mercoledì 21 luglio 2010

religioni e culture a confronto sotto lo stesso cielo

Sotto lo stesso cielo.

È decisamente inammissibile, per una mente normalmente evoluta, pensare di dirottare un aereo e andare a schiantarsi contro il simbolo del potere economico americano solo perché secondo qualcuno rappresenta il male, il diavolo. Eppure, in quel drammatico 11 settembre, due aerei caduti sotto il controllo dei terroristi hanno perforato le sommità dei due grattacieli americani e hanno provocato scompiglio e morti tra gente ignara.
L’attentato terroristico, anche se rivendicato dai fondamentalisti islamici, si presta a una duplice lettura e da spazio a motivazioni meno “nobili” di quelle divulgate dalla propaganda religiosa dei mullah. È difficile accettare una motivazione così palesemente blasfema. L’Islam è storicamente sinonimo di cultura e il Corano di pace e amore. I Mussulmani praticano una religione sentita, pregano e osservano le Sacre Leggi del Corano. Ecco perché, l’attentato, anzi, la strage non può essere il frutto di un concetto religioso, ma la conseguenza del delirio di un singolo che ha inculcato, per motivi personali, l’odio razziale, l’ha fatto germogliare e crescere e infine l’ha sparso come cenere al vento. Ha plagiato giovani menti, li ha addestrati, allevati e spediti in una missione che ha come premio finale 100 giovani vergini. Ma questo signore ha dimenticato di dire ai kamikaze che le 100 giovani vergini sono destinate solo a chi ha l’anima pura, non contaminata dall’odio e insozzata di sangue umano.

Di fatto, il delirio di chi ha organizzato l’attentato e continua a spargere sangue innocente, ha amplificato il clima d’incomprensione e gonfiato l’odio interetnico tra religioni e popoli che da sempre si osteggiano vicendevolmente, non per difendere alti e nobili concetti ma per tutelare miseri interessi privati che, in pratica, fanno moltiplicare gli zeri nei conti correnti bancari dei burattinai.

11 settembre

Dopo l’11 settembre.

I neri hanno una marcia in più!
Su di loro i segni del tempo non sono immediatamente visibili. Per capire la loro età o gli stati d’animo li devi osservare attentamente. Non arrossiscono quando sono impacciati! E se sono tesi o nervosi, non lo capisci mica subito; devi fare attenzione al timbro della voce, al tremolio, ai tratti facciali e alle mani. La voce, l’espressione facciale e il gesticolìo tradiscono, sia nei bianchi che nei colorati, tensioni emotive, anche nei più scaltri.
A un acuto osservatore non sfuggono i particolari; anche quelli più insignificanti assumono e trasmettono valenze imprescindibili dallo stato di autodisciplina che s’impone l’interlocutore.

Il mio interlocutore tradisce il suo stato d’animo nel tremolio delle parole e nella contrazione delle labbra, nonostante il sorriso che precede e accompagna le parole.
Lui è nero. Un uomo negro snello. Ben curato, e dimostra una discreta cultura. Ha proprietà di linguaggio, senz’altro frutto di frequentazioni assidue col pubblico.

In effetti, dice di essere un dj e di avere lavorato nelle discoteche della costiera romagnola, tra Rimini e Riccione, ma che, dopo l’11 settembre, essendo, lui, musulmano, non ha più trovato lavoro. Da quel tragico giorno, che ha sconvolto il mondo intero e ha mostrato come la lucida pazzia di pochi possa provocare morti e terrore in larghissimi strati sociali, anche gli innocenti contrari alla violenza, se pur perpetrata in nome e per conto di assurdi teoremi, che non hanno nulla di religioso ma che cavalcano l’ignoranza delle masse, pagano uno scotto enorme e immeritato.

Oggi, Lui, il negro fa il ragazzo tutto fare. È l’uomo dai mille lavori: falegname, imbianchino, meccanico, inserviente…
E proprio in virtù della sua duttilità e padronanza manuale che l’anziana donna, stesa sul bagnasciuga, dichiara che “è un uomo da sposare!”… un uomo come pochi!
Conclude convinta l’anziana zitella.

lunedì 12 luglio 2010

e se avesse governato la sinistra?

Ancora tagli nelle aziende.

Fiat, Telecom, Siemens, Enel, Olivetti, telefoni di Stato, ferrovie dello Stato…

Ok, la certezza del “posto fisso” non c’è più! Le aziende forti dello Stato e del parastato, quelle che un tempo fungevano da approdo sociale per le nuove generazioni e davano l’opportunità di formare una famiglia, conferivano certezze alle persone che, forti dell’opportunità lavorativa, guardavano al futuro con speranza e fiducia non esistono più.
Negli anni 80, dopo la lunga agonia degli incentivi economici e delle mobilità orizzontali e verticali tra le maestranze, grazie alla coogestione sindacato/azienda per le politiche aziendali e sindacali, fase aperta e consolidata da Marisa Bellisario in qualità di amministratore della sit Siemens italiana, i grandi agglomerati produttivi sono morti per sempre. Non esistono più le grandi fabbriche metalmeccaniche, le compagnie pubbliche, le private, sovvenzionate con i soldi dello Stato.

Nell’era del mercato globale l’assistenzialismo di Stato non può esistere come sistema di aiuto alle aziende e, conseguenzialmente, ai lavoratori, alle famiglie, alla società! La globalizzazione è un’era geozoologica particolare che riporta indietro nel tempo le lancette della civiltà acquisita attraverso l’emancipazione culturale e racchiude in singolari gabbie collettive illusorie gli uomini. Ergo: o sei un colosso, economicamente forte, con una struttura aziendale snella, che va a sfruttare la fame degli altri per guadagnare di più oppure sei risucchiato nella mediocrità e annullato dalla bontà per essere stato eticamente corretto.
Questo in sintesi il pensiero concreto che affama le popolazioni.
Di fatto la globalizzazione annulla i concetti etici e religiosi della condivisione e della cooperazione.

“g l o b a l i z z a z i o n e” è l’ultimo crimine storico ideato dall’uomo. È la messa in atto di una teoria blasfema che induce gli uomini alla guerra per la sopravvivenza e vanifica, come già detto, la cultura della condivisione e della fratellanza tra i popoli.

Fino a quando le persone possono essere considerate numeri o rami secchi da tagliare solo per far quadrare i conti e rilanciare in borsa le aziende?

È chiaro che qualcosa non ha funzionato. Qualcosa continua a non funzionare!

dal mare ai monti in 10 minuti tra i castagneti della Calabria

a ore 12: montagna!

aore12

Oggi abbiamo deciso di fare un’escursione ai monti. Lasciamo la costa e ci dirigiamo a est, nell’entroterra catanzarese, verso le serre calabresi. In macchina di buon mattino (è un eufemismo, si dice tanto per assumere un tono salutista, in realtà sono le 11 passate) scarpe da trekking zaini e borracce da riempire. Mi hanno detto che tra i boschi di castagni, tra Palermiti e Centrache, lungo la provinciale 162, direzione Chiaravalle Centrale, c’è una sorgente d’acqua pura, leggerissima e che stimola chi la beve a fare tanta plin plin, per cui, infiliamo nel cofano della macchina qualche bidoncino e via!

Nel luogo dell’appuntamento, nei pressi della stazione ferroviaria di Montauro, aspettiamo gli ultimi ritardatari e, composta la compagnia, imbocchiamo una stradina provinciale che gradatamente si arrampica sui fianchi della collina. La segnaletica indica Gasperina, Centrache, Palermiti, Olivadi, Cenadi. In linea d’aria i monti sono a pochi passi, sì e no 5, 10 km al massimo.

Prima delle porte di Gasperina, la strada forma delle curve mozzafiato e offre una visione altrettanto spettacolare, mai vista prima: l’ansa tra la Torre del Palombaro, ai piedi di Stalettì, e Soverato Marina è sotto di noi, la dominiamo con lo sguardo. Uno sguardo ebbro per tanta bellezza!

Si ha la sensazione di essere su un trampolino. I fondali marini sembrano coperti con una leggera pellicola cangiante di cristallo, azzurro, verde smeraldo… celeste… colori tenui, di una trasparenza unica che irradia e trasmette al nemico “pensante” visioni pacificate: l’uomo è niente al cospetto di così tanta bellezza!
Non c’è nulla di magico o di esagerato. I colori dell’acqua si modificano davvero, in sintonia con gli studi scolastici, solo che qui siamo al cospetto del creato, nel laboratorio naturale della perla dello Jonio, dove ogni cosa è magia!, e a nulla valgono le teorie del colore e della rifrazione della luce. L’angolo d’osservazione di ognuno, è determinato non solo dalla luce del sole che s’infrange nello specchio di mare, ma, principalmente, dalla predisposizione d’animo del singolo. E ciò determina soggettive visioni cromatiche. Insomma, una dolce illusione, un miraggio, una bugia visionaria purificatrice, che avvicina l’uomo alla natura.

Il sole picchia perpendicolarmente sopra le nostre teste: è mezzodì!
Riprendiamo la marcia.
Superate alcune curve, nel tratto tra Palermiti e San Vito, lungo la provinciale 162, un’area attrezzata offre la possibilità di rifocillarsi, assaggiare carni alla griglia e provviste caserecce accompagnate da un buon bicchiere di vino o birra fresca. Il circolo del cacciatore, così si chiama la griglieria, è situato in uno spiazzo tra i castagni al bordo della strada. All’ingresso, affianco al cancello, sulla sinistra, una statua di San Pio da Pietrelcina, riparata in una grotta di pietra, accoglie gli avventori e sulla destra, l’insegna del circolo.
Il silenzio è rotto dal lieve venticello che solletica le foglie degli alti castagni e dal cinguettio degli uccelli. Il nostro vociare rompe gli equilibri sonori del luogo: è quasi un insulto alla quiete del posto e noi, forse non educati alla sacralità silente di certi luoghi, presi, letteralmente, per la gola, tra uno schiamazzo e l’altro, assecondiamo la dittatura del palato.

sabato 10 luglio 2010

mare nostrum: tutto come prima

aore12



Gli appunti del pifferaio.

Mare nostrum.

Il tempo passa. Gli uomini passano. Le idee passano. I proclami passano. Ma i problemi rimangono!
aore12

Sono trascorsi tre giorni da quando ci siamo trasferiti sul litorale Jonico, con precisione nel tratto di mare tra Montepaone e Soverato, in Calabria, e ancora non siamo riusciti a bagnarci. È impossibile entrare in acqua. Il timore di insozzarsi o prendere qualche fungo infettivo non è fobia collettiva ma realtà. Una realtà comune nei bagnanti costretti sotto gli ombrelloni dalla schiuma densa e oleosa che galleggia a pelo d’acqua davanti a noi.


Certamente, non è bello sentire dire “preghiamo che il vento e le correnti cambino, altrimenti avremo un’altra estate di mare sporco…”.

Il comune buon senso indirizza tutti, imprenditori, uomini di cultura, amministratori non a pregare ma, a impegnarsi in azioni mirate, forse coraggiose, farsi promotori e guardiani delle bellezze paesaggistiche calabresi così da stimolare tecnici e politici a eliminare il problema “acque sporche” alla radice, una volta per sempre.


venerdì 9 luglio 2010

Calabria aore12 Costa Pagoda



©archivio M.Iannino
Il tempo corre veloce. Un’altra estate è iniziata, e noi, nuovamente alle prese con i dilemmi di sempre, cerchiamo di tracciare itinerari e fare quadrare i conti.
Ma non per tutti è così!, c’è chi, nonostante la crisi in atto, in Europa e nel mondo, non ha di questi problemi e, buon per loro, s’imbarcano su uno yacht o aereo personale e via! Verso mete da sogno. Però, se conoscessero i luoghi della Calabria, senza ombra di dubbio verrebbero a veleggiare da queste parti e, forse, rimanervi per sempre. Altro che Bahamas o Bermuda! Che, comunque, mantengono inalterato il fascino, ma una volta conosciuti gl’incantevoli posti calabresi, gli stessi calpestati da Ulisse e decantati da Omero, sapere dove sono le mete più belle e come raggiungerle, senza dubbio non si abbandoneranno più. Se poi, alle bellezze paesaggistiche, sommiamo il valore aggiunto dei calabresi, l’ospitalità, la cortesia che rispecchia tradizioni, storia, cultura e folklore, bèh, a questo punto, gli ingredienti sublimano un “pacchetto turistico” difficile da non accettare.

In Calabria, c’è l’imbarazzo della scelta, al mare come in montagna, sul litorale Jonico o Tirrenico, luoghi d’inaudita bellezza affascinano chiunque ha l’opportunità di visitarli perché la Calabria è fascino, cultura, terra d’approdo e di partenze.

Personalmente amo le vacanze libere. Non mi piace gettare l’ancora in un posto e piantare le radici. Preferisco visitare e conoscere posti nuovi, nuova gente, nuovi piatti, tradizioni e culture; ma dopo le escursioni, possibili grazie alla geografia del territorio calabrese, la meta ultima del mio girovagare è un luogo singolare, che frequento da oltre trent’anni.



Un posticino da favola! Che per arrivarci si doveva percorrere una stradina di campagna, sterrata, fino a quando non hanno inserito alcuni stabilimenti balneari.
Uno spicchio di mare limpido, meglio dei caraibi in quanto a fondali, colori, spiaggia e tantissima tranquillità nel bel mezzo del golfo di Squillace tra Catanzaro e Soverato, a Montepaone Lido, in contrada Casinello.
Ovvio che alla fine qualcuno, in maniera intelligente, facesse fruttare un dono così bello che la natura ha fatto alla Calabria e ai calabresi. A essere sincero, io e i miei amici non abbiamo accolto di buon grado gl’insediamenti ma ci siamo dovuti ricredere grazie all’ospitalità tutta calabrese dei gestori e in particolar modo della coppia che gestisce il lido balneare, “Costa Pagoda”. Entrambi cordiali, lui, Costantino, supervisiona e lavora in spiaggia, cura i rapporti coi fornitori ed è sempre presente per mettere a proprio agio gli avventori del lido; lei, Rina, una donna calabrese verace, instancabile, serena e col sorriso sulle labbra anche, quando la fatica, a sera, si fa sentire tutta, cura la cucina. Una cucina casareccia, tipicamente calabrese, dai sapori e odori inconfondibili per quanti la conoscono, e tra le tante specialità, su preavviso, la signora Rina prepara uno squisitissimo “morzello” alla catanzarese. … e che dire della rosticceria o dei piatti a base di pesce, degli spaghetti allo scoglio con ingredienti freschi e locali procacciati da Costantino.



mercoledì 7 luglio 2010

Porto Rhoca: prenota un posto in paradiso

Prenota un posto in paradiso. Così c’era scritto sullo striscione legato tra un palo e l’altro dei semafori  all’incrocio di Squillace lido, lungo la statale 106 Jonica.
©archivio M.Iannino
villaggio porto rhoca, affacciata su copanello
Ricordo che la cosa c’incuriosì e andammo a fare una capatina nel cantiere.
Superata una curva, salendo per Squillace, Amaroni, Girifalco e atri paesini dell’entroterra contrassegnati dalla segnaletica stradale, a pochi metri dall’incrocio, una stradina sterrata introduce nell’uliveto che guarda il mare del golfo di Squillace.
L’ingresso al villaggio è ultimato: campo da tennis, piscina e alcune schiere di villette di pochi metri quadrati ciascuna lasciano presagire l'urbanizzazione futura.
Un signore, dalla capigliatura folta e riccioluta, già bianca nonostante la giovane età, ci accoglie col sorriso: l’architetto, e socio della società costruttrice, ci illustra il progetto: una volta ultimato il villaggio e vendute le “pezzature”, metteremo mano all’albergo. Il complesso alberghiero avrà la stessa struttura estetica del villaggio. Come vedete dal plastico, albergo e villaggio non disturbano il paesaggio anzi, il nostro obiettivo, negli studi progettuali, è di mantenere il verde e non stravolgere la collina e quindi il territorio ma urbanizzare dolcemente senza violentare la natura. Tutte le unità immobiliari sono immerse nel verde, hanno il giardino e non sono invadenti.

Sono trascorsi circa venti anni e lo striscione con la scritta “prenota un posto in paradiso” non c'è più da tempo, però il posto in paradiso rimane! A pochi passi dallo svincolo stradale di Squillace lido, un’imponente insegna indica l’ingresso del Villaggio Residence Porto Rhoca.

Oggi, il villaggio Porto Rhoca è un condominio residenziale quieto, composto per la maggior parte da persone che preferiscono la tranquillità alla bolgia estiva; e l’albergo, meta di turisti provenienti da ogni parte del mondo, ospita convention, manifestazioni d’interesse, avvenimenti pubblici e privati.

Mentre prepariamo la cena in giardino, col pesce che cuoce sulla piastra del barbecue, ci giungono le voci degli animatori intenti a organizzare la serata per gli ospiti dell'albergo.

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