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giovedì 4 luglio 2019

Sere d'estate

Nelle giornate assolate le donne preferivano stare sedute sull'uscio di casa, al fresco, sotto i portici che adornavano le entrate della maggior parte delle abitazioni, e chiacchierare. La più anziana, ritenuta la saggia del paese, donna Peppina, questo il suo nome aveva il dono di sapere ascoltare. E quando era richiesta espressamente la sua visione delle cose parlava. Si esprimeva alla maniera del paese. Accompagnava alle parole i gesti usando metafore comuni comprensibili a chiunque.

Donna Peppina sapeva decifrare anche i sogni oltre ai segni della natura. Sapeva anche togliere il malocchio. E questa è la preghiera che m'insegnò la notte del Santo Natale:

“Nostro Signore d'Eggittu venìa.
'na parma d'olivu a li mani portava;
a portava supra l'ataru pe' fara a Santa Benedizziona:

fhora malocchjiu da casa mia ...”.

Preghiera che, sapendo di non riuscire ad imparare a memoria in una notte così solenne, scrissi e ripetei fino a memorizzarla.
L'esorcismo contro la cattiveria e l'invidia non poteva e non può essere divulgato e appreso fuori dai tempi sacri che sono il SS Natale e la SS Pasqua. E non tutti possono esserne depositari.

A quel tempo ero piccola ma m'incuriosiva quell'andirivieni da casa di mia nonna. Le comari del paese entravano col solito cerimoniale e un pacco di zucchero o caffè in dono: “è permessu? Cummara Peppina vi disturbamu? No cummà chi diciti. Siti a patruna! Trasiti trasiti.”.
Guardavo e assistevo ai riti della saggezza popolare. E m'incantavo ai racconti dei sogni delle comari e alla loro decifrazione che la nonna faceva con saggia disinvoltura. Dava concreti suggerimenti agli accadimenti inusuali carichi di simboli profetici avvenuti durante il giorno durante il lavoro nei campi e rincuorava le comari. Le rasserenava. Ma dava anche consigli comportamentali e buone maniere.

giovedì 10 marzo 2016

Storie e leggende dal sapore antico

Amuleti e credenze nella cultura arcaica contadina



maschera apotropaica
(studio del M° M. Iannino)


L'anziana pacchiana sbiascica parole incomprensibili mentre segna la fronte della giovane che sbadiglia.

Va va fhora e sta' casa uocchjiu malignu! Lavati lavati a fhaccia cu acqua e sala e sta sempa cu a malizia eccussì u maluocchjiu 'on ti pigghjia e quandu ti sienti muscia vieni ccà eccussì ti sduocchjiu ca si duormi 'docchjiata è pijeju.
Che ha detto? Mi traduci per favore?
Ha detto:
“vai fuori da questa casa occhio invidioso e maligno. Lavati la faccia con acqua e sale e stai sempre allerta così contrasti le energie negative degli invidiosi...”.

Sì sì ma non è ca l'uocchjiu è sulu de' mmbidja po' essera puru d'ammiraziona. Spiega l'anziana sciamana.
La donna, ricca di antica saggezza contadina, pur non parlando l'italiano interagisce e mi confida la sua esperienza di pratica esorcista che mescola preghiere e amuleti contro il malocchio e per schiacciare le negatività dei maligni.

venerdì 29 marzo 2013

Calabria, abbazia Santa Maria di Corazzo, Carlopoli

Tra Carlopoli e Soveria Mannelli.
la mia Calabria: tra i resti dell'abbazia di Corazzo


Nella campagna di Carlopoli, piccolo centro calabrese a due passi da Soveria Mannelli, in località Castagna, nel bel mezzo di prati coltivati a grano, sonnecchiano, dimenticate tra le macchie mediterranee, sobri ruderi della prima architettura romanica.

Sono i resti dell'antica abbazia di Santa Maria del Corazzo.

Un luogo aperto a chiunque e privo di tutele, che stuzzica la curiosità storica e fa riflettere sul tempo dell'uomo, sulla laboriosità e sulla spiritualità che ancora aleggia nell'aria. Basta socchiudere gli occhi dopo aver osservato i resti per vedere nella propria mente il maestoso edificio ormai ridotto a rudere.
Sono proprio i ruderi che permettono di immaginare la maestosità dell’abbazia e la sua centralità sociale nel medio evo tra i boschi silani.

I resti delle camere dei monaci, i magazzini, i locali per la foresteria, la cappella per i visitatori, la farmacia, il refettorio, i magazzini, insomma, tutto quanto serviva alla comunità religiosa dei benedettini, nonché l'intervento sul fiume Corace, deviato per irrigare i campi e per le necessità idriche del convento.

La cronaca monastica testimonia la presenza dell'illustre monaco fra' Giocchino da Fiore, e la stesura delle sue opere più belle e significative ad opera di esperti amanuensi del pensiero gioachimita.

lunedì 24 maggio 2010

racconti di vita in Calabria. 3

Racconti di vita in Calabria. 1
©archivio M.Iannino


E la sera, in inverno qualcuno aveva sempre una storia da raccontare davanti al focolare.

La storia che più appassionava i ragazzi e li faceva andare a letto un po’ timorosi era quella legata alla vicenda del pastore che incontra il diavolo nelle campagne di Squillace e gli chiede…
Ma andiamo per gradi:

ancora oggi, ai piedi di Squillace sorge un ponte, forse romanico, costruito in pietra, argilla e calce che scavalca il torrente Ghetterello.
Secondo la vecchia leggenda, nella zona del ponte abitava un pastore che con le piene invernali aveva difficoltà ad attraversare il corso d’acqua ingrossato dalle piogge. E per attraversarlo agevolmente costruì un ponte che metodicamente veniva travolto dalle piene.
Un giorno, stanco, invocò il diavolo e fece un patto con lui pur di fargli costruire un ponte solido e duraturo che nessuna piena avrebbe mai travolto e distrutto. Il diavolo acconsenti a patto che, una volta ultimato, la prima anima a passare fosse stata sua. Inutile dire che il diavolo pensava che il primo a passare sarebbe stato il pastore, invece, il pastore, da buon calabrese dalle “scarpe grosse e dal cervello fino”, appena finito di costruire il ponte fece un fischio e il cane che si trovava dall’altra parte lo attraversò per raggiungere il padrone.


(segue; solidarietà contadina)

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