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mercoledì 14 giugno 2017

Calabria, Arte e politica del territorio

Tra manufatti archeologici e contemporanei a ben guardare, la Bellezza della Catanzaro colta e propositiva è in pericolo!

Mi spiego meglio.

Il parco della biodiversità prende il posto della selva che una volta era spazio didattico per gli studenti della scuola agraria catanzarese. Fino a quando, Michele Traversa, presidente della provincia di Catanzaro, non attuò un progetto studiato da un gruppo di giovani architetti catanzaresi, così ricordano alcuni.

Adesso è un giardino botanico, grazie a lui! Con ampi spazi curati in cui vi sono giochi per bambini e opere d'arte di noti artisti contemporanei.
E fin qui niente di cattivo, anzi.
Gli spazi si prestano ad accogliere prodotti dell'intelletto e altro.

Possiamo addivenire, in sintesi, che il luogo, data l'affluenza variegata dei visitatori, è un'ottima vetrina.
Chi fa jogging o passeggia coi bambini, il cane, oppure è lì da turista apprezza il paesaggio e l'arredo. L'affluenza giornaliera è considerevole!
Quindi, quale vetrina migliore per veicolare Bellezza e pensieri positivi?

Recentemente una barriera s'impone lungo il percorso. È un muro di sacchi che ospita “il giardino delle muse silenti”. Secondo le intenzioni degli organizzatori questa trincea dovrebbe indurre i visitatori a recarsi nelle altre aree interessate dall'evento artistico: marca, musmi e scolacium il parco archeologico di Roccelletta di Borgia, nei pressi di Catanzaro lido.



Non me ne vogliano gli organizzatori dell'evento.
Il suggerimento può andare bene per il musmi che si trova nella medesima area all'interno del parco cittadino, e forse anche per il marca situato giù all'imbocco del ponte Morandi, ma risulta improbabile, data la distanza e la poca entusiastica voglia di esplorare i resti della magna graecia degli abituali avventori, di una discesa scientificamente mirata a Scolacium.

Scolacium è un'area mitologica in antitesi con i modernismi forzati e fuorvianti d'improbabili installazioni pilotate e anche con le passeggiate di mamme e nonni con prole o cani al seguito.

Il parco della Roccelletta dovrebbe vivere di luce propria come accade per Pompei o Roma, con il turismo culturale che prende d'assalto i Fori Imperiali, e il Colosseo.

In Calabria c'è la stessa atmosfera che si vive nella Valle dei Templi ad Agrigento.
Nel parco archeologico la matrice è analoga; ci sono tracce della storia greca, bizantina e romana, tutte civiltà che invasero e imposero nuove conoscenze e stili di vita! C'è Pathos. C'è mitologia.

Antico e moderno sono mondi differenti che possono interagire culturalmente, e che, con le dovute cautele citazionistiche, simili a due rette parallele, potenziali binari della macchina definita 'accoglienza culturale' di un territorio storicamente ricco di mitologica bellezza, tempi storici che possono fare la differenza e creare anche quel benessere agognato e sbandierato dalla politica.
Progetti che non si possono improvvisare e nemmeno programmare a spizzichi e bottoni secondo personalissime convinzioni.

Detto ciò, si apprezza il tentativo e il coinvolgimento di quanti hanno preso parte alla realizzazione dell'attuale progetto.

mercoledì 25 luglio 2012

Calabria, Roccelletta, dopo Staccioli, Buren

Roccelletta di Borgia: l'imene di Buren sull'ovale della basilica
L'imene dada color sanguigna di Daniel Buren più che rimarginare antiche e recenti ferite subite dalle rovine situate nel parco archeologico della Roccelleta inquieta!
Simile al rito tribale dell'infibulazione, il rossastro imene di plexiglas ingabbiato col ferro; posto lì, sull'ovale della basilica, al posto della spavalda meridiana in ferro che nella edizione dello scorso anno penetrava lo spazio, è uno sberleffo. Un insulto! Non un'azione dada, visto il prezzo.

E se, per alcuni, entrambe le azioni sono attuate per “conservare” una illegittima e infondata autorità sui tempi sacri degli amori terreni, (pare che il rifacimento chirurgico di un imene costi attorno ai 4.000 euro) per le donne di una certa cultura è, ancora adesso, logico sottomettersi al rito della “conservazione intima” tant'è che sono le donne anziane della stessa famiglia a praticare il raschiamento delle labbra vaginali delle fanciulle così da tutelarne l'illibatezza fino al matrimonio.
Usanze barbare! Grideremmo noi occidentali. Pronti a scendere in piazza, gridare, scrivere parole di fuoco contro l'inciviltà a favore della tutela del tempio sacro come facevano un tempo le femministe che gridavano nelle piazze: la f... è mia e la gestisco da me!

E la terra? La storia? La Calabria, perchè non le sentiamo nostre?
Perchè lasciamo ancora che le cose accadano nel silenzio? Per paura o speranza? Paura di chi detiene il potere nella speranza che qualcuno si ricordi di noi indigeni. Noi calabresi testoni! Noi caproni che non capiamo niente. Noi che non sappiamo disinnescare i saperi confezionati da una miriade di falsi artisti poeti eroi. Noi, siamo, all'occorrenza, fiancheggiatori e fiancheggiati.
Ma c'è anche chi non ci sta! Non ci sta per amore verso una terra che non merita dirigenti simili.
Queste semplici motivazioni spingono a scrivere caparbiamente quanto osservo.
E con caparbietà continuo a scrivere contro le azioni incomprensibili di una classe dirigente attenta solo alle clientele, agli amici, ai pacchetti preconfezionati dalle lobby che governano il mercato dell'arte.

Niente di personale contro Daniel Buren che, dopo aver contestato il mercato, si è lasciato fagocitare dal sistema.

martedì 24 luglio 2012

Buren e il paraculT nell'Area Magno Greca di Borgia

PARCO ARCHEOLOGICO ROCCELLETTA DI BORGIA.

                                  Intersezioni 7. Che il Re sia nudo?






Daniel Buren, il francese che non disdegna le scenografie a strisce bianche e verdi è seduto ad una delle panchine del Parco Archeologico di Roccelletta di Borgia.
S'intuisce che è lui perché parla al telefono in francese mentre gli operai imbragati sui muri della basilica di origini bizantine dedicata a Santa Maria installano le finestre da lui ideate. Lo scintillio che produce l'elettrodo della saldatrice a contatto col ferro è quasi impercettibile nell'assolata giornata calabrese. Difficile stare con la testa all'insù e tentare di seguire i lavori quando il sole ferisce gli occhi.


Oltre la basilica, nell'anfiteatro, un muro di legno puntellato con travi e tenuto in equilibrio da una quantità enorme di sacchi pieni di sabbia (?) divide in due l'area dell'anfiteatro, pronto a contenere le superfici specchianti.

Alle mie spalle, nella spianata del foro romano, monconi cilindrici coperti con del cellofan scuro fanno pendant coi resti delle colonne magno-greche, testimoni, queste sì, della storia dei popoli che hanno contaminato il suolo calabrese.

Daniel Buren. Con le sue installazioni in legno a strisce o specchianti è approdato anche in Calabria!
Alcune risultano funzionali, specie per chi è stanco ed ha la necessità di ritemprarsi all'ombra dei secolari ulivi.

Altre installazioni necessitano di citazioni e assiomi dotte, quelle che gli “storici dell'arte” adoperano per conferire spessore alla loro alte disquisizioni, considerando che, difronte alle vetrate della Basilica, un bimbo pone interrogativi legittimi ai genitori in visita e non smette di chiedere “perché”: “perché mettono le finestre? A che servono? Sembra di essere tra le rovine a L'Aquila … la chiesa è senza tetto e con i muri rotti e ci mettono le finestre?”
Per illuminarli! Rispondono i genitori. Per dargli un'atmosfera colorata e riportarli ai fasti di un tempo... Papà ma qui è tutto un macello! Esclama il bambino per tutta risposta.

...Il Re è nudo! Lo dicono gli occhi dell'innocenza. Gli stessi che sanno emozionarsi, entusiasmarsi davanti ai giochi ingenui che sfociano nei mondi fantastici della creatività.

mercoledì 18 luglio 2012

Calabria e Sicilia, stesso destino?

Tra i temi caldi del Paese non può esserci attenzione verso una corretta collocazione di assemblaggi e installazioni coreografici anche se le operazioni in questione interessano un terreno definito “archeologico” perché esistono leggi precise a tutela dei reperti storici e archeologici nazionali che i dirigenti politici e i tecnici preposti al mantenimento e alla conservazione del vasto campo della “cultura tramandata” dovrebbero conoscere e attuare.

Purtroppo, in Calabria, per alcuni, la parola cultura è un fonema astratto da riempire, contaminare e surrogare linguisticamente con citazioni trofei e medaglie naif.

Le contaminazioni pacchiane, “caldamente appoggiate da qualcuno”, stando a quanto divulgato dai media, anche quest'anno andranno ad invadere l'area del Parco Archeologico di Roccelletta di Borgia, col benestare della compiaciuta Wanda Ferro, presidente della provincia di Catanzaro e dei tecnici che gestiscono il MARCA.

E poiché il Bel Paese è un luogo di amici, (cosa che Vittorio Sgarbi ha capito benissimo tant'è che la sua biennale veneziana del 2011, dal titolo chiarificatore “l'arte non è cosa nostra”, che sommava alla artigianalità più o meno eccelsa e qualche sprazzo di creatività alla vanagloria dei raccomandati e dei loro padrini, è stata una mossa da ascrivere ad un grande artista DADA).

La raccomandazione in Italia è come l'ossigeno, chi non ce l'ha se la cerca! E non fa niente se ad emergere è una rapa, tanto meglio, si presterà senza remore a operazioni rampanti! Purché ci siano fama e denari!

Venghino siori e siore venghino:

“Dopo il successo ottenuto al Grand Palais di Parigi in occasione di Monumenta 2012 (oltre 300 mila spettatori), Daniel Buren approda al Parco Archeologico di Scolacium come protagonista di Intersezioni 2012. L'attesa rassegna, giunta alla settima edizione, tra gli appuntamenti culturali più importanti della stagione estiva, si caratterizza quest'anno per l'inedito progetto del maestro francese che ha voluto intervenire all'interno del Parco di Scolacium con cinque grandiose installazioni concepite specificatamente per il luogo consentendone una rinnovata lettura.”
E non finisce qui!
“Come nelle precedenti edizioni, il progetto continua al museo MARCA di Catanzaro sotto la cura di Alberto Fiz, Direttore Artistico del MARCA.”

sabato 14 gennaio 2012

Calabria, dove tutto è cultura


©by mario iannino


Pochi fotogrammi per significare le bellezze naturalistiche della Calabria ed evidenziare alcuni aspetti salienti delle sue origini storiche. Il resto è da vedere in prima persona. Ovviamente le proverbiali peculiarità calabresi, quali l'ospitalità e la cucina tipica mediterranea, tanto per ricordarne qualcuna, non possono essere presenti nel video... sembrerebbe un atto di piaggeria e noi non lo vogliamo! vogliamo essere concreti.

lunedì 24 ottobre 2011

martedì 30 agosto 2011

Archeologia, questo non è un aratro

Oltre lo steccato e le fazioni. 


Suggerimenti gratuiti per migliorare l’esistente.



aore12
QUESTO NON è UN ARATRO!

Qualcosa non ha funzionato nell’evoluzione della specie e la passività con la quale gli eventi sono messi in campo e accettati dalla massa, allorché investe i sensi in sintonia con una prassi ben consolidata, prende allo stomaco oppure suggerisce ipotetiche possibilità per accrescere gli averi personali, dimostra il declino culturale in cui versiamo.

aore12Certo, la politica, poiché espressione alta nella gestione del sociale, ha la sua dose di responsabilità in merito agli ordinamenti divulgati e acquisiti dalle giovani generazioni. In effetti, sembra che il sociale si divida in campi netti; società, rapporti interpersonali, filosofie di vita sono vissuti in funzione di progetti che ne identificano l’appartenenza: da una parte i guelfi e dall’altra i ghibellini.

Non sono ammesse varianti!, chi canta fuori dal coro è ritenuto nemico della fazione, anche se la sua voce critica suggerisce possibili scenari innovativi e magari vantaggiosi per entrambe le parti. Ciò dipende dal fatto che spesso ci s’innamora delle proprie idee ma anche perché, accettare pensieri altrui, significa per alcuni soccombere, non avere peso specifico in quel determinato campo, insomma, perdere credito e di conseguenza potere e denaro nel caso si tratti di gestione economica di eventi culturali o folkloristici.

È anche vero che la grande industria del business, le multinazionali, le banche hanno indotto i popoli ad economia avanzata a consumare sempre di più inventando nuovi prodotti e nuove forme di crediti personalizzati per acquisirli. Anche l’oggetto artistico entra nel mercato economico e si trasforma in bene rifugio al pari dei gioielli o dell’oro prescindendo dal suo reale valore poetico e intellettuale.

Oggi chiunque può essere innalzato a grande artista da qualche potente lobby che vuole speculare sulle debolezze umane.

E' sufficiente un poco di maestria e un pizzico di talento guidate da un suggeritore attento agli umori contemporanei e alle propensioni di chi governa i territori.
Un signore con staff a seguito che prepara pacchetti e li propina in tutte le salse, sicuro di non essere contestato o incoraggiato a fare meglio perché l’ignoranza impera ovunque. La superficialità con la quale sono sviluppati e paracadutati determinati eventi danneggia l’evoluzione culturale delle generazioni non avvezze alla riflessione perché figli del tempo veloce e del fast food.

aore12A tal proposito, già ci siamo espressi ma poiché le risposte sono state evasive e a volte impertinenti, repetita iuvant, chiediamo a chi gestisce gli eventi culturali denominati “intersezioni” nel parco archeologico di Scolacium e il “marca”, sovrintendenza ai beni culturali e archeologici della Calabria, teorici dell’arte, amministratori locali, fondazioni che sponsorizzano le contaminazioni del sito archeologico di Roccelletta di Borgia durante le vacanze estive con opere prevaricanti per la cui stabilità si deve necessariamente intervenire sull’esistente,

perché installare le pur pregevoli monumentali concretizzazioni contemporanee sui resti inibiti per antonomasia al leggero calpestìo dei visitatori e non porli, invece di fianco alla storia così da sviluppare un percorso che interagisce ma non compromette il foro romano, l’anfiteatro, il teatro e la basilica di santa Maria della Roccella?

domenica 7 agosto 2011

Santa Maria della Roccella, fonti storiche


In merito alle tante dissertazioni sui resti di Santa Maria della Roccella, le tesi, per assumere credibilità devono essere suffragate da notizie certe.

Sulla base dei pochi documenti rintracciati, è comunque possibile sviluppare una ricostruzione esplicativa.

Il più antico documento che menziona l’impianto sacro risale al 1094; si tratta di un privilegio del 22 giugno col quale il conte Ruggero concede alcuni beni fondiari all'abate del monastero Hieronimo “Beatae Mariae de Rokella apud Palaepolim”.  E, l’esistenza di resti archeologici nelle vicinanze del tempio rendono verosimili i luoghi citati con l’area romana di Scolacium.
©archivio M.Iannino
In un documento successivo, datato 1096, Ruggero nomina vescovo Giovanni di Niceforo, che cita tra i beni destinati alla diocesi una “abatia Sanctae Mariae de Roccella" e avvalora quello precedente.
Solo nell’atto notarile del 17 febbraio 1469 si apprende che l’edificio è privo di copertura.
Precedentemente, la copertura dell’edificio, in riferimento a quelle costantinopolitane del X secolo, era costituita sui cori da volte a botte terminanti nei semicatini absidali; da volte a crociera senza nervature sul presbitero e sul transetto, mentre sulla navata, un tetto ligneo a vista.

In un’incisione di Chatelet che correda il Voyage pittoresque di Saint-Non vi è la testimonianza visiva dell’insieme della chiesa prima del crollo a seguito del terremoto del 1783.
Nel 1867 l’edificio passa allo Stato; nel 1869 ai privati e oggi è dichiarato monumento storico nel Parco Nazionale Archeologico dello Stato.

Un restauro brutale, a cura di Abatino e Galli, consolidò con muratura gli incassi angolari dei piloni inglobando le colonne marmoree, in corrispondenza dell’arco di accesso all'ultima campata del coro, visibili in una fotografia pubblicata da Bottari. Inoltre, sempre gli architetti in questione crearono in facciata un’apertura ellittica che non esisteva prima del restauro; i tecnici intervennero anche sul basamento absidale, il portale settentrionale e ripresero in più punti la muratura delle cortine.



Parco archeologico Scolacium, sulle orme dei padri

visione divulgazione e analisi dei saperi

La basilica bizantina dedicata a Santa Maria della Roccella ha mai avuto un tetto?
Considerando la natura architettonica dell’impianto monumentale della basilica di Santa Maria della Roccella edificata presumibilmente nel X, XI secolo nell’area del parco archeologico di Roccelletta di Borgia, il devastante terremoto del 1783, le ruberie e i prelievi operati nel tempo per realizzare nuove costruzioni dagli abitanti locali, con molte probabilità, contrariamente a quanto scritto in alcune guide turistiche o detto da eminenti professori e tra questi Prosperetti che ha sollevato dei dubbi in seno alla presentazione di "intersezioni 6" che quest'anno ospita Mauro Staccioli, a mio modesto parere, la basilica è stata teatro e luogo di culto prima del disfacimento.
L’abside da sola è la risultante di una tecnica costruttiva evoluta che assomma all’architettura bizantina lo studio della propagazione dei suoni. Infatti, l’acustica della basilica è eccezionale grazie alla struttura in mattoni rossi che, chiudendo a cupola, trasforma l’abside in una gigantesca e sofisticata cassa armonica.
aore12blogAltro elemento da contestualizzare nel tentativo di una pur minima analisi in virtù dell’esistente riguarda il tetto della basilica, che secondo alcuni pare non sia mai stato completato a dispetto di quanto si evidenzia dalla lettura delle particolari attenzioni usate nelle rifiniture dei cornicioni, delle pareti e dei resti a testimonianza di una manifattura povera ma ingegnosa.
Il tetto, seguendo la morfologia strutturale potrebbe essere stato costruito con capriate di legno e coperto con tegole di terracotta reperibili in loco, piuttosto che con cupolette simili a quelle della Cattolica di Stilo, edificata anch’essa nello stesso periodo storico ma con misure modestissime rispetto alla basilica di Roccelletta di Borgia.

mercoledì 20 luglio 2011

incontri estivi tra Catanzaro e Soverato

Appuntamenti estivi tra Catanzaro e Soverato

aore12È trascorso un anno e la storia si ripete: sotto gli occhi dei pochissimi visitatori attenti perché appassionati di storia antica una regia composta da dotti studiosi ha posto una serie di “colti ostacoli” lungo il percorso della storia riportata alla luce e disseminata tra i ciottoli del parco archeologico Scolacium con l'intenzione di sottolinearne la creatività dei gesti attraverso la commistione dei saperi e far convivere l'esistenza dell'uomo sviluppatasi nel corso dei secoli.

Sempre gli studiosi e in special modo gli archeologi hanno fatto proseliti e imbastito convegni per dimostrare al mondo intero l'importanza dei ritrovamenti avvenuti nell'ex tenuta Mazza situata in località Roccelletta di Borgia. 
Tant'è che la sovrintendenza per tutelarne la sacralità ha preso possesso del sito nella sua interezza e adibito l'antico caseggiato baronale con annessi corte pertinenze frantoio e cantine in spazi museali e uffici pubblici.

Dall'entrata in vigore della normativa che eleva l'agro in territorio protetto dall'istituzione sono trascorsi circa 40 anni ed a parte queste ultime “innovazioni” denominate “intersezioni” dallo staff tecnico composto da illustri critici e politici niente è stato fatto per rinvenire ulteriori testimonianze storiche.

Intanto a ridosso delle mura della Basilica bizantina di Santa Maria della Roccella, sempre nell'area del parco Scolacium, si perpetua nel periodo estivo con cadenza annuale una sorta di teatro di nicchia e musica colte.

Queste le attrazioni culturali più importanti nella provincia di Catanzaro.
Una pagina a parte riempie l'appuntamento estivo del premio Film festival di Soverato che mediante il prodotto cinematografico e quanto ruota attorno ad esso valorizza la città jonica calabrese lontano dalle azioni inquinanti di cui è pieno il baraccone che tutti gli anni approda sulle antiche terre cantate da Omero e accolsero Ulisse e i suoi compagni naufraghi.

domenica 17 luglio 2011

intersezioni 6 e le dissacrazioni della memoria

Parco Scolacium, effimere contaminazioni postmoderne dissacrano i luoghi della memoria.

L'interesse privato opprime e annulla quello pubblico. Lo si evince dalla vita vissuta nella quotidianità; dalle scelte operate per la comunità ma che di fatto mettono in primo piano interessi di quartiere e personali.

Le organizzazioni no profit, culturali, sociali, politiche, fioriscono di giorno in giorno.
Ognuna lotta per tutelare il consumatore finale, i soggetti svantaggiati, i luoghi della memoria, quindi, la storia e le origini del fare creativo. Una vera guerra! Che vede coinvolti cittadini più o meno coscienti, fiduciosi, comunque, in ciò che dicono i leader dei movimenti d'appartenenza più qualificati e presenti nei mass media. Inutile ricordare l'effetto convincente che ha il buon oratore sulle masse; corre l'obbligo, però, rammentare il peccato d'omissione perpetrato dai colti oratori specie nei campi dei linguaggi ostici ai più prima di accennare brevemente a quello che sembra essere un evento indolore:

Nel parco archeologico della Roccelletta di Borgia, a due passi da Catanzaro, da anni si susseguono operazioni che lasciano non poche perplessità.

Sconcerti e dubbi che nascono dalla considerazione spontanea dei visitatori allorché si trovano dinnanzi a una commistione storicamente rabberciata tra il sacro e il profano, tra il manufatto antico, classico e contemporaneo, ma forse è meglio dire tra due differenti sacralità che hanno tempi e concezioni intellettuali differenti.

La sacralità del luogo storico non ancora portato alla luce del tutto è contagiata, anzi oppressa dalla conflittualità linguistica contemporanea di valenti artisti che non propongono ma impongono, pilotati dai curatori, i rispettivi giganteschi giochi creativi.

Le ciclopiche misure annichiliscono le anime pulsanti dei siti archeologici e sembrano volere sottomettere quella che fu l'origine della cultura e le conseguenziali fasi della crescita sociale che pone le origini nella civiltà bretta, greca, romanica, bizantina.

In simili circostanze, deturpamento a parte, non c'è confronto dialettico, c'è solo indignazione per la profanazione.
Per intenderci: proviamo a pensare la stessa operazione in luoghi come il Colosseo, gli scavi di Pompei o tra i templi di Agrigento dove ogni pietra narra una storia interrotta materialmente dalle intromissioni barbariche caricate d'inutili quanto dannosi concettualismi elaborati ad hoc.  

martedì 12 luglio 2011

dolorose penetrazioni nel parco archeologico

Mauro Staccioli ha un curriculum di tutto rispetto. Basta navigare e aprire il suo sito per avere contezza della sua attività. Nasce nel 1937 a Volterra e si diploma all’Istituto d’Arte nel 1954. Nel 1960 si trasferisce in Sardegna e insegna nella provincia di Cagliari; qui fonda, insieme a giovani artisti e intellettuali sardi, il Gruppo di Iniziativa. Tre anni dopo si trasferisce prima a Lodi e successivamente a Milano dove assumerà l’incarico di direttore del Liceo Artistico di Brera nel 1974/75 e 1978/79 e successivamente del Liceo Artistico Statale di Lovere (BG). Gli inizi della sua attività artistica sono saldamente intrecciati all’esperienza didattica e a quella di intellettuale e politico militante.
Nel 1972 matura l’idea di organizzare una serie di “sculture-intervento” nella sua città natale, Volterra. Sempre dal suo sito apprendiamo che: Staccioli ricerca e genera una “scultura-segno” che nasce dall’attenta osservazione di uno spazio  fisico specifico. L'osservatore si pone davanti ai luoghi come il neofita che intende scoprire nuove frontiere sacrali. Osserva in religioso silenzio sottolineandone le caratteristiche alterandone la consueta percezione così da suscitare domande e  invogliare se stesso e gli altri a trovare possibili risposte. 
Dalla mostra del 1972 prende corpo la manifestazione Volterra ’73 curata da Enrico Crispolti e sancisce l’inizio di un nuovo modo di intendere la scultura che trova completa espressione nella mostra Lettura di un ambiente - realizzata a Vigevano nel 1977 - e, nel titolo stesso, ne formula il principio.

Dopo una serie di mostre, organizzate in gallerie e spazi milanesi (Studio Sant’Andrea, Studio Marconi, Galleria Bocchi) arriva l’invito alle Biennali di Venezia del 1976 e del 1978, anno in cui realizza il Muro, una parete di cemento di 8 metri che ostruisce la visuale del viale d’accesso al Padiglione Italia ponendosi quale segno critico e provocatorio. 
L’artista sviluppa un linguaggio immediato, caratterizzato da una geometria essenziale e dall'uso di materiali semplici come il cemento e il ferro.
Non male come percorso artistico sviluppato e collocato in luoghi consoni.

Quello che lascia un po' perplessi è il metodo con il quale sono state fissate le gigantesche
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composizioni in ferro e cemento in un luogo che porta addosso i segni delle intemperie e degli anni. Tanto per capirci: le mura, anzi quel che resta della basilica di Santa Maria, presentano lesioni trasversali importanti; ciononostante un enorme trave triangolare penetra l'ovale della finestra e va a posarsi nel bel mezzo della cattedrale. 
Osceno!, quasi quanto la violenza usata sugli indifesi. Struttura che diventa Fallo profanatore nella sua staticità pavida piuttosto che ago di meridiana posto a misurare il tempo che scorre. 

Ovviamente, la sola colpa dell'artista (se proprio dobbiamo appioppargliene una) consiste nell'avere installato le sue creazioni in siti che necessitano di cure particolari per essere preservate dalle intemperie e dall'incuria dei vandali.

Per il resto invito quanti amano la storia dei popoli e le loro origini di recarsi nel parco archeologico Scolacium, in Roccelletta di Borgia, per avere contezza della valenza artistica di Staccioli e l'insipienza di quanti hanno pensato e organizzato gli eventi etichettati “Intersezioni”.
Questa è la sesta edizione di “Intersezioni”; che tradotta in soldoni significa una fiumara di denaro pubblico erogato per il territorio ma che, purtroppo, vista la scarsa affluenza e l'esiguo giro di soldi per l'economia locale sembra essere stato speso invano. Solitamente, dopo il primo flop, la gente normale tituba un po' prima di fare il secondo, ma qui siamo ormai al numero 6.
A quale numero intersecante dobbiamo arrivare per non vedere oltraggiato fino all'inverosimile un sito archeologico con radici magnogreche, bizantine, romane, che necessita di interventi seri e mirati come scavi e consolidamenti per poter continuare a testimoniare le origini della cultura

lunedì 11 luglio 2011

intersezioni 6: Mauro Staccioli a Borgia

Due grandi ruote snelle inserite tra gli ulivi del parco archeologico della Roccelletta di Borgia dominano maestose i resti dell’antica Skilletion. Più in là, un gigantesco cerchio, un quadrato con i lati curvi e altre costruzioni geometriche arredano l’area del sito. Non posso fermarmi a dare una più attenta occhiata da vicino. Proseguo e un enorme pannello annuncia la sesta esposizione d’arte al parco archeologico: in allestimento, intersezioni 6 nelle opere di Mauro Stacciali.
Ad essere sincero, non conosco Mauro Stacciali però dalle sfuggevoli cose che ho intravisto suppongo sia un artista “concettuale”, perciò ostico alla cultura massificata che predilige il divertimento: la goduria effimera ma concreta dell’attimo fuggente estivo.
Non voglio dilungarmi oltre. Mi riprometto, invece di andare a osservare con calma e la dovuta attenzione le opere. Specialmente le due grandi ruote che riportano alla mente le vecchie macine, ma, anche le altre opere di grandi dimensioni che popolano i resti archeologici dell’antica colonia greca, in parte, ancora interrata.

sabato 24 luglio 2010

l'ellisse di Michelangelo Pistoletto anima Scolacium

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L’ellisse di Michelangelo Pistoletto:

Energie Vitali nella gestualità minimalista di Pistoletto al parco archeologico Scolacium, in Calabria.

L’ellisse è la linea portante del lavoro artistico di Michelangelo Pistoletto. Il gesto sinuoso oltrepassa il dato materico e conduce la mente degli interlocutori in luoghi noti, familiari, popolati da nenie. Filastrocche e ninnananne nostrane spesso dimenticate; sotterrate dal frastuono mediatico della modernità e dai falsi ideali, riaffiorano dal profondo e riconducono gli uomini al gioco creativo: alla procreazione! Ma anche ai nove mesi formativi; alla gestazione, alla vita indotta, dipendente. Dove vivere aore12o morire sono variabili indipendenti dalla volontà del nascituro.

Gli attori del mondo, davanti al movimento ondulatorio ancestrale dei corpi plastici, plasmati dal fare propositivo dell’artista, proseguono idealmente le linee e i movimenti che Pistoletto ha imposto alla materia e s’immedesimano nell’avvitamento catartico, penetrano la materia consunta dal tempo e rinascono, questa la speranza, a nuova vita. Benché tronche, le sculture installate nell’anfiteatro, irradiano forza. La spirale dinamica sprigiona energie vitali. Energie permeanti che attraversano i corpi li unificano e indicano la via per il terzo paradiso: il gioco della procreazione, la catarsi, il pensiero propositivo: l’arte!aore12
Il gioco creativo è di per sé catarsi; stato mentale superiore.

L’azione catartica dell’artista feconda menti e materia, invoglia all’osservazione riflessiva. Invita all’accoglienza, all’apertura mentale. A farsi opera degna di tale concetto a trasformarsi; a trasformare gli eventi, i cattivi maestri e i loro falsi, velenosi concetti ideologici che, digeriti e fatti propri dalle masse, avvelenano i rapporti interpersonali, generano odio, morte e distruzione.

Insomma, in sintonia con quanto suggerito dai Maestri di Vita, l’invito dell’artista consiste nel modificare il proprio dna e quello sociale, estirpare gli “ismi”, isolarsi dal frastuono del mondo, concentrarsi sul terzo occhio e camminare lungo la via maestra che conduce all’introspezione e, chissà, forse al terzo paradiso!

(mario iannino)

venerdì 23 luglio 2010

Incontro

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Michelangelo Pistoletto nell'area archeologica scolacium in Calabria




“siamo tutti locali”

Michelangelo Pistoletto è in Calabria. Cura gli ultimi particolari delle sue installazioni nel parco archeologico Scolacium, alle porte di Catanzaro lido, lungo la ss 106 per l’inaugurazione del 25 luglio 2010.

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mario iannino e michelangelo pistoletto
L’area archeologica che ospita le opere minimaliste del maestro è situata nel territorio di Roccelletta di Borgia, un antico borgo baronale coltivato a uliveti e nei caseggiati, ex sedi abitative e di antichi mestieri, sono ubicati uffici pubblici e spazi espositivi.
Ma, gli allestimenti importanti sono disseminati tra le rovine storiche; tra gli ulivi i reperti archeologici e le mura della cattedrale normanna dedicata a Santa Maria.

aore12Le opere, collocate sui resti di antichità greco normanne romane che stanno rivedendo la luce lentamente grazie anche al connubio tra arte contemporanea e manufatti antichi, e gli artisti contemporanei animano i luoghi, annullano le distanze epocali grazie, appunto, ai linguaggi dell’arte che rende attuali e contestualizza i percorsi storici di antichissime civiltà. Ed è qui, tra gli ulivi, all’ombra del pensiero magno greco, che ho incontrato il maestro Michelangelo Pistoletto, artista attento, sensibile e propositivo. Attento alle problematiche contemporanee, alle esigenze culturali dei popoli e al continuum ideale tra “vecchio e nuovo pensiero” traslato egregiamente nelle sue opere.

Le installazioni di Pistoletto s’inseriscono bene, non sono invasive: dialogano col territorio, con la gente! Propongono percorsi linguistici più che strutturali. Invitano al dialogo e alla comprensione.
aore12
Siamo tutti locali… mi dice il maestro Michelangelo. I luoghi non hanno padroni, aggiungo io, sono di chiunque passa e lascia qualcosa di sé. Qualcosa di buono o cattivo, non ha importanza ai fini del “passaggio epocale”. La contaminazione è immediata! Sta ai successori analizzare e trasformare, proporre affinché gli avvenimenti umani non rimangano mera “traccia” folkloristica ma identità culturale, orma primordiale che si fa impronta concreta per un divenire evoluto.

aore12Linfa vitale antica e moderna nello stesso tempo e quest’anno, a proporre il suo pensiero, ospite eccellente, è Michelangelo Pistoletto, artista minimalista contemporaneo, che indica e suggerisce vie alternative al respingimento in chiave artistica, sì, ma possibile! La sua opera disseminata tra gli ulivi, composta da cubi che indicano il mediterraneo, non come forma geografica ma come bacino di popoli che ci vivono. Popoli che dialogano con la natura; che entrano in osmosi. Catene, grovigli giganteschi che riportano alla mente la struttura scientifica delle molecole primordiali: il dna del cosmo!

Pistoletto vuole pacificare uomo e natura e con gli scarti delle macchine domestiche, i cestelli delle lavatrici, costruisce il “tempio” sacrale del contemporaneo e lo “innesta” nel ventre della cattedrale normanna, mentre statue in bronzo di vario colore, che puntualizzano i colori delle razze umane, dialogano con la natura e infine, nell’anfiteatro, imponenti blocchi marmorei, che ricordano la venere coi cassetti di Dalì, compongono i giganti della mitologia e della contemporaneità. Sta a noi saperli assemblare nel modo giusto e consono alla nuova era: al terzo millennio!
aore12
(mario iannino)

mercoledì 18 novembre 2009

arte contemporanea in Calabria, spazio open al parco

©archivio M.Iannino


Tra le opere d’arte disseminate nel parco della biodiversità, dopo “l’uomo che misurava le nuvole” lavoro in bronzo e silicone di Mimmo Paladino, alcuni esemplari dei cento ferrosi dissacratori replicanti nudi di Anthony Gormley che per fargli segnare una fantomatica linea d’orizzonte è stato necessario interrarli in entrambi i luoghi espositivi e nel sito archeologico alcuni pezzi sono stati tumulati fino al collo; le sculture di Cragg, i giochi meccanici di Delvoye, e, le altre opere acquistate che ben s’inseriscono nel parco catanzarese, ora è la volta dei “baci caduti” di Oppenheim: due enormi ampolle composte di tubi fluorescenti che rimandano la mente all’architettura delle cupole arabe. Installazioni da vivere che, munite di varco d’accesso, sembrano invitare gli osservatori a entrare, esplorare dall’interno le gocce di luce e aria, seguirne le sinuose verticali fino all’apice, punto di unione di forze esoteriche catalizzatrici di energie creative.


Decisamente è un bel vedere! Specie di notte.

Comunque, corre l'obbligo ricordare ai dirigenti locali che i progetti denominati “Intersezioni” e allestiti nel parco archeologico di Roccelleta sembra non abbiano contribuito a rilanciare quel turismo culturale pronosticato dai dirigenti politici, ciò dovrebbe far riflettere ed eventualmente escogitare nuove strategie, mirate a far decollare appieno l’area Scolacium di Roccelletta di Borgia alla periferia sud di Catanzaro e la costa jonica compreso l'imminente entroterra presilano che vide i natali di Mattia e Gregorio Preti .

martedì 17 novembre 2009

dal parco archeologico al giardino botanico di Catanzaro



Nel “parco della biodiversità”, giardino botanico calabrese di recente fondazione, Catanzaro, ha istituito una location d’arte visiva aperta a quanti non hanno mai avuto la possibilità di avvicinarsi all'arte e agli artisti noti contemporanei.
©arch.M.Iannino
parco archeologico, installazione Staccioli
l’amministrazione provinciale di

Al variegato mondo che popola i parchi verdi e i relativi giochi è stata data l’opportunità di incontrare, attraverso i lavori artistici inseriti nel parco botanico, gli autori delle installazioni effettuate nel parco archeologico di Roccelletta di Borgia dal 2005 a oggi.

Incuriosirsi ai linguaggi dettati dall’arte contemporanea; documentarsi per comprendere le motivazioni che spingono gli artisti a giocare e proporre il proprio fare; contestualizzare il tutto con la macchina economica che gira attorno agli interessi economici e culturali di critici, galleristi e mercanti.

Considerare pacatamente senza demonizzare niente e nessuno se le operazioni messe in atto dai progettisti culturali siano riuscite nell'intento che si erano prefissati, ovvero, di apportare ricchezza al territorio oppure no!
Chiedersi se è indicato puntare sempre sullo straniero oppure dare opportunità all’indigeno; valorizzare i talenti locali, stimolarli e far sì che la creatività diventi strumento propulsivo dell’economia calabrese.
©arch.M.Iannino

venerdì 11 settembre 2009

dalle opere di Oppenheim al Siddharta di H. Hesse



In Siddharta, Hermann Hesse, racconta la storia di un uomo che cerca. Cerca di vivere interamente la propria vita passando di esperienza in esperienza. Passa dal misticismo alla sensualità; dalla meditazione filosofica alla vita frenetica degli affari senza fermarsi mai presso alcun maestro poiché non considera definitiva nessuna esperienza acquisita. Siddharta vuole comprendere, penetrare il misterioso tutto dai mille volti cangianti; e alla fine lo trova nel sorriso costante e tranquillo di Gotama, il Buddha.
Ma prima di arrivare a tanto, Siddharta gioca tra gli uomini-bambini, diventa ricco col commercio adoperando le stesse furbizie dei mercanti e indossa molteplici maschere che dismette nel momento in cui ritiene di avere concluso l’esperienza. Esplora povertà e ricchezza; mendica cibo ed elargisce ricchezze.
Infine, la ruota ingannevole delle apparenze rifluisce dentro il perfetto sorriso di Siddharta allorché intuisce il vero senso della vita e lo esterna con lo stesso impenetrabile sorriso visto centinaia di volte sul vecchio rugoso volto di Gotama.
La vita è il risultato di un gioco serio; la somma di esperienze accumulate nel tempo che traducono in metafore la mutevolezza dell’essere.
Davanti alle maschere rovesciate di Oppenheim -che il suo delirio giocoso trasforma in chiglie con vele- adagiate tra gli ulivi del parco archeologico della Roccelletta di Borgia, considerando, appunto la mutevolezza umana, non si può evitare di pensare ai molteplici aspetti della vita cui ogni essere è costretto o, meglio, tenuto a sondare liberamente.
(mario iannino)

giovedì 20 agosto 2009

Raffaele Basso, chirurgo e pittore in Catanzaro


Quando si dice il caso:
Giorni addietro ricordavamo insieme ad alcuni amici e conoscenti la figura di Raffaele Basso, noto chirurgo e pittore in Catanzaro; le sue origini pugliesi si percepivano appena, d’altronde viveva a Catanzaro dal 1953 e per quanti nati come me negli anni cinquanta, se non attenti e interessati a temi specifici come la pittura o la sanità, era appieno catanzarese anche se, come già accennato, veniva da Mattinata, un paesino del Gargano, dove era nato nel 1908.

Ricordavamo la sua determinazione pittorica, nel gesto come nella campitura cromatica; la sintesi grafica, il segno acquerellato che riportava alla mente Andrea Cefaly. Erano gli anni settanta!

Oggi, per caso, mi capita tra le mani una pubblicazione: “la deposizione nell’arte, un viaggio attraverso gli acquerelli di Raffaele Basso”, curato dalla nipote Serena Basso, edito da Gangemi Editore.

Nel leggere la pubblicazione la mia mente vola agli incontri organizzati per valorizzare il parco archeologico di Roccelletta Di Borgia alle porte di Catanzaro Lido da un altro medico appassionato d’arte: il dentista Domenico Teti.

E proprio tra i resti della basilica bizantina di Santa Maria incontro Raffaele Basso nella veste di pittore. La figura del professore incuteva un certo rispetto a noi giovani, non tanto per il ruolo di medico primario quanto per la maestria e l’amabilità verbale con cui esternava il sapere nel campo dell’arte.
(mario iannino)

martedì 11 agosto 2009

installazioni di Oppenheim nel parco archeologico della Calabria



Dennis Oppenheim (Electric City, USA, 1938) fa parte di quella generazione di artisti americani che ha contribuito in modo determinante a rinnovare l’idea e i linguaggi dell’arte contemporanea.
Nel 1968, in riferimento ai suoi primi “earth-works”, Lucy Lippard conia il termine “dematerializzazione”sottolineando una caratteristica dominante e originale nel lavoro di Oppenheim, vale a dire la trasmigrazione di una forma da un materiale o un oggetto all’altro, divenendo simbolo del fare, comunque segno fisico di un divenire che non ha fine.
Le sue opere, dalla fine degli anni sessanta a quelle più recenti, testimoniano il piacere corporale del fare in cui sono coinvolti il tatto, l’idea epidermica della forma, l’oggetto, il gusto della rivisitazione giocosa, goliardica delle cose. Il trasferimento di una forma da un contesto all’altro (idea non manipolatoria) si intreccia con quella di impronta che richiama pur sempre la mano e il toccare. Nel 2004 struttura l' Oggetto allargato per illuminare tra le dita dei piedi, opera dotata di una forte carica ironica, come è nello stile dell’artista, opera fuori scala, pantagruelica e assolutamente visionaria, nella quale il tatto si concentra sulla sensibilità dei piedi.
Ma la sua goliardia creativa non si esaurisce, è il filo conduttore di tutta la sua produzione artistica. La dimensione tattile viene esperita in diverse situazioni: Oppenheim traccia un segno sulla schiena del figlio che ripete sul muro e viceversa; ricopre di pietre la propria mano o, ancora, affila la propria unghia, dipinge di un unico colore denti e unghie, registra i movimenti trasmessi alla pelle della mano da un getto di aria compressa, varia con le mani il suono emesso da una donna, trasferisce l’impronta del pollice destro a quello sinistro e al palmo della mano. L’aspetto ludico è evidente!, però, in questo caso compone una sorta di teoria applicata che rivela quanto e come la visionarietà dell’artista sia legata a un aspetto “somatico”. E, la sequenza fotografica di "Reading Position for Second Degree Burn" realizzata nel 1970 alla Jones Beach di New York, che testimonia il tempo d'esposizione di Oppenhei steso al sole a torso nudo per cinque ore con un trattato ottocentesco di artiglieria a cavallo aperto sul petto, lo conferma. La somatizzazione del fare si manifesta attraverso l'assurdo calco epidermico (la parte del corpo coperta dal libro) impresso dal tempo di esposizione alla luce.
Nella Body Art il corpo si sottopone alle forze fisiche dell’aria o della natura, come in “Parallel Stress” del 1970, dove Oppenheim si sdraia nel punto di incontro di due dune di terra e prende la forma ad U delle pendenze, riproponendola poi artificialmente appendendosi a due muri in cemento ai quali si sorregge alle due estremità con mani e piedi. Sono opere in cui l’esperienza corporea della forma scultorea è centrale: il contesto storico-artistico post minimalista spinge gli artisti verso la dematerializzazione dell’oggetto, in favore dell’oggettivizzazione del fare arte, dove il concetto e il corpo dell’artista rimangono le uniche armi utilizzate. L’immaginazione di Oppenheim rielabora il mondo fino a darne una visione allucinata e ironica, inaspettata anche per lui stesso, infatti afferma di intravedere a poco a poco gli scenari che sta per rivelare con le sue opere, a priori non avrebbe mai pensato di raggiungerli, ma è il suo concreto fare arte che lo porta verso terre sconosciute, dopo aver percorso quelle reali negli anni della Land Art. La natura di Dennis Oppenheim, di scultore e costruttore di elementi simbolici nello spazio, riaffiora in queste costruzioni bizzarre, dove l’estetica dell’oggetto,alterato nelle proporzioni o capovolto e irriverente, ritorna con prepotenza.
le installazioni sono visibili nel Parco Nazionale Archeologico di Scolacium, a Roccelletta di Borgia, subito alle porte sud di Catanzaro lido, fino al 3 novembre 2009.
mario iannino

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