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lunedì 10 agosto 2009

oppenheim tra i resti archeologici di scolacium








Tutte le opportunità sono da sfruttare, specie se consentono il recupero e la conservazione dei beni archeologici. Anche la commistione tra contemporaneo e antico può essere un ottimo mix e volano divulgativo di luoghi, a condizione che, la parte debole dell'anello culturale, vale a dire reperti recuperati, portati alla luce da mani sapienti, e quelli da recuperare vengano preservati e tutelati in ogni loro aspetto.

Le opere dell'artista statunitense Dennis Oppenheim, sparse nel Parco Archeologico di Scolacium a Roccelletta di Borgia, dovrebbero essere utili allo scopo; attrarre pubblico, fare discutere e divulgare.

Oggi, 10 agosto 2009, munito di macchina fotografica, dopo una lunga attesa causata dall'intasamento della ss 106, finalmente m'inoltro nell'area archeologica.
I resti rossicci della basilica medioevale di S. Maria della Roccella proiettano la mastodontica ombra sull'ingresso. La strada lastricata in pietra funge da percorso e guida i pochissimi visitatori (ne ho incontrato 6) tra gli ulivi, gli scavi e le installazioni di Oppenheim. A destra del percorso, tra gli ulivi, spuntano ipotetiche strutture plastiche che, proprio per le caratteristiche insite dei materiali, mettono in gioco tutto: ambiente, reperti, storia, opere. Sembra il paese dei balocchi: coni stradali giganteschi arredati con finestre; alberi di metallo, che se fruttassero avrebbero già a disposizione i contenitori di plastica per r/accogliere i frutti; capanne trasparenti, corone di re regine e cappelli da giullare; mappamondi, sfere; enormi maschere trasformate in barche a vela e angeli frantumati, decapitati, tarpati, appesi agli ulivi come ad indicarne la caduta e la sporcizia terrena...
Sì! Dennis gioca! Gioca con i materiali, li decontestualizza; conferisce nuove valenze ai prodotti dell'uomo, alla storia.
Unica nota critica: l'installazione dei lavori all'interno del foro e del teatro romano.
A mio avviso, per sottolineare le strutture archeologiche sarebbe bastato posizionare i lavori di Oppenheim lungo il loro perimetro. Ma questa considerazione è marginale considerando che gli anni precedenti alcune opere erano interrate o munite di basamenti in cemento e posti sui resti archeologici. Ma forse sbaglio, visto che il tutto avviene col benestare della soprintendenza archeologica della calabria ed il ministero per i beni e le attività culturali.

sabato 25 aprile 2009

nei luoghi dell'anima: quattro passi in Calabria

Nei luoghi dell’anima
aore12


©mario iannino

Centodieci chilometri orari; và bene così! Il viaggio è lungo, meglio non forzare il motore. Dice tra sé Vittorio. Oltretutto, deve prestare attenzione al carico. Un carico estremamente delicato, costato anni di travagliato e intenso lavoro. Un lavoro fuori dal normale, esigente, che implica dedizione e onestà intellettuale, doti poco conosciute nella sfera del generico impegno per cui è sbagliato definirlo “lavoro”. Diciamo piuttosto che è un’attività che non lascia alternative anche perché non sei tu a condurla è lei che ti possiede. E Vittorio lo sa bene. A dire il vero, lui, avrebbe fatto a meno d’intraprendere l’ennesimo infruttuoso viaggio, suo malgrado sta lì, a contare le buche e le deviazioni della Salerno Reggio Calabria. Ma, il più è fatto. Ormai è questione di poco. Sta per arrivare alla meta.
“Sì pronto…no sono ancora in viaggio…sì, va bene, ti richiamo appena arrivo”. Pensare che all’inizio non sopportava il telefonino ed ora… “Sì…pronto chi parla? No ha sbagliato …Ah, è lei sì sono in viaggio. Tra qualche ora dovrei essere a Roma. Non si preoccupi a presto”. Click
“Se non mi avesse assillato con le sue telefonate avrei già chiuso da un pezzo con le fiere! Comunque questa è l’ultima!, l’ultimo canto! Poi tumulerò definitivamente teorie e illusioni! Ecco ci sono quasi... Finalmente! Adesso affrontiamo la bolgia del raccordo anulare…i divieti d’accesso, gl’immancabili lavori in corso; il traffico di via Nazionale, Piazza Venezia… Dovrei esserci: eccolo là! Sì è lui”.
“Maestro! Venga da questa parte, venga. Giri a sinistra, oltre il cancello c’è l’entrata secondaria.”
“Grazie! (l’inizio sembra buono! Almeno non sto col patema d’animo dell’intralcio al traffico…)”
“Si accosti ancora un po’…così! A posto! Ben arrivato! Ha incontrato difficoltà nel viaggio?” “No! Grazie. Tutto bene! Comodo questo cortile…anche l’ambiente interno è ben strutturato.” “Sì è una gran comodità! -Incalza il gallerista- Vedrà, qui è diverso. Abbiamo dei clienti esigenti, come le dicevo al telefono; non per invogliarla a venire, d'altronde, stasera se ne renderà conto: i nostri collezionisti hanno il palato fine.” “Non lo metto in dubbio, ma ora posizioniamo i lavori.” “Non si preoccupi Maestro, tra poco arriverà il nostro critico insieme a due operai, sarà lui a curare il montaggio della mostra! Venga, andiamo a mangiare un boccone, ha bisogno di ritemprarsi non vorrà crollare durante l’inaugurazione, spero. Venga! Proprio qua dietro c’è una trattoria niente male, noi ci andiamo spesso…”.

Il rituale si ripete: dopo il lavoro manuale per concretare attraverso il mestiere i suggerimenti dell’anima, Vittorio, si ritrova all’ennesimo appuntamento espositivo non più con l’entusiasmo giovanile ma con l’amara esperienza di chi ha cozzato più volte contro il muro delle lobby pilotate e l’indifferenza della collettività massificata. La realtà quotidiana, quella che fa i conti in tasca, ha avuto il sopravvento, ha sussurrato, urlato, imposto la sua logica, e vittoriosa ha asservito le intelligenze alla cruda indolenza dell’evoluzione tecnologica e mercantile: nel sibilo ringhioso degli affari non c’è spazio per la crescita poetica: è il denaro che conta che rende forti e potenti che muove le platee mondiali e apre a crociate mistificatrici . È ancora presto per la città del sole; è pura utopia caro Fra’ Tommaso! Chissà se mai si avvererà il tuo sogno.

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