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sabato 19 febbraio 2011

Egitto, Libia, Tunisia, Italia, Usa e wikileaks

È riduttivo pensare che la società si divida in buoni e cattivi? Sembra di no! E le notizie che giungono dalle differenti testate giornalistiche di qualsiasi nazione lo confermano.

In Libia l’accesso a internet è bloccato da questa notte per evitare che il mondo conosca i misfatti del regime che sta soffocando nel sangue la protesta dei manifestanti contro Gheddafi. Secondo Human Rights Watc (organizzazione non governativa per la difesa dei diritti umanitari) i morti sono almeno 84 e lo testimoniano le fonti mediche e i residenti.
Era prevedibile, d’altronde, che un dittatore non lasci facilmente il campo, e solo nella Cirenaica le forze di sicurezza, secondo Amnesty International, hanno ucciso 46 persone.
È guerra!, da una parte per la democrazia e i diritti umani, dall’altra per mantenere il potere e gestire le ricchezze libiche.

In Italia, secondo alcune testate giornalistiche “il cavaliere fa guerra alle toghe” attraverso la riforma della giustizia e la separazione delle carriere con lo sdoppiamento del Csm e lo sganciamento dallo stesso della funzione disciplinare con l’istituzione di un’Alta corte di disciplina sui magistrati; quindi responsabilità civile dei magistrati che sbagliano e l’impossibilità di ricorrere in appello da parte dei pm in caso di assoluzione in primo grado dell’imputato, nonché più poteri al ministro della giustizia.
Sull’altro versante, i magistrati, allarmati dalle continue minacce di Berlusconi aspettano di vedere la legge e controbatterla qualora si ravvisino “punizioni politiche” da parte di chi fino ad ora li ha accusati definendole toghe rosse.

E wikileaks? Assange pubblica un’altra spolverata d’intercettazioni che rasentano il pettegolezzo spicciolo tra due amici al bar. File che diffondono le confidenze raccolte in otto anni dai diplomatici americani e trasmesse a Obama. Ma non solo il nome del premier appare sui circa 4mila documenti, c’è Prodi, Napolitano La Russa Fini Frattini, D’Alema Ciampi Veltroni e Bossi. E ci sono anche tutti gli accordi presi con la politica estera, (Afghanistan, Libia, Iran) soprattutto la Russia. Logicamente tutti i punti di riferimento del nostro premier, sono negativi.

Nonostante queste rivelazioni gli americani dichiarano che la loro amicizia è confermata con l’Italia.
Anche se nel 2009 l’ambasciatore Ronald Spogli scrive al segretario di Stato americano Hillary Clinton che il modo usato da Berlusconi per conquistare vantaggi elettorali sui suoi avversari politici, deriva dal fatto che faccia frequente uso delle istituzioni politiche, danneggiando e creando una reputazione non positiva dell’Italia in Europa.
Il diplomatico afferma anche che il leader si propone come un gran mediatore delle crisi mondiali, un ruolo abbastanza significante in una vita politica, che però nessuno gli ha mai conferito. E ancora, che nonostante le critiche, l’Italia è un paese da tenere in gran considerazione per gli importanti dividendi strategici.
Perciò la diplomazia USA è preoccupata per l’amicizia che lega Berlusconi a Putin, anche perché a loro giudizio pare che l’Italia favorisca continuamente la Russia sul fronte dell’energia. Infatti nel 2010 Hillary Clinton chiede di indagare ai suoi diplomatici sui possibili investimenti personali che possano influenzare la politica energetica dei due paesi, e di svelare anche i rapporti dell’amministratore delegato dell’Eni Scaroni con i manager e specialmente il ministro degli esteri Frattini. Una vera bomba ad orologeria, il caso strano è che tutto questo esce in un momento in cui il premier sta cercando di non affondare e continuare a governare.

Detto ciò, noi cittadini che facciamo? stiamo a guardare?
le regole della democrazia inducono ad affrontare i problemi sociali, fare profonde analisi, diffidare di chi grida più forte e di chi usa la forza per interessi personali.
Difendere la cultura della democrazia è non accettare censure, defenestrazioni e usi impropri del potere economico politico e istituzionale.

OkNotizie

martedì 31 agosto 2010

Gheddafi in cifre

Gheddafi, l'Italia, e gli affari in cifre.


La presenza di Gheddafi in Italia significa accordi per commesse in Libia, soldi per grandi gruppi che dovranno fare i lavori, il tutto previsto dal trattato di amicizia e cooperazione tra Italia e Libia del 2008. Anche allora, in agosto, vi fu una visita del dittatore libico che scardinò i protocolli e fece indignare il presidente Fini.
L’Italia, deve pagare gli errori del passato e risarcire l’ex colonia, la Libia ma, buona parte dei 5 miliardi di dollari pattuiti per chiudere col passato fascista deve essere investita nella costruzione dell’autostrada costiera libica “Rass Ajdir Imsaad” lunga 1,700 km con due corsie più una d’emergenza nei due sensi di marcia.
Secondo le notizie diffuse in questi giorni, al ministero dei trasporti italiani sono pervenute venti richieste di altrettante imprese, tutte italiane. A comunicarne notizia è il ministro Altero Matteoli.
La Astaldi è la capogruppo della cordata Bonatti, Ghella, Grandi Lavori, Toto. Mentre la Impregilo partecipa come capofila di un consorzio.
L’avvio delle procedure per le aggiudicazioni è previsto per la fine di ottobre ma forse, Gheddafi potrebbe fare qualche sorpresa e annunciare i nomi dei vincitori in questi giorni.
Va ricordato che i progetti infrastrutturali devono essere concordate fra le parti con un limite di spesa annua non oltre i 250 milioni di dollari per vent’anni.
Anche l’Eni fa buoni affari con la Libia in base ad un accordo firmato nel 2007 con la principale compagnia petrolifera libica, la National Oil Corporation fino al 2042. Attualmente estrae 800mila barili di petrolio nell’ex colonia italiana.
Ma anche la Libia è presente in Unicredit da 13 anni, da quando è entrata in Capitalia. Il legame con l’istituto di Piazza Cordusio in Milano si starebbe rinforzando grazie ad un incremento del 15% dell’azionariato libico che ha visto il fondo sovrano governativo della Libyan Investiment Authority salire dal 2 al 7,05% in Unicredit.
Nel campo delle infrastrutture per le telecomunicazioni, la Sirti ha commesse per impiantare settemila km di fibra ottica, appalto da 68milioni di euro. E la Prysmian, gruppo Pirelli, ha un contratto di 35 milioni di euro con la Libya General Post and Telecommunication Company. E per i trasporti aerei, la Augusta Westland, gruppo Finmeccanica, fornisce elicotteri e istruttori per insegnare a guidarli.
Dulcis in fundo, il gruppo Co.Ge.L è coinvolto nel progetto di un museo da costruire a Tripoli dedicato a Gheddafi. Affare sospeso perché il gruppo è in liquidazione.

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