Nelle giornate assolate le donne
preferivano stare sedute sull'uscio di casa, al fresco, sotto i
portici che adornavano le entrate della maggior parte delle
abitazioni, e chiacchierare. La più anziana, ritenuta la saggia del
paese, donna Peppina, questo il suo nome aveva il dono di sapere
ascoltare. E quando era richiesta espressamente la sua visione delle
cose parlava. Si esprimeva alla maniera del paese. Accompagnava alle
parole i gesti usando metafore comuni comprensibili a chiunque.
Donna Peppina sapeva decifrare anche i
sogni oltre ai segni della natura. Sapeva anche togliere il
malocchio. E questa è la preghiera che m'insegnò la notte del Santo
Natale:
“Nostro Signore d'Eggittu venìa.
'na parma d'olivu a li mani portava;
a portava supra l'ataru pe' fara a
Santa Benedizziona:
fhora malocchjiu da casa mia ...”.
Preghiera che, sapendo di non riuscire
ad imparare a memoria in una notte così solenne, scrissi e ripetei
fino a memorizzarla.
L'esorcismo contro la cattiveria e
l'invidia non poteva e non può essere divulgato e appreso fuori dai
tempi sacri che sono il SS Natale e la SS Pasqua. E non tutti possono
esserne depositari.
A quel tempo ero piccola ma
m'incuriosiva quell'andirivieni da casa di mia nonna. Le comari del
paese entravano col solito cerimoniale e un pacco di zucchero o caffè
in dono: “è permessu? Cummara Peppina vi disturbamu? No cummà chi
diciti. Siti a patruna! Trasiti trasiti.”.
Guardavo e assistevo ai riti della
saggezza popolare. E m'incantavo ai racconti dei sogni delle comari e
alla loro decifrazione che la nonna faceva con saggia disinvoltura.
Dava concreti suggerimenti agli accadimenti inusuali carichi di
simboli profetici avvenuti durante il giorno durante il lavoro nei
campi e rincuorava le comari. Le rasserenava. Ma dava anche consigli
comportamentali e buone maniere.