottismo e soprattutto sulla religiosità con un linguaggio che conferisce caratteristiche arcaicizzanti riscontrabile nell’impiego di un forte tratto dal cromatismo crudo fatto di pennellate uniformi.

I giovanissimi artisti Franz Pforr (1788-1812) e Johann Friedrich Overbeck (1789-1869), nel 1809, istituiscono nella città di Vienna, la Confraternita di San Luca (la Lukasbund), giurando di prestare sempre fedeltà alla verità, di contrastare gli schemi accademici e di far risorgere l’arte impiegando ogni mezzo.

A Roma, dove soggiornano l'anno seguente, grazie alla conoscenza del direttore dell'Accademia di Francia ottengono il consenso di riunirsi nel convento di Sant'Isidoro del Pincio, insieme a nuovi seguaci.
La confraternita andò a vivere nel monastero al Pincio e lì gli adepti cercarono d’intraprendere, attraverso la sacralità del lavoro, un percorso etico-pittorico che affondasse le radici nel piacere primitivo e sacrale della manualità e del lavoro inteso come preghiera autentica.
Insomma una pittura in netta antitesi con quell'arte che, per realizzare "la bellezza", ha tradito "la verità".

C'è, quindi, il ritorno allo studio di un albero, del gambo di un fiore, di una massa nuvolosa; si ricercano anche i dettagli più trascurabili del disegno, per esempio di una fronda, per riscoprire a fondo la struttura della natura e dialogare con lo spirito ormai svanito dell'animo umano.

Ma le contraddizioni non mancano; il tono sentimentale dell' "Ecce Ancilla Domini" (1850) di Rossetti, (Dante Rossetti, nonostante il suo nome, autenticamente italiano, è un pittore inglese nato a Londra il 12 maggio 1828 e morto a Birchington, 10 aprile 1882) con una successione di piani tracciati in modo quasi immaturo, come un atto di riverenza al Beato Angelico e l'invocazione del candore cristiano, per il critico d'arte John Ruskin, si spegnerà presto nelle imminenti passionali e provocanti dame; e così anche Hunt si perderà in una snervante ricerca del particolare e nella raffigurazione simbolica; mentre il dotato Millais trasgredirà, sempre secondo il critico d'arte, la causa preraffaellita per indirizzarsi alle richieste di ricche committenze: il messaggio incomincia a perdersi e verrà del tutto sostituito dai contenuti dall'estetismo che dilagherà dagli anni cinquanta, per tutto l'Ottocento.

venerdì 16 dicembre 2011

il natale x Guglielmo: a regola d'arte


A REGOLA D'ARTE.

“... speriamo di sviluppare un lavoro in sinergia con gli operatori culturali che, piuttosto che pensare alla concorrenza o ai flash sui giornali, dimostrino di essere realmente interessati alla promozione dell’arte in città”; così conclude Rocco Guglielmo la presentazione del suo intervento culturale a favore della città di Catanzaro.

La Fondazione Guglielmo ha iniziato lo scorso anno il suo impegno culturale in città e quest'anno presenta l’architetto genovese Alex Pinna, protagonista della mostra “Ti guardo, mi guardo”, curata da Marco Meneguzzo. La mostra nasce da un legame tra l'autore e la collezione di Rocco Guglielmo.

In questi giorni, 4 silhouette in bronzo e corde dell'architetto Pinna presidiano alcuni angoli del centro storico cittadino. “Si tratta di opere di grande dimensione – spiega il presidente della Fondazione, Rocco Guglielmo - situate all’inizio di Corso Mazzini, nella piazza del San Giovanni, nel chiostro del Municipio e nel cortile di Palazzo Alemanni.

E’ la prima volta che si sperimenta un percorso artistico concepito in simbiosi con il contesto urbano per far convivere l’opera d’arte con la vita quotidiana”.

I lavori di Pinna, dal punto di vista formale, sono aggraziati. Una grazia conosciuta che rimanda alle opere stilizzate di Amedeo Modigliani che, posizionati nei luoghi anzidetti, fungono da graziosi complementi d'arredo.

Le figure di Pinna rappresentano una figurazione essenziale del corpo umano lavorate con corda e bronzo.
A rafforzare il concetto che molta gente ha dell'arte e spesso la confonde con l'artigianato artistico o bene che vada con le linee accattivanti del designer, cadono a fagiolo le considerazioni date alla stampa in occasione della presentazione “dell'evento culturale”.

“Per la prima volta è stata realizzata una lampadina-scultura ispirata ad un vecchia opera di Pinna intitolata “Lucignolo” – continua Guglielmo -. L’artista ha sviluppato il prototipo e, insieme ad un soffiatore di vetro, è stata realizzato il bulbo in tre tipologie, ciascuno con otto esemplari. Un ingegnere si è invece dedicato alla parte meccanica, montando materialmente la lampadina”.

ps.: chissà perché, mi viene in mente la clausola in calce che segue i preventivi per la richiesta di lavori domestici: “la ditta s'impegna a che i lavori siano eseguiti a regola d'arte!”

lunedì 8 aprile 2024

Arte Spazio Fedhan Omar dal Libano in Italia

 


Finito l'amplesso ognuno ritorna in sé, si riappropria dell'area intima, impenetrabile nonostante l'interscambio emotivo consumato e si perde dietro le ali del non detto. Vicini, ancora odorosi dell'attimo fuggente appena colto ma lontani, gli amanti abbandonano i pensieri e cavalcano verso l'ignoto su sentieri differenti.

mercoledì 17 aprile 2013

Arte Contemporanea, Saatchi sponsorizza Mueck

QUANDO CHARLES SAATCHI FA LA DIFFERENZA.


ron mueck


È risaputo. Il mondo dell'arte e il suo sottobosco è strapieno di gente che gioca con la creatività ma solo pochissimi emergono e quei pochi che ci riescono, oltre agli inopinabili meriti personali, devono ringraziare qualcuno che ha creduto in loro, li ha affiancati e portato per mano nei circuiti consacrati all'Arte.
Personalmente non credo ai colpi di fortuna. Credo, piuttosto, alle strategie messe in campo dai cerimonieri culturali. Alla benevolenza dei mass media e alla loro forza persuasiva.
Da sempre, nonostante le chiarissime teorie di Emile Zola in merito alla valenza di un'opera, in pittura e nelle arti in genere, il profano è mischiato al sacro, lo contamina fino a fagocitarlo.

È come nelle comuni attività sociali: chi sa vendere bene la propria merce fa progressi nell'immediato e chi investe patrimoni vuole vederli crescere, a prescindere dal valore reale. In seguito, forse, il tempo e l'emancipazione riusciranno a fare luce.

Non sta a me dire cosa è o determina un prodotto culturale e cosa lo fa assurgere ad opera d'arte.
Ci sono trattati curati e ragionati da perfetti luminari e chi ancora non ne ha consultato almeno uno è sempre in tempo per farlo.


A volte si cita l'iperrealismo, si parla di scultura, si enfatizzano misure e perfezionismi maniacali. Tutte cose che fanno “impressione” sul pubblico. Effetti speciali che lasciano a bocca aperta quanti non conoscono le tecniche di costruzione dei giganti costruiti per i racconti di celluloide.

Mueck è definito dalla critica ufficiale artista iperrealista.

Esordisce come artista nel '97. Realizza, con silicone crudo, un manichino che emula un uomo morto al quale dà il titolo: “Dead Dad” “papà morto”.

I lavori di Ron Mueck raffigurano la forma umana e la ritrae nei momenti più intimi, isolati, decontestualizzati e, perciò, vulnerabili.
L'approccio, può inserirsi, se proprio si vuole dare valore all'azione, nel contesto dada piuttosto che iper o surrealista. Iper descrittivo di corporeità che non mancano di descrivere momenti quoridiani amplificati nelle proporzioni.
Corpi siliconici vestiti con i sentimenti dell'umano, smorfie di dolore o di paura, riprodotti in grandezze esagerate per esaltarne i particolari.

rivisitazione dgt di un libero pensatore (sensazioni)
Chi li osserva, superato un primo senso di meraviglia e stupore, probabilmente si sentirà un lillipuziano al cospetto di Gulliver. Tanti Gulliver immobili, ignari di essere osservati e indagati nei momenti più intimi. Qualcuno sarà anche assalito da melanconia, proverà imbarazzo o vergogna per aver invaso la privacy degli innocui giganti di silicone.

Mueck è uno degli artisti più richiesti nel panorama contemporaneo; apprezzatissimo soprattutto da quando le sue opere sono commissionate da Charles Saatchi (fondatore della Saatchi & Saatchi, la più importante agenzia pubblicitaria del mondo).

mercoledì 1 febbraio 2012

Venezia, biennale 2013, marketing o arte?

C'è un gran bel parlare di Massimiliano Gioni al quale è stato affidato l'incarico di guida della prossima biennale veneziana d'arte contemporanea. 

Di lui si sa già tutto: nato nel '73 a Busto Arsizio, quindi compaesano di Mina, Uto Ughi e altri, grande conoscitore dell'arte con una miriade di incarichi sparsi per il mondo dall'Europa all'Asia, Africa e Americhe, nonché amico e socio di Maurizio Cattelan e cosa di non poco conto: direttore artistico della fondazione Trussardi. Insomma, a leggere tra le righe (sarò felice se queste “malignità” saranno smentite dai fatti) sembra di assistere al solito rito ufficiato dai sacerdoti cresciuti nel culto della mercificazione blasfema dell'arte dove, bene che vada, la differenza sta nella trovata pubblicitaria scandalistica.
Alla luce dei fatti regressi, appunto, alcune domande sono d'obbligo: Massimiliano Gioni ha la possibilità di allestire una biennale non contaminata dagli affari e dalle lobby? Può muoversi liberamente e fare una ricerca seria tra gli artisti italiani?
Le possibilità non gli mancano!

I mass media di Massimiliano Gioni, riportano le seguenti notizie:
nato a Busto Arsizio nel 1973, è critico d'arte contemporanea e curatore italiano di origini milanesi. Caporedattore di Flash Art a New York dal 2000 al 2002 e curatore nel 2003 della mostra “La Zona” per la 50ma Biennale di Venezia, nel 2004 è tra i curatori della biennale di arte contemporanea itinerante Manifesta 5. Dal 2003 è direttore artistico della fondazione Nicola Trussardi di Milano. Nel corso della sua giovane e intensa carriera si è occupato della realizzazione di svariati progetti tra cui, in collaborazione con l'artista Maurizio Cattelan e la curatrice Ali Subotniak, la cura della biennale di Berlino del 2006, la creazione della rivista Charley e di un nuovo spazio espositivo, la mini galleria itinerante Wrong Gallery, inizialmente allestita nel 2002 a New York e spostata nel 2005 alla Tate Modern di Londra. Ha collaborato come editor con case editrici come Charta, Mondadori, Phaidon, Les Presses du Reel, Dijon e Rizzoli. Da dicembre 2007 fa parte dello staff dei curatori del New Museum of Contemporary Art di New York (da Wikiperdia).

Per la musica il cda della Biennale ha scelto il compositore Ivan Fedele (Lecce, 1953), uno dei più affermati nel panorama internazionale. Rimangono invariate dalla biennale del 2010-11 le altre due nomine: Alex Rigola per il teatro, Ismael Ivo per la danza.

venerdì 18 novembre 2022

Dematerializzazione e creatività

 


Digitalizzare un concetto e renderlo visivamente fruibile donandogli corpo e dimensione virtuali equivale a de-materializzare la struttura fisica dell'opera d'arte tradizionale.

In antitesi al gesto plastico-pittorico, il fare arte digitale significa nel lessico corrente, comunque creare qualcosa di inesistente, nuovo, per lo più dare senso e volume ai manufatti corposi “ingombranti” sulle piattaforme informali de-strutturandone i supporti fisici. Inscenare, in sintesi, la grande bugia visionaria in pixel e non coi mezzi pittorici usati fin dall'antichità.

Nessun supporto che abbia corpo specifico, quale carta, legno, tela, rocce o cemento.

domenica 29 luglio 2012

ARTE PER AMORE

C'è chi sa pescare bene nel sottobosco della cultura.

1990, t.m., dalla collezione dedicata alla Calabria:
santuario di Santa Maria delle Armi,
cerchiara di calabria, cosenza
Critici d'arte, galleristi, mercanti e collezionisti adescano quanti sono resi euforici dai risultati ottenuti in qualche fiera di paese, corroborati dagli attestati estemporanei e dalle strette di mano dell'intellettuale di turno, convinti, perciò, delle loro potenzialità artistiche, pensano di sfondare nel campo dell'arte sostenuti dalle recensioni e dalle amicizie del critico; diventare famosi e guadagnare tanti soldi, che non guastano mai! Gente che invade giornali, televisioni e anche il web gongolando.

Ogni istante nasce un nuovo sito con relativo profilo dello staff sui maggiori social forum. Dottori della visone pacchiana che non fanno niente gratis. Ogni rigo o attimo del loro prezioso tempo deve, essere ben pagato. Ma basta spulciare le pagine per rendersi conto della pochezza culturale dei giganti di sabbia posti in vetrina

Il mio personale invito a quanti amano dipingere, scolpire, fotografare, scrivere, è di non lasciarsi tentare dai nani e saltimbanchi che di volta in volta appaiono sui mass media con inviti accattivanti.

Continuate, piuttosto a dipingere, giocare creativamente con la materia, il colore, le forme, per il gusto di fare qualcosa di piacevole che soddisfi voi stessi. Confrontate i vostri lavori con chi ama il gioco creativo spinto dalla curiosità e per sondare nuovi linguaggi, attraverso i quali, perché no!, migliorare ed eventualmente, confrontarsi con una platea più vasta.

Abbiate chiara l'idea che il mecenate illuminato non esiste! E neanche il colpo di culo. Esiste solo l'affare! E le lobby... perciò fate attenzione alle lusinghe anche sul web, specie agli “amici” che bloccano i commenti dissonanti ma fanno incetta di contatti; sono i peggiori! Perché non hanno il coraggio di esporre con chiarezza il proprio pensiero; le loro azioni sono calibrate con oculatezza, sempre attenti a non “offendere o inimicarsi” i potenti di turno.

I paraculo li ho eliminati dai miei contatti perché convinto che nel campo dell'Arte devono germogliare solo i frutti dell'onestà intellettuale.

Credo fermamente che l'Arte, la Cultura in genere debba essere tutelata da simili fameliche espansioni umane.
Credo nell'arte emancipatrice; nella forza del suo linguaggio e nella libertà.
Per questi motivi metto in guardia dai signori che insozzano la bellezza dei sogni, sfruttano le ingenuità e concedono attenzioni a condizione che vi siano guadagni sicuri per i loro servigi.

domenica 1 dicembre 2024

Artecondizionata tra banane e melakaki


 Il nonsenso elevato a forma d’arte allontana le masse dal messaggio rivoluzionario e propositivo dell'artista e del relativo lavoro creativo in ogni accezione? Abituati alla bella pittura tutto ciò che esula dal bel dipinto e dalla consuetudine è materia ostica per quanti pigri e digiuni delle evoluzioni epocali in quanto a pensiero e manipolazione dello stesso, in senso figurato e filosofico, l'operazione, provocatoria e performativa è fuorviante?

martedì 5 ottobre 2010

Mattia Preti o i contemporanei in Calabria?

aore12
M. Preti, S. Giovanni con autoritratto
Mattia preti o le generazioni contemporanee per il rilancio della cultura in Calabria?

Tra flussi e riflussi, la storia si ripete a dispetto delle aspettative di rinnovamento enunciate dai programmi politici e culturali: comitati scientifici, mostre museali e vecchiume consacrato da tempo, che, stando ai fatti, nulla apportano in termini di affluenze e ricchezza nel tessuto economico imprenditoriale territoriale, e quanto già fatto nel passato lo dimostra, sono riproposte ciclicamente.

La mostra sui fratelli Preti, Mattia e Gregorio, con Francesco Cozza, altro pittore del ‘600, realizzata con il contributo del Comitato Nazionale per le celebrazioni del III centenario della morte di Mattia Preti, organizzata dalla Soprintendenza per i Beni Storico Artistici ed Etnoantropologici del Lazio, in calendario nel 2009, tra Roma e Catanzaro ancora aleggia nelle atmosfere del San Giovanni.

Eppure, l’assessore alla cultura Mario Caligiuri, oggi ha ripresentato all’esecutivo regionale calabrese, che ha deliberato la costituzione del comitato scientifico per le celebrazioni del Quarto Centenario (2013) della nascita di Mattia Preti, appunto, l’ennesima celebrazione a un mondo mummificato mentre l’arte è in fermento, propone, sviluppa e dissacra scientificamente vecchi teoremi.

Teorie e pratiche pittoriche, quelle del Preti, indubbiamente, consacrate dalla storia dell’arte, che fanno testo e illuminano le menti ma, e questo è il suggerimento, è necessario guardare alla contemporaneità e al futuro; ai giovani! Divulgare i linguaggi artistici contemporanei, fare crescere le nuove generazioni e coinvolgerle in progetti possibili che diano fiducia e guardino al futuro pur con un occhio al passato.

Nelle intenzioni di Mario Caligiuri, il comitato deve lavorare affinché la cultura mondiale s’interessi alla figura di Mattia Preti e valorizzi la ricchezza dell’intero patrimonio culturale della regione Calabria. E se invece puntasse sui contemporanei e li aiutasse a entrare nel mercato?
Con un comitato così si partirebbe senz’altro in pole position.

Vittorio Sgarbi, presidente,
Guglielmo De Giovanni Centelles, Accademico Pontificio di Belle Arti e Lettere, Nicola Spinosa, Soprintendente Speciale per il Polo Museale Napoletano; Maurizio Marini, storico dell'arte; Alessandro Zuccari, docente universitario della Sapienza; Luigi Tassoni, professore a Pe'cs in Ungheria; Paolo Arrigoni, collaboratore del Ministero per i beni Culturali; John Spike, critico d'arte; Mario Buhagiar, professore di Storia dell'Arte all'università di Malta; Domenico Romano Carratelli, Coordinatore degli Assessorati alla Cultura della Conferenza delle Regioni; Fabio De Chirico, Soprintendente per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici; Alessandra Anselmi e Giovanna Capitelli professoresse dell'Università della Calabria; Giuseppe Valentino, Direttore del Museo di Taverna e Giuseppe Mantella, maestro di restaurato e conservazione di opere d'arte.

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