In viaggio nel tempo

 


Tempo di vendemmia di festa e incontri.


Da nord a sud in autunno si ripropone la sagra dell'uva. Molti vitivinicoltori associati mettono in campo strategie mirate per la conoscenza e la commercializzazione dei brand prodotti nelle rispettive cantine. 

Anche in Calabria le più note e blasonate case vitivinicole partecipano alle sagre calendarizzate a livello nazionale con eventi mirati. E per divulgare il proprio prodotto in seno alla festa nazionale del vino nelle proprie cantine aprono a mostre, assaggi e guide assistite.

Le zone più rinomate sono definite in mappe territoriali geografiche mirate e circoscritte che vanno dal cirotano al lametino e, giù, al reggino. Ma questo itinerario geografico è ben noto ai più .

Io, invece, voglio raccontare del vino fatto in casa. Un'operazione di nicchia, esclusivamente elaborata e portata a termine non per scopi commerciali ma per la famiglia, da bere insieme a tavola e da offrire agli ospiti! 

Mi piace ricordare ogni cosa delle giornate d'autunno trascorse in campagna tra filari di viti e l'odore degli acini strappati coi denti!

Della raccolta dell'uva e dell'allegria che si respirava tra i filari e nell'aia; del profumo dell'uva appena raccolta adagiata nelle ceste di vimini, dall'odore delicato degli acini appena pigiati...

E dell'attività frenetica dei paesani che, quasi tutti, tra settembre e ottobre s'impegnavano le "giornate" e preparavano i “commodi” per raccogliere i grappoli d'uva, lasciare maturare il mosto e ... Ma andiamo per gradi.

La mia storia è ambientata in una campagna che potrebbe essere situata in un paese qualunque della Calabria. Però, essendo nato in un paesino montano del catanzarese,la mia storia si avvale di spunti autobiografici.


Per arrivarci, nelle vigne, il percorso era agevole e semplice. Quasi tutti i vigneti costeggiavano la strada principale: “A vianova” questo il nome che davamo alla nuova strada provinciale che tagliava in due il paese passando per la “Cona”, la piazza principale sede di bar e unico spazio logistico per l'installazione del palco eretto in occasione dei festeggiamenti popolari in onore della Madonna della Luce. L'uso del passato è d'obbligo! Molti di quei vigneti non ci sono più.

Il primo esteso appezzamento di terreno adibito a vigneto lo incontravamo al bivio, prima di imboccare il “rettifilo di Manno”. Gli altri vigneti erano disseminati all'interno delle campagne, al riparo degli agenti atmosferici e dalle ipotetiche ruberie.

E poi su, dopo l'agglomerato urbano, tra i castagneti. Lì la terra rossiccia sembrava esaltare gli acini viola appesi sui verdi filari.

La raccolta dell'uva, nel mio “immaginario vissuto”, presupponeva una predisposizione dell'anima totalizzante. Ogni azione, parola, canzone era in sintonia con la natura. E la stanchezza fisica, nonostante ci fosse, sembrava inesistente.

Le donne, instancabili, facevano la spola tra i filari e “u katojiu” il punto di raccolta che ospitava il tino per la pigiatura; “i fhimmini” si “caricavano” sulla testa enormi cesti di vimini colmi d'uva come se niente fosse! (per lo meno, ai miei occhi erano davvero grandi, ché facevo fatica a trasportare il paniere in cui riponevo i pochi grappoli da un “piede di vite all'altro).

La mia esperienza è limitata a brevi momenti di vita vissuta. A pochi fine settimana che, approfittando delle belle giornate, in macchina, una fiat 850 special, si faceva un salto al paese per stare coi parenti rimasti.

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