venerdì 16 ottobre 2009

Governo Centrale e regioni: disparità tra nord e sud



Perché il governo centrale non ama la Calabria?


La formazione dell’attuale governo Berlusconi è composta di 61 membri inclusa la nuova istituzione del Ministro del Turismo e di 5 viceministri già sottosegretari, 22 ministri (12 con portafoglio, 10 senza) 5 viceministri, e 33 sottosegretari.
Dalla Campania in giù non c’è nessun esponente di rilievo nell’esecutivo della Repubblica che possa perorare con forza cause legate alla realtà meridionale e quindi salvaguardare gli interessi istituzionali del sud a eccezione della Sicilia, che pare si voglia dotare di un improbabile cordone ombelicale fatto di parole nonostante la pericolosità geofisica dell’area interessata alla costruzione del ponte sullo stretto. Di fatto, sembra che non ci sia nulla di rilevante nell’agenda del governo nazionale che serva a rilanciare l’economia delle regioni meridionali.
Ciononostante assistiamo a deliranti teorie secessioniste urlate da esponenti politici, che rivestono importanti cariche istituzionali, interessati a curare il proprio bacino elettorale con slogan populisti e interventi infrastrutturali mirati a valorizzare il territorio d’appartenenza (tav e sue propaggini finanziate con denaro pubblico e quindi anche col contributo dei cittadini del sud, il tutto documentato da Riccardo Jacona nella trasmissione “presadiretta”). Considerato che i cittadini hanno disapprovato “il progetto alta velocità ferroviaria” sia con il governo di destra che di sinistra, si desume che la volontà del popolo non è sovrana, salvo poi, quando alcuni esponenti di governo si ricordano di essere stati eletti dal popolo e chiamano in causa l’elettorato o incitano i seguaci alla piazza.

Noi Calabresi costatiamo che ancora una volta Cristo si è fermato a Eboli.
Auspichiamo quindi la formazione di un governo democratico che tuteli tutto il territorio nazionale e non una parte in armonia con le esigenze reali delle variegate realtà geografiche.

giovedì 15 ottobre 2009

pace fatta! venditti s'incontra con loiero


Apprendo dal sito ufficiale della regione Calabria dell’incontro chiarificatore tra Antonello Venditti e il presidente della regione Agazio Loiero. Pertanto, corre l’obbligo di postare l’articolo tratto dal sito menzionato.

“Un chiarimento che diventa una chiacchierata tra amici, una stretta di mano, un abbraccio e un arrivederci in Calabria. E’ la fotografia dell’incontro tra il presidente della Regione Calabria Agazio Loiero e il cantante Antonello Venditti che si è svolto questa mattina nella la sede romana della Regione in Piazza di Campitelli. “Mi sento un po’ calabrese”, assicura il cantante. “E la Calabria ha bisogno di amici”, replica Loiero, chiudendo la querelle. Testimoni dell’incontro e trattino di congiunzione tra il cantante e il presidente, il giudice Adelchi D’Ippolito, calabrese trapiantato a Roma. e Claudio Ranieri mitico giocatore del Catanzaro in serie A e oggi allenatore della Roma, suoi amici da sempre come lo sono tanti, tantissimi calabresi.
Travolto dalle polemiche per una sua frase sulla Calabria pronunciata 14 mesi fa a Marsala e, all’improvviso, veicolata dopo più di un anno su Youtube, frase, secondo il cantante, “estrapolata da un contesto assolutamente diverso e non negativo nei confronti della regione”, Venditti ha fatto di tutto per recuperare quello che definisce un rapporto intenso e d’amore per la Calabria.
E nel lasciare la sede romana di Piazza di Campitelli, confessa: “Sono contentissimo dell’incontro con il presidente Loiero al quale mi sono rivolto perché rappresenta tutti i calabresi e che ha dimostrato comprensione, intelligenza e sensibilità nell’interpretare quanto mi sta accadendo. Sono stato trascinato inopinatamente in una polemica, servirebbe capire chi e perchè ha recuperato quella frase che non era contro la Calabria, trattandosi della presentazione della sua nuova canzone Stella”. E poi aggiunge: “Ma questa è dietrologia e non mi appartiene. Il mio messaggio vero è questo: ho un legame profondo con la Calabria di cui conosco l’immenso patrimonio culturale e storico, un rapporto intenso che mi lega a questa regione ma anche ai tanti amici che frequento. Per quanto possa sembrare paradossale io ho parlato comunque da calabrese che ama la sua terra”.”

come incontrare Natuzza Evolo, la mistica calabrese



L’assillo di arrivare presto a una meta prefissata da noi stessi o dalla società è l’elemento fuorviante comune al modello di vita attuale. Ormai siamo educati a ottenere risultati immediati in quasi tutti i campi d’azione: nel lavoro, nelle comunicazioni e nei desideri. Cosicché per pianificare gli ostacoli e raggiungere quanto programmato in tutta tranquillità, ovviamente, essendo noi italiani diseducati ai bisogni degli altri, escogitiamo ogni piano disponibile pur di percorrere la via più breve, che, tradotta in conoscenze personali, potere economico o politico, specie quando si è costretti a ricorrere alle cure mediche presso le strutture pubbliche, deve toglierci dall’ambage.
In effetti, se si ha la disgrazia di trovarsi in uno dei pronto soccorso nostrani, la sensazione immediata è quella di trovarsi in un girone dell’inferno dantesco tant’è la gente sofferente che li affolla sdraiata nelle barelle, carrozzine, sedie, in piedi, mentre i familiari non sanno a quale santo rivolgersi affinché cessi al più presto la sofferenza. Nei presidi medici di prima accoglienza si vivono due realtà: quella dei pazienti bisognosi, doloranti e impauriti accompagnati da familiari attoniti e l’altra, quella del personale sanitario ormai rotto a ogni tipo d’incidente e malattia.

Salvo casi sporadici, proprio quando si è toccati da drammi fisici, si ricorre alla preghiera e alla riflessione. Ma la riflessione e la preghiera non bastano! Il nostro essere umani, il vivere secondo canoni materiali ha inquinato la conoscenza spontanea. Non riusciamo a capire da soli il vero senso della vita e ci attacchiamo al leader del momento, agli imbonitori, ai mistificatori ma pochi hanno la chiarezza e l’onestà mentale che guida e indirizza verso la ricerca di qualcosa di nobile per sé e per gli altri. Questo dato di fatto, puntualmente scoperto e corretto secondo le leggi dello Stato dalle forze dell’ordine, vedi maghi cartomanti e mistificatori, stando alle indagini, è comune nei soggetti deboli di tutte le categorie professionali erudite e non diseducate dal modello di vita sociale contemporaneo. L’umiltà e la pazienza sono qualità rare, quindi, nel contesto sociale appena analizzato.

Nel buio dei saperi, la figura umile di Natuzza Evolo è faro che squarcia le tenebre dell’ignoranza umana. La sua luce, sempre viva, illumina le vie dell’anima oltre il tempo fisico; pronta a sollevare le coscienze attraverso la parola illuminata non da studi ma da qualcuno che la sorregge dalla nascita, è un mistero come il messaggio arrivi a quanti lo desiderano nella quiete dell’anima.
Natuzza, è una donna anziana piena di acciacchi e sta trascorrendo gli ultimi anni della sua vita in compagnia di malanni fisici indescrivibili che la costringono a continui ricoveri clinici; ma, lasciato il corpo dolorante nel letto, la sua energia spirituale viaggia e raggiunge chiunque, là, dove è necessario.
Quanti la amano o hanno bisogno del suo conforto per superare ostacoli inviino pure l’Angelo, Lui sa come portarle i messaggi del cuore: lo dice Lei Natuzza e, io, per esperienza personale ci credo.

mercoledì 14 ottobre 2009

scrivere, fare, creare: pensieri in rete



Due pensieri nella rete (tanto c’è spazio a sufficienza per tutti.)


1) Pensiero: scrivere è un’esigenza.

Si scrive per scaricare tensioni; condividere esperienze; confessare, cazzeggiare, imprimere idee, trasmettere (saggi?) consigli.
L’atto in sé pone chi lo pratica nella condizione mentale di non essere solo. Quindi, davanti al computer oggi e alla macchina da scrivere qualche anno addietro, per sentirsi in compagnia di un amico sincero; un amico talmente sublimato da non poter essere reale. Sì, perché nella realtà non c’è nessuno paziente a tal punto da lasciarsi frantumare i coglioni continuamente, assorbire lagnose lamentele, frustrazioni (che altro andresti a confidare a un amico se non i pesi che ti opprimono il cervello e massacrano lo stomaco?) insomma, il fare annulla la solitudine e allevia le ulcere!
Ma non finisce qui! Per uscire dall’isolamento esistenziale si escogita di tutto: giochi per la mente, attività fisiche, hobby e ora, come già detto, la tecnologia web regala a chiunque la possibilità di sentirsi scrittore, giornalista, opinionista, saggista… L’aggeggino magico acchiappa. Assorbe energie, tensioni: è il confessionale per eccellenza, altro che sedute dallo psicanalista! La rete, è una voragine famelica: ingoia e digerisce velocissimamente ma tiene ogni cosa in memoria ed è per questo che prende piede: chiunque può lasciare la propria traccia ai posteri anche senza aver fatto nulla di geniale per lo sviluppo della collettività. Come la lumachella di Trilussa: “La lumachella de la vanagloria, ch’era strisciata sopra un obbelisco, guardò la bava e disse: già capisco che lascerò un’impronta ne la storia.

2) Pensiero: fare creativo come prosecuzione dell’esistenza.

L’uomo non inventa nulla semmai osserva e personalizza quanto esiste già in natura. Lo spirito di conservazione prima e quello ludico, poi, lo spingono a rendere i prodotti dell’universo conformi al proprio modo di essere. Cosicché, superato lo stadio meramente conservativo della specie, l’uomo, spende il tempo a giocare: con le parole, la materia, la finzione visiva!
Chi non ha mai giocato, nei momenti di ozio, a seguire i contorni della propria mano con una penna e lasciare la traccia su un foglio? Anche i popoli primitivi pare abbiano iniziato così: descrivendo le forme proiettate dalla luce del fuoco sulle pareti delle caverne con tizzoni o pietre; seguendo le orme delle sagome lasciate dai corpi sul terreno o semplicemente stilizzando con segni elementari quanto avevano in animo di raffigurare o trasmettere. Dunque, nasce dal nulla il linguaggio della figurazione, a torto definito dono per pochi eletti.
È vero, è un’alchimia!, una magia elementare che continua a stupire per la semplicità immediata con cui dialoga e trasmette messaggi universali. Ma, non per questo difficile da apprendere. Decifrare e interagire. Per far ciò, è necessario sfatare il grande falso mediatico divulgato da sempre dagli addetti ai lavori, interessati, per molteplici motivi, a mantenere vivo l’alone poetico e geniale di chi opera nel campo dell’arte.
Dipingere è come scrivere: basta conoscere la sintassi.

miss italia 2009 alla maison gattinoni



9 ottobre, Villa Erba, Cernobbio. Maria Perrusi, la nuova Miss Italia 2009, debutta nella moda con la maison Gattinoni. La giovane miss, avvolta in un abito in candida seta dell'ultima collezione Gattinoni firmata da Guillermo Mariotto, ispirata alla «Luce», percorre la passerella tra le modelle professioniste.
Il giornalista, conterraneo della neo miss, fa qualche domanda allo stilista Guillermo Mariotto:
Mariotto cosa pensa della neo miss Italia?
È ancora una bambina, deve crescere, studiare…
Forse, non contento della risposta elusiva, il cronista lo incalza, cerca di carpire qualche nota d’incoraggiamento, un elogio almeno alla bellezza ma Guillermo glissa e infine, messo alle corde dalla domanda:
Mariotto qual è l’augurio che fa alla nuova miss Italia?
Sentenzia:
Bèh che dire a una ragazza che si chiama Maria:… lunga vita e molti figli.
In poche battute si è concentrata la tesi, che, enunciata pubblicamente da un esponente del bel mondo fatto di luci e paillettes, sgretola i sogni di tantissimi ragazzi e ragazze che sperano nel colpo di fortuna piuttosto che nello studio propedeutico per entrare nel territorio fantastico dello spettacolo.

È chiaro! Se si valuta l’intervista dal punto di vista campanilistico, i calabresi e quanti guardano alla tv come trampolino di lancio, rimangono turbati dal modo spicciolo con cui è stato bocciato il mero aspetto esteriore, ma ragionando a mente fredda si conviene che per ricoprire dignitosamente qualsiasi ruolo è necessario possedere un bagaglio culturale adeguato. E chi ne è privo deve studiare! Apprendere ininterrottamente dai libri e dall’altrui esperienza. Solo così si evolve!
Ad maiora Maria!

martedì 13 ottobre 2009

bronzi di Riace: clonazione si o no?



Agosto del 1972, un appassionato sub s’immerge nelle acque del mar jonio a 300 metri dalla costa di Riace. La sua immersione diventa storia.
Stefano Mariottini, questo il nome del sub, nell’esplorare i fondali nota qualcosa di strano spuntare dalla sabbia; si avvicina e intuisce di essere di fronte a qualcosa d’interessate: una mano ferrosa ricoperta di licheni. Prontamente, segnala la scoperta alla Sovrintendenza che fa intervenire una squadra di subacquei professionisti e con l’ausilio di sofisticate attrezzature riportano alla luce una prima statua. Gli archeologi intuendo l’importanza del sito fanno continuare le ricerche nella zona interessata fino a trovarne una seconda, denominate statua A e B, entrambe catalogabili tra il IV e V secolo a.c.
Ripulite e restaurate nell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, sono esposte al pubblico per la prima volta nel 1980 e infine trasportate nel museo archeologico di Reggio Calabria.
E qui iniziano studi e diatribe.
Di sicuro sono attribuite alla fucina statuaria greca per la tecnica usata e per le misure che conducono il pensiero al concetto di bello assoluto enunciato da Policleto il Vecchio nel canone per laperfetta costruzione corporea.
Al di là di quanto detto da studiosi e politici, è chiaro che: ritrovamento e luogo sono dati variabili occasionali. Non è occasionale, invece, il dato tangibile strettamente connesso alle statue e cioè: i manufatti sono patrimonio culturale mondiale! A prescindere dal luogo di ritrovamento e conservazione.
Detto ciò, c’è da capire, in merito alle più recenti notizie riguardanti la clonazione dei bronzi di Riace, quali sono gli accordi politici tra i vari soggetti che fino ad ora hanno gestito l’operazione.
È ovvio che, come già detto, essendo patrimonio culturale dell'umanità, è consequenziale la divulgazione delle opere, relative scuole di pensiero e statuarie. D'altronde tutti i capolavori dell’arte sono oggetto d’innumerevoli copie; ma per i guerrieri rinvenuti a Riace si tratta di cloni fedelissimi, difficili da distinguere dagli originali, sempreché non si scriva “clone” e si lasci di proposito qualche lieve imperfezione! Perciò, chiedo: a che pro? E perché devono essere trasportati altrove, non sarebbe un’ottima occasione per istituire laboratori pubblici nelle stanze del museo di Reggio Calabria e far assistere all'evento appassionati e studenti? Quantomeno nella prima fase; è ovvio che l’operazione finale debba essere eseguita in una fonderia con i calchi fatti sugli originali.

(mario iannino)

lunedì 12 ottobre 2009

rispetto: cos'è?


Cosa s’intende per rispetto? Questa è una bella domanda! alla quale ognuno risponde in base all’educazione acquisita in famiglia e nella comunità in cui vive.
Nella generalità dei casi, la formazione culturale italiana impone di rivolgersi agli sconosciuti con garbo e, se di età rispettabile, non salutare con un “ciao” ma con un adeguato “buongiorno, buonasera”; aspettare che sia il più anziano a tendere la mano in segno di saluto ecc. Invece, oggi, sovente si sentono sbiascicare saluti adatti tra commilitoni a familiari, conoscenti ed estranei.

Eppure fino a qualche anno fa, con l’esattezza negli anni sessanta/settanta, era possibile assistere al dialogo rispettoso anche tra due piccoli uomini: bambini che litigavano per un giocattolo comunque calati nei ruoli di zio e nipote in virtù delle loro nascite ravvicinate. Ragazzini con uguali stimoli e intenti, ma con progenie differenti, crescevano insieme sotto lo stesso tetto, e fin qui nulla di strano date le giovani età dei genitori, considerando che in quegli anni l’età media di quanti convolavano a nozze si aggirava intorno ai 22/25 anni chi toccava i trenta era fuori quota, s’intuisce quindi la possibilità di gravidanze quasi contemporanee tra differenti nuclei familiari consanguinei; tornando al nocciolo della questione, la singolarità dell’effetto educativo consisteva nella specifica direttiva sociale d’imporre al “bimbo nipote” di trattare il” bimbo zio” figlio della nonna come una persona già grande.
“Devono imparare da piccoli a rispettare gli zii, i genitori, i nonni e i grandi!”. Questa era la risposta a quanti chiedevano perché si educassero i bambini a trattare un coetaneo, se pur fratello della mamma o del papà, col dovuto rispetto.

I tempi sono cambiati: sentire chiamare un coetaneo zio e rivolgergli del “voi” non solo in famiglia ma anche per strada, oggi farebbe ridere!
Nell’era del “grande bordello” qualcuno ha già obiettato: non sono questi i termini che denotano un reale rispetto. Il rispetto si deve conquistare sul campo. Devi lottare. Essere tra i primi; devi far parte di quelli che contano e determinano le sorti della comunità! E cos’è che ti rende considerato? I soldi! Tanti più soldi hai tanto più sei rispettato… L’età, l’esperienza, la cultura, l’educazione sono fardelli da buttare a mare. Sarà vero?

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