mercoledì 26 maggio 2010

Racconti di vita in Calabria. 6, vocazioni territoriali

Racconti di vita in Calabria. 1

Vocazioni territoriali. (prima parte)

Ho deciso! Poiché ai grandi strateghi della politica, in realtà, non interessa nulla delle reali condizioni in cui versano i cittadini, forse perché, giustamente intenti a inseguire concetti incomprensibili a noi miseri mortali, non perderò più tempo ed energie a esternare gli umori della gente comune. La gente che vive e si accontenta di poco nonostante le trasmissioni spazzatura che inondano le case e le menti dei deboli proponendo falsi modelli sociali.
Anche da noi la società è infettata dalla corrente di pensiero effimero che accomuna il successo con il denaro e la visibilità che i media consentono alle persone. Cosicché, per un certo ceto sociale, l’appariscenza pacchiana che espone presunte ricchezze condiziona l’intera società e mortifica le vocazioni territoriali che se sapute amministrate porterebbero ricchezza reale ai calabresi.
Non a caso qualcuno la definisce la California italiana per il clima le amene terre che strette tra due mari offrono possibilità agrituristiche uniche. La posizione geografica dell’Italia e della Calabria in particolare, crocevia di culture che hanno lasciato tracce indelebili, (vedi Bronzi di Riace e vicende collegate) e che continuano a tenere desta l'attenzione della collettività, consente di assaporare e vivere con poco dispendio di energie e tempo luoghi differenti per clima, cultura e usi. La gastronomia tipica della regione propone gusti e sapori forti associati ai luoghi d’origine: il caviale dei poveri, vale a dire una purea di pesce azzurro preparato dai pescatori delle coste tirreniche e joniche, tiene il passo alla ndujia montana di Spilinga e del vibonese in genere. La cipolla dolce di Tropea. Le alici sottosale, il pesce spada, il tonno, le patate della Sila, l’olio extravergine d’oliva. Prodotti secondo natura con metodi tradizionali tramandati da padre a figlio.

(segue: territorio e cittadini)

Racconti di vita in Calabria. 5

Racconti di vita in Calabria.1

Transumanza.

Ancora oggi può capitare, specie nelle strade provinciali dell’entroterra, nei cambi di stagione, di trovarsi di fronte a scene considerate archeologia rurale.
Infatti, è facile incontrare nelle strade semideserte una mandria di pecore o delle vacche guidate da pastori e seguite dai fedeli cani, che, all’apparenza apatici, aiutano l’uomo a governare le greggi. Cani che sollecitano gli armenti disorientati o che si attardano a brucare nonostante il pastore abbia lanciato il fischio di richiamo. Cani pastori che sanno proteggere le greggi dai predatori, vigili dietro alla fila, controllano e tutelano pecore, capre e mucche dai pericoli; che al cenno del padrone sollecitano il branco ad aprire un varco per lasciare passare le macchine.

Scene d’altri tempi, difficili da vedere laddove l’economia globale induce a costipare in batterie produttive gli animali da latte e da macello, in Calabria è ancora possibile viverle.

(segue: vocazioni territoriali)

martedì 25 maggio 2010

racconti di vita in Calabria. 4


Racconti di vita in Calabria.1
©archivio M.Iannino

Solidarietà contadina

C’è chi piange per la squadra del cuore, di gioia o dolore e chi culla illusioni e speranze. Le lacrime di gioia o rabbia accompagnano i sentimenti umani nelle periferie dell’impero dei sensi.
Eppure sappiamo di sicuro che la vita è un passaggio, una camminata più o meno piacevole nella materia; un soffio di eternità che vorremmo non finisse mai quando stiamo bene e in pace con noi stessi e il mondo, ma, come sempre c’è un ma, un ostacolo mentale o fisico, che si frappone tra noi e l’oggetto del desiderio, deprime e annulla i pochi attimi sereni anche quando non ce ne sarebbe bisogno. Ma la teoria dei bisogni è soggettiva! Non ha parametri stabili o leggi condivisibili. Qui si tocca il piacere e le fantasie soggettive e ciò che va bene e fa gioire qualcuno lascia indifferenti altri.
Un vecchio adagio calabrese recita “u gurdu non crida mai u dijunu” che tradotto suona così: chi è sazio e ha la pancia piena non sa cosa vuol dire avere fame e pensa che anche gli altri siano sazi.
Ma i vecchi saggi che conoscevano il vero volto dei bisogni, per sollevare dalle sofferenze i più poveri, nel tempo, hanno praticato atti di solidarietà tramutate in leggi mai scritte su carta ma attuate nei fatti lasciando liberi i raccolti e i frutti della terra limitrofi ai percorsi viari e, in alcuni paesi, ancora oggi, il giorno dei morti chiunque può accedere nei castagneti a far provvista di castagne.

(segue; transumanza)

intercettazioni e informazione: chi ha vinto e chi ha perso?

Ha perso la democrazia!


I temi caldi del giorno per la politica italiana riguardano, di fatto, la modifica all’articolo 21 della Costituzione Italiana dedicato, in sintesi, alla libertà di pensiero e quindi di stampa e diffusione di notizie d’interesse comune e alla legge sulla privacy, vale a dire quelle norme che tutelano la sfera privata dei cittadini e la libertà d'espressione.

Per capire e inquadrare bene l'importanza democratica assegnata universalmente ai due concetti è opportuno ricordare che la Carta Costituzionale della Repubblica Italiana è stata redatta da illuminati Uomini che avevano vissuto il momento storico forse più drammatico dopo l’unità d’Italia.
I Padri Costituzionalisti, essendo stati testimoni attivi e attori principali della trasformazione italiana da monarchia a Repubblica Democratica, hanno soppesato bene i problemi vissuti e per evitare il ripetersi degli errori hanno pensato di redigere la Carta Madre dei Diritti e dei Doveri per tutelare la nascente Repubblica e i suoi Cittadini.

Oggi a qualcuno l’estrema trasparenza e il coinvolgimento attivo alla vita democratica non piace più e ha deciso che si deve cambiare rotta e mettere un argine alle intercettazioni e a tutte quelle azioni democratiche che hanno denunciato lo sperpero di denaro pubblico e il malaffare, gli arricchimenti illeciti, le evasioni fiscali, le fughe di capitali, la promiscuità tra politica, affari e parti malate della società, insomma non si devono rendere pubbliche tutte le marachelle fatte dai personaggi che avrebbero dovuto, tutelate i beni comuni, amministrare lo Stato e far stare meglio i cittadini, e, che invece, hanno portato gli italiani a un punto critico di povertà.

È democraticamente giusto non essere informati delle azioni dei parlamentari e dei rappresentati del Popolo Italiano in merito alle politiche economiche e sociali dello Stato?
È lecito conoscere il vero volto di chi dice di lavorare per il bene degli italiani?
Considerando che nessuno è stato eletto perché obbligato, la risposta è scontata:
chiunque assume incarichi pubblici o ha a che fare con il destino di più persone deve moralmente essere al di sopra di ogni sospetto!

lunedì 24 maggio 2010

racconti di vita in Calabria. 3

Racconti di vita in Calabria. 1
©archivio M.Iannino


E la sera, in inverno qualcuno aveva sempre una storia da raccontare davanti al focolare.

La storia che più appassionava i ragazzi e li faceva andare a letto un po’ timorosi era quella legata alla vicenda del pastore che incontra il diavolo nelle campagne di Squillace e gli chiede…
Ma andiamo per gradi:

ancora oggi, ai piedi di Squillace sorge un ponte, forse romanico, costruito in pietra, argilla e calce che scavalca il torrente Ghetterello.
Secondo la vecchia leggenda, nella zona del ponte abitava un pastore che con le piene invernali aveva difficoltà ad attraversare il corso d’acqua ingrossato dalle piogge. E per attraversarlo agevolmente costruì un ponte che metodicamente veniva travolto dalle piene.
Un giorno, stanco, invocò il diavolo e fece un patto con lui pur di fargli costruire un ponte solido e duraturo che nessuna piena avrebbe mai travolto e distrutto. Il diavolo acconsenti a patto che, una volta ultimato, la prima anima a passare fosse stata sua. Inutile dire che il diavolo pensava che il primo a passare sarebbe stato il pastore, invece, il pastore, da buon calabrese dalle “scarpe grosse e dal cervello fino”, appena finito di costruire il ponte fece un fischio e il cane che si trovava dall’altra parte lo attraversò per raggiungere il padrone.


(segue; solidarietà contadina)

racconti di vita calabrese. 2, gli anni del dopoguerra

Racconti di vita in Calabria. 1
©archivio M.Iannino


Bèh, altri tempi gli anni dell’immediato dopoguerra!
Tempi in cui ci si accontentava di tirare la giornata, avere di che sfamarsi e per i divertimenti, quelli che davano materiale per discuterne un anno, si aspettava la festa del santo patrono che bastava e avanzava viste le condizioni economiche delle famiglie del tempo.

Per il resto, la giornata tipo dei ragazzi, quando non occupati nella bottega del “mastro” a imparare un mestiere o alle prese coi compiti, era impegnata in maniera costruttiva a fabbricare armi per le battaglie epiche tra bande rivali dei rioni, costruire carrocci con tavole e assi incrociate munite di ruote di legno e d’estate i bagni nelle fiumare dopo aver fatto razzie di frutta fresca nelle campagne circostanti il paese.

(segue) il ponte del diavolo

censure e ammiccamenti non aiutano la ripresa economica e sociale italiana

Ammiccamenti e censure non aiutano a superare le difficoltà oggettive dei paesi in crisi. E neanche la melliflua accondiscendenza dei mass media che evitano analisi profonde e non pungolano i dirigenti nazionali a fare meglio il loro lavoro.

È risaputo che gli struzzi davanti al pericolo nascondono la testa nel terreno e lasciano scoperto il grosso corpo e fino ad ora, gli intellettuali ma anche semplici cittadini privi di titoli altisonanti che non assurgono agli onori della cronaca e non hanno i riflettori puntati addosso, si sono mobilitati affinché i dirigenti politici facessero meglio ma, fino ad ora, ripeto, nulla è cambiato! Anzi, in Italia si va avanti a botta di decreti e di pacchetti correlati inseriti all’ultimo minuto, quando ormai è passato in visione ai due rami del parlamento ed è presentata alla firma del capo dello stato, azione biasimata anche dal Presidente della Repubblica che ha esortato il governo a fare meglio e non ricorrere sempre alla fiducia.

Le continue critiche costruttive sembrano aver sortito a niente, vista la irremovibile posizione dei componenti il governo nazionale. Le leggi continuano ad essere calate dall’alto incuranti del malcontento generale e dal pericolo reale che questo modo d’intendere la gestione dello Stato possa aprire a una nuova ondata di cultura totalitaria, del resto già conosciuta in passato allorché un altro signore forte del carisma nazionalpopolare che la sua figura incuteva decise di “ ghe pensi mì” pensare lui a formare una nuova società retta da leggi prive di controllo collegiale, ingerenze democratiche e analisi popolari.

Con ciò non voglio lasciar intendere che il governo sia in malafede ma sottolineare che il sale delle democrazie è la libertà di pensiero suffragata dai mezzi di comunicazione di massa nonché dalla collaborazione reale dei cittadini alla gestione dello Stato.

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