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lunedì 12 marzo 2012

Mario Parentela al marca di Catanzaro

Mario Parentela "colonna sonora"


Un signore dai capelli bianchi e la bocca sigillata da una striscia nera guarda tre pile di vecchi dischi in vinile posizionate a triangolo su una pedana. Più in là strumenti a fiato e improbabili spartiti ingombrano ipotetici spazi dedicati alla musica bandistica.
Il signore dai capelli bianchi e dalle labbra sigillate ha uno spazio nel museo marca di Catanzaro fino al 1° aprile non per presentare il suo pesce d'aprile neo dada agli estimatori e amanti dell'arte ma per proporre letture differenti del fare umano, osservare in silenzio i rumori inutili del mondo. Fare il punto sulla situazione artistica e ascoltare in religioso silenzio le sensazioni traslate dai canali internazionali ai locali legati e condizionati dalla parola dal suono e dall'immagine.

Lui sta lì e sembra dire: non parlo più con chi non è all'altezza della situazione con chi apre la bocca e fa uscire fiato insensatamente. Ciononostante non ha un'espressione sorniona né si dimostra infastidito o scandalizzato. Forse spera o aspetta di vedere assurgere a musica i rumori inutili degli stolti.

Il signore dai capelli bianchi è Mario Parentela. Artista catanzarese che ama sperimentare.

Nella rassegna corrente dal tema “colonna sonora” Mario Parentela pare voglia far assurgere l'oggetto a metafora della parola insipiente. Lo si evince dagli strumenti a riposo, in attesa dei musicanti sul palco del paese allestito a corollario dei festeggiamenti   patronali.
Anche i 15 metri di percorso, disseminato di briciole audiovisive, riporta alla metafora di Pollicino.
Un Pollicino adulto che osserva con occhi da bambino le scorie dei grandi. Non a caso le particelle che compongono lo “spartito” parenteliano suggeriscono qualcosa di familiare. Essi sono (gli audiovisivi) la risultante storica della presenza umana che nel segnare i flussi e riflussi del pensiero contemporaneo da testimoni del percorso evolutivo tecnologico degli ultimi anni si trasformano in monito. un monito benevolo che induce a
astenersi dalla parola quando inutile e nel contempo evitare di essere vittime dei rumori inutili! (questo sembra voler dire l'artista con le sue installazioni) E bene fa il saggio a isolarsi nell'alveo del silenzio catartico fino a giungere, attraverso la rivisitazione poetica dell'oggetto, al gioco e alla creatività ri/trovata!

ph courtesy Anna Lauria©

lunedì 9 gennaio 2012

i linguaggi del corpo in arte

Per gli uomini, piangere in pubblico ma anche in privato, è sinonimo di debolezza. Il pianto è un sentimento prettamente femminile che non si addice al macho perciò deve essere represso se non si vuole fare una figuraccia.
Ampliando il concetto, anche l'uso indiscriminato del nudo diventa una sorta di blasfemia contro il comune senso del pudore. I pubblicitari ne sanno qualcosa, tant'è che sfruttano la reazione del pubblico per fare della comunicazione visiva una sorta di arma a doppio taglio. Anche alcuni cosiddetti creativi impegnati cavalcano le emotività costruite da educazioni manichee per proporre sul mercato della cultura alta le proprie opere. Senza entrare nel merito dell'etica, altrimenti cadremmo nel tranello educativo imposto dalle civiltà d'appartenenza, nel linguaggio creativo, appunto, le dicotomie concettuali sono assenti per definizione. L'artista tratta il corpo come un qualsiasi altro strumento del proprio bagaglio semantico. Magari in antitesi alle vicende linguistiche correnti.
Nella costruzione dello spazio creativo non si deve sottovalutare la libertà espressiva, l'assenza totale di regole preconfezionate. Anzi, è proprio dall'anarchia creativa che nasce l'opera d'arte. Volendo rafforzare il concetto, potremmo ricordare i maestri del passato. Ripercorrere la vita di Picasso, Cézanne, Mirò, Modigliani... l'elenco sarebbe lunghissimo e sarebbe una fatica inutile citare tutti gli artisti che hanno fatto la storia dell'arte fino ai giorni nostri. Basta pensare e convenire che alla base del gioco creativo, sì, ci sono delle pulsioni dettate dall'ambiente esterno che, indotte e assorbite dalla società nella quale si vive vanno a intasare il microcosmo personale dell'artista, decodificate e traslate assumono valenze alte decontaminate dalla volgarità.




lunedì 21 novembre 2011

coinvolgente medley live dei Vasco rocknroll show

Voglio parlare di emozioni che nascono in determinati momenti che, sorrette da professionalità impeccabili, si trasformano in passioni liberatorie. Sto parlando di musica! La musica dei Vasco Rocknrollshow Tribute band che continua a far innamorare quanti partecipano ai loro concerti. Venerdì sono stati invitati in un noto locale di Girifalco in provincia di Catanzaro e hanno mandato in visibilio i presenti. Lo dimostrano le innumerevoli fotografie e i video postati sulla loro pagina di facebook dai fans.
Impossibile quindi pensare ad un innamoramento temporaneo da parte mia (non nascondo di averlo pensato dopo aver assistito al loro concerto di Gagliano). Come sempre, coinvolgenti nelle loro performance, i sei ragazzi catanzaresi hanno dato il meglio, tra ritmo sudore e fumi si è scritta un'altra serata di ottima musica rock. D'altronde lo avevano promesso! “"Vogliamo tornare in scena per offrire qualcosa in più a tutte le persone che ormai ci seguono di concerto in concerto - hanno spiegato i sei componenti della band - e portare in scena uno spettacolo musicale ancora più coinvolgente".”

lunedì 31 ottobre 2011

oktober rock live vascorock'nroll show


CATANZARO, GAGLIANO, OKTOBER ROCK

VASCO ROCK'N ROLL SHOW TRIBUTE BAND

martedì 25 ottobre 2011

sala giunta griffata Mendini

aore12blog
la sala della giunta provinciale di Catanzaro curata da Mendini
Non so se prima di iniziare i lavori per il restauro della sala giunta nel “palazzo di vetro” dell'amministrazione provinciale di Catanzaro ci sia stato un bando pubblico oppure no. L'unico dato certo è che da un po' di tempo a questa parte assistiamo inermi all'invasione dei soliti noti: Artisti, designer, tecnici, esperti di varia natura provenienti per lo più dal “nord” espongono e fanno affari con l'amministrazione pubblica catanzarese.

Le auto celebrazioni si sprecano a prescindere dalla valenza artistica o culturale dell'operazione inaugurata in barba agli operatori locali. Dimenticati, di fatto gli artisti calabresi sono tenuti fuori dai giochi.

Ma in una situazione di ristrettezze economiche come quelle attuali, essendo la provincia un ente territoriale nella possibilità di spendere dei soldi pubblici, non sarebbe stato corretto da parte di chi gestisce politicamente e economicamente i progetti, prevedere, non per una questione meramente campanilista ma per gratificare le professionalità delle arti e della cultura esistenti in loco con esperienze più che trentennali, anche l'impiego di noi artisti catanzaresi?

presentazione alla cittadinanza della sala giunta rivisitata da Mendini 

sabato 8 ottobre 2011

così nasce un amore rock

Massimiliano, Gianluca, Christian, Franceso, Raffaele


Vr'n'rTb
Da qualche tempo nel catanzarese un nuovo gruppo musicale fa parlare di sé. Sei ragazzi vivacizzano le serate nei pub più rinomati con esibizioni rock da far invidia ai gruppi storici. Chi sono questi elementi e quali sono le origini di così tanto fervore musicale?
Quattro salti nel web e il mistero è svelato dagli stesi autori:

“Qui si fa la storia”
Anno scolastico 1981-82……Gianluca Rossiello e Massimiliano Iannino, due bambini di appena cinque anni, frequentano la stessa scuola. Compagni di classe e di banco di una scuola materna della loro città, Catanzaro, legati da una crescente profonda amicizia, diventano compagni di giochi pomeridiani e trascorreno molte ore della giornata insieme. Gianluca alterna i pomeriggi trascorsi in compagnia di Massimo con lo studio della batteria, sotto la guida del padre (batterista in famosi gruppi degli anni 60 – 70). Il feeling musicale tra Massimiliano e Gianluca si fa più intenso nel febbraio del 1982. cioè quando Vasco Rossi partecipa al Festival di Sanremo con la canzone “Vado al Massimo” classificatasi ultima!
I genitori dei piccoli Gianluca e Massimiliano regalano ai due il disco in vinile “Vado al Massimo” (che tutt’oggi conservano gelosamente – lato B “Ogni Volta”) e lo ascoltano (al mangiadischi) durante i loro pomeriggi ludici. Qualche settimana dopo nell’ “Asilo Republic” accade un evento che segna, indelebilmente, la vita di Gianluca e Massimiliano: è Carnevale, le maestre organizzano una festa con gli alunni dell’istituto, ma… “i bambini dell’asilo sono elettrizzati e fanno casino. Serve un'idea, qualcosa per tenerli impegnati”. Gianluca si avvicina alla sua batteria, inforca le bacchette ed inizia, con lo stupore di tutti i presenti, a suonare ed accompagnare “Vado al Massimo” di Vasco Rossi. Contemporaneamente Massimiliano si posiziona vicino Gianluca e lo segue cantando la citata canzone. E’ il preludio, l'embrione della futura “Vasco Rock’n Roll Show” Tribute Band; ovviamente non ne sono consapevoli, questo lo si può affermare col senno del poi, anche perchè dopo pochi mesi (Settembre 1982), le esigenze dei rispettivi percorsi scolastici mutano e l'iscrizione per la frequenza della scuola elementare divide le strade di Gianluca e Massimo. I due, pur abitando nella stessa città, riannodano i legami amicali dopo ben 25 anni !

Nel frattempo,

Gianluca Rossiello, che ora vediamo in veste di virtuoso musicista della band (Pianoforte/Tastiere),
affianca agli studi scolastici istituzionali quelli musicali e all’età di sette anni decide di intraprendere lo studio del pianoforte classico e quindi la frequenza del Conservatorio. Durante gli studi classici partecipa a numerosi concorsi pianistici attestandosi sempre ai primi posti.
Ma la passione di Gianluca è il jazz, il blues, il funky, la bossanova e la musica leggera.
A soli 14 anni inizia a collaborarre con musicisti e cantanti calabresi conosciuti nel territorio regionale e in tutta Italia. Per un anno frequenta un corso di Jazz e sotto la guida di alcuni grandi Jazzisti del panorama italiano quali Giovanni Mazzarino, Piero Cusato, Pietro Condorelli, consegue anche il relativo titolo. Compone numerose sigle per alcune trasmissioni in onda sulle reti televisive regionali e nazionali e partecipa alle stesse in qualità di ospite.
In circa ventisette anni di attività musicale, Gianluca accumula un background musicale notevole. Ed è proprio durante la sua carriera musicale, nei primi anni 2000 che Gianluca incontra sulla sua strada un chitarrista, e sarà “amore e intesa artistica a prima vista”:

Christian Muccari ha le idee chiare fin da quando, piccolissimo, imbraccia la chitarra e ne fa strumento di gioco inseparabile. Superata la fase dei giochi intraprende gli studi classici e matura un’ottima conoscenza teorica e pratica della musica. Suona in gruppi musicali locali e nazionali; calca le scene di teatri, pianobar, discoteche, piazze, villaggi turistici, spaziando dal genere leggero al funky, rock, brasil – bossanova e metal. Ciò gli consente di affinare tecniche esecutive e virtuosismi rilevanti, elementi importanti per un chitarrista versatile quale è diventato. Christian cura molto il proprio “suono”, vuole dare un'impronta personale, perciò si avvale di strumentazioni e chitarre al top. Mai pago dei traguardi raggiunti frequenta stages con chitarristi di fama internazionale, tra questi Salvatore Russo, Massimo Varini (Nek), William Stravato, Pietro Condorelli (noto jazzista campano), Giacomo Castellano.
E come dicevamo poc'anzi, da circa 10 anni è il chitarrista “fidato” di Gianluca col quale collabora artisticamente in ogni situazione musicale.
Nel 2007 Massimiliano e Gianluca si rincontrano dopo 25 anni ed unitamente a Christian discutono della possibilità di costituire una Tribute Band di Vasco, ma i tempi non sono maturi per un’operazione simile ed i tre accantonano l’idea.
Nel 2008, 2009, Massimiliano, coadiuvato da Gianluca e dal suo fraterno amico Ivan Colacino, incide, quasi per gioco, due cd di cover di Vasco Rossi che riscuotono consensi.
Massimiliano, forte dei consensi acquisiti e dallo stimolo degli amici che lo invogliano a continuare nell'esperimento, nel 2010 rilancia l’idea della Tribute Band a Gianluca e Christian; i tempi sono maturi. “Basta Poco”! i due accolgono la proposta di Massimiliano e insieme decidono di coinvolgere tre bravissimi musicisti: Davide Andrea Fera per il basso, Raffaele Posca per la batteria e Francesco Merante alle chitarre.

sabato 12 febbraio 2011

affetti ritrovati

Testimonianze di affetti sopiti riaffiorano casualmente in un giorno di normale routine.

Un cartoncino ripiegato in quattro, sporco per la lunga permanenza nel bagagliaio della macchina, (a chi non è capitato di ritrovare qualcosa che l'abbia scaraventato all'indietro nel tempo?) mi riporta indietro nel tempo.

I ricordi affiorano chiari nonostante fossero sopiti e sottaciuti, e in alcuni momenti soverchiati da terribili avvenimenti che hanno scosso tutti; eventi, spulciati nei minimi particolari dalla cronaca e divulgati dai mass media con dovizia di particolari che rasentano il demenziale.
Ma alcuni ricordi no! sono quei momenti che tieni conservato nel cuore, che ti accompagnano per sempre e basta poco per farti rivivere le giuste sensazioni di quel lontano giorno.

"Tieni è per te papà…" Eccitate, con un sorriso bellissimo stampato sul volto ingenuo le bimbe porgono un bigliettino ai padri all’uscita della scuola dell’infanzia.
Le maestre hanno lavorato per il cadeau della festa del papà e i figli, contenti e gratificati per il pensierino, anche se il loro coinvolgimento pratico è ridotto all’essenziale per motivi che alcuni ritengono ovvi, sventolano i bigliettini mentre corrono tra le braccia del genitore in attesa nel cortile della scuola.
"Guarda che ti ho fatto papà! L’ho fatto insieme alla maestra Anna. È per te…"

Bambini e bambine belli per la loro genuina spontaneità riflessa nei sorrisi solari e nei piccoli turbamenti dovuti a banalità.

Affetti da tutelare, coltivare e lasciare sbocciare nell’alveo dei valori universali, sacri, in famiglia e nella società.

Affetti cari, legati alla sfera intima: tesori da custodire gelosamente. Ricchezze da proteggere e incrementare contro ogni avversità, concetti da contrapporre alla caduta dei valori etici, civili, e quindi sociali condizionati da fenomenologie connesse alla sola sfera corporale e al conto in banca che contamina e incancrenisce larghi strati sociali.

Pensieri celati, custoditi e resi granitici dall’opera “affetti da proteggere”, fluttuano liberi in rete per ricordare, riproporre serenità sopite.

giovedì 10 febbraio 2011

il fascino del tempo nella vita e nell'arte

©archivio M.Iannino
Vincenzo Caridi, 1957, olio su masonite
Il fascino del tempo, nella vita e nell’arte.

Lo scorrere del tempo affascina quanti sanno guardare tra le rughe della materia. Artisti, filosofi, persone comuni dotate di uno spirito d’osservazione attento e riflessivo ne hanno tessuto le lodi; hanno trasformato in linguaggio poetico la caducità delle cose, conferendo il giusto valore ai fenomeni della trasformazione strutturale ma anche epocale del vissuto.

Nelle sensibilità il logorio causato dal grande artigiano non assume connotati deleteri e neanche induce a vivere lo sfarinamento della materia con ansia ma diventano la testimonianza tangibile dell’ineluttabile.

È inevitabile che la carta lasciata a sfidare le intemperie si logori. È normale che l’opera dell’uomo trascurata, priva di manutenzioni specifiche specie si trattasi di opere d’ingegno o d’arte, si perda. Non è consigliabile, però, eccedere nelle attenzioni perché le stesse potrebbero sminuirne il valore aggiunto dal tempo.
Chi ama l’antiquariato comprende bene il fascino delle pergamene, dei libri trascritti da amanuensi, istoriate con inchiostri naturali e quanto potrebbe danneggiare o alterare un fare approssimato che adopera pigmenti e solventi moderni per la loro ristrutturazione. Piuttosto clonarli, farne delle copie per trarne la sapienza e divulgarla, e riporre in apposite teche col giusto grado di umidità l’originale.

Stesso concetto per le opere pittoriche o d’arte in genere.
Il dipinto e la cornice che lo racchiude, ove esiste, suggerita dal pittore, diventa nel tempo un tutt’uno con la decorazione stessa e racchiude il vissuto dell’opera nella sua interezza persino la carta che lo isola dal muro.
Al bando, quindi gli interventi rigeneranti invasivi sull’originale, meglio proteggere le poche pennellate esistenti, ripristinare il supporto e la cornice stessa senza esagerare anche perché il pensiero dell’autore, specie se vissuto in epoche lontane, è senz’altro in contrapposizione al contemporaneo, a prescindere dalle disquisizioni e le elucubrazioni mentali di storici e critici d’arte.

D’altronde come pretendere di sapere con certezza assoluta quali motivazioni hanno spinto o spingono una persona a operare in un dato modo piuttosto che in un altro?
Certi momenti sono influenzati dalla sfera del privato. Un privato che non prescinde dalla storicità del tempo e dalle esigenze contingenti del singolo.

“Nella continua e veloce trasformazione delle cose, noi stessi ci trasformiamo. Occorre prendere coscienza di questa realtà complessa e mutevole. Ed è quanto ho cercato di fare”. Così, in una nota, il pittore reggino Vincenzo Caridi (R.C. 1913/1996), sintetizzava il pensiero sulla mutevolezza, anche formale e stilistica in pittura. Lui stesso, si cimentò nelle varie forme espressive della figurazione, studiò le larghe campate cromatiche spalmate con la spatola, quasi alla maniera degli espressionisti; dipinse momenti intensi di socialità, in piazza o al bar con la sua pittura materica; e si dedicò anche allo studio del disegno lineare, alla sintesi della forma con la quale trasmise fermenti sociali contemporanei nella sua Reggio degli anni ‘80, come in “boia chi molla” o “pescatori” di proprietà del comune reggino, senza dimenticare il mondo del lavoro industriale e edilizio con le ruspe che si fronteggiano, quasi a strapparsi l’ultimo appalto l’un l’altra, simili a fiere in lotta per la preda.
Pura poesia visiva!, che non deve essere contaminata dall’azione terza.

mercoledì 26 gennaio 2011

il silenzio dei vivi al Politeama di Catanzaro

27 gennaio 2011, il Silenzio dei vivi in scena al Politeama di Catanzaro

Ho ricevuto un invito: ragazzi che conosco fin da quando erano bambini e che ho visto crescere si sono dati al teatro; hanno studiato diligentemente e ora sono riusciti a costituire un gruppo e lavorare insieme nonostante le difficoltà oggettive in cui versa lo spettacolo e la cultura in generale.
L’invito, dicevo, informa della messa in scena di un’opera teatrale tratta da un libro autobiografico di una signora ebrea che ha conosciuto le sofferenze della deportazione: Elisa Springer.
Secondo una nota della regia che ha rivisitato i testi "L'opera racconta con sentimento e trasporto, ma anche con un velo di ironia e comicità, l'oscura pagina della Shoah, dello sterminio degli ebrei, degli zingari, dei Testimoni di Geova, degli omosessuali e di altre minoranze durante la Seconda Guerra mondiale ad opera dei nazisti. 'Il silenzio dei vivi' racconta di milioni di uomini, donne e bambini senza distinzione di razza, sesso, religione o appartenenza politica, che sono passati per il 'camino' dei forni crematori. Uno spettacolo intenso che pratica non il rito del ricordo ma il culto della memoria. Lo spettacolo si snoda sotto la guida di un parodico Hitler e intende apportare un contributo originale alla memoria, sempre meno coltivata, di quanti perirono a causa di un folle progetto, al ricordo di una pagina di storia che sempre più si tramanda solo e soltanto mediante la manualistica scolastica sterile.
La regia è di Giovanni Carpanzano; musiche originali di Rosario Raffaele; coreografie di Francesco Piro, Paolo Orsini e Rosella Villani.
Tra gl’interpreti Paola Tarantino, catanzarese, che ha studiato a Roma, laureata in letteratura e filosofia con indirizzo spettacolo, diplomata alla scuola di teatro “circo a vapore di Roma”.

Ma torniamo al libro ispiratore e alla sua autrice per capire appieno e ricordare il clima di quei tristi anni di guerra e oppressione.
Elisa Springer aveva 26 anni quando venne deportata, nell'agosto del 1944 ad Auschwitz e ha scritto "Il silenzio dei vivi" ad oltre cinquant'anni di distanza da quel tragico momento storico.
Figlia di una ricca famiglia viennese, Elisa Springer ha perso nello sterminio i genitori e la quasi totalità dei parenti. Scappata in Italia nel 1940 per sfuggire alle persecuzioni in Austria, è stata arrestata nel giugno del 1944 a Milano e da lì deportata ad Auschwitz-Birkenau in agosto. In seguito è stata rinchiusa anche nei campi di Bergen-Belsen e Theresienstadt. Dopo la liberazione è tornata a vivere nel nostro paese, a Manduria, in provincia di Taranto.
Ecco, attraverso le sue parole il ricordo di quei momenti drammatici e le considerazioni seguenti in un vissuto apparentemente tranquillo e normale nell’Italia liberata:
"Mi ricordo molto bene di Bolzano. Quando sono tornata dal lager, nell'estate del '45, siamo passati per la stazione. C'erano decine di bambini che ci gettavano le mele. E' stata una cosa bellissima".
ciononostante, all’inizio nessuno voleva ascoltare. Il mio silenzio è stato causato dal silenzio degli altri. Questo è il motivo per cui tantissimi sopravvissuti ancora oggi non parlano.
Il titolo del libro, "Il silenzio dei vivi", ha dunque un duplice significato. Nei vivi sono compresi un po' tutti: noi sopravvissuti, ma anche tutti gli altri che hanno taciuto o non hanno voluto sapere.
Oggi finalmente si può affrontare pubblicamente il tema dello sterminio. Quando ho visto il Papa andare ad Auschwitz e che sui giornali e in televisione l'argomento veniva trattato con sempre maggiore attenzione, mi sono convinta che era arrivato il momento di raccontare la mia storia. Per
anni, noi sopravvissuti, le vittime, ci siamo quasi vergognati di essere scampati al lager.
Dopo la guerra ho insegnato inglese e tedesco in provincia di Taranto. Una volta un alunno mi ha
chiesto cosa fosse quel numero che avevo tatuato sull'avambraccio. Ho tentato di spiegarlo, ma i ragazzi si sono messi a ridere. Mi sono vergognata. E' stata una pugnalata al cuore. Allora ci ho messo sopra un cerotto: non volevo più essere derisa. Un cerotto che ho tenuto per molto tempo.

Oggi vedo un cambiamento: se ne parla molto di più, specialmente a scuola. Anche se, come ho detto, si paga ancora il silenzio delle generazioni precedenti. Un anno fa sono andata in un liceo di Vienna. I ragazzi erano molto attenti, curiosi. A un certo punto ho raccontato un particolare che
non compare nel libro, e cioè che nel campo di Bergen-Belsen ero nella stessa baracca di Anna Frank. Uno dei ragazzi si è alzato e mi ha chiesto "chi è Anna Frank?", non la conoscevano! Una cosa gravissima. Molti di questi giovani hanno avuto i nonni che hanno fatto la guerra, che hanno votato per l'annessione alla Germania. Questa ignoranza deriva proprio dal fatto che i loro padri e i loro nonni - non dico solo per malafede, ma forse anche perché se ne vergognano - hanno fatto diventare il passato nazista e lo sterminio dei temi tabù. Tanto da tenere nascosto uno dei classici sul lager e all'indomani del successo elettorale di Haider mi sono sentita male. Ero molto agitata. Purtroppo sembra che la gente si sia dimenticata completamente di quanto è accaduto. Probabilmente nel voto c'è anche una rivolta contro gli immigrati. E la cosa non mi fa certo stare tranquilla. Dopo Auschwitz non si può condurre una vita normale. Ci si fa l'abitudine. Ci pensi sempre, con dolore. Chiudi gli occhi ed è là. Ma ci si abitua a vivere col dolore. Oggi mi sento alleggerita, grazie agli incontri che sto facendo da due anni per presentare il libro. Quando
Parlo sento che la gente mi capisce e, a volte, mi sento felice.

Non ce l'ho con i tedeschi. Per me l'umanità è tutta uguale. Siamo tutti figli di uno stesso dio. Bisogna solo saper distinguere i buoni dai malvagi. Molti sopravvissuti non riescono nemmeno a pronunciare la parola "Germania". Io no, perché allora non bisognerebbe rifiutare soltanto la Germania, ma anche l'Austria. Non dimentichiamoci che nel '38, oltre il 90% della popolazione ha votato l'Anschluss. Anche l'Italia ha fatto la sua parte. Io sono stata arrestata a Milano su denuncia di un'italiana. Per non parlare, poi, del collaborazionismo in Ungheria, Polonia, Francia. Non si può
prendersela solo con la Germania.
Auschwitz? Non si può descrivere con un'immagine. Auschwitz significava vivere continuamente nel terrore, con la paura di non sapere se fra 5 minuti sarai ancora in vita. Bastava sentire il fischietto del campo che significava "tutti fuori, selezione", e non sapevi che sorte ti toccava. Auschwitz significava dover scavalcare continuamente mucchi di cadaveri, compagne che morivano di sfinimento e da sole, svegliarti alla mattina accanto a un cadavere. Si diventava quasi indifferenti alla morte: io mangiavo il mio pezzo di pane mentre vedevo caricare su un carrello pile di corpi. Auschwitz significava essere una persona morta, vivere come un automa finché era possibile. E vivere solo di ricordi. Pensavi solo al passato.
Recentemente ho rivisto il viso di Joseph Mengele in alcune foto. Non reggo quello sguardo, non lo posso guardare. Non sopporto quella faccia. Lo vedo sempre davanti a me, con gli occhi fissi su di noi. Noi non lo potevamo guardare, dovevamo tenere sempre lo sguardo verso il basso o al di sopra della sua testa. Con un cenno del pollice ti dava la vita o la morte. Appena arrivati ti mandava al gas o in campo, e poi faceva le selezioni ogni 15 giorni. Bastava un foruncolo o una piaga per finire nel camino. Una volta mi hanno bruciato con un ferro rovente su una coscia perché avevo sorretto una
compagna durante un lungo appello. Mi hanno chiamata fuori dalla fila e mi hanno punita davanti a tutte. Ho scampato il gas solo perché, quando la ferita era ancora aperta, non ci sono state selezioni.
Ad Auschwitz abbiamo subito degli esperimenti medici senza saperlo. In lager abbiamo perduto tutte il ciclo mestruale con gravi conseguenze. Quando sono tornata sono stata ricoverata oltre un mese a Milano. Pensavo che non sarei mai stata in grado di mettere al mondo un figlio.

Dopo 50 anni sono tornata a Birkenau. Non è cambiato niente, è come se entrassi a casa mia.
Conosco ogni angolo, ogni pezzetto". Insomma non c'era niente di nuovo, perché io vivo con quella visione. L'unica cosa che mi ha colpito un po' è stato l'arrivo a Birkenaun, sulla rampa dove veniva effettuata la prima selezione, vedere quei binari, quel portone grande... Mi sono
ricordata quando sono passata là sotto, il 6 agosto 1944. E' stato un attimo. Siamo arrivati alle 3 di notte. Abbiamo visto tutto questo filo spinato. Il lager era illuminato a giorno. Non sapevamo cosa ci aspettava, ci illudevano che saremmo andati in un campo di lavoro. Vedevamo le fiamme uscire dal camino, e sentivamo la puzza, ma pensavamo che fossero i vestiti che venivano bruciati. Pensavamo tutto tranne che fossero esseri umani.
Cercavo di ricordare i momenti sereni, prima dell'Anschluss. Pensavo ai miei genitori. Alla mia vita a Vienna. Ho avuto sempre la volontà e lo spirito della sopravvivenza. Non volevo morire e non mi sono lasciata morire. Mi sono sempre detta "un giorno finirà". Ed è stata la mia fortuna. Poi mi ha aiutato anche il fatto che parlavo perfettamente il tedesco. Dovevi ubbidire immediatamente ai comandi, e chi non capiva veniva preso a frustate: per un corpo già debole significava morire.
Per sopravvivere ognuno cercava di formarsi un piccolo gruppetto. Io avevo una mia amica, Edith Epstein, una viennese con cui ho fatto tutta la prigionia. E ci siamo date fare insieme per sopravvivere. Ma non tutte erano così. Una notte ho visto una madre rubare il pane alla figlia da sotto la testa. Gridavano, litigavano, poi la ragazza è stata uccisa. Molte si azzuffavano per il cibo
o per il posto per dormire.
Levi ha scritto: c'è Auschwitz, dunque non c'è Dio.
Io la penso diversamente. Non è stato dio a mettere l'uomo in ginocchio, ma il contrario. Dio esiste, dio c'è e non ha voluto tutto questo. E' sempre l'uomo il colpevole. Ho pregato dio. Gli ho sempre chiesto di aiutarmi. Molti, in lager, hanno perso la fede. Ma se io non l'avessi avuta, non so se ne sarei uscita viva. Quando mi sentivo abbandonata dialogavo con dio, è così che così sono riuscita a superare i momenti più duri.

martedì 25 gennaio 2011

spazio Artisti in Calabria, Rotella, Marziano, Toraldo, Celi, Mamone

aore12
Giovanni Marziano, olio su tela, (1978)
Massimiliano
Rivoluzione industriale, rivoluzione culturale, anni di plastica, società dell’usa e getta. Sono termini coniati per definire i vari fermenti sociali e culturali esplosi nei mitici anni sessanta.

Anni importanti per la crescita culturale mondiale.

In America come in Europa si vive un clima effervescente, si passa dalla fase preistorica industriale del ferro all'impiego dei derivati del petrolio, alla plastica; e grazie alla ricerca, in poco tempo, gli utensili di nuova generazione invadono i mercati, le case e infine le strade; ed è proprio dalle strade che inizia la trasformazione dell’oggetto.

Da oggetto alienato che ha concluso la sua funzione vitale, diventa, per mano dell’artista, un’altra cosa.
Diventa linguaggio; testimonianza di un’epoca.

È l’evoluzione del pensiero duchampiano; il ready made; l’oggetto ritrovato che sviscerato dalla sua funzione originale si fa linguaggio altro.
La provocazione di Duchamp contamina il fotografo e artista Man Ray e il resto della cultura visiva degli anni 60.
Anche Andrew Warhola, meglio conosciuto come Andy Warhol si lascia contaminare dai fermenti innovativi di quegli anni e sfrutta al massimo le potenzialità pubblicitarie. Infatti riprodusse, anzi fece riprodurre gli oggetti fotografati o disegnati in serie, e li immise sul mercato dell’arte.

Le serigrafie di Warhol sono diventate un cult. Per alcuni sono opere d’arte degne di nota mentre per altri no! Comunque si voglia intendere, è da convenire che Andy Warhol ha avuto quell’attimo d’illuminazione Zen, come diceva Mimmo Rotella, che lo ha spinto oltre il comune senso della visione settoriale parcellizzata.
Insomma, Warhol si trova nella condizione storica di poter proporre multipli a basso costo e a chiunque.
D'altronde è da sciocchi stare a lisciare la tela per giorni quando basta un clic ben azzeccato; l’importante è l’idea; il linguaggio poetico che l’artista evoca col suo gesto e trasmette. Anche la pittura, intesa come lavoro artigiano è preistoria! Perché non avvalersi delle nuove tecnologie?
 Indubbiamente, il bel dipinto rimane l’unico mezzo per dimostrare valenza pittorica, ma nulla di più!, se non vi è dentro l’anima di chi lo ha realizzato!

Anche Mimmo Rotella, coi suoi decollage, è stato bistrattato e offeso. I detrattori non hanno capito la genialità dei linguaggi metropolitani. Cosa che invece Mimmo Rotella ha saputo raccogliere e donare all’arte.

Gli anni sessanta sono stati anni importanti per la crescita culturale e sociale; hanno dato spunti a scienziati, tecnici, industrie, lavoratori, artigiani e artisti in generale.
Le innovazioni, contaminando i percorsi di pensiero, determinano nuovi lemmi nei linguaggi creativi; da ciò si evince la consequenziale fioritura formale dei lessici figurali ed è altrettanto ovvio che chiunque li adoperi ne tragga beneficio; per cui, anche la figurazione intesa in senso strettamente tradizionale trova possibilità esplicative differenti. Viene da sé che il pittore della domenica non rimane tale in eterno e neanche il neofita; se ama davvero l’arte e la reputa volano di crescita collettiva si spinge al di là del fattore puramente formale pittorico, approfondisce studi e ricerche per migliorare pensiero e linguaggio.

Negli anni 70 sono visibili i risultati dei fermenti esplosi nel decennio precedente.

Consumismo e pubblicità la fanno da padroni. Inutile elencare gli artisti che a vario titolo hanno adoperato materiali pubblicitari per esprimersi e smuovere le coscienze. Molti di questi prodotti ora si trovano nei musei o fanno bella mostra nelle esposizioni private, altri li hanno staccati dalla parete e riposti in cantina.

Anche se, i linguaggi innovativi, in certi casi, hanno creato nuovi geni o mostri giacché Sacro e Profano è stato mescolato per tesaurizzare anche i prodotti effimeri, è indubbia la valenza semantica apportata dall'osservazione creativa dei Maestri.

Gli anni settanta sono importanti per chiunque, anche per me!
Sono gli anni della frequentazione culturale e artistica; gli anni dell’impegno sociale anche attraverso la pittura. Incontri e scontri dialettici con gli amici pittori e poeti che sfociano nella costituzione di un centro culturale nel ’77.
Alcuni di quegli amici non ci sono più, altri continuano nel lavoro artistico. La loro presenza, comunque, rimane viva.

Ho già parlato, in post precedenti, di Enzo Toraldo, Aniceto Mamone, Pino Celi. Adesso aggiungo Giovanni Marziano.

Di Giovanni Marziano c’è in casa una presenza costante: la tela col ragazzo in maschera realizzato nel suo vecchio studio di via arcivescovado, nel centro storico di Catanzaro.
Ricordo Giovanni in uno dei rari momenti di pausa. Si discuteva di tutto e si scherzava. Gli chiesi un dipinto. Lui mise una tela sul cavalletto, fece sedere Massimiliano, mio figlio, e iniziò a lavorare. Dopo qualche ora mi diede la tela e mi disse: ecco è Massimiliano tra qualche anno.

In effetti il ragazzo raffigurato aveva qualche anno anagrafico in più; ma lui, Giovanni, da artista attento, seppe ravvisare i tratti che col tempo si sarebbero, e si sono, palesati in un Massimiliano grandicello.

Ovviamente nessuno è rimasto ancorato all'esperienza iniziale. Io faccio ricerca e studio i linguaggi visivi e tutto ciò che stimola la creatività attraverso il gioco. Giovanni ha sempre voluto cimentarsi nella figurazione e oggi produce un linguaggio che ha radici profonde, che per certi aspetti può trovare assonanze nella poetica di Warhol e ben oltre; una figurazione precisa, reale più della realtà stessa, che potrebbe essere, a mio avviso erroneamente, inserita nel filone dell'iperrealismo, perché non credo che questa sia la giusta collocazione, anzi risulterebbe riduttivo giacché nasce e si sviluppa attraverso i nuovi media asserviti, però, alla creatività soggettivizzata di Giovanni Marziano. Insomma, siamo agli sviluppi estremi di teorie e pratiche di artisti come Man Rey, che rivisitati concettualmente oltre che tecnicamente assurgono a "concetti visivi" unici e vanno a coprire quella parte di figurazione narrante, ancora cara nella finzione visiva, e ricercata dai più.

giovedì 13 gennaio 2011

chi ha paura dei giochi creativi?

Il kitsch contamina i linguaggi contemporanei, sovverte concetti e cultura delle arti. Ma il kitsch, forte della volgarità insita nella forma dozzinale riesce a trasmettere nell’immediatezza concetti e metafore altrimenti incomprensibili ai più.

Se per certi aspetti è bene considerare positivamente la massiccia esposizione mediatica degli eventi inglobati in contenitori multimediali e lì suddivisi in tematiche come avviene nel web e nelle telecomunicazioni in senso lato, per evitare incomprensioni o errori di valutazione, è opportuno ricordare che quando si parla di arte vi è la necessità intellettuale di chiarire alcuni aspetti inerenti alle azioni umane e ai consequenziali prodotti realizzati dal lavoro creativo.

aore12
M.I. giochi creativi, 2011 t.m.
Il fare dell’uomo, compreso le frivolezze linguistiche, pilotate da certa stampa e da certe firme assurge a beni di consumo con una certa facilità e con altrettanta facilità cadono nell’oblio più profondo appena la campagna mediatica termina. E questo vale sia se la campagna è riferita a persone presentate come geni della musica o dello spettacolo in generale, ma anche ad artisti visivi quali pittori, scultori, performer. un esempio evidente è dato dagli eventi o dalle gare canore addomesticate da giurie compiacenti.
Perché avviene ciò? Semplice! Se il valore di un evento qualsiasi, quindi, lavoro artistico, creativo, o semplice lavoro di routine è reso importante dalla logica tesaurizzante protesa a implementare il dato materiale ed economico di chi sta dietro e dentro il mercato, l’ha prodotto e trasformato, piuttosto che enfatizzare, giustamente, il valore propositivo, intellettivo e la ricaduta culturale che l’azione può svolgere nella società, è normale che in un siffatto pensiero mercificante, il miraggio di un’ipotetica ricchezza renda ciechi e stolti.

La mercificazione, in tutte le ere, è riuscita a sovvertire la pericolosità che Platone assegnava agli artisti.
E Platone sapeva bene cos’è l’Arte, cosa l’immaginazione, il gioco creativo della finzione visiva e la temeva. Temeva il fuoco trasformatore dell’immaginazione. La forza delle idee sublimi che muovono gli uomini di qualsiasi età.
per questo, oggi come allora, l’Arte e gli Artisti, sono considerati pericolosi per il sistema. Una minaccia per l’ordine precostituito e quindi, censurati e estromessi dai luoghi istituzionali preposti alla divulgazione della cultura. … salvo che non servano a qualcuno o a qualcosa.

sabato 8 gennaio 2011

Artisti in calabria cercasi

L’animo dei calabresi è insondabile.

Generalmente, il calabrese, è per sua natura espansivo con chi conosce da qualche tempo, ma, nonostante a volte soffra di un’esasperata, oserei dire, pudica riservatezza, sa essere ospitale con gli sconosciuti, specie se forestieri in cerca di ristoro fisico e culturale.
È altruista; cocciuto; e quando intraprende un cammino, lo porta a termine perché è nel suo dna forgiato dalla durezza dei luoghi, dagli usi e dalla cultura degli avi.

Perché elenco sinteticamente alcune peculiarità caratteriali nostrane?
Semplice!, perché la componente poetica del pensiero è espressa appieno nei giochi creativi dei tantissimi conterranei che si cimentano in pittura, nelle arti plastiche, ma anche con la poesia, la letteratura, il teatro, cinema!, insomma, quelle attività sinonimo di sensibilità eccelsa e, perciò, definite artistiche.

Lo spazio “artisti in Calabria” accoglie chiunque senta la necessità di dire al mondo: Io ci sono! Sono qui in Calabria, oppure sono un Calabrese costretto fuori regione ma, impegnato a proporre la mia sensibilità culturale, emotiva, logica e razionale attraverso il mio lavoro!
Niente altro!

L'invito è rivolto disinteressatamente a chiunque operi nel campo della sensibilità poetica dei giochi creativi. Gli artisti, per essere presenti negli spazi riservati alla cultura attiva in Calabria devono inviare foto di opere, file di c.v., testi critici all'amministratore del blog aore12 al seguente indirizzo: arteesocietà@gmail.com

martedì 4 gennaio 2011

spazio Artisti in Calabria, Giuseppe Celi

aore12
giuseppe celi

Erano gli anni ’70. e animati dalla passione giovanile per l’arte, ma anche per la politica, ci s’incontrava spesso in centro, su Corso Mazzini, a Catanzaro, per dirigere, poi, nella bottega dei fratelli Verduci, corniciai e galleristi. Lì, si parlava di arte, ci si confrontava e ci si prendeva in giro, spesso scompaginando i piani commerciali dei fratelli corniciai. All’epoca, i Verduci gestivano la galleria d'arte “il pozzo” un locale situato su Corso Mazzini, di fronte la galleria “Mattia Preti” di palazzo Fazzari e lì esponevamo i nostri lavori.
Giuseppe Celi, Pino per gli amici, era e rimane un simpatico burlone, sempre allegro e con la battuta pronta riusciva a mettere allegria ovunque. E, nel ’78, entrando a visitare la mia personale nella galleria “il pozzo”, dopo avere goduto della visione dei lavori esclamò: “Va beh, sei bravo!, ma quando la smetti cu ‘sti dijiuneddhi?”. Erano una serie di olii stilizzati. Lavori di ricerca segnica più che cromatica, nei quali padroneggiava il verde e il blu.

enzo toraldo
Nel ’79 Gigi Verduci convola a nozze con Maria e la bomboniera consiste in una cartellina con dentro due litografie dei pittori Enzo Toraldo e Giuseppe Celi.
Enzo, esegue il tema del tempo: per lui era il periodo delle carrozze e dei cappelli, dei lampioni e delle donnine solitarie, in attesa davanti a un bicchiere al bar. quasi a sottolineare la sua di solitudine, placata da qualche whisky. il suo modo d’essere indusse la gente ad appellarlo col nomignolo de “il pittore triste” perché, esteriormente così si mostrava agli estranei ma con gli amici, anche Enzo era un burlone, buono e simpatico.
Pino Celi, era attratto formalmente dalle baracche del porto di Catanzaro Lido, dalle barche a riposo e dai pescatori intenti a rammendare reti o trasportare il pescato.
Pino aveva una buona mano ed eccelleva nel disegno. Il suo lavoro artistico rispecchia appieno la sua personalità. Preciso e curato nella persona; meticoloso nella costruzione dei piani visivi, lascia riaffiorare lieve la figura fino a intersecarsi con la materia e il colore. Immagini evanescenti, narrano momenti quasi esoterici di mondi personalizzati e personalizzanti che inducono all’oblio, alla poetica del sogno narrante di chi ha viaggiato a lungo nella terra della visione onirica e dei tempi. Pino Celi narra con la figurazione di terre lontane e le rende tangibili con cromie che sprigionano odori d’oriente in territorio familiare. Numeri. Segni. Figure. Volti. Timbri. Trasformano le tele 100x100 in fotogrammi da leggere in sequenza che, se miniaturizzate, possono affrancare epistole, lettere colme di poetiche narranti.



G. Celi, 2010, Pro-Fili - Tecnica mista - 
tela allacciata su telaio-cm 100x100 



(dal sito ufficiale di G. Celi)

GIUSEPPE CELI, nato a Catanzaro, inizia i suoi studi presso il Liceo Artistico di Reggio Calabria e li conclude a Catanzaro dove frequenterà successivamente la Scuola Libera del Nudo presso l’Accademia di Belle Arti. La sua formazione si è via via arricchita di nuove esperienze frequentando i Corsi Internazionali di Litografia presso l’Istituto di Belle Arti di Urbino e i Corsi di Calcografia Sperimentale “Goetz” presso la Scuola Internazionale di Grafica di Venezia. È in quegli anni che inizia il sodalizio con Renzo Biasion, maestro che lo influenzerà più in senso etico che stilistico, trasmettendogli il proprio modo di concepire l’arte nel suo rapporto con la vita. Dal 1974 al 1982 ha insegnato al liceo artistico di Catanzaro e Cosenza e dal 1982 insegna Arte e Immagine nelle Scuole Inferiori di Primo Grado. Agli inizi del 2000 abbandona il figurativo tradizionale a favore dei linguaggi contemporanei dell’arte, esprimendosi in una pittura di tendenza postmoderna. Artista poliedrico, spinge le sue ricerche oltre che nel settore delle arti figurative (pittura, scultura e grafica), anche nel campo della fotografia digitale e del design. Particolarmente attento ai linguaggi dei mezzi di comunicazione di massa.
Effettua pregevoli irruzioni in diverse espressioni d’arte (Pop Art, Espressionismo Astratto, Arte Povera, Informale materico). Significative, originali e innovative sono state fin qui le intuizioni che hanno connotato il suo lavoro; così come ostinata è la sua determinazione nel perseguire un’indipendenza all’interno del contesto artistico italiano. Irrequieto rispetto ai ritmi canonici dell’attività artistica (vernissage, scadenze, ecc.), cerca rifugio nei suoi sempre più frequenti viaggi all’estero. Non partecipa alla vita mondana e ama essere un invisibile che coerentemente e intenzionalmente risulti assente anche dalle pubbliche manifestazioni.

domenica 2 gennaio 2011

spazio Artisti in Calabria, Cosimo Allera


 Lo scultore Cosimo Allera ha aderito alla nostra iniziativa "artisti in calabria". Riceviamo e pubblichiamo.



L’eleganza sottile della forma (di Paolo Levi,Torino 4 febbraio 2008,)

Senza forzature critiche, la ricerca espressiva di Cosimo Allera rientra assai bene nel filone della ricerca plastica che ha fatto grande il secolo scorso. Egli affronta le problematiche dell’esistenza in una ricerca figurativa, dove forma e contenuto non vanno disgiunti. Manipolatore sapiente del ferro e dell’ottone, crea figure umane che trasmettono un senso drammatico e solitario della vita. L’universo portato alla ribalta da questo scultore è sempre giocato in chiave verticale: le sue alte sagome sottilmente ritagliate esprimono un’incomparabile eleganza, pari a quella di un Giacometti o di un Ceroli. Si tratta di un mondo arcano dove ogni evento si svolge con tutta naturalezza, malgrado la difficoltà di svelarne il mistero, attraverso un processo di rielaborazione della forma - L’urlo del guerriero quanto La leggerezza dell’essere ne sono preziosa testimonianza - che ha caratteristiche, a mio avviso, notturne e misteriche. La sua maturità di artista si esprime attraverso altri lavori assai significativi, come le composizioni di taglio totemico, come La sofferenza, due profili  in bronzo di forte espressività, o come i tre eseguiti Per Angela, in bronzo in ferro e in legno, dove la straordinaria autorevolezza della visione si moltiplica e si esalta nella diversificazione della materia e nelle sottili varianti che le distinguono. Pizzingolo e Anelito fanno pensare a una citazione letteraria, o alla rivisitazione di un mito, ma certamente non a un freddo gioco intellettualistico. Sotto l’apparente disgregazione della forma, i significati di queste narrazioni si svolgono, e vanno letti, nella ricercatezza  dei tagli e degli assemblaggi che conferiscono valori cromatici alle superfici e alle masse.
La scultura di Cosimo Allera ha una sua coerenza etica e stilistica, animando in chiave surreale gli elementi che potrebbero anche essere ricondotti agli stilemi della ricerca informale. Ben discosto quindi, dalle velleità di certa arte contemporanea, che nasconde sotto l’astruseria il vuoto dei contenuti.


(curriculum artistico)
Nato a Gioia tauro il 22/05/1962, svolge l’attività di imprenditore nonché di artista scultore e fondatore di associazioni no profit.
Soggetti: Composizioni astratte.
Tecniche: Tecnica mista bronzo – ferro.
Esposizioni
1984  4° Mostra in Gioia Tauro (RC);
1° Expo Natale – Gioia Tauro (RC);
Mostra Nazionale delle Regioni, Expo Tevere – Roma.
1985  Mostra Mercato Arte e Cultura Strenna  ’85 – Reggio Calabria;
1986  Fortezza da basso, 50° Mostra Internazionale dell’artigianato – Firenze;
1° Arte Estate – Gioia tauro;
Mostra Nazionale delle regioni d’Italia – Roma;
2° Rassegna dell’artigianato – Ventimiglia;
Esposizione all’Eremo – Reggio Clabria;
8° Trofeo Acciarello – Villa San Giovanni (RC).
1988  Esposizioni collettive – Gioia tauro (RC);
Esposizioni collettive – Taurianova (RC);
Esposizioni collettive – Varapodio (RC).
1990  Gjoia da Vivere – Gioia Turo (RC);
1992  Personale – Gioia Tauro (RC).
1996  Etruria Arte – Veturina (LI).
1997  Mostra di scultura contemporanea – Romentino ( TO);
Mostra di Scultura Contemporanea – Strambino ( TO);
Ivrea Scultura – Ivrea.
1998  Ivrea Scultura – Ivrea.
1999  Zaragoza Escultura – Saragozza (Spagna);
Esposizione di scultura internazionale – Gioia Tauro (RC).
2000 Pittura e scultura – Bellinzago (NO);
Personale – Taurianova (RC);
Museo Santa Barbara – Mammola ( RC);
2004  Calitri por amor al art – Fraga (Spagna).
2005  Museo storico della fanteria  “ le vie dell’astrazione ” - Roma;
Galleria gard –  “ Astrazione ” Roma;
Vivi Agrigento arte – Agrigento;
Via della rocca “ Mastio circolare ” – Marcia della pace 2005  Perugia – Assissi;
XI Feria del libro Aragones. Recinto Ferial de Monzòn (Spagna);
2006  Borsa Internazionale del Turismo   Milano;
The International  Propeller Club Uliveto Principessa Park Hotel – Cittanova-
Concorso Regionale di scultura Città di Taurianova  - Taurianova
Bon tajer Azienda Agrituristica Bon Tajer - Lentiai (BL)
Mostra di scultura Palazzo Baldarri Gioia Tauro
2007
Esposizione Associazione Arte Pozzo Montaldeo  (AL).
Esposizione strada delle cave Carrara.
Arte in the city Jesolo.
Sculture & sculture Jesolo.
Nuovi  scenari creativi Genova.
Paesaggi  Metropolitani Firenze.
Immagininecolore San Remo (IM).
Cart 2007 Carmagnola (TO).
2008
Altrove Omaggio a Joan Mirò (Ferrara).
Galleria Immaginecolore.com  San Remo (IM).
La Galleria Arte G - Rua Miguel Bombarda – Viseu  (Portogallo).
La Galleria Atlântica - Vilamoura - Algarve (Portogallo).
La Galleria del Lugar do Vinho - Rua di Belomonte – Porto (Portogallo).
Ferie Medievali - Museo D’Andrade -Pavone Canadese (TO).
Festina Lente – Bassiano (LT).
Esposizione Pellegrini Gallery- Civitanova (Marche).
Ventiperventi LineaDarte dal 20/6 al 10/7(Napoli)
Museu de Lamego Largo de Camões Lamego dal 4/7 al 4/8 (Portogallo)
Galeria Atlântica  Morgadinhos  Vilamoura dal 28/8 al8/10 (Portogallo)
L'Agenzia di Arte in the 14ª International Exhibition of Vendas Novas  dal 25/10 al 23/11 (Portogallo).
Salon Art Shopping - Carrousel Du Louvre  24-26 Ottobre 2008 Parigi (Francia).
Plasmiamo insieme un mondo diverso Galleria Hesperia dal 14/12 al30/12 (Pomezia)
Gradinate d’Autore dal 6/12 al 8/12 (Cosenza)
Angeli Castello Ducale Bovino dal 14/12 al 30/12 (Foggia).
2009 Galeria do Auditório Vila do Conde dal 9 al 25/2 (Portogallo)
         Grão Vasco Museum. Viseu  dal 4/4 al 3/5 (Portogallo)
         Kekasa  (Roma)
         Chroma Gallery. Vigo dal 5/6 al 2/7 (Spagna)
         Taormina Gallery dal 20/6 al 8/7 (Messina)
         Galleria Modiglioni dal 27/6 al 9/7 (Milano)
         Galleria Hesperia dal 1/8 al 10/8 (Castello Ruffo di Calabria a Scilla)
         Galleria Celentano dal 16/8 al 23/8 (Sorrento)
         Proponendo dal 20/8 al 24/8 (Forte dei Marmi)
        Galleria Gaudi Madrid  dal 1/9 al 1/11
2010 Esposizione Gioia nell’arte Gioia Tauro dal 18 al 24 luglio  Gioia Tauro.
         Villa comunale Gioia Tauro dal12 al 22 agosto 2010 Gioia Tauro.
         Museo Magma Roccamonfina Caserta.
Performaces
1990  Esibizione personale - Centro storico Gioia Tauro (RC);
1999 Esibizione gruppo Pertica – Saragozza ( Spagna).
2003 Simposio Calitri  (AV)
2010 Performance sculptur  art Scina di Palmi (RC)
Opera a premi
1987  Premio Miglior Vetrina Associazioni Commercianti – Sculture in lamiera trattata Gioia Tauro (RC);
1988  Premio Poesia Dott. Vincenzo Gentile – Bassorlievo in ferro Gioia Tauro (RC);
1993 Premio Danza Classica Associazione commercianti – Ballerine stilizzate in ferro Gioia Tauro (RC);
2001 Open house – Premio in ferro scarnito Napoli.
2008 Riconoscimento a Mimmo Mercuri in occasione della pubblicazione “Tutti figli di don Mimmo”
2008 Trofeo I° class. Torneo FIT di 4 cat. Citta di Gioia Tauro
2008 Omaggio in ricordo dei caduti nella missione di pace nel mondo (TO)
2009 Omaggio Memorial “Paolo Musolino” Roccella Jonica (RC)
2009 Trofeo I° class. Torneo FIT di 4 cat. Citta di Gioia Tauro
2009 Premio logo dell’ ADIC  Citta di Gioia Tauro
2010 Trofeo I° class. Torneo FIT di 4 cat. Citta di Gioia Tauro
2010 Omaggio (Opera ricostruiamo insieme) al Procuratore Nicola Gratteri  Gioia Tauro.
Opere monumentali
1988  L’ Umanità e la croce  h 4,00 x 1,50 x 1,50 mt. – Largo Colombo Gioia tauro (Rc);
1989  Ala ai caduti di Vittori Veneto  h 13,00 x 2,50 x 0,80 mt. – Piazza Valarioti Rosarno (RC);
1991  Rosa dei venti  h 1,50 x 1,20x 0,50 mt. – Centro sportivo Gioia Tauro (RC);
1992  Cinghiali  h 2,50 x 3,00x 0,40 mt. – Museo Santa Barbara – Mammola (RC);
1994  Elica  h 2,00 x 2,00 mt. – Piazzale Medcenter Container Terminal Gioia Tauro (RC);
1999  Braciere ai caduti  h 1,80 x 1,20 x 1,20 mt. – Piazza Municipio Gioia tauro (RC);
2000  Pace 2000  h 3,50 x 1,50 x 0,80 mt. – Monte Trepitò Molochio (RC);
2001 50° Polizia di Stato  h 0,80 x 0,50 x 0,10 mt. – Gioia Tauro (RC);
2003  Ascensione  h 4,00 x 1,50 x 0.50 mt. – Calitri (AV);
2003  Resurrezione  h 3,80 x 2,50 x 3,00 mt. – S. Ferdinando (RC);
2005  Atena  h 4,00 x 2,00 x 1,00 mt. – Villaggio Mosè (Agrigento);
2006 L’ombra della sera h15,00x0,70x3,00 mt. “Nik Spatari , Cosimo Allera ”MUSABA   Mammola (RC);
2007  Procreazione  h 3,20 x 0,50 mt.- Brno (Repubblica Ceca);
2007  Procreazione 2  h 2,00 x 0,15 mt.- Gioia Tauro (RC);
2008  Il grande Campione  h 3,00 x 1,30 mt.- Gioia Tauro (RC);
2009 La Famiglia  h 4.50 x 2.40 mt. – Gioia Tauro (RC);
Il 24 febbraio 2007 premiato come scultore alla Bit di Milano con il Premio Turismo in Calabria Magazine “Personaggi, testimonianze, e protagonisti della Calabria”.
Luglio-2007
Selezionato al 5° Premio internazionale SEETAL 2007 - sezione scultura - ed inserito in catalogo.
Organizzazione a cura del Kunst Forum International con il patrocinio del Comune di Meisterschwanden (CH), della rivista d'arte internazionale FUTURO e della SERET.
Nel mese di Novembre 2007 finalista del premio Harley Davidson  del concorso “883 modi di dire Harley” Milano.
Il 7 Giugno 2008 dopo essere stato selezionato su 1400 scultori entra insieme ad altri sei scultori
a far parte della Pellegrini Gallery. L’ufficializzazione della galleria viene fatta sulla rivista AD di  Giugno.
8/11/2009 A.D.I.C. Associazione Donne Insegnanti Calabresi  Riconoscimento sala Fallara Incontro con l’arte (parola della poesia e della materia).
23/08/2010 Cristo  h 6.00 x 2.00 mt. – Presentato per essere messo sulla cupola centrale.  Paravati (VV);
Critici: Antonio Orso, Luigi Mammone, Angela Ibez, Vincenzo Toscano, Gioacchino saccà, Caterina Provenzano,Vittoria Piria, Andrea Diprè, Carlo Sala, Sabrina Falzone, Riccardo Forfori, Paolo Levi, Pasquale Fameli. Piero Roberto.
Bibliografia: Da Cimabue al ’900 ( Ist. d’Arte Contemporanea – Milano), Enciclopedia dei pittori e scultori italiani del ’900 (Casa Ed. II Quadrato – Milano), Dizionario Enciclopedico internazionale d’Arte contemporanea (Casa Ed. Alba – Ferrara), Cosimo Allera artista del ferro (Antonio Orso), Zaragoza Escultura (Spazio Libertà), Gioia Arte (The International Propeller club Port of Gioia tauro), Costa viola (Turismo, arte e cultura), Calitri por amor al arte (Comune di Fraga – Spagna ), Vivi Agrigento arte (Centro studi Erato) LIBERO feria del libro Aragones (Monzòn- Spagna). Costa Viola (edizione speciale BIT Milano 2006). Turismo in Sicilia (agosto settembre 2007). Albo d’oro F.I.A.F.T. edizione 2007-2008 . Art in the city 2007. Seetal 2007 Kunst Forum International (Svizzera). Catalogo 883 modi di dire Harley . Catalogo Paesaggi Metropolitani.
Catalogo Altrove omaggio a Joan Mirò. Catalogo degli Scultori Italiani Giorgio Mondadori 2009-2010. AD Architectural Digest. Arte Mondatori Ottobre 2008. Arte Mondatori Novembre 2008. Pocketvignaclara maggio 2009. Catalogo dell’arte moderna N° 45 Giorgio Mondatori 2010. Catalogo internazionale di arte moderna n° 11 (Editrice Cida). Fashion Vip giugno luglio agosto 2010. Catalogo internazionale di arte moderna n° 12 (Editrice Cida).  Fashion Vip Novembre 2010.

e-mail:alleraarte@cosimoallera.it                            

domenica 14 novembre 2010

Calabria: autoritratto






È risaputo: l’uomo non si scrolla facilmente dalla mente quanto accade attorno a lui; perciò, ognuno, in armonia col proprio essere rivisita il tutto. Pensieri, esperienze, lavoro, luoghi e oggetti.
 L’artista ha dalla sua parte l'azione, il gesto, che, privo di coercizioni mentali o lessicali, sfocia nel gioco disincantato creativo e riconsegna il già visto, già vissuto con vesti differenti; vale a dire,  ridetermina e ricolloca le "forme pensiero" in spazi altri.
La creazione è un gioco. Un gioco privo di regole spaziotemporali dove tutto è reso possibile dalla libertà e dalla fantasia individuale. Nel parco giochi creativo l’età non conta e non conta neanche la cultura o l’estrazione sociale, i titoli accademici e i premi. Conta la sensibilità!







ecco perché, nessuno, meglio dell’autore, può iniziare una qualsiasi analisi e esplicitare al meglio il proprio operato. Ed è con questo presupposto che mi accingo ad accennare, con l’intento di aprire spazi a interazioni, ai momenti propedeutici che spingono a scandagliare e proporre attraverso i lavori creativi, riflessioni e spaccati di vita personali.
©mario iannino
M.Iannino 1995, t.m.,opere animate, 
dedicate alla Calabria
©mario iannino©mario iannino

sabato 2 ottobre 2010

usa e getta, consumismo industriale

aore12
Gino Bramieri, testimonial moplen


LA PLASTICA!


Negli anni del boom economico il mercato dei consumi veloci si arricchisce di  nuovissimi ritrovati industriali derivanti dal petrolio che sostituiscono alcuni prodotti ferrosi.
Sorgono numerose industrie di trasformazione e nei negozi s’iniziano a vedere oggetti dalla foggia familiare, allegri, colorati; utensili, casalinghi costruiti con materie plastiche, leggeri, economici e pratici.

Chi non ricorda la pubblicità del simpaticissimo Gino Bramieri “signora guardi ben che sia fatta di moplen!” quando faceva da testimonial a utensili, costruiti con termoplastiche, leggeri, robusti e dai prezzi contenuti? La praticità d’utilizzo e la durata, fece sì che molti artigiani, come gli stagnari, iniziassero a intraprendere vie di diversificazione lavorativa. Anche gli utensili del barbiere, rigorosamente in acciaio temperato, furono soppiantati dalla plastica.
Mario Iannino, la stanza, 2007
Dennis Oppenheim, installazione, parco archeologico, 2009, Catanzaro
Insomma vi fu davvero una rivoluzione innovativa negli usi e nei consumi di molti artigiani e no; oggi, il barbiere, non affila più la lama del rasoio alla striscia di cuoio, appesa affianco allo specchio e lo stagnaro non riveste gl’interni di vasche e caldaie con lo stagno.
Gli anni 60, tra le altre rivoluzioni culturali, danno i natali ai cosiddetti prodotti di largo consumo “usa e getta”, che, una volta utilizzati e, consumati, penso ai rasoi per la barba, diventano inservibili, non riparabili. il loro ciclo vitale è esaurito! da ciò la definizione usa e getta coniata negli “anni di plastica” in virtù del fatto che ebbe inizio l'era dei prodotti a derivazione chimica del polipropilene isotattico.

I prodotti chimici dell’industria plastica assumono connotati differenti nella concezione intellettuale degli artisti e nell’immaginario comune. I primi, nel contestare l’invasione massiva dei prodotti ne denunciano l’esasperante quanto inutile uso. La denuncia culturale, diventa momento di lavorio trascendentale, gioco creativo che annulla e sovverte l’utilità oggettiva iniziale del manufatto ed entra a far parte dell’universo artistico contemporaneo.

I secondi, vale a dire i consumatori, nell'adoperare i prodotti, implementano industria, produzione e smaltimento, spesso condizionati dalla pubblicità delle case costruttrici piuttosto che dalle esigenze e dai bisogni reali.

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