venerdì 27 agosto 2010

false democrazie e false libertà

False democrazie e false libertà.

Ovviamente le false democrazie sono definite dittature ma il termine “dittatura” è poco rassicurante, perciò, i despoti scaltri edulcorano la pillola della costrizione sociale con false libertà. Libertà di fare la spesa negli innumerevoli supermercati che ingombrano il territorio (sempreché ci siano i soldi). Già, gli agglomerati mercantili sorgono come funghi! Persino nelle lande desolate, lontanissimi dalle città ma comunque raggiungibili dai perditempo.
E che dire della libertà di pensiero. Il pensiero è libero fin tanto che non da fastidio a qualcuno che conta!, sì, perché se un'analisi è indirizzata a un povero cristo, è lecita, anzi doverosa farla! Ma se, peggio ancora, si usa la satira per ridere dei flop politici e suggerire percorsi alternativi ai programmi della politica, beh, sono guai.
Ma intanto il pensiero è libero. Non si può imprigionare e i despoti né sono coscienti. Forse per ciò si creano una claque, elargiscono favori, piccoli favori, a iosa e promettono l'impossibile per tenere buoni gli altri. Nel frattempo iniziano qualche crociata, che so contro i profughi, gli zingari, così da catalizzare l’attenzione della massa e distoglierla dai problemi di sopravvivenza degli operai che hanno aperto una trattativa con l’azienda,dei cococo e di tutti quei poveri afflitti che hanno creduto nelle cazzate vomitate in campagna elettorale dai venditori di fumo.
Ecco, questi i nuovi despoti! Venditori di fumo e detentori di cospicui, congrui, grassi arrosti depositati in caveau stranieri per non pagare le tasse dovute in Italia, perché, come ha detto qualcuno, in ottemperanza al parametro di condivisione cristiana e sociale tutto personale, ritengono eccessive e quindi da evadere. Come si suol dire: “ a nu parmu do culu meu duva tocca tocca!”

giovedì 26 agosto 2010

l'imprevisto

Fa caldo! Dalla finestra spalancata arrivano folate di vento improvvise che sanno di mare.
Il mare... non lo amo eccessivamente ma m'immergerei volentieri.
Lo vedo, sta lì davanti a me; immobile, fa da specchio alle quiete luci del lungomare e riflette brillanti corone nelle ultime notti d'agosto.
Ho la gola secca.
La portafinestra della cucina, esposta a ovest, è illuminata da uno strano quanto inusuale bagliore. Apro il frigo. Verso un po' d'acqua fresca nel bicchierone e la stempero con quella a temperatura ambiente che sta sul tavolo. Lo strano bagliore che filtra dalla tapparella mi preoccupa.
Avrò dimenticato la luce del terrazzo accesa... no, l'interruttore è spento. Mah, forse qualche lampione? No! Non ci sono lampioni quaddietro... allora che sarà? Qualche ladro dai vicini?! -tiro sù la persiana e una splendida luna piena effonde un chiarore biancastro- Già, la luna! E chi l'avrebbe mai detto?
Una bella luna di panna illumina la terra, veglia sui sogni e li protegge.

mercoledì 25 agosto 2010

dall'ozio al gioco creativo

Importanza del gioco creativo


Il fare creativo dell’uomo come prosecuzione dell’esistenza.


L’uomo non inventa nulla semmai osserva e personalizza quanto esiste già in natura. Lo spirito di conservazione prima e quello ludico, poi, lo spingono a rendere i prodotti dell’universo conformi al proprio modo di essere e renderli funzionali. Cosicché, superato lo stadio meramente conservativo della specie, l’uomo, spende il tempo a giocare. Gioca con le parole, la materia e s’inventa una forma linguistica immediata che annulla i lessici parolai e visualizza il conosciuto con la figurazione, ovvero attua una magia e dialoga con qualcosa di familiare, inventa la finzione visiva!
Chi non ha mai giocato, nei momenti di ozio, a seguire i contorni della propria mano con una penna e lasciare la traccia su un foglio? Anche i popoli primitivi pare abbiano iniziato così: descrivendo le forme proiettate dalla luce del fuoco sulle pareti delle caverne con tizzoni o pietre; seguendo le orme delle sagome lasciate dai corpi sul terreno o semplicemente stilizzando con segni elementari quanto volevano raffigurare e trasmettere. Dunque, nasce dal nulla il linguaggio della figurazione, mondato da velleità; alchimie figurali evolutesi col tempo e a torto definito dono per pochi eletti.
È vero, è un’alchimia!, una magia elementare che continua a stupire per la semplicità immediata con cui dialoga e trasmette messaggi universali. Ma, non per questo difficile da apprendere. Decifrare e interagire. Per far ciò, è necessario sfatare il grande falso mediatico divulgato da sempre dagli addetti ai lavori, interessati, per molteplici motivi, a mantenere vivo l’alone poetico e geniale di chi opera nel campo dell’arte.
Dipingere è come scrivere: basta conoscere la sintassi. Ma la vera poesia sta nella semplicità, nell’onestà intellettuale di chi gioca con la grafia primordiale per puro diletto e per dialogare. A questi ultimi non serve conoscere ma sentire; esseri liberi di dilatare segni e colori. Modellare, scolpire fino a realizzare pensieri e parole, musiche e ritmi plastici; condensare e consegnare agli altri affinché continuino il gioco secondo canoni propri.

la scrittura come terapia

Si scrive per scaricare tensioni; condividere esperienze; confessare, cazzeggiare, imprimere idee, trasmettere (saggi?) consigli.
L’atto in sé annulla le solitudini e chi lo pratica attivamente ne è cosciente, sa di non essere solo. Quindi, davanti al computer, oggi, e alla macchina da scrivere qualche anno addietro, per sentirsi in compagnia di un amico sincero; un amico talmente sublimato da non poter essere reale. Sì, perché nella realtà non c’è nessuno così paziente da lasciarsi stressare in qualsiasi momento e sappia assorbire lagnose lamentele, frustrazioni (che altro andresti a confidare a un amico se non i pesi che ti opprimono il cervello e massacrano lo stomaco?) insomma, scrivere è una terapia che annulla la solitudine e allevia le ulcere!

Aiuta egregiamente a uscire dall’isolamento esistenziale e affiancata a giochi per la mente, attività fisiche, hobby, la scrittura, si fa più creativa grazie alla tecnologia web che regala a chiunque la possibilità di sentirsi scrittore, giornalista, opinionista, saggista… L’aggeggino magico acchiappa. Assorbe energie, tensioni: è il confessionale per eccellenza, altro che sedute dallo psicanalista! La rete, è una voragine famelica: ingoia e digerisce velocissimamente ma tiene ogni cosa in memoria ed è per questo che prende piede: chiunque può lasciare la propria traccia ai posteri anche senza aver fatto nulla di geniale per lo sviluppo della collettività. Come la lumachella di Trilussa: “La lumachella de la vanagloria, ch’era strisciata sopra un obbelisco, guardò la bava e disse: già capisco che lascerò un’impronta ne la storia.”

demenza e ignoranza nelle intolleranze razziali

Intolleranze leghiste? No demenza e ignoranza!


Alcuni territori e i suoi abitanti, chissà per quale forma di concezione o fato, ripetono a distanza di secoli gli stessi errori. Forse perché fanno parte del loro dna e quindi, prima o dopo, la particella genera imperfezioni e tumori nel corpo sociale.
E la lega nord, in quanto a proclami, atteggiamenti e intolleranze nei confronti dei “diversi da loro” lo testimoniano.
È nel 1693 che a Milano una grida concedeva a ogni cittadino la “libertà di ammazzare impunemente gli zingari e di appropriarsi dei loro averi, quali bestiame e denari”.
Mentre nel 1726, il Gran Maestro dei Cavalieri di S. Giovanni, in Germania, ordinava la condanna a morte immediata degli uomini e la fustigazione e l’espulsione per le donne.
In Germania, come si sa, le persecuzioni sfociarono nell’immane sterminio nazista dell’ultimo conflitto mondiale, dove, un numero inimmaginabile di persone costipava i campi di concentramento; lì, la follia nazista aveva imprigionato e decimato le razze ritenute dal loro ignobile delirio impuri, quindi ebrei, zingari, omosessuali e nemici politici del regime nazifascista.

E oggi? Cosa sta succedendo in Italia in Europa e nel mondo?

martedì 24 agosto 2010

nomadi, rom, sinti, gli zingari e gli altri

Zingari, rom, sinti e gli altri.

Il fenomeno “migratorio” delle tribù zingare, le cui origini si perdono nella notte dei tempi, interessa l’intera Europa. Di sicuro, l’opinione pubblica conosce due aspetti caratteriali delle genti di etnia zingara: i Rom, stanziali, che hanno deciso di fermarsi definitivamente in un luogo e convivere con gl’indigeni, e i Sinti, nomadi per eccellenza. Entrambe le realtà hanno codici etici affini alla cultura etnica d’appartenenza. Unico dato comune è riscontrabile nella sacralità della famiglia che vede l’uomo come capo indiscusso e gli anziani custodi di saggezza. Alla donna, in quanto madre, oltre alla cura della famiglia è assegnato il compito che oggi chiamiamo pr, public relation, vale a dire il contatto con l’esterno, cioè procacciare il sostentamento quotidiano con l’accattonaggio, la divinazione e anche i furti.
Secondo una antica leggenda zingara, il popolo nomade è “giustificato da Dio” e rubare non è peccato da quando uno zingaro rubò il quarto chiodo che serviva per la crocefissione di Gesù.

Ma, leggende a parte, i vari governi, nel tempo hanno adottato politiche differenti nei confronti della gente nomade. Nei loro confronti, si nutre diffidenza e a volte odio, raramente comprensione.
Ovviamente, parlare d’integrazione diventa una questione di lana caprina, visti i risultati ottenuti dopo anni di continui tentativi da parte dei municipi interessati al problema.
La storia del popolo zingaro è costellata di espedienti, piccoli furti, commerci di bestiame fino a qualche anno addietro, lavori artigianali per tirare a campare in libertà e mantenere le proprie tradizioni culturali, disdegnando la proprietà privata dei nonzingari, e il tentativo, per i rom, d’inserirsi nella società.

Nel 1987 la Calabria va incontro alle esigenze degli zingari accampati nelle periferie urbane e in sintonia con la Carta Istituzionale della Repubblica si dota di una legge mirata all’inserimento sociale degli zingari, a firma dell’allora assessore alla cultura e ai servizi sociali Rosario Olivo.

Oggi, in Francia, il governo Sarkosi, assecondando le proteste e l’intolleranza dei francesi attua una sorta di esodo volontario fornendo un biglietto di sola andata e una quota procapite ai nomadi che, giurano di ritornare perché meglio la precarietà francese che gli stenti e la fame dei luoghi d’origine.

lunedì 23 agosto 2010

viabilità e vocazione territoriale della calabria

I tesori della Calabria: vocazioni territoriali e viabilità.



La struttura geografica della regione suggerisce ritmi di vita lenti. Le sue strade, serpentine che congiungono la costa ai monti, hanno carreggiate necessariamente strette e le litorali, jonica e tirrena, anch’esse inadeguate all’utenza degli ultimi anni seguono la conformità del terreno incuranti delle esigenze votate alla velocità dai tempi moderni.
Alcuni automobilisti incoscienti pensano di potere dominare macchina e territorio ma l’imprevisto, sempre dietro l’angolo, purtroppo, smentisce lo spirito d’onnipotenza degli stolti che vanno a implementare le statistiche degli incidenti stradali.
Eppure, a conti fatti, percorrendo lo stesso tragitto a tavoletta, il recupero si può quantificare in 5, massimo, 10 minuti, rispetto alla velocità consentita dalla viabilità stradale. E questo vale anche per l’A3: l’autostrada del sole che, stando alle cronache, assume il tracciato silano e tocca Cosenza grazie all’onorevole Giacomo Mancini senior, giacché deputato e Ministro della Repubblica.

Giacomo Mancini senior è uno dei tesori della Calabria; un figlio che operò per il bene della regione e dei calabresi. Uno di quei vecchi socialisti che fecero la storia della prima repubblica.

La Calabria è una terra contraddittoria, sotto certi aspetti, la maggior parte dei cittadini, imprenditori, politici, inseguono la modernità, i ritmi veloci, i mega progetti commerciali, le grandi opere, a dispetto della vocazione territoriale e le sue bellezze fruibili solo nel tempo lento.

Lo slow calabrese è una concezione filosofica radicata nel dna dei popoli mediterranei. Un sano virus che aiuta a inquadrare l’esistente per quello che è e non quello che si vorrebbe che fosse.

l'ignoranza dei popoli preserva i potenti

I popoli ignoranti preservano i potentati.


La filosofia di vita divulgata coi tempi della comunicazione così come strutturata oggi dà come prototipo della realtà un oggetto di consumo culturale, religioso, politico o di semplice svago effimero.
L’irrealtà è diventata realtà a causa della pochezza di pensiero della stragrande maggioranza dei programmi televisivi e festeggiamenti dei vari campanili che imperversano e deturpano le menti 24 ore su 24. perché autori televisivi, registi, pseudo operatori culturali non indirizzano le platee a programmi di crescita, ma sembra che facciano a gara a chi narcotizza meglio le coscienze e mette in minoranza i pochi “pensanti”.

La realtà giornaliera si confonde coi sogni: inizia la sera e finisce al mattino; per riprendere il percorso funambolico tra le vie dei centri cittadini trasformati in enormi set cinematografici. Sogni ingarbugliati che assommano realtà differenti, giochi in tv, volgarissimi reality costruiti su ambigue storie di morbosità voyeuristiche. Ma qui, nelle metropoli, si muore davvero. Non cambi canale e salti in infinite storie, giochi, reality.

Nel rombo assordante delle città vivono persone vere condizionate dalle esigenze indotte dalle relative culture, dai loro dirigenti politici e religiosi. E se oggi assistiamo impotenti a stragi religiose, politiche, etniche; insomma a una pochezza di pensiero assoluto che condiziona e plagia le masse, la colpa è solo loro. Della classe dirigente che non ha saputo o voluto attuare piani culturali di crescita collettiva. Ma forse, non è un semplice caso d’impotenza o inettitudine politica… alla luce dei fatti è un chiaro disegno strategico attuato con scientifico cinismo!

domenica 22 agosto 2010

Quaresima e Ramadan: due mondi che avvicinano

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Quaresima e Ramadan: momenti di religiosità alta che aiutano a riflettere sulla vita di tutti i giorni.

Fa caldo! Sorseggio la birra ghiacciata senza trovare sollievo alla calura. La spiaggia è rovente. Il mare sporco invita a non entrare in acqua. Osservo le macchie variegate di piccoli atolli composti da erba, legna, carte, bottiglie di plastica ondeggiare fino a una cinquantina di metri dalla riva.
I cubetti di ghiaccio si sciolgono presto. Bevo e sudo sotto l’ombrellone. Un venditore ambulante, simpatico, che parla un italiano stentato, mi si ferma davanti. Gli offro un po’ di birra. Lui ringrazia e rifiuta: ha iniziato il ramadan e per un mese, dall’alba al tramonto, non può ingerire niente.
Ecco, mi dico: io non potrei mai essere musulmano! E come me tanti che si reputano cristiani. Noi occidentali non sappiamo più affrontare i sacrifici corporali. Non riusciremmo mai a stare senza bere e mangiare per una giornata intera. Camminare sotto il sole carichi di mercanzie. Mangiare un po’ di verdura o della frutta, bere acqua e ringraziare la provvidenza per essere riusciti a vivere e concludere un'altra giornata della nostra vita terrena, dopo le 19,00. Eppure, loro, i musulmani, osservano, quest’anno dal 13 agosto al 13 settembre, la legge del ramadan, vale a dire “il Digiuno” dall’alba al tramonto, qualcosa di analogo alla nostra quaresima che suggerisce di ricordare il martirio di Gesù con 40 giorni di preghiere e come penitenza l’astensione dal mangiare carne almeno al venerdì.
Religione a parte, noi occidentali siamo troppo presi dalle comodità terrene e siamo terrorizzati dalle difficoltà economiche, della perdita del lavoro e della posizione sociale.

sabato 21 agosto 2010

ancora mare sporco a Montepaone, Calabria

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Ancora macchie anomale sulle onde del mare di Montepaone.
Eppure sembra che ci sia un ottimo depuratore di recente costruzione! Allora? Come mai quasi tutti i giorni si vede a pelo d’acqua una macchia oleosa schifosa, erba, legni e carte di varia origine navigare nei mari del sud?
Che ci sia qualche grandissimo filibustiere che scarica direttamente a mare le sue scorie? Oppure è uno di quei signori che ama la natura a tal punto da dare in pasto ai pesciolini “roba” di prima qualità?
Gl’interrogativi sono tantissimi, inutile continuarne l’elencazione, però una domanda la porgo agli amministratori locali: ma dove siete? Non vedete che così lasciate morire quel poco di turismo che ancora, caparbiamente, viene a villeggiare a Montepaone lido? In Calabria.

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